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1 Giugno 2023 – Marzia MC Chiocchi

SI SALVI CHI PUÒ DALLA FOLLIA GREEN! POCO FA NE ABBIAMO SCOPERTA UN’ALTRA! SONO GIÀ STATE COMMERCIALIZZATE, DA ALCUNE AZIENDE EUROPEE, BOTTIGLIE DI PLASTICA CON TAPPI ATTACCATI PERCHE’ NON SI DISPERANO NELL’AMBIENTE!

No, non è un problema di chiusura difettosa, ma semplicemente l’avvio di un processo che entro luglio 2024 diventerà la normalità. ALMENO COSÌ DICONO!

Gli ambientalisti più integralisti, invece di sostenere battaglie più interessanti, che potrebbero portare alla sostituzione del materiale plastico con il vetro, complicano la vita anche agli imprenditori del settore, con idee che non porteranno affatto miglioramenti ecologici! Chi vuole buttare la plastica nelle aree verdi, infatti, lo fara’ col tappo annesso, senza porsi alcun problema. Ma dal momento che la raccolta del vetro, con un eventuale sistema “redivivo” del vuoto a perdere (come accadeva fino alla fine degli anni 80), non porterebbe guadagni alle multinazionali, ecco uscire l’ennesima buffonata!

Come sempre il punto di partenza è l’ennesima direttiva europea risalente al 2019, che impone la riduzione dell’incidenza della plastica nell’ambiente entro il 2024. Tutte le bottiglie, per poter essere commercializzate, dovranno essere fornite di tappo inseparabile. Il loro nome sarà TETHERED CUP e sono state pensate per agevolarne il riciclo. DICONO SEMPRE LORO!

In Italia, i tappi attaccati al collo della bottiglia sono già stati introdotti da alcuni brand mentre altri sono in fase di sperimentazione. Stesso discorso vale per le confezioni di bevande in cartone poli accoppiato che dovranno parimenti adeguarsi.

Domanda: tutto questo circo basterà a preservare il nostro pianeta? Preferiamo astenerci da qualsiasi inutile commento! QUELLO CHE DOVREBBE ESSERE INCENTIVATO È UN PROGRAMMA DI EDUCAZIONE CIVICA AD AMPIO SPETTRO, CHE SICCOME NON PORTEREBBE INTROITI NELLE TASCHE DELL’ELITE, NON VERRÀ AL MOMENTO CONTEMPLATO!

 

FONTE: Gelsiambiente

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24 Maggio 2023 – Redazione


IL COMITATO NAZIONALE FAMILIARI VITTIME DEL COVIDI (CNFVC) ha organizzato per il giorno
26 maggio un Convegno dal titolo: Covid: tra malasanità e terapie mancate”, che si terrà presso il Centro Cavour a Roma. Il convegno prevede interventi di medici, psicologi, giornalisti e politici, oltre che le testimonianze dei parenti delle vittime.

Il CNFVC, nato ufficialmente nell’estate del 2022 e che annovera sempre nuovi iscritti, provenienti da tutte le regioni italiane, non è nuovo ad iniziative, a carattere nazionale e regionale: ha organizzato un sit-in davanti al Ministero della Salute ed altre manifestazioni a Roma, a piazza Venezia e al Pincio, ed è stato audito nella sede del governo regionale veneto nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della pandemia, con particolare riferimento alla seconda ondata.

Prevale in molti italiani, ansiosi di ricominciare a vivere in una tanto attesa e ritrovata normalità, il desiderio di andare oltre: i centonovantamila morti rappresentano un tabù, derubricati a fatto inevitabile ed ineluttabile, contro il quale scienza, politica e medicina nulla potevano, contro il quale tutto il possibile è stato fatto.

E dall’altra parte, politici, amministratori, ministri e governatori, dirigenti medici e medici, attraverso giornali e telegiornali, chiedono la pacificazione, ansiosi di scrollarsi di dosso ogni riflessione critica e ogni responsabilità, con il tacito consenso di molti cittadini.

I parenti dei morti della pandemia, riuniti nel Comitato Nazionale delle Vittime del Covid, che in tutte le ondate hanno vissuto un lutto disumano, attraverso il loro primo convegno dicono no a questo obIìo ed esigono verità sulle cure mancate, sulle scelte sbagliate e su diritti inalienabili negati, e giustizia per i loro cari, morti in un modo inaccettabile.

Per questo l’invito a partecipare è rivolto, oltre che ai familiari delle vittime e a chi vorrà capire di più su quanto accaduto e sta accadendo, anche a giornalisti e fotografi, che potranno fare da cassa di risonanza affinché giustizia sia fatta. Ma per comprendere meglio il valore e l’importanza di questo convegno, abbiamo rivolto due domande ai due vicepresidenti del Comitato, impegnati, insieme a molti altri, ad organizzare questo importante appuntamento.

_ Avv. Costabile che risposta si aspetta da parte delle Istituzioni in merito ai lavori in corso per l’Istituzione della Commissione d’inchiesta??

Con l’’istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione dell’epidemia di COVID-19, che dovrà fare piena luce sulla gestione della pandemia nel nostro Paese, sulle misure adottate per la prevenzione e il contrasto della diffusione del virus, che dovrà verificare e valutare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite nella adozione e applicazione delle misure di contenimento adottate dal Governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia, che dovrà svolgere indagini relative agli acquisti delle dosi nonché all’efficacia del piano vaccinale e stimare l’incidenza degli eventi avversi, mi aspetto che le Istituzioni non pongano in essere attività ostruzionistiche, con l’unico scopo di ostacolare i lavori della Commissione. L’instituenda commissione d’inchiesta deve contribuire a fare luce sui tanti punti controversi della gestione pandemica in Italia ed anche se la storia repubblicana è costellata di Commissioni d’Inchiesta che sono terminate su binari morti senza portare risultati tangibili, mi auspico che questa commissione a differenza di altre, faccia luce sulle tante zone d’ombra; noi del Comitato Nazionale Familiari Vittime del Covid ci auguriamo che questa Commissione indaghi, istituendo successivamente delle sottocommissioni regionali, su tutto ciò che di sbagliato è stato fatto non solo a livello nazionale ma anche regionale, dalle singole aziende sanitarie e dai singoli ospedali, per poter meglio comprendere il perché in Italia ci siano state tante vittime, per capire quali siano stati i comportamenti illeciti e per individuare i fenomeni speculativi che hanno interessato la gestione delle risorse destinate al contenimento della diffusione e alla cura della malattia da Sars-CoV-2.

_Dott.ssa Carolina Valente: perche’ un Convegno a Roma, cosa auspicate e che risposta avete avuto di partecipazione da parte di familiari e relatori?

