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05 Maggio 2022 – Redazione

 

UN GIORGIO GABER TARGATO ANNI ‘70 CHE AVEVA GIÀ CAPITO TUTTO NELLA SUA STREPITOSA LUNGIMIRANZA. IN QUESTO SKETCH TELEVISIVO UN’ ANALISI PUNGENTE DEL PIANETA AMERICA E DELLE SUE CONTRADDIZIONI ⤵️

https://youtu.be/fblWxEfclyQ

A noi ci hanno insegnato tutti gli americani

Se non c’erano gli americani, a quest’ora noi eravamo europei

Vecchi, pesanti, sempre pensierosi

Con gli abiti grigi e i taxi ancora neri

Non c’è popolo che sia pieno di spunti nuovi come gli americani, e generosi

Gli americani non prendono mai, dànno, dànno

Non c’è popolo più buono degli americani

I tedeschi sono cattivi

È per questo che le guerre gli vengono male

Ma non stanno mai fermi, ci riprovano

Ci hanno il diavolo che li spinge: dai, dai

Intanto dio fa il tifo per gli americani

E secondo me ci influisce

Non è mica uno scalmanato qualsiasi, dio, ci influisce

E il diavolo si incazza. Stupido, prende sempre i cavalli cattivi

Già, ma non può tenere per gli americani

Per loro le guerre sono una missione

Non le hanno mai fatte per prendere, per dare

C’è sempre un premio per chi perde la guerra

Quasi, quasi conviene:

“Congratulazioni, lei ha perso ancora!…” E giù camion di caffè

A loro gli basta regalare

Una volta gli invasori si prendevano tutto del popolo vinto

Donne, religione, scienza, cultura

Loro, no

Non sono capaci

Uno vince la guerra, conquista l’Europa e trova lì una lampada Liberty

Che fa? Il saccheggio è ammesso, la fa sua, no

Civilizzano loro, è una passione

E te ne mettono lì una al quarzo: tutto bianco

E l’Europa, con le sue lucine colorate

I suoi fiumi, le sue tradizioni, i violini, i valzer

E poi luce, e neon, e colori, e vita

E poi ponti, autostrade, grattacieli, aerei, chewin gum

Non c’è popolo più stupido degli americani

Strangers in the night

Exchanging glances, wond’ring in the night

What were the chances, we’d be-

La cultura non li ha mai intaccati

Volutamente. Sì

Perché hanno ragione di diffidare della nostra cultura

Vecchia, elaborata, contorta

Certo, più semplicità, più immediatezza

Loro creano così. Come cagare

A whop bopa-a-lu a whomp bam boo

Tutti-frutti, oh Rudy

Tutti-frutti, oh Rudy

Non c’è popolo più creativo degli americani

Ogni anno ti buttano lì un film, bello, bellissimo

Ma guai se manca un po’ di superficialità necessaria

Sotto sotto c’è sempre un po’ il western

Anche nei manicomi riescono a metterci gli Indiani

È questa è coerenza

Gli americani hanno le idee chiare sui buoni e sui cattivi

Chiarissime, non per teoria, per esperienza

I buoni sono loro

E ti regalano une scatole di sigari, cassette di whisky

Navi, sapone, libertà, computer, abiti usati squali

A me l’America non mi fa niente bene

Troppa libertà, bisogna che glielo dica al dottore

A me l’America mi fa venir voglia di un dittatore

Sì, di un dittatore. Almeno si vede, si riconosce

Non ho mai visto qualcosa che sgretola l’individuo come quella libertà lì

Nemmeno una malattia ti mangia così bene dal di dentro

Come sono geniali gli americani

Te la mettono lì, la libertà è alla portata di tutti, come la chitarra

Ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole la libertà

 

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30 Aprile 2022 – Redazione – Fonte: Nicola Porro

A L’Aria che tira Vladislav Maistrouk e Maria Giovanna Maglie non se le mandano a dire

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https://www.la7.it/laria-che-tira/video/durissimo-scontro-tra-maria-giovanna-maglie-e-vladislav-maistrouk-sei-pazzo-ringrazia-il-cielo-che-29-04-2022-436097

Lite di fuoco a L’Aria che Tira tra il giornalista ucraino Vladislav Maistrouk e Maria Giovanna Maglie. Tema del contendere, come ovvio, la guerra in Ucraina. E per la precisione l’opportunità o meno di trattare con Vladimir Putin una pace, o una resa che dir si voglia, di Kiev. Combattere o fermare la guerra, perdendo però dei territori?

