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‘SANITÀ’ Category

22 Giugno 2023 – Redazione

La manzoniana psicosi da bacilli, insieme all’illusorio potere conferito a normali cittadini, ha portato a stravolgere il concetto di privacy con il diffondersi di azioni volte a discriminare e violare i nostri dati sanitari e quelli dei nostri figli. A fronte delle vostre richieste di aiuto, abbiamo cercato di riassumere il complesso quadro giuridico e di fornire alcuni strumenti di tutela, volti a contenere e contrastare eventuali abusi, soprattutto con richieste riguardo lo stato vaccinale vostro o dei vostri figli e per farlo, dobbiamo innanzitutto delineare i confini normativi per identificare in autonomia quando una richiesta è da considerarsi lecita o quando è illecita.

Partiamo dalla definizione di dati relativi alla salute comunemente valida in tutto il territorio Europeo e normata dal GDPR – Regolamento generale sulla protezione dei dati (UE/2016/679): “i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano informazioni relative al suo stato di salute” (GDPR Art. 4, part. 15) e sono ricompresi nella più vasta categoria dei dati soggetti a trattamento speciale (GDPR Art. 9), in quanto in grado di rivelare dettagli molto intimi della persona, e per questo vi è una tutela rafforzata che pone il divieto di “trattare dati personali che rivelino… dati relativi alla salute” (art. 9 GDPR)

Come abbiamo visto, ii dati inerenti la salute godono di misure di garanzia che garantiscono l’interessato sulla figura di chi può trattarli, nei rari casi in cui è possibile farlo. Questo punto è importante ed è la seconda cosa che dovrete comprendere a pieno: i dati relativi alla salute possono essere “trattati da o sotto la responsabilità di un professionista soggetto al segreto professionale conformemente al diritto dell’Unione o degli Stati membri o alle norme stabilite dagli organismi nazionali competenti o da altra persona anch’essa soggetta all’obbligo di segretezza conformemente al diritto dell’Unione o degli Stati membri o alle norme stabilite dagli organismi nazionali competenti”. (GDPR Art. 9, part. 3)

Ricapitolando: la normativa europea sancisce che i dati relativi alla salute, compreso ovviamente lo stato vaccinale, sono un diritto fondamentale di ogni cittadino e godono di garanzie particolari che permettono la loro gestione solo in limitatissimi casi e sotto la responsabilità di un professionista sanitario sottoposto a segreto professionale. In linea generale, ogni richiesta riguardante l’accesso a informazioni sullo stato di salute vostro e dei vostri figli che arriva da soggetti che non sono un professionista sanitario è da ritenersi illecita… le cose però non sempre sono così lineari.

Ora veniamo all’oggi e ai vari motivi per cui abbiamo deciso di fornirvi questo tipo di documentazione e, come detto sopra, vi elencheremo una serie di situazioni che ci avete segnalato, in cui la richiesta dello stato vaccinale è stata oggetto di situazioni disdicevoli. Vi mettiamo a disposizione, accanto alle tipologie di situazione, anche la lettera o modulo corrispondente, in modo che possiate facilmente reperire quello più adatto alla singola situazione che si divide in bambino o adulto e al grado di contromisure da adottare, perché lo sappiamo bene, anche se vorremmo che tutti agissero con il massimo vigore contro ogni illecita richiesta di dati, purtroppo, a volte si deve mediare.

P.S. Per ogni situazione abbiamo creato due o quattro moduli diversi. La prima divisione è tra minori e adulti e la seconda divisione è tra diffida e diffida con contestuale segnalazione al Garante della Privacy. Nel secondo caso, oltre che inviare una diffida rifiutandosi di fornire i dati inerenti alla salute, si fa contestuale segnalazione al Garante Privacy chiedendo alla struttura che ha richiesto i dati, di fornirvi anche tutte le specifiche di legge riguardo alla gestione di quei dati, come le finalità. A voi la scelta di quale documento utilizzare.

