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31 Marzo 2023 – Redazione – dal libro “Scoperte Mediche non autorizzate” di Marco Pizzuti

“I luminari del determinismo genetico avevano negato qualsiasi relazione tra la psiche e il funzionamento dei geni ma, l’ EPIGENETICA, ha dimostrato che i geni obbediscono alle informazioni captate dalla membrana cellulare, che provengono sia dall’ambiente sia dalla nostra stessa mente. La parte capace di influenzare maggiormente la biologia e’ il subconscio, che controlla ben il 95% della nostra vita. Si tratta di una specie di pilota automatico che entra in funzione ogni volta in cui il cervello conscio è impegnato, per svolgere attività di routine (guidare, camminare, lavorare etc.) in cui non è necessaria l’attenzione allo Stato cosciente. Se possiamo eseguire più azioni contemporaneamente, come conversare e guidare, le dobbiamo proprio alla componente subconscia, che è anche molto più potente, visto che può elaborate 20 milioni di informazioni al secondo, contro le 40 della mente allo Stato conscio. La differenza tra le due funzioni e’ immensa perchè il subconscio si limita a scegliere le azioni ripetitive ormai imparate a memoria con cui agiamo in automatico, la mente conscia deve prendere della decisione sulle novità.
Il predominio della mente subconscia di ripercuote anche a livello biologico. Solo che non ne siamo consapevoli.

PURTROPPO LA MENTE SUBCONSCIA È STATA PROGRAMMATA PER ANNI A CREDERE DI NON POTER AGIRE SUL FUNZIONAMENTO DEI GENI.

Se ci venisse chiesto di autoguarirci solo con le innate capacità della mente, non otterremmo alcun risultato apprezzabile. La mente conscia ci ripeterà che l’epigenetica ha scoperto che di può’ fare, ma nello stesso tempo la mente subconscia, più influente, manterrà il convincimento opposto e agirà di conseguenza. Se invece avessimo un forte mal di testa e ci venisse offerto un finto farmaco, la fiducia che il subconscio ripone nelle sue presunte proprietà curative basterebbe a renderlo efficace, producendo l’effetto placebo. Per poter sperimentare il potenziale della nostra mente sull’organismo dovremmo riprogrammare completamente la mente subconscia. Una scorciatoia è l’inno terapia, che si avvale dell’ipnosi per manipolare il subconscio del paziente e usarlo per favorire la guarigione.

Nel lontano Oriente, il potere della psiche sul corpo era già noto migliaia di anni fa, ed è alla base sia delle arti marziali, sia delle tecniche di meditazione yoga e dei loro straordinari risultati.  Basti pensare al maestro di Kung Fu che riesce a spezzare materiali ben più resistenti del suo pugno senza riportare traumi. Al di là delle interpretazioni mistiche e religiose, la volontà di un asceta educato fin dall’infanzia (quindi anche a livello subconscio) a credere nella forza della psiche, ha innescato processi biologici che la scienza medica non può spiegare.

Anche i casi di guarigione spontanea avvenuti nei luoghi sacri possono ora trovare spiegazione, indipendentemente dal tipo di confessione, nella chiave di lettura offerta dall’epigenetica. I “miracoli della fede” costituirebbero, in realtà, un esempio di guarigione determinata dalla volontà psichica del soggetto, grazie alla sua profonda fede nell’intervento divino. Un’ipotesi che trova conforto nella moderna fisica quantistica, da quando è stato scoperto che la nostra mente interagisce attivamente con le particelle elementari della materia visibile e quindi con la biologia dell’organismo”.

Marco Pizzuti

 

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30 Marzo 2023 – Redazione – Le fonti in fondo all’articolo

Fibromialgia: che cos’è?

La fibromialgia è una malattia caratterizzata da un dolore cronico muscoloscheletrico diffuso, sonno non riposante, stanchezza, mal di testa, scarsa memoria, difficoltà di concentrazione, parestesia e una limitazione generale nelle funzioni sociali e lavorative.

La gravità del dolore è generalmente più costante di altre forme, può comparire e andare via rapidamente, o spostarsi a varie parti del corpo peggiorando al tatto. Per esempio, alcuni pazienti fibromialgici sentono il contatto con i propri abiti, soprattutto se stretti, come doloroso.


Incidenza

La fibromialgia è il secondo disturbo più osservato dai reumatologi, con un’incidenza sul 2% della popolazione negli Stati Uniti e l’1,4% in Francia. Sono colpite soprattutto le donne di mezza età: l’incidenza è del 3,1% tra le donne e dello 0,5% tra gli uomini. La percentuale dei malati aumenta con l’età e la diagnosi è più comune nelle persone tra i 60 e i 79 anni. L’incidenza della malattia è maggiore nelle famiglie con parenti malati fibromialgia con un rischio 8,5 volte maggiore.


Diagnosi


La diagnosi di fibromialgia si fa sulla base di criteri specifici dell’American College of Rheumatology e dopo l’esclusione di altre possibili condizioni. Prima di prendere in considerazione la patologia si effettua un approfondito esame fisico e neurologico, un’esame della funzione tiroidea, e la diagnosi si stabilisce in
presenza di dolore diffuso per un periodo di almeno tra mesi:

1. In 11 dei 18 punti di dolore

2. o in presenza almeno di 4 dei seguenti sintomi:
– stanchezza generalizzata
– mal di testa
– disturbi del sonno
– problemi neuropsichiatrici
– parestesie (NUMBNESS e/o TINGLING)
– sindrome dell’intestino irritabile


Co-morbidità

Alcune patologie si presentano insieme alla fibromialgia tra cui l’osteoartrite, patologie autoimmunitarie, lupus, sindrome da stanchezza cronica, emicrania, sindrome dell’intestino irritabile, disturbi del sonno, disturbi dell’umore, disturbi neuroendocrini e ipotiroidismo.

I sintomi non specifici più diffusi sono:

  • Mal di testa ricorrenti 47%
  • Artrite 46%
  • Spasmi muscolari 46%
  • Problemi di equilibrio 45%
  • Sindrome dell’intestino irritabile 44%
  • Dolori diffusi 44%
  • Stanchezza cronica 40%
  • Depressione 40%
  • Ansia 38%
  • Problemi sinusali 37%
  • Disturbi ai denti 32%
  • Sindrome delle gambe senza riposo 32%
  • Acufeni 30%
  • Dolore alla mascella 29%
  • Problemi alla vescica 26%
  • Rash cutanei 25%.


Cause

La causa della fibromialgia non è ancora compresa a pieno, ma si pensa che ci siano anomalie nel sistema sensoriale periferico e centrale; queste potrebbero essere scatenate da infezioni virali, dal morbo di Lime, dall’epatite e da cambiamenti ormonali ed endocrini, da farmaci, vaccini e da trauma fisico.

La sensibilizzazione del sistema nervoso centrale porta a cambiamenti funzionali che abbassano la soglia del dolore, aumentano i campi recettivi nervosi e l’eccitabilità dei neuroni spirali. Quando parte la sensibilizzazione centrale, serve solo un minimo stimolo per aumentare la risposta al dolore e mantenere lo stato di dolore cronico.


Spect scan

Con la tomografia computerizzata ad emissione singola di fotoni (spect) è stata trovata nei pazienti fibromialgici un’alterazione nella perfusione cerebrale associata alla gravità dei sintomi. Un altro studio basato sulla Spect ha scoperto che giovani donne con fibromialgia mostravano un’assimilazione significativamente più alta in percentuale del nucleo condotto destro e sinistro. .

Proteina Gi

La proteina Gi funziona meno del normale nella fibromialgia ed è inalterata nel dolore neuropatico, nell’artrite reumatoide e nella ostroartrite. I pazienti fibromialgici, peraltro, mostrano livelli basali di CAMP più alti rispetto al gruppo di controllo.


