Archive for the
‘LAVORO’ Category

30 Aprile 2022 – Redazione

“I giudici amministrativi abruzzesi, con ordinanza cautelare pubblicata in data 28/4/2022, hanno riconosciuto il diritto di una operatrice sanitaria sospesa dal servizio perchè la non aderente alla campagna di cd. “vaccinazione” anti-Covid a ricevere un assegno alimentare pari alla metà del suo normale trattamento retributivo.

L’ordinanza del TAR Abruzzo si segnala per avere aderito ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4-ter del decreto-legge n. 44/2021:⤵️

secondo i giudici abruzzesi, al fine di riconoscere l’esigenza di ogni lavoratore sospeso a conservare una fonte minima di sostentamento, non c’è finanche bisogno di attendere la declaratoria di incostituzionalità delle norme sull’obbligo vaccinale”.

Avv. Giuseppe Angiuli

ACLICCA SUL LINK PER LEGGERE IL TESTO INTEGRALE DELL’ORDINANZA  ⤵️
https://www.eventiavversinews.it/wp-content/uploads/2022/04/TAR-Abruzzo_28_4_2022infermieri_assegno_alimentare.pdf

 

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39 Aprile 2022 -Redazione

Multa annullata per un ristoratore di Lavagna, sanzionato dopo esser stato trovato a servire i clienti dopo le 18 durante il lockdown del 2021. Dopo quella fascia oraria avrebbe infatti dovuto chiudere: per questo era stato multato di 400 euro. Ma il giudice di pace di Chiavari che ha preso in mano la pratica ha deciso di annullare la sanzione.

In quel periodo  anche in zona gialla era vietato a bar e ristoranti fare servizio dopo le 18, orario a partire dal quale era vietato anche l’asporto. I militari avevano invece accertato che l’attività di del ristorante di Lavagna non era sospesa, con clienti intenti a consumare la cena poco prima delle 20.

“La previsione di fasce orarie nelle quali lo svolgimento dell’attività non era consentita – scrive il giudice Cristina Grassone del Secolo XIX -, avrebbe dovuto essere supportata dalla specifica indicazione delle ragioni tecniche che facevano ritenere un incremento del rischio di diffusione del contagio nell’esercizio delle attività nelle fasce orarie in cui operava il divieto”.

Il titolare, difeso dall’avvocato Marco Mori, aveva ricevuto una multa da 400 euro: la sanzione era stata impugnata e nei giorni scorsi è arrivata la sentenza. Le ragioni tecniche non sono contenute né “nel Dcpm del 14 gennaio 2021 – scrive ancora il giudice – né nel verbale del Comitato Tecnico Scientifico della seduta del 12 gennaio”. La sentenza del giudice di pace chiavarese, la prima nel territorio del Tigullio, potrebbe incoraggiare adesso i ricorsi dei ristoratori che sono stati sanzionati nei mesi difficili delle restrizioni e delle chiusure. I fatti risalgono al gennaio 2021. Il ristoratore tiene aperto il locale anche oltre l’orario previsto dal decreto del Governo. Per questo riceverà più multe, così come verrà multato per la questione del Green pass.

La sentenza depositata nei giorni scorsi, si riferisce ad uno dei verbali presi dal ristoratore. Il giudice Cristina Grassone scrive ancora nella sentenza: “nel caso che ci occupa, la limitazione dell’orario di svolgimento dell’attività di ristorazione determinava la compressione di un diritto costituzionalmente garantito, quale quello del libero esercizio dell’attività economica”. In conclusione, il giudice di pace, ha sottolineato “l’illegittimità del Dcpm del 14 gennaio 2021 nella parte in cui individua la misura violata senza esplicitare i presupposti di fatto, nonché le ragioni tecnico scientifiche, poste a fondamento della misura restrittiva”.

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27 Aprile 2022 – Redazione

Nuova bufera sul colosso Amazon e sul trattamento che riserva ai suoi dipendenti. Stavolta a far discutere è quanto accaduto a una lavoratrice che è stata in bagno per più di venti minuti e per questo Amazon l’ha multata: sospensione per un giorno dal lavoro. Come racconta Repubblica, “l’ispettorato del lavoro dà torto alla multinazionale fondata da Jeff Bezos, reputa la decisione della società spropositata e l’annulla”. La Filt Cgil, che ha seguito l’addetta nel ricorso contro l’azienda, denuncia: “I lavoratori Amazon sono cronometrati per andare in bagno e vengono puniti con sanzioni disciplinari se i tempi non sono conformi all’algoritmo”, spiega Luca Iacomino della Filt Cgil.