1. Il grest, scout, campus estivi mi chiede libretto vaccinale.

Questo caso è uno dei più vili, spesso accompagnato da pretese che sfociano in dinieghi di iscrizione oppure adducendo fantomatici obblighi di legge ma la questione è chiarissima a livello normativo: non è possibile in nessun caso richiedere dati relativi allo stato vaccinale di nessun partecipante, né ospiti, né personale assunto e né volontari e ogni richiesta in tal senso deve ritenersi illecita. Non ci sono deroghe, non esiste normativa a supporto di tale richiesta, semplicemente non possono gestire, archiviare, trattare ancor meno divulgare questi dati, fine. Così semplice? Magari…

Come vi abbiamo detto ad inizio articolo, la psicosi da bacilli e l’aver dato finto potere a normali cittadini, ha creato una serie di situazioni per cui a volte il soggetto che illecitamente richiede tale documentazione, è visceralmente convinto di alcuni postulati, in realtà falsi, ma che non c’entrano nulla con la questione del trattamento dati relativi alla salute. A volte viene detto ai genitori che essendoci un obbligo vaccinale che interessa la fascia di età dei partecipanti, allora è estendibile l’obbligo anche a strutture extrascolastiche: non è assolutamente così! Anche perché nemmeno le scuole sono autorizzate ad acquisire e gestire il dato, lo fa la Asl e solo in determinate condizioni, comunicando esclusivamente l’eventuale irregolarità e mai il dato vaccinale completo (es. manca 1 dose o l’intero ciclo? Per quali malattie è vaccinato il bambino? La scuola non deve saperlo).

Di fronte all’assurda richiesta di fornire lo stato vaccinale di minori in ambito extrascolastico, pertanto fuori da ogni fattispecie normativa, il primo consiglio che ci verrebbe da darvi è quello di segnalare al Garante della Privacy l’accaduto e di spendere i vostri soldi altrove, evitando quella struttura. Ovviamente sta a voi la scelta, potete decidere se utilizzare il documento per la diffida o quella con annessa segnalazione al Garante della Privacy.

2. La palestra, il corso di calcio, tennis, equitazione o qualsiasi altro sport mi chiede libretto vaccinale

Questo caso è molto spinoso e necessita di una premessa: la legge 5 marzo 1963, n. 292, prevede l’obbligo vaccinale per la sola antitetanica per tutti gli sportivi agonistici CONI e per comprendere se la richiesta è ”lecita” o “illecita” si deve verificare se l’attività sportiva è agonistica o non agonistica e e se l’attività sportiva agonistica è o non è affiliata CONI. Vi lasciamo ad un nostro articolo esaustivo sul punto che potete consultare qui ma in linea di massima valgono gli stessi principi, ovvero che anche in presenza di una disposizione di legge, i dati relativi alla salute sono trattati solo da un “professionista soggetto al segreto professionale conformemente al diritto dell’Unione o degli Stati membri” e, pertanto, solo al momento della visita di idoneità sportiva di una società sportiva federata CONI, viene richiesto di esibire il documento sanitario comprovante l’avvenuta effettuazione della vaccinazione antitetanica obbligatoria per legge per consentire la prescritta verifica e eventuale annotazione.

Appurato se la richiesta è illecita o no, potete utilizzare il Documento modificabile per diffida o quello con contestuale segnalazione al Garante della Privacy. Noi tendiamo ad essere abbastanza fermi sul punto: la struttura ha raccolto dati sanitari di minori o adulti? Va segnalato al Garante oltre che inviare la diffida. A voi la scelta.

3. Il datore di lavoro mi chiede il libretto vaccinale

Come spesso capita in Italia, quando si scende nel dettaglio le questioni divengono più complesse. In linea generale il datore di lavoro non può venire mai a conoscenza dello stato vaccinale dei dipendenti. Esiste l’obbligo di vaccino antitetanico, che prevede la non idoneità lavorativa solo per alcune professioni ed è normato dalla medesima legge 5 marzo 1963, n. 292, e successive modifiche. Se la vostra professione rientra in quelle normate dalla legge vi invitiamo a leggere un nostro articolo esaustivo sul punto, lo trovate qui.

Esiste anche l’obbligo di vaccino anti-epatite B per le professioni sanitarie, ma in linea di massima valgono gli stessi principi, ovvero che anche in presenza di una disposizione di legge, i dati relativi alla salute siano trattati solo da un “professionista soggetto al segreto professionale conformemente al diritto dell’Unione o degli Stati membri” pertanto al momento della visita di idoneità lavorativa potrà essere richiesto di comprovare l’avvenuta effettuazione della vaccinazione obbligatoria per legge, ma solo dal medico competente che non potrà divulgare al datore di lavoro il vostro stato vaccinale ma solo l’idoneità o meno a svolgere la mansione.