Neurotrasmettitori

Nel flusso cerebrospinale dei soggetti con fibromialgia sono stati scoperti livelli ridotti di dopamina, di norepinefrina e di serotonina. La dopamina è un importante trasmettitore (messaggero) che facilita alcune funzioni cerebrali critiche. Un disequilibrio dei livelli di dopamina può causare una disfunzione cerebrale e una malattia. Studi mostrano un’associazione tra fibromialgia e una disfunzione della neurotrasmissione dopaminica che produce un ridotto metabolismo della dopamina nell’ambito dell’origine nervosa del dolore.

La serotonina inibisce il rilascio della sostanza P e di altri neurotrasmettitori che elaborano il dolore. I livelli elevati di sostanza P cerebrospinale rilevata nei pazienti con fibromialgia possono essere correlati alla riduzione di serotonina (33, 34). I pazienti fibromialgici sentono la pressione e gli stimoli allo stesso livello dei gruppi di controllo.


Fattori ambientali

Vari fattori di stress, come infezioni virali, trauma fisico e l’esercizio, possono dare inizio e scatenare la fibromialgia. Una malattia o un danno di origine ambientale possono danneggiare il sistema nervoso che rilascia la corticotrapina e che attiva il sistema nervoso simpatico e riduce la funzione immunitaria cellulare. I fattori ambientali possono scatenare lo sviluppo di disturbi cronici del dolore negli individui con predisposizione genetica.

L’intolleranza a certi alimenti e a certe sostanze è correlata alla fibromialgia. Alcuni studi hanno trovato un miglioramento dei sintomi con la dieta chetogenica.

La fibromialgia può essere correlata anche ad uno stato infiammatorio cronico che parte da problemi intestinali.

A tal proposito si consiglia di leggere il libro “Alimentazione antidolore” di Jaqueline Lagacé, che parla proprio della risoluzione di patologie dolorose e infiammatorie attraverso un’alimentazione volta ad abbassare l’infiammazione cronica.

La ricerca scientifica ha trovato che le persone con fibromialgia possono stare molto meglio con un’alimentazione chetogenica che serve proprio a ridurre l’infiammazione.


Terapie

I farmaci da soli non hanno generalmente effetto per la Fibromialgia. L’American Pain Society Fibromyalgia Panel, infatti, raccomanda un approccio multidisciplinare per il trattamento della malattia. La Fibromialgia può essere trattata usando sia la medicina convenzionale che alternativa per migliorare i sintomi e generalmente è utile educare il paziente, fare esercizio fisico, fisioterapia, integratori e terapia farmacologia. .

I pazienti possono anche avere giovamento dall’assistenza sociale, dall’educazione riguardo la malattia, dai gruppi di supporto, dal miglioramento del sonno, dall’aiuto della famiglia, dal riposo, dall’adozione di uno stile di vita sano che eviti l’esposizione a sostanze chimiche (fragranze, pesticidi, ecc.) e il fumo di sigaretta e l’alcol. Uno studio spagnolo del 2020 ha trovato che tecniche di rimodulazione del sistema nervoso centrale, come il Programma Gupta, aiutano a ridurre significativamente i sintomi riducendo anche alcuni fattori di infiammazione nervosa.

Fonte: info amica.it

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29 Marzo 2023 – Redazione – di Jenn Correa (Tourinvespa.com)

 

29 Marzo 1946, settantasette anni fa, al Circolo Golf Club dell’Acquasanta di Roma, viene presentata la Vespa, quello che poi sarà uno dei più grandi fenomeni dell’industria motoristica italiana nel mondo. Un progetto iniziato anni prima, con il prototipo soprannominato Paperino, disegnato dagli ingegneri Renzo Spolti e Vittorio Casini, ma di cui Enrico Piaggio non era del tutto convinto. Nella sua continua ricerca di una maggiore praticità, Piaggio decide di rivisitare il prototipo, affidandolo al progettista aeronautico Corradino D’Ascanio ed al disegnatore Mario D’este. Così nasce un’idea originale, rivoluzionaria, decisamente differente dal primo prototipo.

Venerdi 29 Marzo 1946, viene presentato il brevetto della Vespa 98, uno scooter del tutto innovativo e funzionale, con uno stile unico, lontano dall’idea comune di motocicletta. Nel 2021 lo “scooter più famoso al mondo” ha  festeggiato il 75° anniversario dalla sua nascita. Senza ombra di dubbio, un successo senza precedenti, che ha raggiunto migliaia di fan in tutto il mondo. Il debutto della Vespa rappresenta un sogno di libertà e voglia di ripartire dopo la fine della seconda guerra mondiale. Un sogno che, negli anni, diventerà un’icona e rappresenterà un vero e proprio stile di vita. Il nome “Vespa” tra l’altro deriva dalla spontanea esclamazione sembra una Vespa!” pronunciata da Enrico Piaggio quando per la prima volta vede la forma centrale larga e la vita stretta del prototipo Mp6, prodotto nello stabilimento della Piaggio a Pontedera (Pisa).

II PRIMI ANNI DELLA VESPA: DALLA NASCITA AGLI ANNI ‘60

La Vespa nasce in un periodo storico importante per l’Italia, il dopoguerra. Anni in cui il Paese vuole risvegliarsi e riprendere a vivere, lasciandosi alle spalle gli orrori del secondo conflitto mondiale. L’Italia cresce e si presentano nuove esigenze. Tra queste: la mobilità di chi non può permettersi  l’acquisto di un’automobile.

Da qui l’idea geniale di un mezzo leggero, comodo, veloce e innovativo, anche nelle nuovissime forme di presentazione e pagamento:

1) mezzo di trasporto non solo per professionisti, ma per tutti.

2) La possibilità di acquisto rateizzato.

Cosi che, la Vespa, nata sotto una buonissima stella, coinvolge tutti, in particolare le donne, dal momento che si tratta di un mezzo di trasporto facile da guidare anche con la gonna. E la pubblicità contribuirà al suo successo, al punto che le campagne pubblicitarie diventeranno iconici capolavori.

Negli anni ’50 avviene un profondo cambiamento nell’uso della Vespa, che passa dall’essere principalmente utilizzata per recarsi al lavoro, a diventare un veicolo di svago e divertimento in un’Italia che rifioriva dopo i disagi degli anni precedenti. “Vespizzatevi!”,  diventa quindi lo slogan con cui in quegli anni, si sottolineano i vantaggi che si possono avere come proprietari di una Vespa.

In quegli anni, inoltre, la Vespa diventa per tutti il sinonimo e il simbolo del design e dell’ingegno italiano nel mondo. Un vero  fenomeno mediatico, che diventa anche soggetto di diverse sceneggiature cinematografiche come per esempio nel film, diventato poi un “cult”, “Vacanze romane” del 1953.

La Vespa diventa protagonista nei film, ma anche nella letteratura e naturalmente in campo pubblicitario. E’ la fedele compagna di viaggio della storia dell’Italia. Il successo è ormai internazionale.

Il boom degli anni ’80: la Vespa alla conquista del mondo.

Negli anni ’80 il mito della Vespa ha ormai varcato i confini nazionali tanto che la Piaggio spinge forte sull’acceleratore (è proprio il caso di dirlo) con la diffusione della Vespa, creando una grande rete di servizi in tutta Europa e nel resto del mondo. In questi stessi anni il mitico mezzo di trasporto a due ruote riceve riconoscimenti a livello mondiale, consolidando la sua immagine su tutti i mercati esteri.