“Ho voluto fortemente organizzare con Il Direttivo questo Convegno, perche’ credo che questo nostro partecipare in maniera coesa e compatta ad un Evento cosi importante, non puo’ lasciare indifferente chi ha responsabilita’ decisionali a livello politico ed Istituzionale e provenendo da una lunga esperienza congressuale, so anche quanto queste occasioni tengano vivo e dinamico qualsiasi Comitato. Il modus operandi pacato, pulito del nostro Comitato, fa anche discutere.. le nostre azioni sono mirate, costruttive , mai aggressive. Sappiamo quanto sia difficile cio’ che il Comitato auspica da tempo ovvero: Verita’ e Giustizia per i propri cari, deceduti in maniera sconfortante; pero’ non ci sottraiamo ad un contesto pur sapendo che e’ un contesto difficile. Nulla ci spaventa. Al Convegno del 26 maggio abbiamo invitato politici, avvocati, medici di alto spessore, giornalisti perche’ siamo certi che attraverso un confronto, generando un dibattito costruttivo, si possa riuscire ad essere ascoltati e presi maggiormente in considerazione. Crediamo che la contrapposizione abbia un ruolo positivo per qualsiasi collettivita’. Vi aspettiamo quindi a Roma , il 26 maggio numerosi per appoggiare la nostra battaglia.

La lotta per avere giustizia e’ appena cominciata e tanti sono i documenti che attestano la gravità di ciò che e’ accaduto nei reparti ospedalieri come in tante case dove, troppi tra coloro che sono stati colpiti dal Covid, hanno creduto nei protocolli sanitari di medici fautori di tachipirina e vigile attesa, completamente sordi ai richiami dei colleghi di vera scienza, che curavano con farmaci più efficaci e risolutivi, salvando vite. Sulla coscienza di molti sanitari ci sono tanti morti e qualcuno dovrà pagare per dare giustizia a chi non c’è più, e serenità ai familiare che, così, non avranno lottato invano!

 

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09 Aprile 2023 – Redazione

La festività cristiana cambia ogni anno per seguire le fasi lunari in un intricato complesso di moti astronomici e convenzioni ecclesiastiche.

Domenica 9 aprile cade la Pasqua per l’anno 2023. La scelta della data della Pasqua è variabile di anno in anno in un modo apparentemente aleatorio. Eppure, le ragioni di questa variabilità sono da ricercare nel cielo. Era il 325 quando si tenne il Concilio di Nicea, nel quale tra le altre cose fu scelto il metodo con cui, da allora in avanti, sarebbe stata scelta la data della Pasqua cristiana. La regola è apparentemente semplice: la Pasqua si festeggia la prima domenica dopo la prima Luna piena di primavera, che nel 2023 cade non a caso il 6 aprile. La realtà, però, è che l’applicazione di questa regola è tutt’altro che semplice e prevede un grande numero di eccezioni e casi particolari.

Il Concilio di Nicea I

fu il primo concilio ecumenico cristiano che si tenne nella città di Nicea, in Bitinia, nella primavera del 325 d.C. Fu convocato e presieduto dall’imperatore Costantino e vi parteciparono centinaia di vescovi da tutto il mondo. Tra le varie decisioni prese in quell’occasione ci fu, appunto, quella sulla scelta della data della Pasqua cristiana.

Nei vangeli, l’ultima cena avviene il giorno prima dell’inizio della Pasqua ebraica, che si festeggia a partire dal quattordicesimo giorno di Nissàn, il settimo mese del calendario lunare ebraico, e per i sette giorni successivi. Come tutti i mesi del calendario lunare, Nissàn inizia con la Luna nuova, il momento opposto alla Luna piena in cui il Sole illumina la faccia nascosta della Luna. Dalla Luna nuova, la porzione della faccia rivolta verso la Terra illuminata dal Sole cresce (Luna crescente) fino a raggiungere la Luna piena 14 giorni dopo, per poi decrescere (Luna calante) fino a fine mese lunare in cui la Luna torna nuova.

La resurrezione di Cristo festeggiata dalla Pasqua cristiana sarebbe avvenuta tre giorni dopo la sua morte, pertanto 17 giorni dopo la luna nuova del mese di Nissàn. La resurrezione veniva festeggiata quindi tre giorni dopo la Pasqua ebraica, senza tenere conto di quale giorno della settimana fosse. Più avanti si decise invece di festeggiarla il giorno dopo lo shabbath, ossia la domenica.

Ma nell’Impero Romano si usava un calendario solare, quello giuliano, e ai romani non andava a genio che la data di una festività così importante fosse sottoposta alle autorità ebraiche. Fu così che al Concilio di Nicea si scelse un metodo per calcolare la data della Pasqua indipendentemente dal calendario ebraico. E pertanto fu stabilito, appunto, che la Pasqua cristiana sarebbe stata la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera.

Una scelta complessa

Si presentavano però alcuni problemi. A iniziare con il fatto che l’equinozio astronomico, il momento in cui ufficialmente inizia la primavera, è variabile. Dipende dall’istante in cui il Sole passa nel punto di intersezione tra l’equatore celeste (il prolungamento dell’equatore terrestre nel cielo) e l’eclittica (il piano su cui orbita la Terra, che è pertanto anche quello del cammino apparente del Sole nel cielo). Siccome i moti terrestri sono tutt’altro che regolari e l’anno non dura esattamente i convenzionali 365 giorni, questo momento può cadere tra il 19 e il 21 marzo, variando ogni anno. Del resto, gli anni bisestili furono introdotti proprio per sopperire alle differenze tra l’anno del calendario e il reale tempo di rivoluzione della Terra attorno al Sole, e furono questi a complicare ulteriormente la faccenda, aggiungendo un’ulteriore variabilità al momento dell’equinozio rispetto al calendario.

Il risultato è che per la scelta della data della Pasqua non si prende in considerazione il reale momento dell’equinozio, ma questo viene convenzionalmente posto al 21 marzo. Inoltre, non è il moto reale della Luna a interessare, ma si parla di “Luna del computo”, di nuovo un intricato insieme di convenzioni.

La Luna del computo

Nel computo, la Luna è nuova 30 ore dopo la congiunzione con il Sole. Tecnicamente la Luna diviene nuova quando è più vicina al Sole nel cielo. 30 ore è il tempo convenzionale affinché la Luna torni visibile a occhio nudo. La Luna piena del computo è 13 giorni dopo la Luna nuova del computo (sopperendo in qualche modo a quelle 30 ore, visto che la Luna piena reale è 14,7 giorni dopo la Luna nuova).