Di fronte ad una richiesta diretta da parte del datore di lavoro o altro personale di presentare documenti sanitari, potrete utilizzare il Documento modificabile per diffida e nei casi più estremi, valutando la situazione lavorativa, avete a disposizione anche quello con contestuale segnalazione al Garante della Privacy. Rispetto alle precedenti situazioni qua siete in ambito lavorativo e capiamo benissimo che il tema è ben più spinoso. Una volta capita la norma, potrete anche spiegare a voce la situazione della richiesta illecita, senza neppure ricorrere ai nostri documenti e se mai utilizzarli in fasi successive qualora la situazioni non si sistemi da sola.

FONTE: Associazione Corvelva

 

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28 Maggio 2022 – Redazione

«L’Istituto superiore di sanità ha dichiarato che abbiamo già la disponibilità di oltre 5 milioni di dosi» di vaccino antivaiolo, «quindi siamo preparati eventualmente nel procedere qualora ve ne fosse la necessità». Lo ha affermato il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ospite di Rainews24, commentando l’acquisto da parte della Gran Bretagna di 20 milioni di dosi di vaccino, scrive AdnKronos.

Costa ha ribadito «con chiarezza» che «non siamo di fronte a un’emergenza». Il vaiolo delle scimmie non è paragonabile al Covid, non colpisce tutta la popolazione perché – ha affermato – chi è stato vaccinato contro il vaiolo, circa il 40% della popolazione, ha già una protezione indicativamente dell’85%. Quindi è uno scenario diverso che deve essere monitorato».

«Siamo di fronte ad una situazione che deve essere monitorata. Il nostro governo lo sta facendo – aggiunge – anche attraverso una task force istituita all’Istituto superiore di sanità e in collaborazione con le Regioni e con l’Unione europea – si legge ancora su AdnKronos -. Quindi stiamo affrontando insieme questa nuova fase».

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23 Maggio 2022 – Redazione – Fonte: Adnkronos

Il presidente degli Usa Joe Biden ha affermato che il vaiolo delle scimmie è “una cosa per cui tutto il mondo dovrebbe preoccuparsi“, anche se gli States hanno registrato finora solo un caso. Biden ha spiegato ai giornalisti in Corea del Sud che già sta parlando con i suoi consiglieri della possibile espansione della malattia e che tra gli aspetti che devono ancora essere chiariti c’è il grado di trasmissibilità del virus.

Vaccino contro il vaiolo

Stiamo lavorando per vedere quello che possiamo fare e che vaccino si può usare“, ha detto il presidente Usa prima di imbarcarsi sull’Air Force One per recarsi in Giappone, seconda tappa del suo tour in Asia. I Cdc di Atlanta indagano su diversi casi sospetti, anche se per ora ne è stato confermato uno solo nel Massachusetts, una persona che aveva viaggiato in Canada.

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22 Maggio 2022 – Redazione – Fonte: Il Giornale d’Italia

Il vaiolo delle scimmie ha una bassa mortalità ed è, tutto sommato, è poco contagioso. A dirlo sono gli esperti Donato Greco e Stefano Vella. Il primo ha rassicurato che questo virus è “meno grave della varicella”. Il secondo è sicuro nell’affermare che non ci sarà alcuna pandemia in quanto, appunto, il vaiolo delle scimmie non contagia come il Coronavirus.

“Nell’uomo il vaiolo delle scimmie è una malattia auto-estinguibile, cioè si risolve da sola in poche settimane ed è, come gravità, anche inferiore a una varicella”, ha affermato Donato Greco, già direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute. “Anzi – aggiunge all’Adnkronos Salute – quest’ultima comporta una estensione delle vescicole su tutto il corpo e dà febbre elevata, mentre il vaiolo delle scimmie è quasi sempre molto localizzato. Nei casi di cui parliamo in questi giorni a trasmissione sessuale, le pustole sono limitate alla zona dei genitali, senza febbre alta”.

“C’è un po’ di diffidenza a dichiararne la natura della trasmissione che, come riportato nel report del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecd), nella maggior parte dei casi è per via sessuale anale“, continua Greco. “Ed è inutile dire che non lo sia, non vedo perché non chiarirlo, perché se parlassimo di gonorrea quale sarebbe il problema? Ricordiamo la storia dell’Hiv, quando partì un allarme incontrollato”. E ancora: “Stiamo attenti alle discriminazioni, ma dal punto di vista scientifico bisogna parlare e spiegare chiaramente le cose per non generare inutili allarmismi”.