Ma il gruppo dell’e-commerce a sua volta replica: “Non monitoriamo le pause e non cronometriamo. È una questione di sicurezza”. La lavoratrice è un’addetta alla spedizione dei pacchi nel sito di Torrazza Piemonte, nell’hinterland di Torino. I fatti risalgono a gennaio. L’azienda contesta l’allontanamento dalla postazione all’1,15 di notte senza avvisare i responsabili. In più la donna si sarebbe fermata a parlare con una collega uscendo dalla toilette. L’ispettorato ha dato ragione alla lavoratrice, anche perché durante il procedimento di conciliazione, quello che le è stato contestato è stato anche ridimensionato dagli stessi rappresentanti di Amazon.

Non si sarebbe fermata per 20 minuti, ma secondo la stessa valutazione dei responsabili Amazon la pausa non sarebbe durata per più di 15 minuti. E alla fine la stessa addetta avrebbe spiegato che “tra andare, restare e tornare dal bagno non sarebbero passati più di 10 minuti”. La società, spiega ancora Repubblica, durante la conciliazione, ha sottolineato che non sono previsti tempi massimi per andare in bagno, ma che la dipendente non aveva avvisato che aveva lasciato la postazione di lavoro. Sarebbe stata questa una delle colpe, ma l’addetta ha una mansione per cui non sarebbe necessario avvisare i responsabili.

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26 Aprile 2022 – Redazione- Fonte: IlFattoQuotidiano

Il gruppo rappresenta quasi due terzi degli espositori che arriveranno nella capitale russa: 31 su 48. Viaggeranno attraverso i Paesi che ancora garantiscono collegamenti aerei, da Dubai alla Serbia passando per la Turchia. Uno degli imprenditori: “Per noi la Russia rappresenta il 70% del mercato e a febbraio avevamo tutto pronto per la consegna. Speriamo che la guerra finisca presto e si possa tornare a fare business come prima”. Accanto agli imprenditori italiani ci sarà Assocalzaturifici, in stretto contatto con Bologna Fiere, che organizza l’evento.

Mentre l’Occidente è impegnato a studiare nuovi pacchetti di sanzioni, icalzaturieri delle Marche si preparano a partire armi e bagagli verso la Fiera annuale del settore che si tiene a Moscada martedì 26 a venerdì 29 aprile: “Non possiamo fare a meno del mercato russo”, è il commento di Marino Fabiani, uno degli imprenditori leader del settore presenti alla Fiera Obuv Mir Kozhi, letteralmente ‘Scarpe in pelle dal mondo’. “Abbandonare quel mercato dall’oggi al domani non è possibile, noi puntiamo molto su quella rassegna e per questo partiamo. Per noi calzaturieri la Russia rappresenta il 70% del mercato e a febbraio avevamo tutto pronto per la consegna”. Il gruppo di scarpari in partenza dalle Marche rappresenta quasi due terzi degli espositori che arriveranno nella capitale russa: 31 su 48. Viaggeranno attraverso i Paesi che ancora garantiscono collegamenti aerei, da Dubai alla Serbia passando per la Turchia.

I calzaturieri delle Marche partono con la benedizione della giunta regionale, in particolare dell’assessore alle attività produttive, Mirco Carloni: “Se gli imprenditori vanno a Mosca hanno il diritto al contributo che io ho deciso di confermare firmando un documento apposito”, dice Carloni. “Ciò accadeva quando nessuno immaginava che sarebbe scoppiato il conflitto, lo scorso anno, quando firmai la delibera del calendario delle manifestazioni all’estero. Oltre all’Obuv c’era anche Kiev, sembrerà macabro ma era così e ovviamente quell’evento è saltato. Quando però abbiamo approvato il Piano dell’Internazionalizzazione 2021-2022 Mosca e Kiev erano su quella lista. Piano che non è stato modificato dalla fine di febbraio a oggi. Sono riuscito a fare un accertamento e la Regione, assieme alla Camera di Commercio, ha previsto un contributo economico per ognuno degli espositori. Se non sbaglio uno spazio espositivo a Mosca di 16 metri quadrati costa 8mila euro e noi interveniamo su quel capitolo di spesa”.