A iniziare le ostilità è il giornalista ucraino che apostrofa la collega Maglie con il titolo, poco accademico, di “propagandista italiana”. “Dicessero a Putin di smettere di sparare e non agli ucraini di smettere di chiedere armi”, attacca Maistrouk. Replica la Maglie: “Ci sono persone, caro amico ucraino, che hanno la capacità di rendere antipatiche le loro cause, anche quando sono le più importanti e le più nobili. E tu sei tra costoro, per il modo arrogante che hai di dire le cose”.

Il resto viene da sé. “Io non voglio essere simpatico a lei, non me ne frega niente”, dice il cronista ucraino. “Cosa credi che la gente voglia fare il negoziato senza Putin – replica Maglie – Che discorsi fai? È che chiaro che i negoziati si fanno con Putin”. Posizione che fa scattare le ire di Maistrouk: “Siete soltanto dei chiacchieroni! Quando vi viene chiesto cosa proponente, non dite mai niente di niente. Dite ‘vogliamo la pace’, ma noi ucraini siamo i primi a volere la pace perché siamo noi a morire. Sta parlando a vanvera signora”.

Il giornalista ucraino, tra le altre cose, ricorda anche una collega morta sotto le bombe russe. Ma ormai a tenere banco è la diatriba con la Maglie. “Non voglio esprimermi riguardo alla signora”, dice Maistrouk. “È meglio che tu non ti esprima. – replica Maglie – Ringrazia il cielo che sei lontano, perché due schiaffoni non te li levava nessuno. Ma fammi il piacere, imbecille”.

Il tentativo di dialogare a quel punto è tramontato del tutto, tra accuse reciproche e toni ormai alle stelle (anche da un punto di vista strettamente acustico). Infervorato con l’interlocutrice, a un tratto Maistrouk ha dato l’impressione di volersi trattenere. “Non voglio esprimermi riguardo alla signora…“, ha annotato. E la Maglie, implacabile: “È meglio che tu non ti esprima. Ringrazia il cielo che sei lontano, perché due schiaffoni non te li levava nessuno. Ma fammi il piacere, imbecille!“. E quando Maistrouk critica Myrta Merlino per aver invitato due “propagandisti italiani” in studio, ovvero Maglie e Borgonovo, la giornalista conclude stizzita: “Tu sei pazzo, non stai bene”.

 

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24 Aprile 2022 – Redazione

Il conduttore sbotta in tv dopo aver riascoltato l’aut aut del premier su pace e condizionatori. “Era una provocazione? I banchieri a volte perdono il contatto con la realtà”.

Preferite la pace o il condizionatore d’aria acceso?“. Il singolare aut aut posto dal premier Mario Draghi in riferimento ai risvolti energetici della crisi ucraina continua a far discutere. E a infastidire. All’udire per l’ennesima volta quell’infelice uscita, ieri sera Paolo Del Debbio non ha nascosto il proprio disappunto. Nel corso del proprio programma, Dritto e Rovescio, il padrone di casa ha infatti reagito con stizza dopo aver risentito il dilemma draghiano in un servizio giornalistico nel quale, peraltro, venivano anche raccontate le difficoltà degli italiani per le bollette alle stelle.

Lo chiedo ufficialmente alla redazione: non mi fate più vedere questa frase di Draghi sul condizionatore. È offensiva nei confronti degli italiani, non ha senso“, ha affermato Del Debbio al termine del filmato che, in un frame, riproponeva proprio le divisive dichiarazioni del premier.Non me la fate più vedere, mi fa schifo! Va bene? Quindi vi prego, evitatemela“,ha ribadito il conduttore. La sfuriata a quel punto sembrava essersi esaurita, ma non è stato così.