Nemmeno Stefano Vella, docente di Salute Globale all’università Cattolica di Roma, si è detto particolarmente preoccupato. “Non siamo di fronte a una nuova pandemia”, dice. “Il virus del vaiolo delle scimmie, è conosciuto, in Africa, da tempo. Non preoccupa particolarmente rispetto al rischio di propagazione perché per infettarsi i contatti devono essere molto stretti, come nei rapporti sessuali. Non ci sono gli stessi pericoli di una trasmissione aerea, che facilita la corsa del virus, come per Sars-Cov-2″.

“A dispetto del nome, come già è stato spiegato in questi giorni – aggiunge Vella – non parliamo di un’infezione pericolosa come quella causata dal vaiolo. La malattia è lieve e abbiamo, nel caso si rendesse necessario, anche alcuni antivirali utilizzabili, per quanto non specifici. E da quanto ne sappiamo fino ad oggi, chi si è vaccinato contro il vaiolo potrebbe essere protetto”.

Per Vella, in ogni caso, oggi più che mai è necessaria “l’attenzione all’equilibrio tra la salute umana, animale e ambientale. Ad esempio: se noi deforestiamo è chiaro che l’animale selvatico si avvicina alle aree abitate dall’uomo con più rischi. Non a caso, nell’approccio alla gestione della sanità, si parla di ‘One Health’, una salute sola (umana, animale, ambientale), e non è solo un concetto di moda, ma una necessità nel riorganizzare le politiche sanitarie e ambientali in un’ottica di consapevolezza e riduzione del rischio”.

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22 Maggio 2022 – Redazione

“Come ti creo uno stigma in sei piccole parole. Ci siamo già passati con HIV/AIDS che ha ucciso persone di ogni orientamento sessuale. Però non siamo più negli anni ‘80 e la lezione dovremmo averla imparata. Professor Bassetti, per favore, se possibile evitiamo. Grazie”.

Così Ivan Scalfarotto di Iv commentando via twitter le parole di Matteo Bassetti sui primi contagi da vaiolo delle scimmie in Italia da ‘cluster gay’.  (Adnkronos)

Cluster gay

Secondo le stime dell’infettivologo del San Martino di Genova “sono già segnalati decine di casi in Europa: 14 in Portogallo, 9 in UK e 7 in Spagna“. Al momento i casi registrati, “sono stati riscontrati tra uomini che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini, configurando una probabile trasmissione all’interno della comunità”.

L’Ecdc”, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, “ha attivato un sistema di allerta a livello europeo al quale partecipa l’Istituto superiore di sanità. Inoltre, l’Iss ha costituito una task force composta da esperti del settore e ha contattato le reti sentinella dei centri per le infezioni sessualmente trasmesseal fine di monitorare continuamente la situazione nazionale”. Lo sottolinea l’Istituto superiore di sanità in una nota.

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22 Maggio 2022 – Redazione – di Alessandro Rico ( La Verità)

Contagi, ospedalizzazioni e intensive sono più probabili tra chi ha tre dosi rispetto a chi ha completato il ciclo primario. I vantaggi della «terza dose» soltanto per gli over 60: eppure Roberto Speranza & C. insistono sulle iniezioni.

Ormai è un’evidenza granitica: sotto i 60 anni, chi ha la terza dose se la passa peggio di chi non ce l’ha. Lo dicono i numeri trasmessi dall’Istituto superiore di sanità: nel regno di Omicron, il bazooka del booster sta rapidamente perdendo la sua potenza di fuoco. Tutto ciò dovrebbe indurre esperti e ministero a ricalcolare il rapporto rischi/benefici dell’iniezione, soprattutto in vista dell’ulteriore campagna autunnale di richiami. E invece, al momento, il mantra delle punture a cadenza quadrimestrale, ringalluzzito dalla promessa di farmaci aggiornati, resta il pilastro della strategia italiana. Alla faccia delle decisioni scientifiche, basate sui dati, che invoca ogni volta Roberto Speranza.

Veniamo alle ultime, clamorose rilevazioni, che riguardano gli under 60. Dal report dell’Iss, aggiornato al 18 maggio, vanno tratte tre conclusioni che dovrebbero far drizzare le antenne a chiunque fosse davvero interessato a calibrare le politiche in base agli scenari.

1 Chi ha ricevuto la terza dose si infetta molto di più di chi si è vaccinato solo con due dosi da oltre quattro mesi. Tra 40 e 59 anni, addirittura, gli italiani con il booster si contagiano di più anche dei non vaccinati.

2 Chi ha ricevuto la terza dose finisce in ospedale di più di chi si è vaccinato con due dosi da meno di quattro mesi – e questo vale sia tra 12 e 39 anni, sia tra 40 e 59.