È bene ricordare che di fianco agli imprenditori italiani che saranno a Mosca nei prossimi giorni ci sarà l’associazione che li rappresenta, Assocalzaturifici, in stretto contatto con Bologna Fiere, ente che organizza proprio la fiera Obuv. I calzaturieri delle sanzioni se ne infischiano, il loro obiettivo è non perdere uno dei mercati, anzi forse il loro mercato principale. Per tenerselo stretto questo mercato sono pronti anche a correre dei rischi, tra cui la logistica, i costi e un futuro complicato: “La Regione Marche condanna la guerra in tutte le sue forme”, chiarisce l’assessore Carloni, “continuerà a aiutare i profughi ucraini, ma vista la situazione non si può girare dall’altra parte lasciando sole le imprese marchigiane colpite dalla crisi. E la calzatura è il nostro fiore all’occhiello”.

No alle sanzioni e sì ai contributi, senza preoccuparsi troppo delle centinaia di aziende internazionali che hanno abbandonato la Russia a causa della sanguinosa campagna militare messa in atto dal Cremlino: “Speriamo che la guerra finisca presto e si possa tornare a fare business come prima. Intanto la speranza è di trovare clienti a Mosca come accadeva in passato e di incassare attraverso gli acconti, altrimenti rischiamo la beffa di un viaggio a vuoto”, ha aggiunto nel suo commento Fabiani. L’imprenditore fermano all’inizio del conflitto aveva dichiarato di avere 5mila paia di scarpe dirette in Russia ferme in magazzino e di essere vicino al fallimento: “Tre mesi, non credo di poter resistere di più”, aveva dichiarato a inizio marzo.

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17 Aprile 2022 – Redazione – Fonte Adnkronos

Il leader triestino delle battaglie no Green pass Stefano Puzzer è stato licenziato. A rivelarlo è stato lo stesso portuale in un lungo video su Facebook. «Sono insieme alla mia famiglia

che è tuttora al mio fianco», ha detto Puzzer, che ha aggiunto: «Sono tranquillissimo, sereno».

Puzzer ha raccontato di aver avuto la lettera di licenziamento ieri pomeriggio: «Alle 16.30 sono arrivato a casa e ho trovato una raccomandata. Era della mia azienda, c’era scritto che sono stato licenziato. Era una cosa a cui sapevo che potevo andare incontro, ma la preoccupazione è tutta per la mia famiglia», ha spiegato, aggiungendo: «Non voglio rendermi martire, sono orgoglioso di quello che ho fatto io, i miei colleghi, i cittadini di Trieste e i cittadini che sono venuti qui da tutta Italia».

«Sono fiero di essere stato coerente e di non essermi piegato al sistema. Sono fiero di aver detto il 15 ottobre “non andrò a lavorare finché l’ultimo dei miei colleghi non potrà lavorare”. Non giudico chi è rientrato. Vi metto solo al corrente che sono stato licenziato, una decisione dell’azienda contro cui mi batterò.

GUARDATE E ASCOLTATE IL VIDEO DI STEFANO PUZZER. CLICCATE SUL LINK ⤵️
https://www.facebook.com/105317888705039/videos/700707084405213/

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14 Aprile 2022 – Redazione

L’ULTIMA TROVATA DI GOOGLE  CONTRO LA NOSTRA INFORMAZIONE LONTANA DAL MAINSTREAM, VE LA PORGIAMO SUL PIATTO D’ARGENTO SENZA I COMMENTI, CHE LASCIAMO A VOI. E CIO CHE DOVETE SAPERE, È CHE NON SI TRATTA DI LAUTI GUADAGNI, MA DI CIFRE SIMBOLICHE DI MERO RICONOSCIMENTO! LE VIOLAZIONI RIGUARDANO ARTICOLI GIORNALISTICI NON ALLINEATI ALLA NARRAZIONE UNICA VOLUTA DALL’ATTUALE DITTATURA IMPOSTA DAL “PENSIERO UNICO”.

