14 Febbraio 2022 – di Piero Senaldi (direttore di Libero)

Noi di Libero non siamo ministri, non siamo mai stati comunisti, non possiamo contare su una squadra di venticinque scienziati che suggerisca ogni scelta e neppure abbiamo preso quasi quattromila voti in quel di Potenza che ci legittimino a decidere della vita di sessanta milioni di potenziali malati, perché questo ormai sono essenzialmente gli italiani per la parte giallorossa del governo. Perciò forse è normale che non riusciamo a capire le ragioni che stanno alla base dell’agire del titolare della Salute, l’onorevole Roberto Speranza, arrivato terzo su tre concorrenti alle ultime primarie del Partito Democratico. Siamo pro vaccini da sempre, addirittura da prima che fossero prodotti, e abbiamo condiviso l’introduzione del certificato verde, che ha consentito agli immunizzati di vivere normalmente, aprendo loro uffici, ristoranti, circoli, cinema e palestre senza bisogno di tampone. Speranza ci aveva promesso che con il Green Pass non ci saremmo contagiati, invece dopo la sua introduzione abbiamo toccato il picco di positivi, oltre duecentomila al giorno, ma va bene lo stesso, abbiamo continuato a sostenerlo poiché almeno consentiva di ammalarsi non gravemente.

LA PRIMA FASE – Quando la quarta ondata ha iniziato a fare paura, abbiamo applaudito alle ulteriori restrizioni, che impedivano ai non vaccinati di avere ogni tipo di vita sociale al di fuori del lavoro pure potendo dimostrare di essere negativi. Lo abbiamo fatto ben comprendendo che il Green Pass aveva ormai cambiato funzione, non barriera contro il contagio ma mezzo per indurre a sottoporsi alla profilassi. Abbiamo anche condannato apertamente i no vax, convinti che siano nemici della scienza e anche un po’ del vivere civile, visto che non riescono a vincere le proprie paure per venire incontro agli interessi della collettività, anzi cercano ogni pretesto, anche il più lunare, per alimentarle. Ora però c’è una cosa che non ci torna. Da martedì, quasi un milione e mezzo di italiani sopra i cinquant’ anni non potrà andare al lavoro, e quindi perderà lo stipendio, anche qualora fosse in grado fare di dimostrare di non essere infetto, per la semplice ragione di non essersi immunizzato. È stato stabilito con un provvedimento del 6 gennaio scorso, quando i contagi viaggiavano al ritmo di 220mila al giorno e i tecnici preferiti di Speranza prevedevano che, più o meno di questi tempi, saremmo potuti arrivare anche a mezzo milione di nuovi positivi ogni ventiquattr’ ore.

GUFI SMENTITI – La realtà, come spesso accaduto, si è incaricata di smentire i gufi del governo e le infezioni sono calate del 75%. Dopodomani perciò vivremo la surreale situazione di persone che potevano lavorare liberamente a inizio anno, quando eravamo sull’orlo del baratro e non si sapeva quale sarebbe stato il nostro futuro, ma che non possono recarsi in ufficio ora che l’epidemia ha abbassato la testa e si prevede che tra un mese avremo meno di diecimila infetti al giorno. Sinceramente, signor ministro, ci sfugge la logica. Poiché supponiamo che né lei né i suoi consigliori siano dei sadici a cui piace far soffrire i cittadini senza ragione e immaginiamo che il suo scopo non sia aumentare la tensione sociale fino a che non scoppi, ci chiediamo che senso ha, se cambia il contesto, e addirittura migliora, mantenere regole pensate per scenari drammatici che non si sono realizzati. Pare perfino, ma non vogliamo crederci, che i suoi esperti vogliano prorogare la penitenza dei non vaccinati anche oltre la durata dello stato d’emergenza, la cui scadenza è prevista per il 31 marzo, mentre Locatelli, Ricciardi e soci vorrebbero protrarre il Green pass fino all’estate. Adducono ragioni sanitarie per giustificarsi, quando è palese che il governo vuole mantenere il certificato verde oltre la necessità solo perché altrimenti riterrebbe di perdere la faccia nei confronti dei cittadini che si sono vaccinati proprio per ottenere il pass. Da vaccinati, pro vax e pro Green pass, ci permettiamo di suggerire al governo di abbandonare questa logica da mercanti. Chi si è inoculato lo ha fatto per non ammalarsi, o meglio ammalarsi poco e questo, oltre alla soddisfazione di aver dimostrato senso civico, è il suo premio. Non ci fa godere tenere in gabbia gli altri, se non è necessario, e abbiamo voglia di lasciarci alle spalle la pandemia tutti insieme come popolo. Immunizzarsi è un gesto di libertà che non necessita di vendette per avere senso.