3 Chi ha ricevuto la terza dose finisce in terapia intensiva di più di chi si è vaccinato con due dosi, indipendentemente dal fatto che esse siano state somministrate da oltre o da meno di 120 giorni.

Sorvoliamo sul terzo punto: per fortuna, gli ingressi in rianimazione, tra il primo aprile e il primo maggio, sono stati talmente pochi che sarebbe inutile costruirci sopra una tendenza statistica. Concentriamoci, semmai, sui primi due elementi di riflessione.

Da 12 a 39 anni, l’incidenza dei casi di Covid, dal 15 aprile al 15 maggio, è stata di 2.912 infezioni ogni 100.000 persone tra i non vaccinati, 1.218 tra i vaccinati da oltre quattro mesi, 3.054,4 tra i vaccinati più recenti e 2.892,1 tra i vaccinati con la terza dose. Da 40 a 59 anni, l’incidenza è stata di 2.429,4 casi tra i non vaccinati, 1.493 tra i vaccinati da oltre 120 giorni, 2.712,9 tra i vaccinati da meno di 120 giorni e 2.683,6 tra chi si è sottoposto al richiamo. È un chiaro segnale che lo schermo offerto dal medicinale tarato sul virus di Wuhan, in presenza di Omicron e delle sue sottovarianti, si è enormemente indebolito. E che nemmeno la spintarella del terzo shot lo consolida in modo decisivo. I più attenti, allora, domanderanno: come mai, se lo scudo vaccinale è diventato una groviera, gli inoculati con due dosi da più tempo sembrano essere quelli più al sicuro? La protezione, a questo punto, non dovrebbe essere evaporata?

Una possibile interpretazione è che quanti, tra gli under 60, pur avendo porto il braccio da oltre 120 giorni, non sono ancora corsi all’hub per il richiamo, siano per la maggior parte individui che si sono infettati con Omicron dopo la doppia puntura. Costoro, dunque, beneficiano oggi dell’immunità naturale, peraltro maturata in rapporto al ceppo virale prevalente. E, a ipotetica parità di stile di vita – i limiti imposti dal green pass sono decaduti e nessuno è in lockdown volontario per paura d’infettarsi – resistono meglio agli attacchi del Sars-Cov-2.

Un discorso analogo – ed è un aspetto impressionante – vale per i conteggi dei ricoveri in area non critica. In questo caso, i non vaccinati si dimostrano senza dubbio più vulnerabili dei vaccinati a vario titolo. Tuttavia, gli under 60 che si sono lasciati inoculare oltre 120 giorni fa risultano meno a rischio sia dei vaccinati recenti, sia di quelli con il booster. Tra 12 e 39 anni, l’incidenza delle ospedalizzazioni, nei vaccinati meno recenti, è di 6,2 ogni 100.000 persone; in quelli più «freschi» è di 16,3; in quelli «tridosati» è di 10,1. Nella fascia anagrafica 40-59 anni, l’incidenza varia dai 10,4 ricoveri tra i vaccinati da più di quattro mesi, ai 15,7 tra i vaccinati da meno di quattro mesi, agli 11,8 tra i vaccinati con booster. Ancora una volta, chi si è vaccinato da poco, nel contesto Omicron, ha le armi spuntate. Soprattutto, la terza puntura non aggiunge nulla alle due eseguite prima di gennaio. Anzi, ha un impatto negativo.

A dirla tutta, già a febbraio La Veritàsottolineava come, dai documenti dell’Iss, risultasse che gli under 40 con tre dosi pativano più ospedalizzazioni dei vaccinati con due shot. L’Iss aveva spiegato il paradosso ricordando che, in quella classe d’età, ad aver ricevuto il booster erano stati i fragili. «Con il tempo», prometteva l’ente, «le stime di efficacia riferite a questa popolazione risentiranno meno di questo fattore di confondimento». Ebbene: la terza iniezione l’ha avuta anche chi scoppia di salute. Ed è successo il contrario di quel che prevedeva l’Iss. Non solo il «fattore di confondimento» non è scomparso, ma l’anomalia si è estesa alla categoria anagrafica immediatamente successiva, quella dei cittadini con età compresa tra 40 e 59 anni.

Anche a voler ignorare la questione degli effetti collaterali e il giallo sull’eccesso di morti under 40, ce ne sarebbe abbastanza per ammettere che qualcosa non sta funzionando. Per smetterla di rincorrere i più giovani e sani con la siringa, concentrandosi sugli over 60 – sui quali il richiamo, invece, fa il suo dovere.