Se proprio il 21 marzo la Luna è piena, ed è sabato, allora la Pasqua sarà il giorno dopo 22 marzo (la Pasqua più “bassa” possibile). Se invece è domenica, il giorno di Pasqua sarà la domenica successiva, ossia il 28 marzo. Questo, probabilmente, fu scelto proprio per evitare di sovrapporre la Pasqua cristiana a quella ebraica (che invece inizia proprio con la Luna piena, quest’anno il 6 aprile). Se la Luna è piena il 20 marzo, allora la successiva sarà 29 giorni dopo, il 18 aprile, e se il 18 aprile è domenica allora la Pasqua sarà la più “alta” possibile, il 25 aprile. Queste date, il 22 marzo e il 25 aprile, sono pertanto i due casi estremi, e la Pasqua sarà sempre compresa tra di esse. Come quest’anno, in cui la Pasqua si festeggia domenica 9 aprile, la prima dopo la Luna piena del computo del 6 aprile, successiva all’equinozio di primavera convenzionale del 21 marzo.

 

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03 Aprile 2023 – Redazione

Uno dei Padri della Repubblica, Presidente ancora molto amato dagli italiani

PENSO SEMPRE A QUEST’UOMO CON LA U MAIUSCOLA, AL SUO GRANDE BAGAGLIO DI IDEALI, ALLA SUA DETERMINAZIONE, COMUNE SOLO AI “GIOVINOTTI”, COME LUI AMAVA DEFINIRE I COMBATTENTI PROTAGONISTI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE, QUELLI CHE NON SI ERANO RISPARMIATI PER AFFERMARE LIBERTÀ E DEMOCRAZIA, VALORI CHE IL NOSTRO PAESE NON AVEVA CONOSCIUTO IN TANTI SECOLI DI STORIA.

IN UN PERIODO COSI DISGRAZIATO COME QUELLO CHE STIAMO VIVENDO, MI CAPITA SEMPRE PIÙ SPESSO DI RIPENSARE A QUEL LONTANO LUGLIODEL 1981, QUANDO, IN VISITA UFFICIALE A LIVORNO PER IL CENTENARIO DELL’ACCADEMIA NAVALE, PERTINI ONORO’ DELLA SUA PRESENZA ANCHE NOI, ALLIEVI DEL CONSERVATORIO MUSICALE PIETRO MASCAGNI. IO, APPENA QUINDICENNE, EBBI LA FORTUNA DI PORRE DUE DOMANDE AL PRESIDENTE, DI CUI RICORDO LA TENEREZZA CON CUI MI RISPOSE, NASCOSTA DIETRO DUE OCCHI VIVACI E ATTENTI DI CHI, RIMASTO GIOVANE NELLA MENTE E NELL’ANIMA, NON SENTIVA IL PESO DEGLI ANNI E DELLE LOTTE. UN INCONTRO UNICO, DAL SEGNO INDELEBILE, RIMASTO IMPRESSO IN ALCUNE PREZIOSE FOTOGRAFIE, CHE GUARDO SPESSO E CONSERVO CON AFFETTO E GRATITUDINE.

 

 

PER QUESTO, OGGI, HO PENSATO DI DEDICARE UN INSERTO DEL GIORNALE AD UN UOMO DI STATO CHE GIÀ NEL 1949 AVEVA BEN COMPRESO IN CHE CUL DE SAC L’ITALIA SI SAREBBE INSTRADATA, ENTRANDO A FAR PARTE DELLA NATO.

MARZIA MC CHIOCCHI

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Noi siamo contro il Patto Atlantico, prima di tutto perché questo Patto è uno strumento di guerra”. Sono parole di  Sandro Pertini, nel discorso al Senato del 7 marzo 1949 in cui votò contro l’adesione dell’Italia alla Nato. Da socialista spiegò che quel voto era in realtà ispirato anche ad un’altra ragione. “Questo Patto Atlantico in funzione antisovietica varrà a dividere maggiormente l’Europa, scaverà sempre più profondo il solco che già separa questo nostro tormentato continente“.

Pertini parlò della Nato come di una Santa Alleanza in funzione antisovietica, un’associazione di nazioni, quindi, che avrebbe portato in sé le premesse di una nuova guerra “…e non le premesse di una pace sicura e duratura“.

Noi siamo contro questo Patto Atlantico dato che esso è in funzione antisovietica. Perché non dimentichiamo, infatti, come invece dimenticano i vostri padroni di oltre Oceano, quello che l’UnioneSovietica ha fatto durante l’ultima guerra. Essa è la Nazione che ha pagato il più alto prezzo di sangue. Senza il suo sforzo eroico le Potenze occidentali non sarebbero riuscite da sole a liberare l’Europa dalla dittatura nazifascista”
Sandro Pertini

Quella seduta del marzo 1949, segnò di fatto la sudditanza dell’Italia alla Nato, non solo l’adesione dell’Italia alla Nato. Oggi per la Nato l’Italia è pizza, mandolino e armi. Oltre che la più bella tra le portaerei: stesa sul Mediterraneo e in alcune isole tra le più belle di Mare Nostrum, a guardia di un mondo in ebollizione.

Pertini ci aveva visto giusto. Quello che resta l’unico e inimitabile Presidente degli Italiani, seppe incidere e restare nella mente degli italiani con gesti inediti. Fin dalla sua elezione, in un caldissimo giorno di luglio: al Quirinale ci andò a piedi, cordiale e disponibile con tutti. Per tutti i suoi sette anni continuerà a ricordare la Resistenza, non come un disco rotto fermatosi allo stesso punto, ma come un continuo sprone: capire “come” e “per chi” nacque la Repubblica era a suo avviso fondamentale.

Fu un faro, resta un faro. Fosse qui, sarebbe ancora a predicare perchè l’Italia che auspicava ancora non c’è. Cosa avrebbe detto dei privilegi, di un portavoce che guadagna più di un premier, dei conti salatissimi del ristorante di chi oggi governa l’Italia, degli scandali che ancora ammorbano il nostro paese? Dei giovani che fuggono se hanno coraggio e cervello e di quelli che restano a dibattersi senza lavoro e senza certezze? Degli operai defraudati del lavoro? Possiamo solo immaginarlo.

 

Un piccolo prezioso libro uscito a 20 anni dallo scandalo di Mani Pulite ha ricordato i richiami alla moralità di quello che resta il presidente più amato nella stra degli italiani. Il libro dovrebbe essere letto soprattutto dai giovani, perché Sandro Pertini amava parlare a loro e da loro si attendeva una Nuova Italia.

E’ soprattutto ben congeniato:Pietro Perri lavora sulle lettere private e sui discorsi pubblici (alcuni passati alla storia per la loro fermezza) di Sandro Pertini ed ogni brano è subito contestualizzato ma continuamente intrecciato con l’oggi. L’autore sembra guidarci a dire “cosa” Pertini avrebbe detto dei nominati, di un Parlamento svuotato della sua sovranità, dei corrotti e degli affaristi.