Per queste ragioni, la Piaggio decide ancora una volta di puntare molto sulla pubblicità, coinvolgendo nel suo messaggio i giovani che,  in sella alla propria Vespa, possono realizzare qualsiasi sogno. Obiettivo raggiunto: la Vespa diventa sempre più lo scooter dei giovani per spostarsi in città, in campagna, ovunque.

La scalata verso l’Olimpo degli indimenticabili prosegue e la Vespa comincia a contare i vari tentativi di imitazione, che rimangono tali in quanto il due ruote tutto italiano non si può imitare!

GLI ANNI 2000: NASCE LA VESPA ELETTRICA


Nel nuovo millennio la Vespa si evolve. 
Nascono nuovi modelli che conquistano definitivamente i mercati stranieri. Diventa uno scooter “monomarcia”, una scelta che divide gli appassionati. Chi la vede come una sorta di sacrilegio nei confronti di un mito, chi invece ne comprende le scelte e vede in questi modelli la naturale evoluzione di quella Vespa presentata a Roma il 29 marzo del 1946.

Intanto la nuova Vespa elettrica, l’ultima arrivata in casa Piaggio, vince diversi premi tra cui il Compasso d’Oro ADI (Associazione per il Disegno Industriale) che, nel consegnare questo premio, sottolinea i valori, l’attenzione ed il rispetto per l’ambiente dimostrato da  Piaggio nella realizzazione di questo nuovo modello. La verità è che la Vespa continua ad affascinare, mantenendo inalterato quell’inconfondibile design che da sempre la contraddistingue.

LA VESPA E IL CINEMA: UN LEGAME INDISSOLUBILE

Audrey Hepburn e Gregory Peck in “Vacanze Romane” (1953) infatti sono solo i primi di una lunga serie di attrici e attori internazionali che negli anni sono stati ripresi sullo scooter più famoso del mondo, in film che vanno da “Quadrophenia” ad “American Graffiti”, da “Il talento di Mr. Ripley” fino a “La carica dei 102”, per non parlare di “Caro Diario” o dei recenti “Alfie” con Jude Law, “The Interpreter” con Nicole Kidman e il blockbuster “Transformers, The last Knight” del 2016 ”. Nelle foto, nei film e sui set, Vespa è stata “compagna di viaggio” di nomi quali Raquel Welch, Ursula Andress, Geraldine Chaplin, Joan Collins, Jayne Mansfield, Virna Lisi, Milla Jovovich, Marcello Mastroianni, Charlton Heston, John Wayne, Henry Fonda, Gary Cooper, Anthony Perkins, Jean-Paul Belmondo, Nanni Moretti, Sting, Antonio Banderas, Matt Damon, Gérard Depardieu, Jude Law, Eddie Murphy, Owen Wilson e Nicole Kidman.

In settantasette anni di storia (Piaggio ne depositò il brevetto il 23 Aprile 1946) e con 19 milioni di esemplari diffusi sulle strade dei cinque continenti, Vespa ha dato una nuova marcia al mondo intero diffondendosi sulle strade di tutte le nazioni, unendo in un’unica passione giovani di culture lontane e diverse. Una vera leggenda del Grande Made in Italy!

Il rapporto tra la Vespa e il cinema è un matrimonio straordinario: incredibilmente felice e intenso, indissolubile nei decenni, capace di rinnovarsi continuamente e di creare emozioni ad ogni latitudine…La Vespa è oggi il simbolo della creatività italiana nel mondo e un esempio unico di ‘immortalità’ nella storia del design industriale. Vespa non appartiene più soltanto al mondo della mobilità: è la storia di un fenomeno-simbolo del costume globale. Oggi come ieri, andare in Vespa è sinonimo di libertà e status sociale, di dinamismo e di passione per la bellezza. E’ un’esperienza di vita e di immaginazione, carica di simboli individuali e collettivi nati in gran parte negli anni della Dolce Vita: Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze Romane sono stati i primi protagonisti di un connubio magico, che si è poi ripetuto con straordinaria frequenza in centinaia di pellicole cinematografiche e di campagne di advertising. La creatività di attori e attrici, di registi e di pubblicitari alimenta la forza del mito e arricchisce quotidianamente l’immaginario di Vespa di nuovi valori, in ogni angolo del mondo”.

Vespa non è solo un fenomeno industriale e commerciale che dura da 70 anni. Sin dalla sua apparizione, nel 1946, ha influenzato la storia del costume e della cultura. Negli anni della “Dolce Vita” Vespa diventa sinonimo di scooter e i reportage dei corrispondenti stranieri descrivevano l’Italia come “il Paese delle Vespa”. Il ruolo giocato dall’iconico scooter nel costume non solo italiano è documentato dalla presenza di Vespa in centinaia di film internazionali. Ed è una storia che continua anche oggi.

E ancora, Vespa compare in celebri pellicole firmate dai maestri italiani del cinema, come Dino Risi, Federico Fellini, Mario Monicelli, da “Caro Diario” di Nanni Moretti a “Romanzo Criminale” di Michele Placido e a “Nuovo Cinema Paradiso” (premiato con Oscar e Golden Globe) di Giuseppe Tornatore.


MUSEO PIAGGIO

E per non dimenticare la storia di una delle industrie più importanti del nostro Paese e di uno dei tanti prodotti dell’eccellenza italiana, a Pontedera il 29 marzo del 2000 e’ stato inaugurato il Museo Piaggio, ubicato nell’ex attrezzerie del complesso industriale, su progetto di Andrea Bruno, che ha recuperato l’attrezzeria, la zona più antica della fabbrica costruita negli anni venti. Nel 2018 è stato completamente ristrutturato.

A volere fortemente il museo fu Giovanni Alberto Agnelli (meglio conosciuto come Giovannino Agnelli),  allora presidente della Piaggio, che però morì tre anni prima dell’inaugurazione e a cui fu quindi dedicato. Il Museo è nato per conservare e valorizzare il patrimonio storico di una delle più antiche imprese italiane e si pone l’obiettivo di ricostruire le vicende di Piaggio e del suo Territorio ripercorrendo un lungo tratto di storia italiana, fatto di trasformazioni economiche, di costume e di sviluppo industriale, attraverso l’esposizione dei suoi prodotti più famosi e rappresentativi e grazie alla ricchissima documentazione conservata nell’Archivio Storico.
Accanto allo spazio dedicato alle collezioni esposte permanentemente, il Museo Piaggio dedica 340 m² a esposizioni temporanee che permettono alla struttura di variare continuamente l’offerta culturale spaziando dal campo dell’arte a quello della tecnologia, dalla divulgazione scientifica alla moda. Negli anni questi spazi hanno ospitato mostre, eventi e opere di artisti straordinari quali Dalì, Picasso e, tra gli italiani, Burri, Nomellini, Viani, Pellizza da Volpedo, Fattori, Modigliani, Carrà, Signorini, Soffici, Spreafico, Nespolo e altri protagonisti dell’arte moderna e contemporanea.Nel 2003 il Museo Piaggio e l’Archivio Storico sono stati premiati come Miglior Museo e miglior Archivio d’Impresa in Italia, nell’edizione del Premio Impresa e Cultura 2003.

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28 Marzo 2023 – Redazione

 

Le birre artigianali sono sempre più apprezzate dai consumatori e, in Sardegna, si contano già 44 birrifici artigianali (oltre 1000 nello Stivale). Manca solo una filiera che rafforzi il prodotto e lo valorizzi, anche perché non mancano le eccellenze. È questa la proposta di Coldiretti Sardegna, avanzata durante il convegno tenutosi a Nuoro sabato 25 marzo proprio su questo settore in ascesa.