Intervenendo nel dibattito, infatti, la giornalista Claudia Fusani ha commentato:

Era semplicemente una provocazione, quella frase. E infatti ora c’è un decreto…“.

Parole che non hanno affatto convinto Del Debbio, il quale anzi è tornato a bacchettare il premier con severità. Dopo due anni di Covid e ora la guerra, le provocazioni se le tiene a casa sua i signor Draghi. San Draghi! Abbia un po’ di rispetto per la popolazione. I banchieri a volte perdono il contatto con la realtàha esclamato il professore.

Nel servizio trasmesso poco prima, l’inviato del programma di Rete4 aveva raccontato i sacrifici di una famiglia italiana numerosa per far fronte ai rincari sull’energia. Una situazione che era stata accostata proprio alle parole del premier. Da lì, la reazione infastidita del conduttore, arrivata a pochi giorni dal via libera alla stretta sui condizionatori prevista dal 1°maggio.

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23 Aprile 2022 – Redazione

COME NOSTRA CONSUETUDINE PUBBLICHIAMO LE NOTIZIE IN MANIERA ASCIUTTA, MA NON POSSIAMO NON ACCOMPAGNARLE DA COMMENTI AL FULMICOTONE, PER COME IL MAINSTREAM, ORMAI ALLA CANNA DEL GAS, LE MANIPOLA INCRESCIOSAMENTE SENZA RENDERSI CONTO CHE, CHI LEGGE O GUARDA LA TV, NON È SEMPRE IDIOTA E TANTOMENO RINCITRULLITO.
CARI COLLEGHI SUDICI E COLLUSI FINO AL MIDOLLO (E MI DISPIACE CHIAMARVI COLLEGHI ), PERCHÈ GIORNALISTI COME VOI ROVINANO E METTONO IN CATTIVA LUCE PROFESSIONISTI COME ME, CHE DEVONO LOTTARE E FARSI UN GRANDE “MAZZO” QUOTIDIANAMENTE, PER COLPA DI CRETINI E MARCI DENTRO, COME VOI.

HO VISSUTO PER ANNI ALL’INTERNO DI QUELLE REDAZIONI TANTO DECANTATE QUANTO VOMITEVOLI, E POSSO DIRVI CHE CHI CONDUCE QUESTE SCHIFOSISSIME TRASMISSIONI E’ SOLO IL CENTRAVANTI DI UNA REGIA DI CENTROCAMPO DI CUI ACCETTA QUALSIASI AZIONE DI GIOCO!

VEDI FORMIGLI!!!!! PER QUESTO VI CHIAMERÒ GIORNALAI, VENDUTI AL MIGLIOR OFFERENTE, SENZA DIGNITÀ E AMOR PROPRIO. Il VENTO STA CAMBIANDO, E CHI DICE DI NO È UN MINUS HABENS!

DOPO TUTTO QUESTO PROVATE A RICICLARVI……..MA ANDANDO A LAVORARE NELLE MINIERE DEL CONGO PER 4 DOLLARI AL MESE! SIETE LA ROVINA DELLA SOCIETÀ BUONA E PULITA!

SPARITE INSIEME ALLE VOSTRE DELIRANTI BUGIE!!!!!!

MARZIA MC CHIOCCHI

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“L’immagine – scrive Facta – è stata realizzata nel 2015 per illustrare il «mondo sotterraneo» di un gioco da tavolo chiamato Blackout, poi mai realizzato a causa del fallimento della campagna di crowdfunding (l’autore Richard T. Broadwater era riuscito a raccogliere appena 14 mila dei 50 mila euro necessari per la produzione)”.
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19 Aprile 2022 – Redazione – Fonte: Today.it

Se ne parla ormai da qualche giorno. L’importo del canone Rai dovrebbe presto sparire dalla bolletta della luce. Il condizionale è ancora d’obbligo, ma ha ricevuto la scorsa settimana il via libera un ordine del giorno presentato da Maria Laura Paxia (Misto) al decreto energia approvato alla Camera. L’ordine del giorno è stato prima accettato dal governo come raccomandazione e poi accolto con riformulazione, ovvero senza dover essere messo ai voti.