Ne esce un testo fondamentale a capire l’origine di tutti i mali. Pertini già dieci anni prima di Mani Pulite parla della mani sporche. Ci sono tutti i mali di oggi, tutto ciò che non è stato fatto, i valori che si sono persi per strada, primo fra tutti l’onestà e la rettitudine, continuamente nel pensiero di Pertini non come predica, ma come esortazione.

Sandro Pertini le possedeva. L’amara constatazione è che siamo rimasti fermi di almeno 50 anni. Possiamo ripartire? Sì, ma non senza ideali. Sandro Pertini, grazie alla rilettura intelligente e all’ordinatissimo lavoro redazionale di Pietro Perri, ce li offre. E’ lì a ricordarci cosa possiamo essere, attraverso le struggenti lettere alla madre (che chiederà la Grazia mentre lui è in prigione e che lui rifiuterà) e attraverso le parole rivolte al cognato Umberto Voltolina.

Sandro Pertini da Savona, classe 1896, politico, giornalista, antifascista italiano, era così: tutto d’un pezzo. Destinato a diventare il Settimo (e in assoluto il più amato) Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, sale al Quirinale nell’anno in cui hanno da poco assassinato Aldo Moro. Il paese è sotto choc, e anche la sua elezione sembra un dei tanti rituali di una Repubblica a pezzi. Ma in realtà fin dai primi passi gli italiani capiranno di poter trovare in lui conforto. Un conforto che cerchiamo anche adesso, a 32 anni dalla sua morte, in pieno vuoto politico e istituzionale.

Grazie Presidente

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03 Aprile 2023 – Redazione

L’Articolo a seguire è stato pubblicato dal quotidiano Repubblica.it nel 2016, quando, evidentemente, i rapporti con il potere erano stretti si, ma con un margine di libertà, perso dal marzo 2020 fino ad oggi, con la narrazione sul Covid-19, con cui avrebbe negato anche importanti evidenze. Sull’argomento a seguire, nel 2016,  il giornale aveva scritto il giusto. Buona lettura.

Alcuni documenti scoperti da un ricercatore della University of California di San Francisco rivelano che per oltre 50 anni gli studi sui problemi cardiaci e il ruolo dell’alimentazione vennero pilotati dalla Sugar research foundation.

Decine di scienziati, negli Anni 60, furono pagati dall’industria americana dello zucchero per sminuire il collegamento tra consumo e problemi cardiaci , e spostare così l’attenzione sui grassi saturi. A rivelarlo sono una serie di nuovi documenti scoperti da un ricercatore della University of California di San Francisco e pubblicati sul magazine Jama Internal Medicine. La verità che emerge è sconvolgente! La lobby dello zucchero avrebbe pilotato per più di cinquant’anni, studi sul ruolo dell’alimentazione sui problemi cardiaci. “Sono stati in grado di sviare il dibattito sullo zucchero per decenni”, ha detto al New York Times, Stanton Glantz, professore di medicina e autore del paper uscito su Jama.
I documenti trovati dimostrano che l’associazione Sugar research foundation, oggi diventata Sugar Association,  corruppe tre ricercatori di Harvard per pubblicare un’analisi sullo zucchero e sui grassi in rapporto alla salute del cuore. Era il 1967 e ognuno dei tre studiosi ricevette circa 50.000 dollari. Sia gli scienziati coinvolti nello scandalo che i membri dell’associazione non sono più vivi. Uno dei tre esperti è D.Mark Hegsted, che nella sua lunga carriera diventò capo della divisione che si occupa di nutrizione al Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. Il suo gruppo pubblicò le linee guida sull’alimentazione nel 1977.
Ma anche se i documenti fanno riferimento a avvenimenti accaduti quasi 50 anni fa, sono fondamentali perché il dibattito tra zuccheri e grasso è al centro delle speculazioni della comunità scientifica anche oggi. Per decenni i ricercatori hanno spinto gli americani a consumere prodotti con basso contenuto di grassi, ma ricchi di zuccheri, che hanno aumentato il numero di obesi.

Fonte: http://www.repubblica.it/salute/2016/09/13/news/usa_l_industria_delle_zucchero_pago_scienziati_per_mentire-147667151/

E un altro studio riportato della rivista scientifica “Nature” nel febbraio 2012 porta un titolo eloquente: “Public health: The toxic truth about sugar”. Il documento integrale non è però disponibile pubblicamente alla lettura, ma pare che esso nasconda dei dati riguardanti la dipendenza che lo zucchero sarebbe in grado di creare in chi lo assuma.

Gary Taubes and Cristin Kearns Couzens si sono occupati di condurre un’inchiesta riguardante la diffusione della convinzione che lo zucchero sia salutare e sicuro, aspetto che ha coinvolto in passato la Sugar Association, che sarebbe stata tra i responsabili di una campagna che si è rivelata in grado di mutare il modo in cui lo zucchero è stato e viene percepito da parte della comunità scientifica e della popolazione.

Negli anni precedenti a tale campagna, gli scienziati avevano iniziato a sospettare dello zucchero e a correlarlo all’insorgere di patologie cardiache, diabete e obesità. I dubbi sullo zucchero avevano provocato un calo del suo consumo stimato per il 12%. Proprio dalla diminuzione del consumo di zucchero avrebbero preso le mosse le campagne di marketing a sostegno di una sua ripresa da parte delle grandi aziende produttrici dello stesso, che avrebbero puntato sulla promozione di un prodotto da consumare senza problemi in quanto sano, sicuro, anzi, benefico.

Tutto ebbe inizio nel 1942, con la redazione di un documento dal titolo “A Suggested Program for the Cane and Beet Sugar Industries”, che incoraggiava le aziende produttrici di zucchero proveniente da canne e barbabietole a creare una fondazione di ricerca congiunta per contrastare l’ “ignoranza” che stava minando l’attività delle stesse, con particolare riferimento all’opinione dei nutrizionisti del tempo che si esprimevano contrariamente allo zucchero, e alla nascita delle prime campagne tese a mostrare come il consumo di zucchero e dolci avrebbe dovuto essere evitato e limitato per non andare incontro ad un aumento di peso.

Nel documento si legge come una simile conseguenza dell’assunzione di zucchero debba essere presentata quale parte di una propaganda disonesta, in quanto l’aumento di peso non sarebbe da imputare allo zucchero, ma a grassi, carboidrati e mancanza di esercizio fisico. Secondo gli autori del documento, le maggiori campagne contro lo zucchero sarebbero state condotte da nutrizionisti, autorità governative e aziende avversarie.