Tanto, le inoculazioni delle terze dosi sono già di per sé al palo: da inizio mese non sono mai arrivate a 11.000 al giorno; venerdì si sono fermate a poco più di 5.000. Evidentemente, nascondere la polvere sotto al tappeto non basta: gli italiani, l’antifona, l’hanno capita da soli.

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20 Maggio 2022 – Redazione

PRO MEMORIA PER LE MENTI LABILI

Scrive la Dott.ssa Patrizia Montenegro PHD in Neurochirurgia presso la John Hopinks University:

<<Tra tutti i vaccini che ho visto in vita mia (difterite, tetano, pertosse, morbillo, rosolia, parotite, varicella, epatite, meningite e tubercolosi), non ho mai visto un vaccino che mi costringa a indossare una mascherina e mantenere la distanza sociale, anche quando sei completamente vaccinato…
Non avevo mai sentito parlare di un vaccino che diffonda il virus anche dopo la vaccinazione.
Non avevo mai sentito parlare di ricompense, sconti, incentivi per vaccinarsi.
Non ho mai visto discriminazioni per coloro che non l’hanno fatto. Se non sei stato vaccinato, nessuno ha cercato di farti sentire una persona cattiva.
Non ho mai visto un vaccino che minacci le relazioni tra familiari, colleghi e amici.
Non ho mai visto un vaccino usato per minacciare i mezzi di sussistenza, il lavoro o la scuola.
Non ho mai visto un vaccino che permettesse a un dodicenne di ignorare il consenso dei genitori.
Dopo tutti i vaccini che ho elencato sopra, non ho mai visto un vaccino come questo, che discrimina, divide e giudica la società così com’è. E mentre il tessuto sociale si stringe…
È un vaccino potente! Fa tutte queste cose tranne l’IMMUNIZZAZIONE.
Se abbiamo ancora bisogno di un’iniezione di richiamo dopo essere stati completamente vaccinati e dobbiamo ancora ottenere un test negativo dopo essere stati completamente vaccinati, e dobbiamo ancora indossare una maschera dopo essere stati completamente vaccinati e dobbiamo ancora essere ricoverati in ospedale dopo essere stati completamente vaccinati , probabilmente arriverà il momento di ammettere che siamo stati completamente ingannati>>.

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19 Maggio 2022 – Redazione – di Patrizia Floder Reitter – La Verità 

I dottori che hanno salvato migliaia di pazienti Covid affrontano le commissioni disciplinari. Quelli condannati per omicidio o corruzione risultano ancora iscritti all’albo. E se non sono in carcere, continuano a esercitare.

Ci sono medici che rischiano di essere sospesi solo perché hanno curato a domicilio pazienti Covid. Potrà accadere ad Andrea Stramezzi, che ne ha salvati 6.000 ma forse sarà radiato dalla Commissione disciplinare dell’Ordine dei medici di Milano, doveva capitare a Gerardo Torre, per averne curato 3.000 con farmaci da prontuario ma ignorati dal protocollo ministeriale, se la pressione mediatica non avesse influito sulla decisione finale dell’Ordine di Salerno.

Gli esempi non mancano, è forte quanto inspiegabile l’accanimento nei confronti di dottori che si sono rimboccati le maniche, non confidando solo su vaccino, paracetamolo e vigile attesa. E ci sono altri medici che rimangono iscritti, malgrado ne abbiamo combinate tante da far rivoltare nella tomba Ippocrate, sul cui giuramento promettono di impostare eticamente la loro professione.

Partiamo dal caso più emblematico. Pier Paolo Brega Massone, l’ex primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita di Milano arrestato nel 2008 e condannato all’ergastolo in primo grado per omicidio volontario. Provocò la morte di quattro pazienti anziani, pena riformulata nel 2018 nel processo d’appello bis e ridotta a 15 anni di reclusione. Il chirurgo aveva preso anche 15 anni e mezzo, diventati definitivi, per 55 casi di lesioni e truffe al Servizio sanitario nazionale.

Nel settembre scorso, la Corte d’assise d’appello aveva innalzato la pena a 21 anni e 4 mesi contestando, accanto all’omicidio preterintenzionale, l’aggravante dello scopo di lucro. Secondo l’accusa, nella «clinica degli orrori», come fu soprannominata, il medico pavese portò «sul tavolo operatorio» quattro anziani per interventi «inutili», effettuati al solo fine di «monetizzare» i rimborsi del sistema sanitario nazionale per la clinica convenzionata.