Le ipotesi per pagarlo in altro modo (perché in qualche modo lo si pagherà comunque) vanno dal trasformare il canone Rai in una tassa sulla casa (come in Francia) o in una tassa sull’auto (come in Israele). Oppure affidare la riscossione dell’imposta tv ad agguerrite società di recupero crediti (come nel Regno Unito o in Svizzera). L’Unione europea chiede all’Italia di eliminare il canone dalla bolletta elettrica perché considera questa voce come un intruso. L’Ue ha definito il canone della tv come un onere improprio, in quanto non legato ai consumi di elettricità. E l’esecutivo è orientato ad accontentare l’Ue. Impossibile però tornare al vecchio sistema, quando si chiedeva di pagare “volontariamente”: il tracollo della Rai sarebbe quasi certo in tal caso. L’evasione in passato sfiorava il 30 per cento, nelle casse della Rai mancavano centinaia di milioni di euro ogni anno.

Si guarda con attenzione alla Francia, dove il canone televisivo viene pagato come tassa aggiuntiva sulla prima casa, con versamento tra il 15 e il 25 novembre di ogni anno. L’importo è 138 euro (contro i 90 dell’Italia). In concreto, nota oggi Repubblica, in Italia l’imposta televisiva diventerebbe una voce del 730. La soluzione al rebus canone in ogni caso non arriverà a stretto giro di posta, ma è sin da oggi facile ipotizzare che il tema sarà uno dei più dibattuti in vista della prossima Legge di Bilancio, quando mancheranno pochi mesi alle elezioni politiche del 2023 e si sarà di fatto in piena campagna elettorale.

Altra strada percorribile è quella che hanno intrapreso Svezia, Norvegia, Finlandia, Belgio, Olanda, Spagna. Ovvero: canone addio. Più semplicemente, lo Stato decide quanti soldi siano necessari alle reti pubbliche e glieli assegna direttamente. Sempre soldi pubblici sono, ma la percezione è diversa. In Italia, la Rai sarebbe destinataria di un assegno statale di 1.630 milioni, euro più euro meno.
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18 Aprile 2022 – Redazione

E’ morta a 77 anni Catherine Spaak. Nata in Francia da una famiglia belga, aveva conosciuto il successo in Italia come attrice, cantante, conduttrice televisiva e ballerina. Malata da tempo, era ricoverata in una clinica di Roma. Due anni fa era stata colpita da un’emorragia cerebrale. Per il ministro della Cultura, Dario Franceschini, se ne va “un’artista poliedrica, colta ed elegante che nel nostro Paese ha trovato una casa che l’ha accolta e amata”.

Dal grande al piccolo schermoLa sua fama è esplosa in Italia negli anni Sessanta e Settanta: ha recitato, tra gli altri, in film come “Il sorpasso” e “La voglia matta”, dove interpretava una spregiudicata adolescente. In tv è stata per 15 stagioni al timone di “Harem” su Rai3 e, all’inizio degli anni Ottanta, è stata la prima conduttrice di “Forum”. Ha anche partecipato a “Ballando con le stelle” all'”Isola dei Famosi”.

Nel corso del suo lungo percorso cinematografico la Spaak ha lavorato con alcuni dei più grandi regista della nostra commedia, da Mario Monicelli (“L’armata Brancaleone”) a Dino Risi (“Il sorpasso”), da Luciano Salce (“La voglia matta”) a Nanni Loy (“Made in Italy”), da Luigi Comencini (“La bugiarda”) fino al più recente Paolo Virzì (“I più grandi di tutti”). Ma a lei si sono affidati altri mostri sacri come Alberto Lattuada, Marco Ferreri, Dario Argento, Damiano Damiani, Roger Vadim e l’elenco sarebbe ancora lungo.

Il matrimonio con Johnny Dorelli Anche la sua vita privata è finita spesso all’onore delle cronache: quattro matrimoni, il primo nel 1963, giovanissima, durato pochi mesi con Fabrizio Capucci. Il secondo il più celebre, con Johnny Dorelli, durato 15 anni e dal quale ha avuto un figlio, Gabriele. Nel 1993 le terze nozze con l’architetto Daniel Rey, durate 17 anni, poi la relazione con Vladimiro Tuselli, di 18 anni più giovane di lei.