MARZIA MC CHIOCCHI

LEGGETE ⤵️

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13 Aprile 2022 – Redazione – di Saverio Mauro Tassi

QUELLO CHE PUBBLICHIAMO A SEGUIRE È CIÒ CHE TUTTI NOI  AVREMMO DOVUTO SOTTOSCRIVERE SIN DALL’INIZIO DI QUESTO DELIRIO ETICO E BUROCRATICO. MA COME SI DICE IN QUESTI CASI……MEGLIO TARDI CHE MAI!

Noi sottoscritti, docenti vaccinati provvisti di green pass rafforzato, esprimiamo la nostra solidarietà ai colleghi che hanno fatto, in scienza e coscienza, la scelta di non vaccinarsi e che, dopo essere stati sospesi tre mesi senza stipendio, e senza neanche l’assegno di sopravvivenza, sono stati riammessi a scuola con corresponsione dello stipendio, ma senza poter insegnare, e relegati in spazi isolati a svolgere attività non previste dal nostro contratto di lavoro.

Noi crediamo che il DL 24 che ha imposto questo trattamento punisca e umili ingiustificatamente i nostri colleghi non vaccinati, per i seguenti motivi:

1) essi sono riammessi a scuola solo se si sottopongono a un tampone ogni 48 ore, e pertanto, in base alle più recenti acquisizioni mediche, hanno meno probabilità di essere causa di contagio di noi colleghi vaccinati che non facciamo i tamponi.

2) Essi, a meno che non siano ultracinquantenni, non hanno trasgredito alcuna legge, in quanto non sussisteva un obbligo legale per i docenti di vaccinarsi: la norma prevedeva solo che, nel caso non si fossero vaccinati, temporaneamente sarebbero stati sospesi dall’insegnamento e dallo stipendio, ovvero offriva la possibilità di una duplice scelta, limitandosi a penalizzarne fortemente una al fine di incentivare la scelta dell’altra. Dal momento che, in uno Stato di diritto ovvero costituzionale, nessun comportamento che non violi una legge può essere considerato negativo, i docenti che non si sono vaccinati non possono aver dato alcun cattivo esempio né possono aver violato alcun patto sociale e civile o assunto comportamenti diseducativi e pertanto in nessun modo si giustificano provvedimenti punitivi, quali il demansionamento e il confinamento.

3) Vale appena la pena notare che, per incentivare la scelta a favore della vaccinazione, i colleghi che hanno fatto una scelta diversa sono stati trattati peggio di quelli che sono sospesi dall’insegnamento per grave violazione disciplinare, oppure perché sottoposti a procedimento giudiziario, i quali non ricevono lo stipendio, ma almeno un assegno di mantenimento.

4) Solo i docenti ultracinquantenni hanno violato un obbligo di vaccinazione, ma anche tale violazione è punita a termini di legge con un’ammenda pecuniaria il cui versamento cancella la violazione, così come il pagamento di una multa per un’infrazione del codice della strada. Nemmeno i docenti ultracinquantenni, dunque, possono essere giudicati negativamente e sottoposti per questo a provvedimenti punitivi, se non da un punto di vista esclusivamente morale, che come tale è opinabile e in alcun modo può essere fondamento di una norma di legge, altrimenti non saremmo in uno Stato di diritto, ma in uno Stato etico.

Pertanto, non sussistono né motivazioni sanitarie né motivazioni civili ed educative che possano legittimare il demansionamento e il confinamento dei docenti non vaccinati.

Per quanto sopra riteniamo che il trattamento riservato ai docenti non vaccinati riammessi a scuola si configuri come una discriminazione, lesiva del diritto costituzionale all’uguaglianza, e al contempo come un’infrazione del contratto nazionale degli insegnanti, nonché come una umiliazione della dignità professionale e della stessa persona umana dei nostri colleghi. 

Crediamo che tutto questo sia incompatibile con la nostra Costituzione e pertanto chiediamo al governo di ritirare tali provvedimenti.

Invitiamo, infine, tutti i docenti, di ogni ordine e grado, a sottoscrivere questa lettera di solidarietà con i nostri colleghi sospesi e ora riammessi, ricordando che, se si accettano oggi per altri dei provvedimenti ingiustificati, umilianti e lesivi della dignità professionale e personale, corriamo l’enorme rischio che altri provvedimenti di questo genere possano essere presi in futuro per altri motivi e colpire anche noi stessi.

