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‘POLITICA’ Category

05 Maggio 2022 – Redazione

Fate molta attenzione al prelievo bancomat. L’esecutivo infatti sta studiando nuove misure per mettere un freno all’evasione fiscale e di fatto sono finite nel mirino del Fisco le abitudini degli italiani legate ai pagamenti e all’uso dei contanti, si legge su Libero Quotidiano. Come è noto da giugno debutta la stretta sui Pos: i commercianti infatti non potranno più rifiutarsi di accettare il pagamento con carta. Chi non rispetterà questo nuovo obbligo, rischia la multa. Ma come dicevamo, fate attenzione all’uso del bancomat, soprattutto in fase di prelievo all’atm o allo sportello. Una delle operazioni più comuni per milioni di italiani dunque può finire nel mirino del Fisco. L’Agenzia delle Entrate, come riporta LaNotizia, sta concentrando tutti i suoi controlli sull’uso della carta collegata al conto corrente.

È nelle pieghe dei prelievi e soprattutto nella frequenza delle operazioni che potrebbe celarsi l’evasione fiscale o il riciclaggio. Sotto la lente delle Entrate infatti finiscono tutti i contribuenti che fanno troppi prelievi, oppure, al contrario coloro che fanno pochi prelievi. E questo tipo di operazioni danno il via a una serie di controlli e di accertamenti che possono portare all’apertura di un contenzioso proprio con il Fisco. Uno degli strumenti più usati per controllare i prelievi è la “super anagrafe dei conti correnti“. Questo tipo di strumento di fatto è l’arma in più del Fisco per monitorare tutti gli spostamenti di liquidità degli italiani. E negli ultimi tempi il governo ha dato poteri speciali al Fisco proprio per controllare i pagamenti, i versamenti e i prelievi.

Dunque fate attenzione quando usate troppo spesso il bancomat: un flusso continuo di prelievi potrebbe insospettire il Fisco, scrive Libero. Se si prelevano più di 10.000 euro nell’arco di 30 giorni, anche se con operazioni diverse, l’addetto allo sportello ha il compito di chiedere al cliente l’uso che intende fare della liquidità e poi segnalarlo alla direzione della banca. A questo punto la direzione valuterà se allertare la Uif, l’Unità di Informazione Finanziaria. Da qui in poi scatta il controllo accurato del Fisco. E l’esito delle verifiche è del tutto imprevedibile…

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06 Maggio 2022 – Redazione – di Valeria Casolaro –L’Indipendente

Continua la mobilitazione dei cittadini toscani contro la costruzione della base militare nei loro territori. La struttura non verrà infatti costruita a Coltano, ma da qualche altra parte in Toscana sì. Questo avrebbe decretato il Governo e ribadito nell’incontro svoltosi nella giornata del 4 maggio nella Caserma Baldissera di Firenze, secondo quanto riferito dal Movimento No Base, che ha organizzato un sit-in di protesta di fronte all’edificio. In questo modo i cittadini intendono ribadire un secco “no” ad un’opera a loro parere non necessaria e che comporterebbe lo spreco di un quantitativo ingente di risorse, utili a porre rimedio ad altri tipi di emergenze.

Nella mattinata del 4 maggio presso la Casema Baldissera di Firenze si è svolto un vertice tra ministero della Difesa, Carabinieri, Regione, Ente Parco San Rossore e Comune di Pisa. Se infatti da un lato la mobilitazione civile dei giorni scorsi ha portato il Governo a fare marcia indietro sulla propria decisione di costruire una base militare all’interno dell’area protetta di San Rossore, dall’altro rimarrebbe confermato l’investimento da 190 milioni per realizzare la struttura (con le procedure semplificate previste), seppure in un luogo diverso della Toscana. Per questo motivo il Movimento No Base, che si oppone fermamente alla realizzazione dell’opera, ha organizzato un sit-in di protesta di fronte alla Caserma mentre all’interno le Istituzioni discutevano il da farsi.