Le industrie produttrici di zucchero avrebbero così dato inizio ad un’azione di contrasto volta a sottolineare l’innocuità dell’assunzione di zucchero e l’importanza del suo apporto nutrizionale, così convincente da farlo apparire nel mondo come del tutto innocuo per la salute.

Come comportarsi dunque? Gli esperti di nutrizione di tutto il mondo, in questi ultimi anni si sono pronunciati ufficialmente in proposito, opponendosi a quanto sostenuto dalle aziende produttrici di zucchero.

Fonte: Marta Albè

 

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29 Marzo 2023 – Redazione – di Jenn Correa (Tourinvespa.com)

 

29 Marzo 1946, settantasette anni fa, al Circolo Golf Club dell’Acquasanta di Roma, viene presentata la Vespa, quello che poi sarà uno dei più grandi fenomeni dell’industria motoristica italiana nel mondo. Un progetto iniziato anni prima, con il prototipo soprannominato Paperino, disegnato dagli ingegneri Renzo Spolti e Vittorio Casini, ma di cui Enrico Piaggio non era del tutto convinto. Nella sua continua ricerca di una maggiore praticità, Piaggio decide di rivisitare il prototipo, affidandolo al progettista aeronautico Corradino D’Ascanio ed al disegnatore Mario D’este. Così nasce un’idea originale, rivoluzionaria, decisamente differente dal primo prototipo.

Venerdi 29 Marzo 1946, viene presentato il brevetto della Vespa 98, uno scooter del tutto innovativo e funzionale, con uno stile unico, lontano dall’idea comune di motocicletta. Nel 2021 lo “scooter più famoso al mondo” ha  festeggiato il 75° anniversario dalla sua nascita. Senza ombra di dubbio, un successo senza precedenti, che ha raggiunto migliaia di fan in tutto il mondo. Il debutto della Vespa rappresenta un sogno di libertà e voglia di ripartire dopo la fine della seconda guerra mondiale. Un sogno che, negli anni, diventerà un’icona e rappresenterà un vero e proprio stile di vita. Il nome “Vespa” tra l’altro deriva dalla spontanea esclamazione sembra una Vespa!” pronunciata da Enrico Piaggio quando per la prima volta vede la forma centrale larga e la vita stretta del prototipo Mp6, prodotto nello stabilimento della Piaggio a Pontedera (Pisa).

II PRIMI ANNI DELLA VESPA: DALLA NASCITA AGLI ANNI ‘60

La Vespa nasce in un periodo storico importante per l’Italia, il dopoguerra. Anni in cui il Paese vuole risvegliarsi e riprendere a vivere, lasciandosi alle spalle gli orrori del secondo conflitto mondiale. L’Italia cresce e si presentano nuove esigenze. Tra queste: la mobilità di chi non può permettersi  l’acquisto di un’automobile.

Da qui l’idea geniale di un mezzo leggero, comodo, veloce e innovativo, anche nelle nuovissime forme di presentazione e pagamento:

1) mezzo di trasporto non solo per professionisti, ma per tutti.

2) La possibilità di acquisto rateizzato.

Cosi che, la Vespa, nata sotto una buonissima stella, coinvolge tutti, in particolare le donne, dal momento che si tratta di un mezzo di trasporto facile da guidare anche con la gonna. E la pubblicità contribuirà al suo successo, al punto che le campagne pubblicitarie diventeranno iconici capolavori.

Negli anni ’50 avviene un profondo cambiamento nell’uso della Vespa, che passa dall’essere principalmente utilizzata per recarsi al lavoro, a diventare un veicolo di svago e divertimento in un’Italia che rifioriva dopo i disagi degli anni precedenti. “Vespizzatevi!”,  diventa quindi lo slogan con cui in quegli anni, si sottolineano i vantaggi che si possono avere come proprietari di una Vespa.

In quegli anni, inoltre, la Vespa diventa per tutti il sinonimo e il simbolo del design e dell’ingegno italiano nel mondo. Un vero  fenomeno mediatico, che diventa anche soggetto di diverse sceneggiature cinematografiche come per esempio nel film, diventato poi un “cult”, “Vacanze romane” del 1953.

La Vespa diventa protagonista nei film, ma anche nella letteratura e naturalmente in campo pubblicitario. E’ la fedele compagna di viaggio della storia dell’Italia. Il successo è ormai internazionale.

Il boom degli anni ’80: la Vespa alla conquista del mondo.

Negli anni ’80 il mito della Vespa ha ormai varcato i confini nazionali tanto che la Piaggio spinge forte sull’acceleratore (è proprio il caso di dirlo) con la diffusione della Vespa, creando una grande rete di servizi in tutta Europa e nel resto del mondo. In questi stessi anni il mitico mezzo di trasporto a due ruote riceve riconoscimenti a livello mondiale, consolidando la sua immagine su tutti i mercati esteri.

Per queste ragioni, la Piaggio decide ancora una volta di puntare molto sulla pubblicità, coinvolgendo nel suo messaggio i giovani che,  in sella alla propria Vespa, possono realizzare qualsiasi sogno. Obiettivo raggiunto: la Vespa diventa sempre più lo scooter dei giovani per spostarsi in città, in campagna, ovunque.

La scalata verso l’Olimpo degli indimenticabili prosegue e la Vespa comincia a contare i vari tentativi di imitazione, che rimangono tali in quanto il due ruote tutto italiano non si può imitare!

GLI ANNI 2000: NASCE LA VESPA ELETTRICA


Nel nuovo millennio la Vespa si evolve. 
Nascono nuovi modelli che conquistano definitivamente i mercati stranieri. Diventa uno scooter “monomarcia”, una scelta che divide gli appassionati. Chi la vede come una sorta di sacrilegio nei confronti di un mito, chi invece ne comprende le scelte e vede in questi modelli la naturale evoluzione di quella Vespa presentata a Roma il 29 marzo del 1946.

Intanto la nuova Vespa elettrica, l’ultima arrivata in casa Piaggio, vince diversi premi tra cui il Compasso d’Oro ADI (Associazione per il Disegno Industriale) che, nel consegnare questo premio, sottolinea i valori, l’attenzione ed il rispetto per l’ambiente dimostrato da  Piaggio nella realizzazione di questo nuovo modello. La verità è che la Vespa continua ad affascinare, mantenendo inalterato quell’inconfondibile design che da sempre la contraddistingue.

