Posts Tagged
‘Pensioni’

Home / Pensioni

10 Aprile 2022 – di Mariolina Sesto (Sole24Ore)

  • I deputati e i senatori al primo mandato maturano il diritto alla pensione dopo 4 anni, sei mesi e un giorno dall’inizio della legislatura. Anche per questo motivo molti si opporranno ad uno scioglimento delle Camere prima di quella data.

«Si va sempre più verso il ’no’ al voto prima del 2023 perché al di là delle dichiarazioni ufficiali, con il taglio del numero dei parlamentari pochi potranno sperare di essere ancora eletti. A questo si aggiunge il pragmatismo della pensione che scatta dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno, quindi a fine legislatura. Ogni parlamentare ha versato circa 50 mila euro di contributi che, in caso di voto anticipato, andrebbero persi». Lo ha spiegato candidamente con queste parole la senatrice dell’Udc Paola Binetti perché difficilmente si andrà a votare prima della fine del prossimo anno.

Quando scatta la pensione dei senatori e dei deputati

Dal 2012, l’assegno vitalizio che spettava ai parlamentari al termine del loro mandato è stato sostituito con un trattamento pensionistico simile a quello previsto per gli altri lavoratori. Il trattamento però non è identico. Una peculiarità è che per avere accesso alla pensione è necessario essere stato in carica per almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno. Questo implica che i neoeletti della XVIII legislatura (a inizio legislatura) non avrebbero diritto alla pensione parlamentare se le Camere venissero sciolte prima del 24 settembre 2022. In questa categoria rientrano il 68 per cento dei deputati e il 73 per cento dei senatori.

La posta in gioco: 50mila euro di contributi versati

Nel caso questo periodo minimo di 4 anni, sei mesi e un giorno non venga raggiunto, i contributi sociali pagati dai parlamentari sono persi completamente, perché non possono essere riagganciati a quelli relativi ad altre attività lavorative. Ma per i parlamentari resta il vantaggio per cui non si applica il vincolo di contribuzione ventennale che è invece necessario per gli altri cittadini per ricevere la pensione all’età di pensionamento. Per un deputato che arrivasse a quattro anni e sei mesi di mandato, i contributi versati sarebbero di circa 50mila euro.

Il 68% dei deputati e il 73% dei senatori rischia di pedere la pensione da parlamentare

Alla Camera sono 427 (68%) i deputati neoletti che avrebbero un interesse a veder durare la legislatura oltre il 24 settembre 2022. Il gruppo parlamentare con la maggior percentuale di neoeletti è la Lega: 123 su un totale di 133 deputati (92 per cento). A pari merito Coraggio Italia con 22 neoeletti su 24, seguiti dal gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia con una percentuale dell’89 per cento (33 neoeletti su 37 deputati). Leu e il Pd sono invece i gruppi parlamentari con la più bassa percentuale di neoeletti (rispettivamente 42 per cento e 44 per cento) e gli unici gruppi parlamentari con un valore al di sotto del 50 per cento. Al Senato sono 234 (73%) i parlamentari che perderebbero i contributi versati nel caso la legislatura finisse prima del termine minimo. I gruppi parlamentari con la maggior percentuale di senatori neoeletti sono Fratelli d’Italia e Lega, rispettivamente con il 95 e l’89 per cento. Al contrario, gruppi parlamentari con la minor percentuale di senatori neoeletti risultano essere il Misto e le Autonomie. L’incentivo economico a evitare uno scioglimento del Parlamento prima del 24 settembre è quindi elevato e viene rafforzato dal fatto che, con il passaggio del numero dei parlamentari da 945 a 600 unità, la probabilità di essere rieletti, evitando la perdita dei contributi, si è ridotta notevolmente.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

26 Dicembre 2021 – di Chiara Compagnucci (Business Online) – Redazione Co.Te.Li

In arrivo un doloroso taglio delle pensioni fino al 3%, risultato del crollo del Prodotto interno lordo. Ecco costa sta succedendo.