La società civile ha infatti deciso di opporsi attivamente alle imposizioni del Governo. Quando la notizia della costruzione della base militare è stata resa pubblica, è immediatamente e spontaneamente nata una “forte mobilitazione che sta mettendo insieme agricoltor* e allevator*, cittadini e cittadine, movimenti di lavoratrici e lavoratori, organizzazioni politiche, associazioni e movimenti pacifisti, antimilitaristi, femministi, ambientalisti, comitati di quartiere, sindacati, collettivi studenteschi”. In pochissimi giorni sono state raccolte oltre 100 mila firme per dire di no alla devastazione nel parco di San Rossore. Ciò di cui il Governo si deve occupare con urgenza, denuncia il Movimento No Base, è ben altro: l’emergenza abitativa, la formazione, la sanità, il lavoro, le politiche a tutela del territorio e dell’ambiente.

“Non so se qualcuno si è reso conto che c’è una guerra e che quindi non possiamo ragionare come se tutto fosse come prima” aveva dichiarato nei giorni scorsi il presidente della Regione Giani. Tuttavia non può non suscitare qualche perplessità il fatto che la costruzione della base sia stata pensata e approvata ben prima dello scoppio del conflitto in Ucraina.
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05 Maggio 2022 – Redazione – Fonte: Sole24ore

Ancora fibrillazioni nella maggioranza di governo: il premier da Strasburgo attacca il Superbonus, l’ex premier contesta l’invio di armi all’Ucraina

«Il nostro governo fa del clima e della transizione i suoi pilastri più importanti. Ma non siamo d’accordo su tutto, sul bonus del 110% non lo siamo». Così in sintesi Mario Draghi nel suo intervento di replica alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo. L’affondo contro la misura simbolo del M5s e dell’ex premier Giuseppe Conte è durissimo: «Il costo degli investimenti necessari per attuare le ristrutturazioni è più che triplicato, perché il 110% di per sé toglie l’incentivo alla trattativa sul prezzo». Non è certo la prima volta che il premier esprime i suoi dubbi sulla «bandiera» del M5s, ma non era mai stato così tranchant.

La frattura con gli M5S

E per di più in un consesso alto come il Parlamento europeo. Ma non è un caso che le parole di Draghi arrivino dopo lo strappo di lunedì sera in Consiglio dei ministri con i Cinquestelle, che al momento del voto hanno abbandonato la riunione. La ragione è nota: l’inserimento della norma sugli inceneritori che dà di fatto il via libera alla realizzazione del termovalorizzatore a Roma, come deciso dal sindaco dem Roberto Gualtieri. Giuseppe Conte parla esplicitamente di «ricatto» e di «scorrettezza gravissima» mentre il Garante Beppe Grillo tuona contro «i competenti del nulla, i competenti degli inceneritori e della spazzatura».

La posizione di Conte sulle armi all’Ucraina

A peggiorare ulteriormente i rapporti è anche (se non soprattutto) la posizione di Conte sulla guerra in Ucraina e in particolare sulle armi, con quella insistente richiesta al premier di presentarsi in Aula a breve, prima del viaggio in Usa da Joe Biden fissato per il 10 maggio, e formalizzata dal capogruppo alla Camera Davide Crippa proprio mentre Draghi parlava a Strasburgo. Richiesta sulla quale si ricostruisce subito il vecchio asse gialloverde: Salvini coglie la palla al balzo per far sapere che anche lui vuole il premier in Parlamento per riferire su «quali armi stiamo inviando» e «a chi vanno». Il leader della Lega arriva a rimpiangere Donald Trump: «Con lui abbiamo vissuto anni di pace. Guarda caso, quando tornano al governo i democratici tornano i venti di guerra». Non proprio un viatico al vis a vische attende Draghi con il presidente Usa Biden. Da Palazzo Chigi silenzio totale. Nessuna risposta alla richiesta di Conte e Salvini, che viene letta probabilmente come pretestuosa. Quello che aveva da dire il premier, sia sulla linea da tenere a sostegno dell’Ucraina sia sul superbonus, lo ha esplicitato nell’intervento davanti al Parlamento Ue.