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08 Aprile 2022 – Redazione – di Maurizio Belpietro – La Verità

La scelta non è affatto tra pace e aria condizionata: il premier ci deve dire se le nostre aziende possono continuare a produrre senza il gas russo e coi costi dell’energia alle stelle. Ieri la Colussi ha chiuso e questi parlano di fare qualche doccia in meno. Ma per favore! Stretta sui gradi negli uffici pubblici: provano a farci credere che fermeranno i missili così.

Anche a grandi personaggi capita di dire qualche stupidaggine. A Mario Draghiaccadde lo scorso anno, quando ufficializzando l’introduzione del green pass disse che il certificato verde sarebbe stata la garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose e che non contagiano. Come gli italiani hanno scoperto sulla loro pelle, si trattava di una colossale sciocchezza. Il passaporto green non è un documento che possa dimostrare di essere negativi al Covid, ma al massimo di essersi sottoposti a vaccinazione o a un tampone nelle ultime 48 ore. Punto. È noto a tutti quello che è successo a Massimo Galli, il virologo prêt-à-porter ospite di tutte le trasmissioni tv. Durante una cena con altri sette trivaccinati, tutti provvisti dunque di green pass rafforzato, pur essendo convinto di essere tra persone «che non sono contagiose e non si contagiano», l’esperto si è beccato il Covid e come lui tutti gli altri ospiti.

Vi state domandando perché parli di green pass e corbellerie presidenziali? Perché l’altro ieri a Mario Draghi ne è scappata un’altra. Durante una conferenza stampa, a proposito di sanzioni, il presidente del Consiglio ha detto: «L’embargo del gas non è ancora sul tavolo, ma dobbiamo indebolire la Russia e farla smettere. Preferiamo la pace o il termosifone acceso, o meglio, l’aria condizionata accesa tutta l’estate? Questo secondo me ci dobbiamo chiedere». Ho il massimo rispetto per il premier e non voglio in alcun modo sembrare offensivo. Tuttavia, non posso fare a meno di dire che la domanda posta ai giornalisti è stupida. Qui non si traa di scegliere tra pace e aria condizionata, tra termosifoni accesi e guerra. Si deve decidere se la nostra economia è in grado di sopportare una drastica riduzione dei consumi energetici, se cioè le nostre aziende possono continuare a produrre anche se mancano il gas e la luce o se sono in grado di reggere un ulteriore aumento delle bollette. Questo è il quesito a cui il presidente del Consiglio avrebbe dovuto rispondere, ma è anche la domanda che i colleghi giornalisti gli avrebbero dovuto rivolgere in risposta alla sua, pretendendo però che Draghi chiarisse quale impatto potrebbero avere sul Pil del nostro Paese le sanzioni.

Il presidente di Confindustria ha parlato di una perdita di oltre 40 miliardi di Pil già come primo effetto della guerra. Altro che condizionatori spenti: anche sudando si perderanno soldi e l’idea di abbassare i termosifoni negli uffici pubblici pare un pannicello caldo che difficilmente riuscirà a rinfocolare la ripresa. Il governo ha annunciato un disegno di legge per fissare a 19 gradi il riscaldamento e a 27 il raffrescamento. Premesso che la norma non varrà per gli ospedali, le case di riposo e le cliniche – ma immaginiamo anche per i centri in cui sono conservati server che potrebbero andare in blocco per il surriscaldamento – la misura sembra una presa in giro, perché ammette una tolleranza di due gradi in più o in meno, cioè 21 gradi d’inverno e 25 d’estate. E davvero Draghi pensa che questo basterà a sconfiggere Putin, finanziandolo meno? Davvero il presidente del Consiglio, che è uomo d’esperienza avendo diretto il ministero del Tesoro e governato Banca d’Italia e Bce, crede che alla fine i conti torneranno e avremo chiuso il rubinetto con cui ogni giorno noi – ma anche l’Ucraina – alimentiamo la macchina da guerra del Cremlino? Illudersi che basti qualche grado in meno per fermare l’armata russa è come credere che sia sufficiente una doccia in meno (la geniale idea è della commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, la quale ha suggerito di chiudere l’acqua dicendo: “Prendi questo, Putin!”). Sì, se non ci fossero di mezzo città rase al suolo e cadaveri al ciglio della strada, se cioè non fossimo davanti a una tragedia, ci sarebbe da ridere per la pochezza e la inconcludenza della classe politica, che impone l’embargo di caviale e vodka, ma rinvia quello del carbone ad agosto, quando ci si augura una tregua, se non la fine del conflitto russo-ucraino.