La crisi economica subita nelle scorse settimane e quella stimata per i prossimi mesi, saranno solo un assaggio delle conseguenze del coronavirus in Italia.

L’impatto del virus sarà più devastante di quel che potrebbe adesso sembrare e finirà per coinvolgere addirittura le pensioni.

In poche parole gli assegni previdenziali saranno più bassi, e non ci riferiamo a quelli che saranno erogati tra 10 o 20 anni perché, già nel 2022, il Covid-19 presenterà il suo conto.

Associato al nuovo sistema di calcolo delle pensioni, adesso basato esclusivamente sui contributi effettivamente versati (il cosiddetto metodo contributivo) e non più tenendo conto della media dell’importo degli stipendi negli ultimi anni (metodo retributivo), la riduzione del Pil ha effetti devastanti sulla rivalutazione del montante contributivo.

Per intenderci, si tratta di quella componente che incide nella determinazione della cifra finale dell’assegno previdenziale. Vediamo cosa sta succedendo.

Pensioni più basse del 3% per il covid

Per quale motivo l’importo delle pensioni è così strettamente legato all’andamento del Pil in Italia? Le ragioni sono particolarmente complesse e vanno ricondotte al metodi di calcolo degli assegni e all’introduzione del montante contributivo.

In sintesi, dal 1996 si applica il sistema di calcolo contributivo e non più il vantaggioso retributivo che porta con sé la rivalutazione del montante versato sulla base di un coefficiente calcolato ogni anno dall’Inps sull’andamento del Prodotto interno lordo nei 5 anni precedenti.

Se il Pil aumenta, cresce il montante accumulato, ma se cala ne risente in negativo e di conseguenza l’importo dell’assegno previdenziale diventa più basso. La novità è appunto il calo del coefficiente perché è appena la seconda volta dal 1996 che si verifica questa congiuntura.

Fino a questo momento è stato sempre positivo tranne una sola volta in cui però il governo dell’epoca era intervenuto per congelare l’applicazione della variazione e dunque la riduzione del montante.

Chi e quando subirà taglio dell’assegno

A subire le conseguenze della riduzione del Pil in questo periodo di coronavirus saranno coloro che andranno in pensione tra il 2022 e il 2023. La riduzione dell’importo potrebbe arrivare fino al 3% rispetto a quanto avrebbero percepito senza coronavirus.

Per capire quanto cambierà nella pratica l’assegno di pensione facciamo riferimento all’esempio proposto dal quotidiano il Messaggero.

Una persona nata nel 1956 che ha cominciato a lavorare nel 1980 e va in pensione nel 2023 a 67 anni, perde il 2,7% sulla parte contributiva della pensione e l’1,7% dell’importo complessivo della pensione lorda, calcolata con il sistema misto ovvero con il retributivo fino al 1996 e con il contributivo da quel momento in poi.

QUESTO È QUANTO ACCADRÀ SE NON COMINCEREMO A DIRE QUALCHE SANO E DECISO NO!!! E QUESTA SAREBBE UN’ECONOMIA IN SALUTE? CHISSÀ QUANDO CERTE TESTOLINE (ZUCCHE VUOTE) COMINCERANNO A RIFLETTERE! GESÙ BAMBINO AIUTACI TU!!!

________________________
[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia MC Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di professionisti (insegnanti, economisti, medici, avvocati, ecc.) formatosi con l’unico intento di collaborare per la difesa della libertà di espressione (art. 21 della Costituzione Italiana e art. 11 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea) e per la ricerca e condivisione della verità sui principali argomenti e fatti di rilevanza sia locale che globale]

Puoi leggere anche su 👇

https://cataniacreattiva.it/pensioni-taglio-dellassegno-fino-al-3-per-il-covid-ecco-su-chi-ricadranno-le-conseguenze/