Ebbene, farete fatica a crederci ma Brega Massone, oggi cinquantottenne, risulta sempre iscritto all’albo dei medici di Pavia, con il numero 0000005986, come appare sul portale della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. È il sito ufficiale al quale possono rivolgersi i cittadini che vogliono verificare l’iscrizione di un professionista, per questo Fnomceo sottolinea che gli Ordini «sono tenuti al loro aggiornamento dei dati».

Dimenticanza dell’albo di Pavia, che dal 2014 (quando Brega Massone fu condannato all’ergastolo) non ha aggiornato la posizione del suo iscritto, la qual cosa sarebbe comunque gravissima, o il chirurgo, il primo condannato in Italia per aver ucciso non per errore, è sempre un medico per il suo albo professionale?

Non è l’unico caso. Il 21 dicembre scorso, la Corte d’appello del tribunale di Milano ha condannato a sei anni di reclusione Domenico Spellecchia, ex primario di ginecologia dell’ospedale di Chiavenna, in Valtellina, che nel giugno 2018 era stato assolto dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di 18 pazienti. Originario di Scampitella, provincia di Avellino, 62 anni tra poche settimane, dopo l’assoluzione era tornato a esercitare all’ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona, nel Comasco.

Spellecchia, ritenuto colpevole di molteplici abusi per effetto della sentenza di primo grado ribaltata, a distanza di cinque mesi dalla pronuncia dei giudici d’appello risulta sempre iscritto all’Ordine professionale di Milano con numero 0000026668. Eppure accanto al nome di Barbara Balanzoni, medico anestesista laureata anche in legge, compare in tutta evidenza la scritta rossa «sospesa», dal 18 gennaio. Non per aver procurato danni a qualche suo assistito, o per aver intascato soldi sulla pelle di malati, semplicemente in quanto non vaccinata.

E che dire dei sei anni e sei mesi per corruzione inflitti nel gennaio 2021 a Norberto Confalonieri, ex responsabile di ortopedia e traumatologia all’ospedale Gaetano Pini di Milano? I giudici avevano accolto la tesi dei pm, secondo i quali il professionista «al centro di una ramificata e consolidata rete di relazioni corruttive», aveva stretto accordi con multinazionali per impiantare le loro protesi, in cambio di soldi, regali, ritorno di immagine.

Confalonieri fu invece prosciolto dall’accusa di presunte lesioni ai danni di pazienti, alla casa di cura San Camillo di Milano, dove il medico faceva interventi in regime privato e poi operandoli in regime di mutua. Di fatto, Confalonieri, classe 1952, condannato perché giudicato corrotto, lavora tra Milano, Seregno, Cantù, Lodi, Lecco e, come informa sul suo sito, oltre a effettuare interventi in cliniche private di Milano e Roma, li esegue anche in regime convenzionato. Infatti, è sempre iscritto all’albo dei medici di Monza con il numero 0000000717.

L’ortopedia del Pini deve essere una specialità che attira contenziosi, perché l’ex direttore dell’unità correttiva, Carmine Cucciniello, accusato nel 2018 di corruzione, patteggiò due anni con rito abbreviato, il primario Giorgio Maria Caloridue anni e dieci mesi. Il professor Calori, oggi direttore dell’unità funzionale di ortopedia e traumatologia della clinica San Gaudenzio di Novara, versò 300.000 euro al Pini per accedere al patteggiamento. Secondo l’accusa, avrebbe fatto acquistare kit operatori a un prezzo dieci volte superiore al reale. Sia Cucciniello, sia Calori sono regolarmente iscritti all’Ordine dei medici di Milano. «La commissione disciplinare segue il codice deontologico, ma dopo il rinvio a giudizio di un iscritto è obbligata ad aprire un procedimento, che può concludersi con tempi e pronunce differenti da quelli del giudice penale, tranne che nel caso di un’assoluzione», osserva Sandro Sanvenero, presidente dell’Ordine degli odontoiatri di La Spezia. «Di certo, deve garantire autonomia e indipendenza del medico e non può condannarlo perché ha agito secondo giudizio clinico, nel trattare pazienti», quindi anche affetti da Covid. «Lo stesso Consiglio di Stato ha sentenziato che i protocolli ministeriali sono delle mere indicazioni, il medico non è obbligato a seguirle».

