Parabola canora di una società allo stremo

di Luca Scavone

Per molti di noi tanti sballottamenti in questi 14 mesi. Non citerò statistiche di sorta: contra factum non valet argumentum. Che tutto per noi, da marzo 2020, sia cambiato è palese anche al bullone dei bus stracolmi.

Scrivo questa sorta di resoconto personale, ma non troppo, a seguito della vittoria dei Måneskin all’Eurovision Song Contest, con il loro ‘Zitti e Buoni’. Mi hanno ispirato, per così dire.

Quello che ho vissuto in questo biennio è stato un andirivieni di varia umanità e vario imbarbarimento, come specializzazione necessaria (menomale!), nel mio lavoro.

In piena pandemia son passato da un sipario semiaperto – con un bella gavetta precedente e da prospettarsi ancora – sul piccolo schermo, per giungere alla vita del cameriere poliglotta, ex studioso di Canto Lirico cantante per gli avventori stranieri, nella Roma ‘semi-ristretta’ dell’estate del 2020.

I miei Trent’anni vissuti tra il periglio delle onde di qualcosa più grande di me.

Adesso, nondimeno, dei ventenni hanno dato voce a quanto sento di dire a chi ancora vuol ostinarsi a far orecchie da mercante: ‘zitti e buoni’.

Qui, nella vita comune di chi in 14 mesi si è reinventato 3 volte, minimo (!), non c’è spazio per rivendicazioni inutili, bensì di costruzione senza parole vane al vento.

Il fatto che abbiano vinto quattro ragazzi con un rock in pieno stile di cinquant’anni addietro mi fa sperare.

C’è voglia di vero, al di là delle parole inutili dei sempre soliti discorsi mal riflessi, sia giornalistici, sia musicali, sia economici.

Io adesso sono un copy per una azienda di mobilieri. Pre-pandemia ero blogger e facevo capolino in TV. Pochi mesi a seguito del mio compleanno, eccomi in casa, come tutti, senza smartworking e stipendio assicurato (con annesse lamentele per il troppo lavoro agile da remoto – magari l’avessi avuto io! ).

La mia dignità e le mie belle speranze, uguali a quelle di tutti i miei coetanei, sparite, evacuate come qualcosa di nocivo, senza un barlume di progettualità, che è necessaria, voglio sottolineare, anche in tempo di crisi e ‘guerra’.

Non sto lamentandomi. Si lamenta virilmente chi, con la voce, ha vinto Sanremo 2021 prima e l’Eurovision poi: ‘Zitti e Buoni’. A noi, poveri ‘popolani’ (vittime, a detta di alcuni, di populismo), volevan dirlo da tutto l’etere; loro, i Måneskin, l’han detto, a nome dell’interezza del popolo non populista, a tutto l’antico continente, che propinava quel ‘taci’ men che lirico.

Adesso le nostre vite riprendono corso, ma questioni affiorano ancor più pulsanti nella mia voglia di logicità sui fatti, i quali,  con loro fenomenologia,‘si danno’ crudi all’intelletto di chi li vuol vedere. Alcune cose forse avrebbero dovuto essere lette dapprincipio diversamente?

Il periglio poteva essere meno procelloso. Evito la parola affettata e dico scarno: le metodologie e le scelte tenute sono state le più logiche e inerenti ai fatti?

La sofferenza di chi ha dovuto barcamenarsi tra sussidi e mancanza di lavoro, come anche lontananza dagli affetti, potevano evitarsi?questioniamoci

La questione è aperta e questo articolo non vuol dire altro che ciò: questioniamoci. Davvero. Con rigor di intelletto e doverosa logicità. ‘Zitti e buoni’: che parlino i fatti e la loro insita logicità, senza orpelli argomentativi inutili e devianti.

Lo dobbiamo a tutti quelli che hanno dovuto cambiar vita o ancora non riescono a uscire dall’impasse di questi 14 mesi.

‘Contra factum non valet argumentum’