LA VESPA E IL CINEMA: UN LEGAME INDISSOLUBILE

Audrey Hepburn e Gregory Peck in “Vacanze Romane” (1953) infatti sono solo i primi di una lunga serie di attrici e attori internazionali che negli anni sono stati ripresi sullo scooter più famoso del mondo, in film che vanno da “Quadrophenia” ad “American Graffiti”, da “Il talento di Mr. Ripley” fino a “La carica dei 102”, per non parlare di “Caro Diario” o dei recenti “Alfie” con Jude Law, “The Interpreter” con Nicole Kidman e il blockbuster “Transformers, The last Knight” del 2016 ”. Nelle foto, nei film e sui set, Vespa è stata “compagna di viaggio” di nomi quali Raquel Welch, Ursula Andress, Geraldine Chaplin, Joan Collins, Jayne Mansfield, Virna Lisi, Milla Jovovich, Marcello Mastroianni, Charlton Heston, John Wayne, Henry Fonda, Gary Cooper, Anthony Perkins, Jean-Paul Belmondo, Nanni Moretti, Sting, Antonio Banderas, Matt Damon, Gérard Depardieu, Jude Law, Eddie Murphy, Owen Wilson e Nicole Kidman.

In settantasette anni di storia (Piaggio ne depositò il brevetto il 23 Aprile 1946) e con 19 milioni di esemplari diffusi sulle strade dei cinque continenti, Vespa ha dato una nuova marcia al mondo intero diffondendosi sulle strade di tutte le nazioni, unendo in un’unica passione giovani di culture lontane e diverse. Una vera leggenda del Grande Made in Italy!

Il rapporto tra la Vespa e il cinema è un matrimonio straordinario: incredibilmente felice e intenso, indissolubile nei decenni, capace di rinnovarsi continuamente e di creare emozioni ad ogni latitudine…La Vespa è oggi il simbolo della creatività italiana nel mondo e un esempio unico di ‘immortalità’ nella storia del design industriale. Vespa non appartiene più soltanto al mondo della mobilità: è la storia di un fenomeno-simbolo del costume globale. Oggi come ieri, andare in Vespa è sinonimo di libertà e status sociale, di dinamismo e di passione per la bellezza. E’ un’esperienza di vita e di immaginazione, carica di simboli individuali e collettivi nati in gran parte negli anni della Dolce Vita: Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze Romane sono stati i primi protagonisti di un connubio magico, che si è poi ripetuto con straordinaria frequenza in centinaia di pellicole cinematografiche e di campagne di advertising. La creatività di attori e attrici, di registi e di pubblicitari alimenta la forza del mito e arricchisce quotidianamente l’immaginario di Vespa di nuovi valori, in ogni angolo del mondo”.

Vespa non è solo un fenomeno industriale e commerciale che dura da 70 anni. Sin dalla sua apparizione, nel 1946, ha influenzato la storia del costume e della cultura. Negli anni della “Dolce Vita” Vespa diventa sinonimo di scooter e i reportage dei corrispondenti stranieri descrivevano l’Italia come “il Paese delle Vespa”. Il ruolo giocato dall’iconico scooter nel costume non solo italiano è documentato dalla presenza di Vespa in centinaia di film internazionali. Ed è una storia che continua anche oggi.

E ancora, Vespa compare in celebri pellicole firmate dai maestri italiani del cinema, come Dino Risi, Federico Fellini, Mario Monicelli, da “Caro Diario” di Nanni Moretti a “Romanzo Criminale” di Michele Placido e a “Nuovo Cinema Paradiso” (premiato con Oscar e Golden Globe) di Giuseppe Tornatore.


MUSEO PIAGGIO

E per non dimenticare la storia di una delle industrie più importanti del nostro Paese e di uno dei tanti prodotti dell’eccellenza italiana, a Pontedera il 29 marzo del 2000 e’ stato inaugurato il Museo Piaggio, ubicato nell’ex attrezzerie del complesso industriale, su progetto di Andrea Bruno, che ha recuperato l’attrezzeria, la zona più antica della fabbrica costruita negli anni venti. Nel 2018 è stato completamente ristrutturato.

A volere fortemente il museo fu Giovanni Alberto Agnelli (meglio conosciuto come Giovannino Agnelli),  allora presidente della Piaggio, che però morì tre anni prima dell’inaugurazione e a cui fu quindi dedicato. Il Museo è nato per conservare e valorizzare il patrimonio storico di una delle più antiche imprese italiane e si pone l’obiettivo di ricostruire le vicende di Piaggio e del suo Territorio ripercorrendo un lungo tratto di storia italiana, fatto di trasformazioni economiche, di costume e di sviluppo industriale, attraverso l’esposizione dei suoi prodotti più famosi e rappresentativi e grazie alla ricchissima documentazione conservata nell’Archivio Storico.
Accanto allo spazio dedicato alle collezioni esposte permanentemente, il Museo Piaggio dedica 340 m² a esposizioni temporanee che permettono alla struttura di variare continuamente l’offerta culturale spaziando dal campo dell’arte a quello della tecnologia, dalla divulgazione scientifica alla moda. Negli anni questi spazi hanno ospitato mostre, eventi e opere di artisti straordinari quali Dalì, Picasso e, tra gli italiani, Burri, Nomellini, Viani, Pellizza da Volpedo, Fattori, Modigliani, Carrà, Signorini, Soffici, Spreafico, Nespolo e altri protagonisti dell’arte moderna e contemporanea.Nel 2003 il Museo Piaggio e l’Archivio Storico sono stati premiati come Miglior Museo e miglior Archivio d’Impresa in Italia, nell’edizione del Premio Impresa e Cultura 2003.

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28 Marzo 2023 – Redazione

 

Le birre artigianali sono sempre più apprezzate dai consumatori e, in Sardegna, si contano già 44 birrifici artigianali (oltre 1000 nello Stivale). Manca solo una filiera che rafforzi il prodotto e lo valorizzi, anche perché non mancano le eccellenze. È questa la proposta di Coldiretti Sardegna, avanzata durante il convegno tenutosi a Nuoro sabato 25 marzo proprio su questo settore in ascesa.

All’incontro era presente anche Teo Musso, presidente del Consorzio birra italiano e titolare del birrificio Baladin, la realtà più famosa nel panorama italiano e che produce il 98 per cento delle materie prime della sua birra nella propria azienda agricola. “In 25 anni i birrifici artigianali hanno determinato una rivoluzione culturale nel mondo brassicolo italiano – ha dichiarato Musso -. Il lavoro che stiamo portando avanti dal 1996 ha cambiato la percezione della birra che non è più un mono-prodotto ma ha tante sfumature aromatiche legate al territorio italiano grazie agli oltre mille birrifici artigianali e alle oltre 15mila etichette”.

