PFIZER “È FRODE SCIENTIFICA”. ROBERT MALON ANNUNCIA ”CONSEGUENZE LEGALI”. SIAMO ALLA RESA DEI CONTI?

13 Marzo 2022 – Redazione – Fonte: Byoblu

Mentre in Italia viene approvato da Camera e Senato l’obbligo vaccinale per gli over 50, con un obbligo già indirettamente introdotto con il Green Pass che deve essere presentato anche per recarsi in banca, negli Stati Uniti inizia a tremare Pfizer. Il 6 gennaio 2022, un giudice federale del Texas ha ordinato alla Food and Drug Administration (FDA) di rilasciare l’intera documentazione che ha portato all’approvazione del farmaco. Si tratta di circa 450.000 pagine che verranno ora diffuse a cadenza mensile fino a rendere interamente di dominio pubblico i dossier interni di Pfizer. Dal 1° marzo 2022, la pubblicazione consisterà in circa 55.000 pagine al mese. Alcuni documenti riguardo agli effetti avversi erano già stati pubblicati a metà novembre del 2021, confermando i dubbi degli scettici del vaccino a mRNA prodotto dall’azienda statunitense.

Robert Malone: “È frode scientifica”

Una prima analisi dei “Pfizerfiles” di marzo ha invece sottolineato la trascuratezza delle analisi di laboratorio, segnalate la prima volta in un’inchiesta del BMJ. Non pochi dubbi riguardo ai trial clinici, che sarebbero stati direttamente organizzati e portati avanti da Pfizer stessa. Si inizia a capire perché Pfizer, l’FDA e le istituzioni sanitarie hanno cercato in tutti i modi di evitare che la documentazione riguardo al farmaco anti-Covid fosse resa pubblica. “Secondo me, trattenere dati scientifici è frode”, tuona Robert Malone ai microfoni di The New American (TNA). Lo scienziato statunitense, profondo conoscitore della tecnologia mRNA, ha sempre denunciato le incongruenze del preparato realizzato con la medesima tecnica e somministrato a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Per la sua visione critica, Malone era stato oggetto di attacchi da parte della stampa mainstream, culminati con il blocco su Twitter dello scienziato.

“La CDC è un’arma politica”

“Se pubblicassi uno studio che si basa su una grande mole di dati epidemiologici e decidessi di renderne pubblici soltanto una parte per sostenere un certo tipo di narrazione, sarei colpevole di frode scientifica. Lo studio verrebbe rimosso e io sarei cacciato dalla mia istituzione accademica”, spiega Malone. Il biochimico si scaglia poi anche contro le istituzioni sanitarie degli Usa: “Nel corso degli anni, la CDC è diventata sempre più un’arma politica, smettendo di svolgere la sua vera funzione – ha commentato Malone -. Sono loro i responsabili della diffusione corretta dei dati scientifici. Hanno smesso di svolgere questo ruolo […] Ed è ora diventata chiaramente un’organizzazione politica, il braccio destro della classe dirigente, e quello che è stato fatto, secondo me, è semplicemente osceno”, ha aggiunto lo scienziato.

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A denunciare lo scandalo insieme a Robert Malone, anche il noto cardiologo statunitense Peter McCullough,entrambi accusati dal mainstream di diffondere disinformazione riguardo al Covid-19 e ai vaccini. “La tesi era: la CDC non l’ha detto e quindi state diffondendo disinformazione”, spiega Malone. “Ma adesso sappiamo che chi realmente stava diffondendo disinformazione era la CDC. Penso che ci siano dovute delle scuse”. Malone annuncia poi che ci saranno delle conseguenze legali e che i soggetti direttamente coinvolti nel Governo federale e nelle istituzioni sanitarie sono ora di fronte a un bivio. “È arrivato il momento farsi avanti e di parlare”, consiglia l’esperto. In qualsiasi modo vada a finire, il caso ha sottolineato ancora una volta l’importanza della totale trasparenza governativa nei confronti dei cittadini.
Pfizer: il CEO Albert Bourla scarica il barile?
 “La riluttanza nella pubblicazione di informazioni riguardo a un prodotto biologico che viene consigliato, se non obbligato, ad ogni americano, dovrebbe mettere preoccupazione a chiunque”, è intervenuto Peter McCullough. E in questo contesto risulteranno fondamentali i cosiddetti “whistleblower”, ovvero lavoratori per aziende che commettono illeciti e che decidono di denunciare le irregolarità. E i primi passi indietro e “scaribarili” iniziano a verificarsi nei piani altissimi di Pfizer. Intervistato dal Washington Post, l’Amministratore delegato del colosso farmaceutico, Albert Bourla ha svelato i suoi dubbi iniziali riguardo alla tecnologia utilizzata dall’azienda per la produzione del vaccino più rapido della storia.

L’mRNA era la tecnologia di cui avevamo meno esperienza, soltanto due anni di lavoro. In realtà, l’mRNA non aveva mai portato all’approvazione di un farmaco fino a quel giorno. Non un vaccino e nemmeno un altro tipo di medicina – ha confidato Bourla al Pulitzer Jonathan Capehart -. È stato un po’ un controsenso. Ero sorpreso quando mi hanno detto che questa sarebbe stata la strada da intraprendere, e io l’ho messa in dubbio”, ha aggiunto Bourla. “Mi hanno convinto (ricercatori di Pfizer ndr.). Ho seguito il mio istinto, secondo cui sapevano quello che stavano facendo. Sono molto bravi, e quindi abbiamo scelto di prendere questa difficile decisione ai tempi”, ha ribadito il CEO di Pfizer.