All’incontro era presente anche Teo Musso, presidente del Consorzio birra italiano e titolare del birrificio Baladin, la realtà più famosa nel panorama italiano e che produce il 98 per cento delle materie prime della sua birra nella propria azienda agricola. “In 25 anni i birrifici artigianali hanno determinato una rivoluzione culturale nel mondo brassicolo italiano – ha dichiarato Musso -. Il lavoro che stiamo portando avanti dal 1996 ha cambiato la percezione della birra che non è più un mono-prodotto ma ha tante sfumature aromatiche legate al territorio italiano grazie agli oltre mille birrifici artigianali e alle oltre 15mila etichette”.

Coldiretti Sardegna crede nel settore e stiamo lavorando con il Consorzio per unire i birrifici artigianali che sposano la filiera agricola e ascoltare le loro esigenze – ha evidenziato il direttore di Coldiretti Sardegna, Luca Saba -. Stiamo costruendo un percorso di filiera sarda facendo incontrare tutti i protagonisti, da chi coltiva a chi trasforma, e lavoreremo per allargare la produzione di orzo sardo con contratti di filiera. Allo stesso tempo stiamo creando momenti pubblici di festa in cui si faccia squadra tra imprese e si valorizzi la birra artigianale in Sardegna e non solo”.

Le grandi opportunità che offre il Consorzio della birra sono emerse anche a Nuoro come una piattaforma di distribuzione, che si sta già costituendo, che garantirebbe ai birrifici artigianali di tagliare i costi nell’acquisto delle materie prime, oltre a garantire il valore aggiunto di una birra 100 per cento italiana e magari anche sarda come testimonia l’esempio di Marduk, birrificio agricolo di Irgoli che produce oltre il 90 per cento delle materie prime nella propria azienda agricola.

“Adesso si parla di filiera, di un prodotto legato alla terra che stiamo rafforzando e valorizzando con il Consorzio della birra italiana nato nel 2019 grazie alla Coldiretti – ha detto il direttore del Consorzio, Carlo Schizzerotto – che intende divenire il punto di riferimento per il settore riunendo tutti i birrifici che sposano la filiera italiana. Abbiamo la capacità di fare sistema oltre che formazione e offrire nuove opportunità”.

Al convegno è intervenuto anche Luca Pretti, ricercatore di Porto Conte ricerche, il più grande esperto di birre artigianali in Sardegna, e non solo, che sta contribuendo concretamente a far crescere il settore nel territorio regionale.

“È un settore giovane con protagonisti i giovani che stanno dimostrando grande passione – ha detto Battista Cualbu, presidente Coldiretti Sardegna -. Un settore in ascesa con il quale cercheremo insieme di fare un ulteriore percorso di crescita. Dalla discussione sono emerse diverse opportunità che lavoreremo per mettere in atto coinvolgendo tutti gli stakeholder”.


OPPORTUNITÀ’, CHE DOVREBBERO COGLIERE AL VOLO TUTTE QUELLE REGIONI ITALIANE CHE POSSONO SVILUPPARE QUESTA SPECIFICA VOCAZIONE ARTIGIANALE. ANCHE ALLA LUCE DELL’ACQUISIZIONE DEL COLOSSO INDUSTRIALE DELLA BIRRA (HEINEKEN) DA PARTE DI BILL GATES. MULTINAZIONALE CHE INGLOBA PRODOTTI ITALIANI, TRA CUI ICHNUSA E MORETTI.

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26 marzo 2023 – Redazione

 

Quando ci chiediamo quali siano le città con la qualità della vita più alta, per esempio, pensiamo a Milano, che per servizi ed economia eccelle. Oppure Bologna, per le stesse ragioni. O ancora alle città dell’estremo nord del Paese, come Trento e Bolzano, perché ricche, sicure, pulite e in cui i servizi funzionano ottimamente.

Ma ci sono anche altre città in queste classifiche e sono città che non ci aspetteremmo mai. Come Stresa e Olbia. Le due vere e proprie nuove entrate della classifica delle città italiane in cui si vive meglio.

Stresa e Olbia sono forse le città più interessanti in assoluto, all’interno della classifica delle città italiane con la qualità della vita più alta. E di queste due città ne parla anche la stampa internazionale. Olbia è una delle città della Sardegna mediamente più benestanti, si trova a nord, non lontano dalla Costa Smeralda ed è affacciata su una delle coste più belle d’Italia. Anche la vita culturale e notturna è in forte miglioramento, così come le opportunità di lavoro.

Olbia, è quindi tra i luoghi in cui si vive meglio nel Bel Paese.  Lo ha decretato la rivista Esquire Italia, stilando una rivista in base a parametri come qualità della vita, ambiente, sole e servizi.

Il primo cittadino, Settimo Nizzi, ha così commentato la menzione speciale: “Il fatto che la nostra città sia fra le mete più ambite in Italia secondo la stampa nazionale e internazionale è un attestato di valore che consolida gli sforzi profusi da questa amministrazione e la visione complessiva che fa di Olbia una città europea di assoluto prestigio. Ma è anche un incentivo a continuare il nostro lavoro con ancora più entusiasmo e proseguire verso quel continuo miglioramento di servizi e prospettive che portino rinnovata ricchezza e cultura alla nostra splendida città”, ha aggiunto il sindaco.

E sempre secondo la rivista “la vita culturale e notturna è in forte miglioramento, così come le opportunità di lavoro”. Il nome di Olbia è spuntato in maniera inaspettata insieme a quello della città di Stresa sul Lago Maggiore.

 

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27 Marzo 2023 – Redazione – Fonte: Mike Adams
Our Toxic Times, settembre 2007, pubblicazione del Chemical Injury Information Network – www.ciin.org
Pubblicazione originale su NewsTarget.com – 8.06.2007

 

L’aumento delle carenze nutrizionali nel mondo occidentale è in correlazione quasi perfetta con l’introduzione dei forni a micro-onde. Questa non è una coincidenza. Questi forni riscaldano i cibi attraverso un processo che crea una frizione molecolare che, però, distrugge velocemente le delicate molecole di vitamine e di polinutrienti che si trovano naturalmente nei cibi. Uno studio ha dimostrato che cucinare al micro-onde le verdure distrugge fino al 97% del contenuto nutritivo. In altre parole, mangiare broccoli crudi fornisce sostanze naturalmente anti-cancro che sono estremamente efficaci nell’arrestare la crescita tumorale, ma cucinare gli stessi broccoli al micro-onde li rende un cibo “morto” e carente dal punto di vista nutrizionale.

Ci sono anche delle prove che suggeriscono la distruzione nel micro-onde della naturale armonia delle molecole dell’acqua, creando uno schema caotico nell’acqua presente in tutti i cibi. Usare un micro-onde è un po’ come gettare una bomba nucleare nel cibo e mangiare i residui. In realtà non c’è alcuna radiazione ionizzante nel micro-onde (è solo per alludere all’irruenza del trattamento del cibo).

L’invenzione del micro-onde e la sua adozione di massa coincide con l’inizio dell’obesità nelle nazioni sviluppate di tutto il mondo. Non solo questi forni rendono più conveniente mangiare cibi che favoriscono l’obesità, ma distruggono anche molti nutrienti, lasciando i consumatori in uno stato continuo di sovra-alimentazione e malnutrizione. La gente mangia troppe calorie, ma non abbastanza sostanze nutrienti. Il risultato è quello che vediamo oggi: percentuali epidemiche di diabete, cancro, patologie cardiache, depressione, danni renali, disturbi del fegato e molto altro.

I forni a micro-onde rendono la malnutrizione virtualmente automatica ed è più facile esporsi a sostanze chimiche tossiche semplicemente mangiando cibi pronti ed elaborati (che sono prodotti universalmente con l’aggiunta di sostanze tossiche che agiscono come conservanti, coloranti, aromi, ecc.).