La partita del Dl Taglia-prezzi

Ritorsione o meno, le parole di Draghi contro il superbonus sono uno schiaffo in pieno viso per i 5 Stelle, che da settimane spingono per rafforzare lo strumento, per esempio estendendo la cedibilità dei crediti d’imposta per favorire gli investimenti verdi delle imprese. Anche tramite emendamenti al decreto Taglia-prezzi ora in discussione in Senato: uno di questi, ossia la proroga dal 30 giugno al 30 settembre del termine riservato alle case unifamiliari per raggiungere la soglia del 30% dei lavori, è stato accolto dal governo nel decreto Aiuti appena varato paradossalmente senza il voto del M5s. Dovrebbe essere in arrivo anche la modifica che consentirà la cessione dei crediti anticipata dalla banca al correntista, senza più attendere il quarto passaggio, e in caso contrario il M5s la riproporrà come emendamento al Dl Aiuti che inizierà il suo percorso alla Camera. Altro punto su cui il M5s insiste è poi la cessione frazionata del credito in modo da rendere possibile la partecipazione di più acquirenti. Da qui la dura nota con cui si giudica «irricevibile la perentorietà con cui il premier si è scagliato contro il superbonus al 110%» e si ricorda come la misura «ha contribuito in maniera decisiva a quel +6,6% del Pil di cui ha giovato in primis proprio il premier» e che «ha portato commissari europei come Timmermans e Simson ad evidenziarne la portata innovativa».

 

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5 Maggio 2022 – Redazione – La Verità

«Anche i giornaloni cominciano a interrogarsi sulle ragioni del piglio marziale adottato da Mario Draghi da quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Il Financial Times ha scritto che la svolta impressa dal presidente del Consiglio ha messo fine all’amicizia di lungo corso tra Mosca e Roma, segnando uno dei più grandi cambiamenti di politica estera in Europa degli ultimi anni». Così inizia l’editoriale di Maurizio Belpietro oggi su La Verità.

«La Stampa a ruota ha annotato che negli ambienti politici e ministeriali circola con sempre maggior frequenza l’ipotesi che il premier stia meditando di pilotare una crisi di governo prima della fine della legislatura, mandando il Paese alle elezioni nel prossimo autunno».

Draghi nuovo segretario della NATO?
«A dire il vero del nuovo approccio di Draghi siamo stati i primi a parlare – ricorda Belpietro – accennando al fatto che l’ex governatore della Banca centrale europea non vede l’ora di lasciare la poltrona di Palazzo Chigi per guadagnare quella di segretario generale della Nato. Per questo avrebbe alzato i toni e indossato la divisa, adottando un portamento militaresco. Il suo intervento dell’altro ieri a Strasburgo sembra confermarlo, dato che il premier ha parlato di esercito europeo e di come riorganizzare l’Alleanza atlantica, argomenti che fino a pochi mesi fa non erano certo nelle sue corde».

Lega e M5S fanno i “pacifisti”
Il direttore de La Verità sospetta «che il capo del governo voglia abbreviare la sua esperienza politica alla guida di una maggioranza multicolore concorrono anche altri fattori. Tra questi la voglia di rimettere mano al bonus del 110 per cento, fiore all’occhiello di quel fine economista che risponde al nome di Giuseppe Conte. Se Draghi vuole far cascare il castello delle agevolazioni sulle ristrutturazioni edili, rischiando di far cadere anche l’esecutivo, non è certo un caso. L’uomo sa benissimo che il governo è in equilibrio su una corda sottile che rischia di spezzarsi. I 5 stelle hanno sposato la linea pacifista di chi non intende inviare armi all’Ucraina e in Parlamento sono pronti a fare barricate. Aprire un altro fronte, sul bonus, dunque, può solo aggravare la precarietà della maggioranza, dato che anche la Lega su armi e agevolazioni edilizie condivide gran parte delle perplessità grilline».

Anticipato il Documento di economia e finanza
«Ma ad accentuare il sospetto che l’ex governatore prepari le condizioni per un addio c’è anche un altro elemento. – scrive Belpietro – Curiosamente il premier ha anticipato la preparazione del Documento di economia e finanza, ovvero del bilancio preventivo, un atto che di solito è predisposto da settembre in poi, per essere approvato in autunno. Quest’anno Draghivuole invece anticipare le scadenze, quasi avesse fretta di fare i compiti per poi avere le mani libere. Da sempre il principale scoglio di una campagna elettorale a ottobre è la manovra di fine anno: il Paese non può essere lasciato senza un aggiustamento di bilancio e privo di un documento di previsione economica. Ma se il tutto viene anticipato a prima delle vacanze estive il problema è risolto. Eliminato l’ostacolo, la crisi di governo non è più argomento tabù e nemmeno le elezioni».