Coldiretti Sardegna crede nel settore e stiamo lavorando con il Consorzio per unire i birrifici artigianali che sposano la filiera agricola e ascoltare le loro esigenze – ha evidenziato il direttore di Coldiretti Sardegna, Luca Saba -. Stiamo costruendo un percorso di filiera sarda facendo incontrare tutti i protagonisti, da chi coltiva a chi trasforma, e lavoreremo per allargare la produzione di orzo sardo con contratti di filiera. Allo stesso tempo stiamo creando momenti pubblici di festa in cui si faccia squadra tra imprese e si valorizzi la birra artigianale in Sardegna e non solo”.

Le grandi opportunità che offre il Consorzio della birra sono emerse anche a Nuoro come una piattaforma di distribuzione, che si sta già costituendo, che garantirebbe ai birrifici artigianali di tagliare i costi nell’acquisto delle materie prime, oltre a garantire il valore aggiunto di una birra 100 per cento italiana e magari anche sarda come testimonia l’esempio di Marduk, birrificio agricolo di Irgoli che produce oltre il 90 per cento delle materie prime nella propria azienda agricola.

“Adesso si parla di filiera, di un prodotto legato alla terra che stiamo rafforzando e valorizzando con il Consorzio della birra italiana nato nel 2019 grazie alla Coldiretti – ha detto il direttore del Consorzio, Carlo Schizzerotto – che intende divenire il punto di riferimento per il settore riunendo tutti i birrifici che sposano la filiera italiana. Abbiamo la capacità di fare sistema oltre che formazione e offrire nuove opportunità”.

Al convegno è intervenuto anche Luca Pretti, ricercatore di Porto Conte ricerche, il più grande esperto di birre artigianali in Sardegna, e non solo, che sta contribuendo concretamente a far crescere il settore nel territorio regionale.

“È un settore giovane con protagonisti i giovani che stanno dimostrando grande passione – ha detto Battista Cualbu, presidente Coldiretti Sardegna -. Un settore in ascesa con il quale cercheremo insieme di fare un ulteriore percorso di crescita. Dalla discussione sono emerse diverse opportunità che lavoreremo per mettere in atto coinvolgendo tutti gli stakeholder”.


OPPORTUNITÀ’, CHE DOVREBBERO COGLIERE AL VOLO TUTTE QUELLE REGIONI ITALIANE CHE POSSONO SVILUPPARE QUESTA SPECIFICA VOCAZIONE ARTIGIANALE. ANCHE ALLA LUCE DELL’ACQUISIZIONE DEL COLOSSO INDUSTRIALE DELLA BIRRA (HEINEKEN) DA PARTE DI BILL GATES. MULTINAZIONALE CHE INGLOBA PRODOTTI ITALIANI, TRA CUI ICHNUSA E MORETTI.

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26 marzo 2023 – Redazione

 

Quando ci chiediamo quali siano le città con la qualità della vita più alta, per esempio, pensiamo a Milano, che per servizi ed economia eccelle. Oppure Bologna, per le stesse ragioni. O ancora alle città dell’estremo nord del Paese, come Trento e Bolzano, perché ricche, sicure, pulite e in cui i servizi funzionano ottimamente.

Ma ci sono anche altre città in queste classifiche e sono città che non ci aspetteremmo mai. Come Stresa e Olbia. Le due vere e proprie nuove entrate della classifica delle città italiane in cui si vive meglio.

Stresa e Olbia sono forse le città più interessanti in assoluto, all’interno della classifica delle città italiane con la qualità della vita più alta. E di queste due città ne parla anche la stampa internazionale. Olbia è una delle città della Sardegna mediamente più benestanti, si trova a nord, non lontano dalla Costa Smeralda ed è affacciata su una delle coste più belle d’Italia. Anche la vita culturale e notturna è in forte miglioramento, così come le opportunità di lavoro.

Olbia, è quindi tra i luoghi in cui si vive meglio nel Bel Paese.  Lo ha decretato la rivista Esquire Italia, stilando una rivista in base a parametri come qualità della vita, ambiente, sole e servizi.

Il primo cittadino, Settimo Nizzi, ha così commentato la menzione speciale: “Il fatto che la nostra città sia fra le mete più ambite in Italia secondo la stampa nazionale e internazionale è un attestato di valore che consolida gli sforzi profusi da questa amministrazione e la visione complessiva che fa di Olbia una città europea di assoluto prestigio. Ma è anche un incentivo a continuare il nostro lavoro con ancora più entusiasmo e proseguire verso quel continuo miglioramento di servizi e prospettive che portino rinnovata ricchezza e cultura alla nostra splendida città”, ha aggiunto il sindaco.

E sempre secondo la rivista “la vita culturale e notturna è in forte miglioramento, così come le opportunità di lavoro”. Il nome di Olbia è spuntato in maniera inaspettata insieme a quello della città di Stresa sul Lago Maggiore.

 

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27 Marzo 2023 – Redazione – Fonte: Mike Adams
Our Toxic Times, settembre 2007, pubblicazione del Chemical Injury Information Network – www.ciin.org
Pubblicazione originale su NewsTarget.com – 8.06.2007

 

L’aumento delle carenze nutrizionali nel mondo occidentale è in correlazione quasi perfetta con l’introduzione dei forni a micro-onde. Questa non è una coincidenza. Questi forni riscaldano i cibi attraverso un processo che crea una frizione molecolare che, però, distrugge velocemente le delicate molecole di vitamine e di polinutrienti che si trovano naturalmente nei cibi. Uno studio ha dimostrato che cucinare al micro-onde le verdure distrugge fino al 97% del contenuto nutritivo. In altre parole, mangiare broccoli crudi fornisce sostanze naturalmente anti-cancro che sono estremamente efficaci nell’arrestare la crescita tumorale, ma cucinare gli stessi broccoli al micro-onde li rende un cibo “morto” e carente dal punto di vista nutrizionale.

Ci sono anche delle prove che suggeriscono la distruzione nel micro-onde della naturale armonia delle molecole dell’acqua, creando uno schema caotico nell’acqua presente in tutti i cibi. Usare un micro-onde è un po’ come gettare una bomba nucleare nel cibo e mangiare i residui. In realtà non c’è alcuna radiazione ionizzante nel micro-onde (è solo per alludere all’irruenza del trattamento del cibo).

L’invenzione del micro-onde e la sua adozione di massa coincide con l’inizio dell’obesità nelle nazioni sviluppate di tutto il mondo. Non solo questi forni rendono più conveniente mangiare cibi che favoriscono l’obesità, ma distruggono anche molti nutrienti, lasciando i consumatori in uno stato continuo di sovra-alimentazione e malnutrizione. La gente mangia troppe calorie, ma non abbastanza sostanze nutrienti. Il risultato è quello che vediamo oggi: percentuali epidemiche di diabete, cancro, patologie cardiache, depressione, danni renali, disturbi del fegato e molto altro.