La cucina a micro-onde è tecnicamente una forma di irraggiamento del cibo. Molti ritengono interessante che persone che affermano di non voler mai mangiare cibo “irradiato” poi non esitano a cucinare con il micro-onde. E’ la stessa cosa, ma con una radiazione di diversa lunghezza d’onda. In realtà, quando questi forni sono stati introdotti negli anni ’70 furono pubblicizzati con orgoglio come “radar ranger”. Ciò fu considerato come un miracolo dell’era spaziale degli anni ’70.

I forni a micro-onde lavorano come sono pubblicizzati e rendono il cibo caldo, ma usando un meccanismo che danneggia le delicate strutture molecolari delle vitamine e dei fotonutrienti. I minerali restano intatti, così le persone hanno lo stesso livello di magnesio, calcio e zinco nel cibo cotto sia nei forni normali sia in quelli a micro-onde, ma tutte le importanti vitamine del gruppo B, gli autocianini, i bioflavonoidi e gli altri elementi sono distrutti.

 

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26 Marzo 2023 – Redazione

 

La coppettazione è un’antica tecnica terapeutica con numerose applicazioni: in ambito estetico, medico e sportivo, dai trattamenti per la cellulite a quelli per il mal di schiena.

È una tecnica della medicina tradizionale cineseInsieme al massaggio shiatsu, all’agopuntura, e alla moxa (tramite sigari o coni di artemisia), riequilibra le energie che, penetrando all’interno del corpo, danno vita alla malattia e al sintomo. La coppettazione è utilizzata sia in ambito estetico che medico, sportivo e riabilitativo: È utile in caso di cellulite, per rassodare e per vari trattamenti di estetica. Viene inoltre largamente ed efficacemente utilizzata in caso di traumi e dolori varie. Si esegue applicando sulla pelle delle coppe di vetro, al cui interno viene creato del vuoto. Applicate sulle parti molli generano un effetto di risucchio e scollamento che agisce come un massaggio connettivale localizzato sui punti dolenti o sui punti di agopuntura. Il vuoto, all’interno delle coppette, viene creato tramite una fonte di calore che consuma l’ossigeno, o attraverso la gestione dell’aria tramite valvole già inserite sulle coppette.

La coppettazione originale, quella cioè che sfrutta il calore per sottrarre l’ossigeno, da migliori risultati perchè associa all’effetto creato dal vuoto, anche quello del calore. In casi particolari però, come ad esempio ipersensibilità capillare, è necessario evitare il calore e usare le coppette che creano il sottovuoto tramite le valvole.

COPPETTAZIONE PER IL MAL DI SCHIENA

La coppettazione, ben eseguita, determina immediati e duraturi benefici nei casi di mal di schiena. Secondo la medicina tradizionale cinese il mal di schiena è dovuto alle seguenti causeinvasione di energia fredda e umida, frequente soprattutto negli uomini di età superiore ai 50 anni. Questo, si caratterizza per sciatalgia, formicolio agli arti inferiori, muscolatura contratta e rigida, limitazione dei movimenti e anche della postura statica, seduta o eretta;

– Stati di Xue, cioè del sangue, che porta dolore lombare, in particolare al mattino o dopo essere stati per lunghe ore sdraiati. Il dolore, fisso e pungente, si può irradiare dal coccige al collo, con conseguenti cefalee e, nelle donne, disturbi legati al ciclo;

– Deficit del Qi di rene, cioè dell’energia vitale del rene, inteso come organo energetico che racchiude la vitalità del corpo. Questo mal di schiena si concentra sopratutto nella parte bassa della schiena, con dolori articolari. La coppettazione agisce su tutte e 3 queste manifestazioni di mal di schiena e sulle relative cause: tramite il calore permette di disperdere l’energia fredda e asciugare quella umida; attraverso lo scollamento, conseguente il vuoto che si crea nelle coppe, smuove il sangue e la circolazione; infine tonifica l’energia vitale agendo sugli agopunti, soprattutto in corrispondenza della zona lombare. La coppettazione deve sempre essere eseguita da personale adeguatamente formato, e non va mai improvvisata. Saper dosare tempo e quantità del vuoto creato è infatti un requisito fondamentale per la riuscita del trattamento.

COPPETTAZIONE: PRATICA E BENEFICI

Una tecnica specifica che aiuta a rimuovere molte tossine e sbloccare anche situazioni complesse: vediamo da vicino la coppettazione della medicina tradizionale cinese. Le tecniche esterne della medicina cinese, ovvero quelle che non includono l’assunzione di erbe o preparati specifici o non contemplano lavori sull’energia interna attraverso il movimento come nel caso del qi gong, abbiamo la coppettazione, insieme al massaggio tui na e alla moxibustione.

Conosciuta anche come cupping, implica una vera e propria aspirazione sulla pelle a livello localetramite coppette, che spesso somigliano a veri e propri contenitori in vetro di yogurt di forma più arrotondata; a volte sono anche tazze di vetro, bambù e ceramica. Viene usato anche in India, Corea e Giappone e a portarlo in occidente fu il medico austriaco Bernard Aschner. L’applicazione di solito ha una durata che va dai 5 ai 20 minuti e non oltre perché crea di fatto uno stimolo molto forte: le coppette vengono applicate sulle cosiddette zone riflesse del corpo. Cosa significa? Che nel nostro corpo le aree della schiena o del piede o del viso ospitano specifici punti che si collegano energicamente a determinati organi interni; così facendo si va ad agire sull’organo interno e sull’apparto che riporta uno stato di disordine generale. Con la coppettazione si vanno a rimuovere “umori” in eccesso e si può trattare di sangue, flemma, bile gialla, bile nera, secondo l’antica tradizione orientale che tanto somiglia a quella “nostra” di Paracelso.

Ci sono due modi per operare: esiste infatti la coppettazione a caldo e la coppettazione a freddo:

  1. nella coppettazione a caldo all’interno della coppetta vengono scaldate delle fiamme: diminuisce così il volume dell’aria e avviene l’aspirazione.
  2. nella coppettazione a freddo si usano campane di vetro con una valvola al loro apice cui si applica un pallone di gomma. L’effetto di queste ultime è generalmente più dolce e lento.

Ricordiamo, comunque, che tutte queste pratiche di antica memoria, con cui molto spesso abbiamo visto intervenire le nostre nonne, devono essere applicate da mani esperte.

 

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25 Marzo 2023 – Redazione

 

La Sardegna è nota per la sua ricchissima macchia mediterranea che presenta numerose piante aromatiche e piante officinali. Molto prospera è l’area della Gallura nella quale è possibile praticare un vero e proprio esercizio dei sensi: provate a chiudere gli occhi e a percepire tutte le essenze olfattive in una vegetazione boschiva a ridosso del mare; o meglio ancora, fatevi condurre da una guida esperta la quale vi sottoporrà bendati una serie di essenze che dovrete riconoscere, e che di conseguenza apprenderete. Profumi inconfondibili e colori che variano a seconda della stagione, vediamo quali sono le più famose erbe aromatiche e piante officinali della Gallura. Intanto specifichiamo che le erbe officinali sono un insieme di piante differenti trasformate dall’uomo tramite lavorazioni con lo scopo di poterne godere delle singole proprietà benefiche. Ogni pianta officinale ha quindi le proprie caratteristiche, nasce e cresce in un determinato habitat, ha i suoi tempi di raccolta ed appunto anche i suoi utilizzi. La Sardegna, e quindi anche la Gallura, è popolata dalla macchia mediterranea, ovvero quell’ecosistema tipico del bacino del Mar Mediterraneo, vegetazione influenzata dal mare e dal clima con estati secche e torride ed inverni miti. Si stima che le specie vegetali autoctone siano circa 2700 posizionando la Sardegna al secondo posto in questa speciale classifica tra le regioni italiane. Alcuni tra questi endemismi, fenomeno per cui alcune specie vegetali sono esclusive di un determinato territorio, sono condivisi ad altre isole del Mediterraneo come la Corsica, la Sicilia e le Baleari.