Pronta la “Grossa Fregatura”
«Sarà un caso, ma all’improvviso Enrico Letta si è messo a parlare di legge elettorale, quasi che con la guerra alle porte e una recessione alle viste questo sia l’argomento più importante. A chi interessa il sistema con cui si nominano gli onorevoli? Ovvio, a chi si prepara a una campagna elettorale e pensa a quale sia il mezzo migliore per assicurarsi anche in futuro la guida del Paese». Detto ciò, – conclude il direttore della Verità – mentre Draghi non vede l’ora di voltare le spalle a Palazzo Chigi per occuparsi d’altro e soprattutto non avere a che fare con una maggioranza ballerina, nel Pd puntano a un meccanismo proporzionale con soglia di sbarramento alta. Obiettivo, falciare tutti i cespugli, per rendere determinante, con Camere che avranno 300 onorevoli in meno, l’accordo fra grandi partiti. Insomma, Enrico Lettastudia da premier ed è alla ricerca del modo per organizzare in Parlamento un’altra grande ammucchiata, ovvero un’alleanza fra Partito democratico, centristi, qualche pezzo leghista e forse anche qualche altro gruppo. In Germania la chiamano Grosse Koalition, da noi si traduce in grossa fregatura».

 

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04 Maggio 2022 – Redazione – Fonte: Today.it

Ci siamo. Poste Italiane, come previsto, procederà con l’estinzione di molti libretti postali entro il 21 giugno 2022. Alcuni correntisti infatti hanno dimenticato in qualche cassetto un libretto di risparmio con cifre importanti, qualcuno addirittura mezzo milione di euro. Numeri alla mano, sono decine di migliaia i risparmiatori che hanno un libretto postale ma lo hanno smarrito chissà dove, oppure ci sono eredi che neppure sanno di esserlo. E poi ci sono tutti i libretti gettati per errore. Solo negli ultimi anni infatti è stato possibile aprire un libretto dematerializzato, cioè utilizzabile anche senza mostrarlo ogni volta. Una norma voluta dall’allora ministro Giulio Tremonti nel 2005 stabilì di estinguere tutti i conti in cui non era stato regsitrato alcun movimento in 10 anni.

Il prossimo 21 giugno tocca alle Poste, e sarà la volta di migliaia di libretti risparmio. La notizia riguarda tante persone. Il classico libretto postale infatti è uno degli strumenti di risparmio tradizionalmente più diffusi perché garantiti dallo Stato: sono considerati una sorta di salvadanaio. Grazie alla possibilità di versare e prelevare denaro senza costi, vengono usati da moltissimi italiani.

Libretti postali e conti ‘dormienti’ Che fare?

La misura agisce sui depositi che presentano somme pari o superiori a 100 euro, ma che non sono stati più incrementanti o utilizzati da 10 anni. L’unico modo per evitare la chiusura è rispondere alla comunicazione di Poste entro 180 giorni oppure effettuare un’operazione. Altrimenti verrà estinto. Basta effettuare un’operazione per scongiurare il rischio, ma realisticamente chi non fa operazioni sui libretti da 10 anni a questa parte, non ne farà nemmeno entro il primo giorno della prossima estate. Ma la comunicazione non arriverà certo a tutti. Infatti la maggior parte dei rapporti sono intitolati a persone decedute, o a persone che neppure sanno di averli. Poste Italiane non ha mai comunicato quanti siano esattamente i libretti dormienti, ma secondo le stime più credibili sarebbero decine di migliaia.