I forni a micro-onde rendono la malnutrizione virtualmente automatica ed è più facile esporsi a sostanze chimiche tossiche semplicemente mangiando cibi pronti ed elaborati (che sono prodotti universalmente con l’aggiunta di sostanze tossiche che agiscono come conservanti, coloranti, aromi, ecc.).

La cucina a micro-onde è tecnicamente una forma di irraggiamento del cibo. Molti ritengono interessante che persone che affermano di non voler mai mangiare cibo “irradiato” poi non esitano a cucinare con il micro-onde. E’ la stessa cosa, ma con una radiazione di diversa lunghezza d’onda. In realtà, quando questi forni sono stati introdotti negli anni ’70 furono pubblicizzati con orgoglio come “radar ranger”. Ciò fu considerato come un miracolo dell’era spaziale degli anni ’70.

I forni a micro-onde lavorano come sono pubblicizzati e rendono il cibo caldo, ma usando un meccanismo che danneggia le delicate strutture molecolari delle vitamine e dei fotonutrienti. I minerali restano intatti, così le persone hanno lo stesso livello di magnesio, calcio e zinco nel cibo cotto sia nei forni normali sia in quelli a micro-onde, ma tutte le importanti vitamine del gruppo B, gli autocianini, i bioflavonoidi e gli altri elementi sono distrutti.

 

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26 Marzo 2023 – Redazione

 

La coppettazione è un’antica tecnica terapeutica con numerose applicazioni: in ambito estetico, medico e sportivo, dai trattamenti per la cellulite a quelli per il mal di schiena.

È una tecnica della medicina tradizionale cineseInsieme al massaggio shiatsu, all’agopuntura, e alla moxa (tramite sigari o coni di artemisia), riequilibra le energie che, penetrando all’interno del corpo, danno vita alla malattia e al sintomo. La coppettazione è utilizzata sia in ambito estetico che medico, sportivo e riabilitativo: È utile in caso di cellulite, per rassodare e per vari trattamenti di estetica. Viene inoltre largamente ed efficacemente utilizzata in caso di traumi e dolori varie. Si esegue applicando sulla pelle delle coppe di vetro, al cui interno viene creato del vuoto. Applicate sulle parti molli generano un effetto di risucchio e scollamento che agisce come un massaggio connettivale localizzato sui punti dolenti o sui punti di agopuntura. Il vuoto, all’interno delle coppette, viene creato tramite una fonte di calore che consuma l’ossigeno, o attraverso la gestione dell’aria tramite valvole già inserite sulle coppette.

La coppettazione originale, quella cioè che sfrutta il calore per sottrarre l’ossigeno, da migliori risultati perchè associa all’effetto creato dal vuoto, anche quello del calore. In casi particolari però, come ad esempio ipersensibilità capillare, è necessario evitare il calore e usare le coppette che creano il sottovuoto tramite le valvole.

COPPETTAZIONE PER IL MAL DI SCHIENA

La coppettazione, ben eseguita, determina immediati e duraturi benefici nei casi di mal di schiena. Secondo la medicina tradizionale cinese il mal di schiena è dovuto alle seguenti causeinvasione di energia fredda e umida, frequente soprattutto negli uomini di età superiore ai 50 anni. Questo, si caratterizza per sciatalgia, formicolio agli arti inferiori, muscolatura contratta e rigida, limitazione dei movimenti e anche della postura statica, seduta o eretta;

– Stati di Xue, cioè del sangue, che porta dolore lombare, in particolare al mattino o dopo essere stati per lunghe ore sdraiati. Il dolore, fisso e pungente, si può irradiare dal coccige al collo, con conseguenti cefalee e, nelle donne, disturbi legati al ciclo;

– Deficit del Qi di rene, cioè dell’energia vitale del rene, inteso come organo energetico che racchiude la vitalità del corpo. Questo mal di schiena si concentra sopratutto nella parte bassa della schiena, con dolori articolari. La coppettazione agisce su tutte e 3 queste manifestazioni di mal di schiena e sulle relative cause: tramite il calore permette di disperdere l’energia fredda e asciugare quella umida; attraverso lo scollamento, conseguente il vuoto che si crea nelle coppe, smuove il sangue e la circolazione; infine tonifica l’energia vitale agendo sugli agopunti, soprattutto in corrispondenza della zona lombare. La coppettazione deve sempre essere eseguita da personale adeguatamente formato, e non va mai improvvisata. Saper dosare tempo e quantità del vuoto creato è infatti un requisito fondamentale per la riuscita del trattamento.

COPPETTAZIONE: PRATICA E BENEFICI

Una tecnica specifica che aiuta a rimuovere molte tossine e sbloccare anche situazioni complesse: vediamo da vicino la coppettazione della medicina tradizionale cinese. Le tecniche esterne della medicina cinese, ovvero quelle che non includono l’assunzione di erbe o preparati specifici o non contemplano lavori sull’energia interna attraverso il movimento come nel caso del qi gong, abbiamo la coppettazione, insieme al massaggio tui na e alla moxibustione.

Conosciuta anche come cupping, implica una vera e propria aspirazione sulla pelle a livello localetramite coppette, che spesso somigliano a veri e propri contenitori in vetro di yogurt di forma più arrotondata; a volte sono anche tazze di vetro, bambù e ceramica. Viene usato anche in India, Corea e Giappone e a portarlo in occidente fu il medico austriaco Bernard Aschner. L’applicazione di solito ha una durata che va dai 5 ai 20 minuti e non oltre perché crea di fatto uno stimolo molto forte: le coppette vengono applicate sulle cosiddette zone riflesse del corpo. Cosa significa? Che nel nostro corpo le aree della schiena o del piede o del viso ospitano specifici punti che si collegano energicamente a determinati organi interni; così facendo si va ad agire sull’organo interno e sull’apparto che riporta uno stato di disordine generale. Con la coppettazione si vanno a rimuovere “umori” in eccesso e si può trattare di sangue, flemma, bile gialla, bile nera, secondo l’antica tradizione orientale che tanto somiglia a quella “nostra” di Paracelso.

Ci sono due modi per operare: esiste infatti la coppettazione a caldo e la coppettazione a freddo:

  1. nella coppettazione a caldo all’interno della coppetta vengono scaldate delle fiamme: diminuisce così il volume dell’aria e avviene l’aspirazione.
  2. nella coppettazione a freddo si usano campane di vetro con una valvola al loro apice cui si applica un pallone di gomma. L’effetto di queste ultime è generalmente più dolce e lento.

Ricordiamo, comunque, che tutte queste pratiche di antica memoria, con cui molto spesso abbiamo visto intervenire le nostre nonne, devono essere applicate da mani esperte.

 

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