La realtà è più complessa di quella che ci viene rappresentata e non fermeremo le bombe abbassando il riscaldamento, così come non servirà a niente levarsi la giacca e andare in ufficio con la T-shirt, come suggerisce Draghi. Mentre si spengono i condizionatori e si rinuncia alla doccia, le aziende chiudono perché non sono in grado di sopportare l’aumento dei costi. Il primo caso è di ieri. A Petrignano d’Assisi, la Colussi, una delle più importanti imprese alimentari dell’Umbria, ha sospeso la produzione e messo tutti i lavoratori in cassa integrazione. Colpa del caro energia e dell’aumento di prezzo delle materie prime. Che faranno i dipendenti? Lotteranno per riaprire la loro azienda o dichiareranno una lotta dura alla frescura e ai condizionatori? Io suggerirei loro una lotta dura alle fregnacce.

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06 Aprile 2022 – Redazione – di Giulia Burgazzi

Confindustria certifica il disastro economico e il macello: il 16% delle imprese ha chiuso o ha ridotto la produzione; un altro 30% è incamminato in quella direzione e la politica non sta aiutando le aziende. E’ la sostanza dell’intervento effettuato dal presidente Carlo Bonomi in un convegno svoltosi lunedì 4 a Torino. E  questa è la prima notizia.

La seconda notizia è la logica e conseguente esplicitazione: Confindustria non è per nulla contenta delle scelte operate dal Governo dei sedicenti migliori e non ha remore a farlo sapere. E dire che soltanto sette mesi fa l’assemblea di Confindustria accoglieva Draghi con una standing ovation…

Dunque Draghi ha perso l’appoggio degli industriali. Non ha certo conquistato quello della gente comune, che è alle prese con rincari folli e prospettive di razionamenti in uno scenario bellico. C’è da domandarsi quale sia il puntello che impedisce al GovernoDraghi  di cadere, quale sia il motivo del trattamento benevolo offerto dai grandi organi d’informazione. Ormai gonfia le sue vele solo il vento dell’ultra atlantismo e del sempre più diretto coinvolgimento dell’Italia nella guerra fra Russia ed Ucraina. E’ questo che da noi si vuole?

Carlo Bonomi afferma che la distruzione del tessuto produttivo italiano è dovuta al fatto che finora le filiere produttive hanno assorbito al loro interno i rincari di materie prime ed energia, ma che ormai è impossibile reggere ancora. Testualmente:

Produrre è diventato antieconomico

L’aria di smobilitazione produttiva è confermata da due elementi. Il primo sono le affermazioni di Guido Salerno Aletta, editorialista ed ex vicesegretario generale di Palazzo Chigi. Ha scritto su Facebook

La mia sensazione è che molti industriali italiani non vedano l’ora di chiudere bottega. Molte Aziende tirano avanti a stento, da anni [… e ora] hanno la scusa buona per mollare tutto. […] Non si può competere senza domanda interna sostenuta

Di “domanda interna sostenuta” non se ne vede proprio l’ombra, ora che a due anni di restrizione Covid si sono aggiunte le sanzioni alla Russia. Con la prospettiva, oltretutto, che l’Italia non paghi il gas in rubli e che la Russia chiuda conseguentemente il rubinetto. A quel punto come faremo? La risposta è il secondo degli elementi che conferma l’aria di smobilitazione produttiva.

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https://twitter.com/fuoridalcorotv/status/1511430205130350593?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1511430205130350593%7Ctwgr%5E%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fvisionetv.it%2F%3Fp%3D72342

Distruggere la domanda interna significa spararci sui piedi(ma si potrebbe  indicare come bersaglio anche un’altra parte del corpo umano) per fare un piacere agli USA e sanzionare la Russia. Ma ce lo chiedono i mercati, ha detto Tarabella. E’ il nuovo “Ce lo chiede l’Europa”.

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