Va ricordato che Poste non è tenuta, non è obbligata da alcuna legge a cercare i clienti o gli eredi per avvertirli che esistono delle somme a loro intestate o alle quali hanno diritto che stanno per essere congelate. C’è una sorta di salvacondotto: chi si accorgesse che i propri soldi sono “spariti” ha ancora 10 anni di tempo per recuperarli: tra il 2010 e il 2016, sono state finalizzate in questo senso poco meno di 40 mila istanze per quasi 220 milioni di euro. D’altra parte nel calderone “rientrano non solo depositi di denaro, libretti di risparmio (bancari e postali), conti correnti bancari e postali, ma anche azioni, obbligazioni, certificati di deposito e fondi d’investimento nonché assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione”. Le somme finiscono al Fondo speciale per il rimborso dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie.

Poste Italiane ha intenzione di diramare nelle prossime settimane un avviso pubblico, che verrà diffuso attraverso i quotidiani. “È opportuno che i cittadini verifichino i propri documenti e quelli dei parenti anziani, per evitare di perdere gli importi dovuti. Tale circostanza è valida anche per gli eredi che vogliano verificare l’esistenza di libretti “dormienti” intestati al parente deceduto” dicono da Federconsumatori. Se si conosce il numero identificativo del libretto è semplice verificare se si tratta di uno dormiente: sul sito di Poste Italiane c’è l’elenco completo.

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04 Maggio 2022 – Redazione

Il pontefice ha affermato di aver chiesto un incontro con Putin per discutere del conflitto ucraino ma non ha ricevuto risposta.

Papa Francesco ha affermato che l’espansione verso est della NATO potrebbe aver indotto il presidente russo Vladimir Putin a lanciare un attacco contro l’Ucraina.

In una lunga intervista pubblicata questa mattina, martedì 3 maggio, dal quotidiano italiano Il Corriere della Sera, il Pontefice ha ipotizzato che “l’abbaiare della Nato alla porta della Russia” avrebbe spinto Putin a lanciare la campagna militare il 24 febbraio.

Bergoglio ha anche detto di aver chiesto un incontro con Putin durante le prime settimane del conflitto, ma non ha ancora ricevuto risposta. Ha detto di aver chiesto all’alto diplomatico vaticano di contattare il presidente russo per organizzare una visita a circa tre settimane dall’inizio delle ostilità.

Il pontefice ha anche detto di aver parlato con il capo della Chiesa ortodossa russa, il Patriarca di Mosca Kirill, per 40 minuti tramite Zoom.

Fonte: Massimo A. Cascone

https://www.corriere.it/cronache/22_maggio_03/intervista-papa-francesco-putin-694c35f0-ca57-11ec-829f-386f144a5eff.shtml

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04 Maggio 2022 – Redazione – di Giuseppe Liturri ( La Verità)

Il governo si fa restituirei i soldi dati per la pandemia. Scatta la tagliola del tetto per gli aiuti, denunciata a suo tempo dalla «Verità» e negata dal ministro: molte aziende devono ridare parte del poco ricevuto. Questo mentre i costi di produzione sono saliti quasi del 40%.

È passata esattamente una settimana da quando per gli imprenditori si è materializzato fin nei minimi dettagli l’incubo della restituzione degli aiuti ricevuti a partire da maggio 2020, per mitigare l’impatto della crisi economica che ha portato il Pil al più grave calo del dopoguerra. Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 aprile non lascia spazio a dubbi. L’hanno chiamata «restituzione volontaria», solo per indorare la pillola. Si è così rivelata mal riposta la fiducia nelle parole pronunciate il 19 novembre 2020 in audizione parlamentare dal ministro dell’Economia dell’epoca, Roberto Gualtieri, che, affermò perentoriamente: «Tale pericolo non sussiste». Fu la sbrigativa risposta alla domanda del senatore Alberto Bagnai che paventava il rischio di restituzione di aiuti eccedenti la soglia (allora pari a 800.000 euro) fissata dalla Commissione per gestire in un quadro unitario (ma temporaneo) tutte le varie misure di aiuto (contributo a fondo perduto, crediti di imposta, eccetera…) progressivamente varate dagli Stati membri, superando il divieto di aiuti di Stato, lesivi del mercato unico e della concorrenza.

Proprio su queste colonne [La Verità, ndr] avevamo manifestato la preoccupazione per l’insufficienza di quella soglia, di fronte ai danni enormi subiti dalle numerose attività chiuse d’imperio o i cui clienti erano rinchiusi in casa.