L’utilità della macchia mediterranea è quella di svolgere una difesa dall’erosione del suolo contribuendo a preservare gli ambienti costieri e quindi il paesaggio.

Fatta questa doverosa premessa, andiamo a vedere assieme le più famose erbe e piante officinali della Gallura.

Piante Officinali in Gallura: le Eccellenze

Se venite in Gallura vi imbattete subito nei forti e caratteristici aromi della macchia mediterranea: è comune infatti sentirsi dire che la Gallura abbia dei profumi inconfondibili e riconoscibili, che si individuano sia come si apre il portellone dell’aereo in Olbia, sia con l’approccio via nave dentro il Golfo di Olbia. E queste bellissime sensazioni diventano più forti con l’inoltrarsi nel paesaggio gallurese, magari della Costa Smeralda, con le spiagge precedute da stupende distese di vegetazione che si avvicinano alla sabbia degli arenili. Arrivare al mare è un preludio meraviglioso grazie alla presenza di ginepri, lavande, lentischi e ginestre ed in primavera ed inizio estate prevale il colore giallo ed il verde intenso, che va a schiarire con l’arrivo dei mesi più caldi. Ma abbiamo anche il bianco e il rosa dei cisti e delle eriche, il rosso dell’euforbia e l’azzurro del rosmarino. Ma le piante ed erbe officinali in Gallura, oltre ad avere la loro utilità all’interno della macchia mediterranea preservandone le coste ed i paesaggi, ed oltre ad essere una parte integrante nella bellezza dell’ecosistema, svolgono anche un ruolo di protagonista nella cultura popolare e sono utilizzate per scopi curativi e anche per realizzare manufatti. Le piante officinali che troviamo in Gallura sono in ordine alfabetico: alloro, cappero, caprifoglio mediterraneo, cisto, erica, euforbia, ginepro, ginestra, lentisco, mirto, oleandro, olivastro, rosmarino, palma nana e pungitopo. Mentre l’erboristeria officinale più famosa in Sardegna si trova proprio in Gallura, precisamente a Luogosanto, nella Strada Provinciale 14 Arzachena Luogosanto Balaiana, e si chiama Erboristeria Officinale Sub Moloc Sardegna: lo slogan dell’erboristeria è “l’erboristeria come atto agricolo, coltiviamo, raccogliamo, traformiamo piante officinali dal 1980”. E dopo questa panoramica, siamo pronti ad addentrarci nel conoscere le erbe officinali più famose della Gallura.

Elicriso

Caratteristico della macchia mediterranea, è abbondante nelle zone aride in prossimità del mare, e nei luoghi rocciosi e pietrosi. In Gallura fiorisce in aprile-maggio e si presenta con base lignificata e di altezza intorno ai 30-50 cm con fiori profumati di colore giallo oro molto aromatici. Già apprezzata in epoca romanica e nel Medioevo in quanto pianta aromatica, i diversi preparati di elicriso possono trovare impiego nelle malattie respiratorie, reumatiche e per curare le ustioni. Le foglie in cucina si utilizzano per aromatizzare i cibi e a scopo ornamentale.

Finocchietto selvatico

Il finocchietto selvatico è un arbusto erbaceo spontaneo della macchia mediterranea, appartenente alla famiglia delle ombrellifere, è rinomato per le sue proprietà aromatiche e per questo molto utilizzato in cucina. La pianta si compone di un fusto ramificato che può arrivare anche a 2 metri, foglie filiformi verdi e fiori gialli disposti a ombrello. Si adatta a terreni aridi esposti al sole e riparati dal vento, mentre non sopravvive in caso di gelate. Si utilizza in cucina per aromatizzare ragù e formaggi e dalle foglie macerate nell’alcool puro si può ricavare un buonissimo liquore. Le proprietà fitoterapiche del finocchietto sono digestive, antisettiche e antispasmodiche.

Mirto

Il mirto è probabilmente la pianta più famosa simbolo della Sardegna per via del rinomato liquore che si ricava. Ed il mirto cresce in grande abbondanza in tutta la Sardegna ed in tutta la Gallura. I cespugli di mirto hanno foglie profumatissime e bacche violacee o nero-bluastre ed il suo arbusto può raggiungere anche 3-5 metri di altezza. Durante il periodo estivo la pianta produce fiori bianchi con 5 petali dai quali si produce anche un miele che ha proprietà antibatteriche. Sin dal Medioevo il mirto è stato usato per scopi ornamentali, culinari e terapeutici; il suo olio essenziale ha proprietà antisettiche e balsamiche, infatti in fitoterapia la pianta è usata come sedativo in caso di bronchite. Grazie alla sua azione tonica è utilizzato anche come ingrediente di creme cosmetiche.

Timo

Il timo è una pianta mediterranea che nasce spontaneamente con fusto legnoso di 10-30 cm di altezza e ramificazioni con foglie verde-grigio e che fiorisce nei mesi primaverili e in prima estate. I fiori e le foglie del timo contengono un principio attivo con proprietà digestive, lassative, antisettiche e antinfiammatorie. In cucina accompagna minestre, carni, sughi e salse, e specialmente con le patate al forno. All’olio essenziale del timo vengono attribuite proprietà antibatteriche che sono un perfetto alleato per dermatiti e disinfettare punture di insetto. In Gallura si trova principalmente nel monte Limbara.

Alloro

L’alloro è una pianta spontanea che si trova nelle campagne galluresi e sarde, ed è un albero sempreverde con foglie ovali e lucide. Le sue bacche e le sue foglie in particolare si possono raccogliere tutto l’anno ma risultano ricche di proprietà benefiche in particolare se raccolte in inverno ed all’inizio della primavera. L’alloro viene utilizzato prevalentemente in cucina, è ricco di proprietà antisettiche, antiossidanti, antidigestive e antitumorali; le sue foglie sono anche fonte di vitamina C, quindi è un efficace antiossidante che contrasta l’azione dei radicali liberi. Utilizzate fresche, le foglie di alloro hanno un elevato contenuto di acido folico, fondamentale nel periodo di gravidanza, e sono una fonte anche di vitamina A, indispensabile per la salute della vista e della pelle. L’alloro può essere utilizzato come infuso di foglie, per contrastare bronchiti e influenze, infuso di bacche, per disturbi circolatori, decotto di bacche, per contrastare i sudori estivi, ed in cucina accompagna piatti a base di carne.

Corbezzolo

Il corbezzolo dona un tocco di colore riconoscibile nella macchia mediterranea grazie alle piccole bacche di colorazione gialla o rossa nel periodo autunnale a seconda del grado di maturazione. Ma il corbezzolo non ha solo frutti rossi o gialli, ma ha anche foglie verdi e fiori bianchi; l’arbusto è sempreverde e fiori e frutti possono essere contemporanei. I frutti del corbezzolo sono utilizzati nella cucina gallurese e sarda per la produzione di mieli, confetture e dolci, oltre che per la produzione di grappe, liquori e vini. Al corbezzolo sono riconosciute proprietà emollienti utili per regolarizzare le funzioni intestinali ed hanno azione antiossidante e antinfiammatoria. Le foglie e le radici del corbezzolo possono essere utilizzate nella preparazione di tisane e decotti.

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25 Marzo 2023 – Redazione

 

Lo sciroppo d’acero è un liquido dolce, vischioso e appiccicoso, ottenuto incidendo il tronco degli aceri (alberi del Genere Acerum). La linfa dolce che fuoriesce da queste incisioni contiene dal 2 al 5% di saccarosio; dopo la raccolta, viene quindi bollita lungamente per far evaporare gran parte dell’acqua concentrando lo sciroppo.