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19 Maggio 2022 – Redazione

Ricercatore in campo farmaceutico, si era trasferito da alcuni anni in provincia di Vicenza per lavoro. Sposato, era padre di tre figli. Oggi, mercoledì, alle 14,30 la chiesa di Arceto ospiterà i funerali di Matteo Zini, ricercatore e analista in campo farmaceutico. Viveva da quattro anni in provincia di Vicenza, ad Altavilla Vicentina, e lavorava alla Fis (Fabbrica Italiana Sintetici).

 

Un tumore fulminante lo ha strappato all’affetto dei suoi cari. Sabato il decesso. Lascia la moglie Giulia Ganapini e i tre figli, i genitori Marta e Giuliano, il fratello Andrea e una famiglia numerosa ora unita nel dolore. Il Nobel Montagnier sosteneva che questi sieri sperimentali possono anche causare l’insorgenza di tumori maligni all’interno dell’organismo. Lo riporta ReggioOnline.com.

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18 Maggio 2022 – Redazione

Dall’inizio della campagna vaccinale imposta contro ogni evidenza di efficacia scientifica in Italia, i dati in merito alla percentuale di chi aveva ricevuto la prima dose, la seconda, o di chi aveva completato il ciclo è stato sempre un balletto di cifre.

Qualcuno riportava numeri, qualcun altro percentuali, chi faceva selezione in base alle fasce d’età, altri riportavano dati sparati a casaccio in tv dalla viro-star di turno, che presenziava il salotto televisivo del giorno: qualcuno ha azzardato cifre che ipotizzavano  il 90% della popolazione inoculata.

Tutto è sempre sembrato costruito ad arte per non farci mai capire quale fosse la realtà dei fatti , quanti, in effetti,  avessero subito il trattamento sanitario sperimentale anticovid.

Una cosa sembra chiara però: se fino a qualche mese fa non si sentiva parlare di altro, adesso con la situazione geopolitica in primo piano, vaccini e covid sembrano non interessare più di tanto gli italiani, preoccupati più dalle conseguenze economiche, e non solo, che dovranno affrontare a causa delle scelte esageratamente schierate del nostro governo rispetto alle sanzioni alla Federazione Russa.

Ma c’è chi pensa a tenere alto il livello di terrore sanitario – dopotutto ci hanno messo più di due anni a infonderlo così profondamente- tra la gente, lanciando l’allarme: 19 milioni di italiani  non hanno ancora completato il ciclo vaccinale o non hanno fatto neppure la prima dose.

Il report ufficiale del Governo mostra come gli italiani abbiano aderito, quasi in maniera unanime alla somministrazione della prima dose, e oltre il 90% sopra i 12 anni abbia completato il ciclo.

Nonostante questi numeri plebiscitari, il tasso di positività, oggi, è del 13,3%, con 44.489 casi e 148 morti.

Numeri non certo bassi, vista la percentuale di inoculati, che non avvalorano ne la tesi che vaccinarsi aiuti a contenere il contagio, ne che possa aiutare a salvarsi la vita: i dati infatti sono evidentemente avvicinabili, come più volte detto, a quelli pre vaccino, oppure a quelli dei Paesi in cui a campagna vaccinale non ha avuto la massiccia adesione che ha avuto in Italia.

Il numero che invece dovrebbe impressionare chi legge è quello di coloro che hanno rifiutato di piegarsi al ricatto sociale del green pass: ben 19 milioni di italiani hanno resistito, privandosi della libertà di circolare liberamente, di entrare in ospedali, vedendosi recapitare multe da centinaia di euro o perdendo il posto di lavoro.

A tutti questi “no vax” verrà sicuramente addossata la responsabilità della propagazione del virus, della nascita di una variante, la responsabilità di non volere un Paese sicuro: fa quasi comodo, se ci pensate, che questi 19 milioni di italiani esitano altrimenti chi sarebbe potuto essere il capro espiatorio di un cosi enorme , evidente mastodontico fallimento?

A fare da contrappeso ci sono quelli che sono disposti, pur di non rischiare di passare da no-vax, a farsi iniettare nel sangue qualsiasi cosa, continuano a indossare mascherine anche all’aperto, contro ogni logica, contro ogni evidenza:  un po forse per paura, un po per ingenuità, ma anche per non rischiare di perdere quello straccio di immagine sociale, o magari quei pochi vantaggi, che invece dovrebbero essere diritti, rimanendo sotto scacco di pochi “rappresentanti” di governo, non eletti da nessuno, a loro volta sotto scacco dei “very” Big che controllano davvero il sistema.

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