Successivamente, la Commissione ha emendato quel quadro per ben sei volte (da ultimo il 18 novembre 2021), portando quelle soglie a 2,3 milioni e 12 milioni (solo per le imprese con calo del fatturato superiore al 30% e fino a copertura del 70% o 90% dei costi fissi).

Quegli aiuti furono erogati, a partire dal decreto Rilancio, frazionati in una miriade di interventi settoriali e certamente non brillarono per tempestività e facilità di accesso. Prova ne è che il deficit/Pil consuntivo del 2020 si chiuse al 9,6%, contro il 10,8% programmatico, proprio a causa della scarsa attrattività di alcune misure. Lo stesso dicasi per il 2021, chiuso al 7,2%, contro il 9,4% programmatico, in questo caso anche grazie ad una maggiore crescita del Pil.

Ora il contribuente sopravvissuto al rischio di portare i libri in tribunale è chiamato a una prova che rischia di portarlo davvero davanti al magistrato, questa volta quello penale.

Dovrà infatti rendere una autodichiarazione entro il 30 giugno – nella forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con relative sanzioni penali in caso di errori o omissioni – con riferimento a ben 29 (ventinove!) diverse misure agevolative a partire da marzo 2020. Per ciascuna di esse, dovrà indicare se l’aiuto ricevuto beneficia del plafond da 1,8 o 10 milioni e rilevare l’eventuale eccedenza da restituire entro la data di presentazione della prossima dichiarazione dei redditi. Ma non basta. Poiché il 28 gennaio 2021 quelle soglie furono aumentate, dovrà differenziare gli aiuti ricevuti prima o dopo quella data, con possibilità di riportare in avanti l’eccedenza ante 28 gennaio per beneficiare della soglia più alta. Per infierire su chi si fosse già perso in questo ginepraio, aggiungiamo che quelle soglie sono state aumentate il 18 novembre scorso a 2,3 e 12 milioni, ma il modello messo a punto dal direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, non ne tiene affatto conto, perché tale modello si attiene a quanto disposto dal decreto del ministro Daniele Franco. Tale ultimo decreto, firmato a inizio dicembre 2021, ci ha messo un mese per finire in Gazzetta Ufficiale il 20 gennaio 2022 e, da allora, i tecnici dell’Agenzia hanno avuto bisogno di tre mesi per venire a capo di un vero e proprio labirinto e consegnare così al malcapitato contribuente il rebus da risolvere. A quest’ultimo saranno però concessi solo circa 60 giorni. Poiché i guai non vengono mai da soli, il rispetto delle soglie deve essere verificato a livello di «impresa unica» e non di soggetto giuridico beneficiario. Coinvolgere più società significa aumentare le probabilità di superare le soglie e c’è pure il rischio che qualcuno confonda il concetto di impresa unica con quello di gruppo societario. Infatti l’impresa unica comprende legami funzionali e operativi che allargano il perimetro del gruppo definito dal Codice civile ed è una definizione nata con riferimento agli aiuti de minimis che oggi viene utilizzata – per via interpretativa – anche per questi aiuti. Gli avvocati possono già affilare le armi.

Non è dato sapere quale sarà l’ammontare degli aiuti effettivamente restituiti. Quest’ultimo aspetto è solo conseguenziale rispetto alla beffa che dovrà subire chi ha rischiato di chiudere la propria azienda, e sarà costretto a passare ore e ore con il proprio commercialista in un percorso a ostacoli per fornire dati in gran parte in possesso del Fisco che però ora lascia al contribuente l’onere dei calcoli, della relativa responsabilità e della restituzione.

Il tutto mentre siamo alle prese con consumi schiacciati da un’inflazione intorno al 7% che non vedevamo da 30 anni e quasi certamente a cavallo di due trimestri in recessione.

Gli imprenditori italiani hanno una buona occasione per respingere tutto al mittente e affidarsi a bravi avvocati, perché questa richiesta della Ue, per procura del ministro Franco, non ha fondamento economico né giuridico.