Da un albero di media grandezza si possono ottenere circa 3 kg di zucchero. Gli alberi prevalentemente utilizzati per l’estrazione dello sciroppo (acero da zucchero – A. saccharum – acero rosso – A. rubrum – acero nero – A. nigrum) crescono abbondantemente in alcune regioni situate a cavallo tra Canada e Stati Uniti; non a caso, lo sciroppo d’acero, reperibile nei supermercati più forniti o in erboristeria, è una specialità tipicamente canadese.
Nota: altre specie di acero utilizzate per la produzione di sciroppo sono: acero Manitoba (A. negundo), acero d’argento (A. saccharinum – da non confondere con il saccharum) e acero dell’Oregon (A. macrophyllum).Sciroppi simili si possono ricavare anche da betulle o palme.

Sostituto naturale dello zucchero

Lo sciroppo d’acero rappresenta una delle tante alternative naturali allo zucchero raffinato. Rispetto a quest’ultimo, vanta un potere caloriconettamente inferiore; un cucchiaino da 10 grammi apporta infatti 26 kcal, contro le 39 di un’analoga quantità di saccarosio.
Il potere energetico dello sciroppo d’acero non è quindi trascurabile, ma risparmiare qualche caloria senza ricorrere ai dolcificanti artificiali (i cui effetti cumulativi a lungo termine sono, per certi versi, ancora da chiarire), è già una buona cosa, ovviamente, a patto che non si raddoppino le dosi.
Particolarmente apprezzato da chi segue un’alimentazione naturista, lo sciroppo d’acero (il famoso “maple syrup“) è tradizionalmente impiegato nella preparazione di bevande o per insaporire torte, ciambelle, dessert e piatti vari, come i famosi pancake, gli waffles, il porridge, toast, fiocchi d’avena ecc.
Molti esperti di cucina ne elogiano il sapore definendolo “unico”, anche se la chimica responsabile di queste caratteristiche non è ancora del tutto compresa.

Cenni storici e commerciali

I primi a utilizzare lo sciroppo d’acero furono i nativi americani del continente settentrionale. Successivamente, i coloni europei si appropriarono del sistema, affinando il metodo di produzione grazie a diversi accorgimenti tecnologici.
La provincia canadese di Quebec è la zona di maggior produzione di sciroppo d’acero, dove si raccoglie fino al 70% della quota mondiale.

Nel 2016 l’esportazione canadese è stata di circa 360 milioni di dollari americani (90% dal Quebec). In America, lo stato che produce più sciroppo d’acero è il Vermont (genera circa il 6% dell’offerta globale).

Quanti tipi di sciroppo d’acero esistono?

Secondo la legislazione canadese, per qualificarsi come tale, lo sciroppo d’acero dev’essere prodotto esclusivamente dall’A. saccharum e deve contenere almeno il 66% di zucchero (saccarosio).
Grazie all’organizzazione “International Maple Syrup Institute” (IMSI), in accordo tra Canada, Stati Uniti e Vermont, lo sciroppo d’acero viene differenziato in base alla densità e alla traslucenza.
Le più recenti norme sulla classificazione dello sciroppo d’acero prevedono:

  • Grado A
    • Colore dorato e sapore delicato
    • Colore ambrato e sapore ricco
    • Colore scuro e sapore robusto
    • Colore molto scuro e sapore forte
  • Grado di “elaborazione”
  • Scadente.

Come avviene la produzione di sciroppo d’acero?

L’estrazione dello sciroppo d’acero non avviene tutto l’anno. E’ invece necessario rispettare il ciclo biologico dell’albero e attendere il momento in cui produce lo xilema dolce.
In preparazione alla stagione fredda, l’acero produce e accumula amidoall’interno delle radici e del tronco. Dalla fine dell’inverno e fino in primavera (stagione di raccolta), l’acero converte l’amido in zucchero e, grazie allo xilema, lo trasporta a tutti i distretti della pianta. Alcuni produttori estraggono una piccola quantità di sciroppo anche in autunno.
Gli aceri vengono utilizzati per l’estrazione dello sciroppo a un’età di 30-40 anni e fino a 100. Ogni pianta può supportare da 1 a 3 rubinetti (a seconda del tronco), che vengono impiantati nella corteccia per far defluire lo sciroppo.

Un albero medio produce fino a 12 litri di linfa dolce al giorno (7% della linfa totale in esso contenuta), quindi da 35 a 50 litri per stagione (che dura circa 4-8 settimane).

Lo sciroppo viene estratto di giorno poiché l’abbassamento delle temperature inibisce il flusso del liquido vischioso.

Caratteristiche nutrizionali dello sciroppo d’acero

Oltre a vantare un potere calorico nettamente inferiore rispetto a quello dello zucchero, lo sciroppo d’acero è anche una buona fonte di minerali. Questa è la ragione principale per cui in molti lo preferiscono ad altri sciroppi o allo zucchero semplice.
Lo sciroppo d’acero è costituito principalmente da saccarosio e acqua; sono presenti piccole quantità di glucosio e fruttosio residue dall’idrolisi del saccarosio durante il processo di ebollizione.
Lo sciroppo d’acero fornisce circa 260 kcal per 100 g; contiene il 32% d’acqua e il 67% di carboidrati (90% disaccaridi e monosaccaridi). Proteine, grassi e fibresono assenti o irrilevanti; è presente una certa quantità di amminoacidi liberi.
Per quel che concerne i minerali, lo sciroppo d’acero è considerato una buona fonte di manganese, ma si evincono anche quantità soddisfacenti di zinco, calcio e ferro. In merito alle vitamine, si apprezza un discreto livello di riboflavina (vitamina B2).
Lo sciroppo d’acero contiene un’ampia varietà di composti organici volatili, tra cui la vanillina, l’idrossibutanone e il propionaldeide. Assieme al furanone d’acero, al furanone di fragole e al maltolo, questi composti contribuiscono alla struttura organolettica e gustativa tipica dello sciroppo d’acero. In tutto, i sapori identificati nell’alimento appartengono a 13 famiglie: vaniglia, empireumatico (bruciato), latteo, fruttato, floreale, speziato, deteriorato, acero, confetto, piante-hummuscereali, erbaceo e ligneo.
Recentemente sono stati identificati anche nuovi composti come il quebecolo, un elemento fenolico naturale originato dalla bollitura dello sciroppo d’acero.

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24 Marzo 2023 – Redazione

 

Nonostante il grande consumo di alimenti surgelati rimane ancora il dubbio se le proprietà nutritive, dopo la surgelazione, si deteriorino o rimangano per quantità e qualità come nel prodotto fresco. Il dubbio è legittimo e probabilmente nasce dall’idea che si ha della surgelazione associata alla lavorazione industriale che, nel caso degli alimenti, è spesso collegata a manipolazione e poca genuinità.
Se per nutrienti intendiamo macronutrienti quali carboidrati , proteine e grassi , e micronutrienti quali vitamine e minerali , la loro surgelazione non modifica sostanzialmente la qualità e l’efficacia nutritiva. Consumare surgelati garantisce la conservazione e l’integrità di molti nutrienti, ma non sempre il prodotto mantiene il sapore, le caratteristiche dell’alimento originale e le proprietà nutritive non sempre sono simili al prodotto fresco, dipende dall’alimento, anche perché ogni tipo di“trasformazione” , compresa la cottura casalinga, produce un cambiamento .