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03 Maggio 2022 – Redazione

La Corte suprema intende votare per annullare la legge del 1973 che garantisce il diritto all’aborto negli Stati Uniti. Lo rivela Politico, che ha ottenuto in esclusiva una bozza scritta dal giudice Samuel Alito sul parere della maggioranza dei saggi. Il documento è un ripudio “totale e fermo” della storica sentenza Roe vs Wade.

“Riteniamo che ‘Roe e Casey’ debba essere annullata”, si legge nella bozza intitolata ‘Parere della Corte’. “È tempo di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti del popolo”, si legge ancora nel documento. La bozza è stata redatta a febbraio, riferiscono fonti informate a Politico. I quattro giudici nominati dai repubblicani – Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett – hanno votato con Alito, anche lui nominato da un presidente del Gran Old Party, George W. Bush, nel 2005, per abolire il diritto all’aborto.

I tre giudici democratici Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan stanno lavorando aduna contro-bozza, riferiscono le fonti. Non è chiaro come si schiererà il presidente della Corte suprema John Roberts, nominato sempre da Bush nel 2006 e che è considerato un moderato. (ANSA).

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03 Maggio 2022 – Redazione

Non sono le parole di un feroce antisemita. A pronunciarle è stato il premier israeliano Benjamin Netanyahu al convegno internazionale sionista. Frasi che hanno scatenato ferocissime reazioni fuori e dentro il Paese visto che l’eliminazione degli ebrei era stata teorizzata nel “Mein Kampf” dello stesso Hitler. La tristemente nota “soluzione finale”.

“Gli attacchi contro gli ebrei nel 1920, 1921 e 1929 sono stati suggeriti dal mufti di Gerusalemme dell’epoca. Personaggio poi accusato al processo di Noriberga. Hitler all’inizio non voleva sterminare gli ebrei, ma solo espellerli. Fu il mufti al-Husseini a suggerire lo sterminio a Hitler dicendo se li espelli verranno tutti qui in Palestina. Bruciali tutti”.

Ma le cose non stanno proprio così secondo molti storici dell’olocausto. Al Husseini era un razzista e antisemita panarabo che collaborò con i nazisti in più occasioni e venne accusato di crimini di guerra, ma l’idea dello sterminio di massa degli ebrei era già stata pianificata da Hitler anni prima.

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02 Maggio 2022 – Redazione – di Antonio Amorosi – AffariItaliani.it

Negli Stati Uniti nasce il “Disinformation Governance Board”, il ministero della verità del governo. I Repubblicani USA l’hanno paragonato al Ministero della Verità del romanzo distopico di George Orwell “1984”. L’amministrazione di Joe Biden ha annunciato l’istituzione del “Disinformation Governance Board”, un “Comitato di governo della disinformazione”. Il “Disinformation Governance Board” dovrebbe contrastare la diffusione di informazioni false e farlo con montagne di risorse pubbliche USA.

L’organismo sarà sotto il controllo del Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti d’America, quell’ente istituito da George W. Bush dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 per proteggere la sicurezza degli Stati Uniti d’America e da attacchi terroristici. Il Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti d’America che lo controlla è un organismo armato.

In sostanza il nuovo organismo, il “Disinformation Governance Board”, sta sotto il controllo di un ente simile al ministero dell’Interno italiano e ci dirà cosa sia vero e cosa non lo è. Il responsabile stampa della Casa Bianca, Jen Psaki, ha dichiarato, durante un briefing giovedì scorso, che il Consiglio affronterà la disinformazione su una serie di questioni e il segretario per la sicurezza interna Alejandro Mayorkas ha affermato che una delle attività dell’ente è contrastare la disinformazione in particolare presso la comunità ispanica.

Come se la minaccia si insidiasse in alcune comunità particolari, quasi avessero una speciale menomazione. Mayorkas ha anche spiegato che l’organismo non ha il potere di reprimere la disinformazione, cercherà quindi di combatterla investendo denaro in ciò che vede come problemi e intervenendo con strategie più complesse.

In particolare “Disinformation Governance Board” si occuperà di fake relative alla guerra in Ucraina, di problemi relativi all’immigrazione ma anche di vaccini anti Covid.

Come mai anche di vaccini? Il presidente Biden aveva spiegato in precedenza agli organi di stampa: “La disinformazione è una questione dirimente”… “l’oltraggiosa disinformazione sul vaccino sta uccidendo le persone”.

Chi è a capo del “Disinformation Governance Board” è accusata di notizie fuorvianti

A capo della nuova istituzione è stata scelta Nina Jankowicz. Dal suo curriculum risulta essere stata consulente del ministero degli Esteri ucraino (in una borsa di studio per le politiche pubbliche del J. William Fulbright-Hillary Rodham Clinton), in programmi di assistenza alla democrazia in Russia e Bielorussia presso l’Istituto Nazionale Democratico ed aver lavorato presso il Think Tank Wilson Center, dove risultava Former Global Fellow.

Nel 2016 ha anche espresso sostegno alla campagna presidenziale di Hilary Clinton scrivendo su Twitter l’affermazione, a dir poco singolare, che Donald Trump avrebbe incoraggiato l’ISIS. Quindi non proprio una figura super partes. I Repubblicani hanno più volte accusato la Jankowicz di aver fatto affermazioni che in seguito sono state ritenute false o fuorvianti.

Nell’ottobre 2020, in un’intervista al New York Daily News, Jankowicz ha definito le notizie trapelate dal laptop di Hunter Biden, figlio del futuro presidente e vice di Obama, un “prodotto della campagna di Trump”. In piena campagna elettorale per le elezioni di Joe Biden si scoprì che Hunter aveva organizzato nel 2015 un incontro con il padre, all’epoca vice presidente degli Stati Uniti, e un alto dirigente del Burisma Holdings (società energetica ucraina in cui Hunter era stato nominato ai vertici).

L’esistenza di quei documenti aveva sconfessato Joe Biden che si era detto non essere mai stato coinvolto negli affari del figlio. La notizia sulla veridicità delle notizie sul laptop di Hunter Biden è stata poi confermata dal New York Times.

All’inizio della pandemia Jankowicz aveva anche affermato, rilanciando le convinzioni di alcuni massimi esperti USA, che l’industria della tecnologia pubblicitaria smettesse di pubblicare annunci per le mascherine (anti Covid).

Il “Disinformation Governance Board” paragonato al Ministero della Verità di Orwell e dei sistemi totalitari

Ma è l’esistenza stessa del “Disinformation Governance Board” ad aver sollevato critiche degli opinionisti e soprattutto dei Repubblicani. Il senatore Rob Portman dell’Ohio, membro di spicco del Comitato per la sicurezza interna e gli affari governativi, ne ha criticato con queste parole la creazione: “Combattere la minaccia in continua evoluzione della propaganda straniera e della disinformazione all’estero è una cosa diversa da questa. Non credo che il governo degli Stati Uniti dovrebbe utilizzare sul popolo americano gli strumenti che abbiamo utilizzato per contrastare la propaganda straniera”. E ancora: “Il nostro focus dovrebbe essere su attori cattivi, come Russia e Cina, non sui nostri stessi cittadini”.

Il senatore repubblicano Tom Cotton dell’Arkansas ha direttamente citato Orwell: “Il governo federale non ha nulla a che fare con la creazione di un Ministero della Verità”… “il ‘Comitato per la disinformazione’ del Dipartimento per la sicurezza interna è incostituzionale e antiamericano e presenterò un disegno di legge per definanziarlo”.

Ministero della Verità

Errol Webber, candidato repubblicano al Congresso in California, è stato ancora più pesante con un twitt: “Adolf Hitler aveva un ministero della verità. Joseph Goebbels aveva un ministero della verità. Joseph Stalin aveva un ministero della verità. Joseph Biden ha un ministero della verità”. Il repubblicano Andrew Clyde della Georgia è dello stesso avviso: “Il distopico consiglio di amministrazione della disinformazione di Biden è seriamente pericoloso e del tutto incostituzionale. Chiedo al Congresso di indagare sul Ministero della Verità del DHS, ORA”.

A loro si aggiunge il senatore Rand Paul (è un medico, lo stesso che aveva duramente criticato Fauci per le sue scelte contraddittorie) che ha affermato che gli USA hanno spinto l’Ucraina al massacro contro la Russia in una strategia per aizzare questi ultimi, superando la linea rossa delle superpotenze.

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