Si definisce surgelato un alimento che viene portato ad una temperatura minima di -18° in tempi molto rapidi , da non confondere con la congelazione che raggiunge temperature di
-15° in tempi più lunghi . L’abbassamento rapido della temperatura è uno degli elementi che fa della surgelazione il miglior sistema di conservazione in uso oggi. L’acqua presente in ogni tipo di alimento forma cristalli di ghiaccio minuscoli che non causano lesioni rilevanti alle cellule e quindi non modificano la struttura chimica dei nutrienti nella maggioranza dei casi. Se le cellule sono state danneggiate durante lo scongelamento si ha una fuoriuscita di liquido tipico dei prodotti congelati, se quest’effetto si nota anche nei surgelati è possibile che la surgelazione non sia stata effettuata correttamente o l’alimento abbia subito danni di conservazione nella catena del freddo. Con la surgelazione si blocca la produzione di batteri e di enzimi che a temperature normali provocherebbe la decomposizione dell’alimento dovuta al fatto che queste sostanze si moltiplicano in presenza di acqua e ossigeno, per questo in passato e ancora oggi, un altro ottimo sistema di conservazione per taluni alimenti è l’essicazione. Al momento dell’acquisto le confezioni dei surgelati devono essere integre e si deve controllare la data di scadenza, si possono conservare in casa solo se si ha un congelatore che arrivi a -18° oppure dovrà essere conservato per un tempo consentito dalla temperatura dell’apparecchio. Gli alimenti surgelati hanno un valore nutritivo simile a quelli originali e possono essere inseriti nellacorretta alimentazione quotidiana.

Dal momento della raccolta la verdura inizia a subire processi di ossidazione che possono modificarne il potere nutritivo, questo accade anche se viene conservata in frigorifero. La verdura conservata nel magazzino di raccolta o nel supermercato, ma anche nel frigorifero di casa, subisce delle modificazioni; secondo l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) una buona surgelazione avviene quando il prodotto si surgela da fresco appena raccolto perché la conservazione in frigo di soli 3 giorni provoca la diminuzione di alcuni micronutrienti come la vitamina C: i carciofi ne perdono il 30% , i broccoli l’80% così come gli asparagi, gli spinaci ne perdono il 75% in soli 2 giorni .
Quindi una buona e corretta surgelazione dovrebbe avvenire subito dopo la raccolta senza che il prodotto sia conservato anche per poco tempo. Nella regolamentazione attuale delle etichette non è obbligatorio definire il tempo che passa dalla raccolta alla surgelazione, quindi il consumatore non può determinare quanti nutrienti siano ancora rimasti integri. In alcuni casi la verdura è lavorata e surgelata vicino al luogo della raccolta e/o conservata per pochissimo tempo prima della surgelazione, nonostante ciò non tutte le verdure mantengono anche il “sapore” di quando erano fresche , gli spinaci o quelle in foglia mantengono il sapore più delle altre così come quelle tagliate a cubetti che si usano per fare i minestroni. In ogni caso vista l’importanza della verdura nell’alimentazione è bene che sia mangiata surgelata piuttosto che non mangiarne 2 porzioni al giorno come si dovrebbe, perché sicuramente l’apporto di fibra e di alcuni antiossidanti resta importante.

Date le loro piccole dimensioni il freddo arriva al centro dei legumi molto rapidamente così da farne un ottimo alimento una volta scongelato. Il sapore però non è paragonabile al prodotto fresco, anche se è certamente più vicino all’originale di quelli in scatola che contengono sale per la conservazione. Il legume surgelato ha il vantaggio di essere più pratico anche di quello secco che pur si mantiene in ottime condizioni se non viene conservato in ambienti umidi, ma richiede parecchie ore per rinvenire. Anche per ilegumi il valore nutrizionale dei surgelati dipende dal tempo trascorso tra la raccolta e la surgelazione che mantiene inalterate le proteine e i minerali, mentre permangono solo le vitamine presenti nell’alimento al momento della surgelazione .

Solo alcuni tipi di frutta che hanno piccole dimensioni  mantengono le loro caratteristiche una volta scongelati, in particolare i frutti di bosco e le fragole. Altri tipi di frutta perdono consistenza: pere, mele, uva, cocomero, mentre pesche e banane si ossidano e scuriscono. Anche per la frutta il valore nutrizionale di quella surgelata dipende dal tempo trascorso tra la raccolta e la surgelazione così, mentre lo zucchero (fruttosio) e i minerali rimangono inalterati, le vitamine saranno solo quelle presenti nell’alimento al momento della surgelazione. I frutti piccoli possono perdere liquido durante lo scongelamento, anche se sono stati surgelati bene, perdendo così zucchero, vitamine e minerali, meglio quindi consumare i frutti con il proprio liquido e rapidamente dopo lo scongelamento perché alcune vitamine si possono ossidare e quindi andare perdute.

PESCE

Con la surgelazione i nutrienti del pesce si mantengono per lunghi periodi, variabili a seconda della specie e della taglia, i pesci piatticome la sogliola e i tranci o il pescato lavorato pronto da cucinare si conservano più a lungo. I nutrienti importanti del pesce quali: proteine essenziali ad alto valore biologico, grassi polinsaturi come gli omega 3 , minerali e alcune vitamine liposolubili come la A e la D restano sostanzialmente inalterati. I pesci grassi come il salmone o lo sgombro hanno una data di scadenza inferiore alle altre specie a causa dell’alto contenuto di acidi grassi polinsaturi perché se conservati oltre 4/6 mesi possono irrancidire.
Il merluzzo è un pesce con ottime caratteristiche nutritive, compreso gli omega 3 e le vitamine A e D, è molto adatto ad essere surgelato, intero in taglia piccola, a filetti o lavorato pronto per essere cucinato, mantiene pressoché inalterati i suoi nutrienti. Anche icrostacei, cefalopodi e molluschi si prestano bene ad essere surgelati perché oltre ad essere molto pratici, mantengono pressoché inalterati i loro nutrienti. Per i precotti il mantenimento delle proprietà nutritive dipende dalla cottura, mediamente le proteine e i grassi rimangono invariati.

CARNE

La carne surgelata non è molto diffusa, l’alimento ha solitamente una filiera corta e viene conservato bene anche sottovuoto nellacatena del freddo intorno ai 5° . Anche per la carne si conservano meglio i tagli piccoli a spessore basso, in quanto il freddo raggiunge rapidamente il centro dell’alimento bloccando il deperimento di tutti i nutrienti comprese le proteine ad alto valore biologico. Quando si acquista la carne surgelata è bene sceglierequella magra e con meno grasso visibile (anche per la carne il grasso è il nutriente che si conserva meno a lungo) ben separata: fettine, spezzatino, tranci o quarti di pollo sono anche più pratici perché si scongelano rapidamente rispetto a tagli grossi o animali interi come un tacchino. I nutrienti essenziali della carne come le proteine e il ferro non subiscono modificazioni con la surgelazione.

SCONGELAMENTO

Il consiglio di non ricongelare o risurgelare carne o pesce, o preparazioni alimentari, va osservato. Alcuni alimenti come i cefalopodi o i crostacei, vengono surgelati subito dopo la pesca, poi scongelati e risurgelati più volte per essere mondati, preparati e per dividere le confezioni grandi in più piccole. Queste lavorazioni però vengono fatte in ambienti molto protetti e con attrezzature che garantiscono, almeno dovrebbero, che l’alimento scongelato non venga a contatto con batteri prima di essere risurgelato. In casa è possibile che l’alimento possa essere contaminato e che alcuni batteri possano sopravvivere al ricongelamento per ricomparire la volta successiva. Per questa ragione è bene acquistare confezioni proporzionate a quello che si vuole mangiare, cuocere tutto l’alimento ed eventualmente conservarlo a dovere una volta cotto.

 

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