Nel 2020 la rivelazione sul suo stato di saluteA settembre 2020, durante la promozione televisiva del suo nuovo film “La vacanza”, aveva raccontato dei suoi problemi di salute. “Non provo nessuna vergogna a parlarne. Tante persone che hanno problemi di salute tendono a nasconderlo. Sei mesi fa ho avuto un’emorragia cerebrale e, successivamente, delle crisi epilettiche dovute alla cicatrice”. “Un’emorragia non fa piacere a nessuno – aveva detto -, ma oggi qui con il sorriso, con la capacità di ragionare e di parlare, ma anche di ribellarmi. Non ho perso la mia grinta e il mio coraggio. Dico a tutti che si va avanti”.

L’omaggio dei colleghi Classe, garbo, eleganza, talento, fascino aristocratico: così colleghi e fan ricordano Catherine Spaak. “Gentile e garbata, per me con il suo ‘harem’, una musa ispiratrice. Mi dispiace moltissimo”, scrive Simona Ventura. “Libera, affascinante, misteriosa, discreta… ciao Catherine Spaak”, è il ricordo di Antonella Clerici.

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16 Aprile 2022 – Redazione

Diecimila persone al Colosseo, una donna russa e una ucraina portano insieme la croce. Cambiato il testo della XIII stazione.

Diecimila persone per la Via Crucis con Papa Francesco al Colosseo. Una folla immensa per l’evento che tornava accessibile ai fedeli dopo i due anni di restrizioni dovute al Covid.  Da Roma Bergoglio è tornato a invocare la pace. Ancora una volta. Già prima dell’inizio della celebrazione, il pontefice ha lanciato una preghiera via Twitter: “Signore, converti al tuo cuore i nostri cuori ribelli, perché impariamo a seguire progetti di pace; porta gli avversari a stringersi la mano, perché gustino il perdono reciproco; disarma la mano alzata del fratello contro il fratello, perché dove c’è l’odio fiorisca la concordia”, le parole scritte da Francesco.

E poi la Via Crucis che ha vissuto il suo momento clou proprio quando Irina, infermiera ucraina, e Albina, specializzanda russa, hanno portato insieme la croce alla XIII stazione, quella che ricorda la morte di Gesù sulla croce. La Santa Sede non è indietreggiata di un millimetro, nonostante le polemiche che hanno preceduto la celebrazione. Confermato dunque il programma anche se la scelta di Francesco era stata definita inopportuna – a guerra ancora in corso – sia da parte dell’ambasciata ucraina nella Santa Sede, sia dalla Chiesa cattolica di Kiev. Per protestare contro la compresenza i media cattolici ucraini non hanno trasmesso la Via crucis.  “Testate come Live TV della Chiesa greco-cattolica ucraina, la rivista cattolica CREDO, Radio Maria e EWTN hanno rifiutato” di mandare in onda la celebrazione, si legge sul sito del Servizio di Informazione Religiosa Ucraina (Risu), affiliata alla Chiesa greco-cattolica. Stessa scelta hanno fatto i canali televisvi nazionali. “Gli ucraini – si legge sul sito della Risu – ritengono che gesti di riconciliazione siano possibili solo dopo la fine della guerra e il pentimento dei russi”.

Ma il Papa non si è fermato al gesto simbolico con le due donne, colleghe e amiche in Italia da dieci anni. La Santa Sede ha anche modificato il testo della XIII stazione, altro punto oggetto del contendere alla vigilia: “Di fronte alla morte il silenzio è più eloquente delle parole. Sostiamo pertanto in un silenzio orante e ciascuno nel cuore preghi per la pace nel mondo”, il breve invito che ha sostituito la meditazione. Il portavoce vaticano Matteo Bruni ha spiegato che si è trattato di “un cambiamento previsto, che limita il testo al minimo per affidarsi al silenzio e alla preghiera”.

Francesco, insomma, non ha cambiato di una virgola la sua linea, concludendo la celebrazione con queste parole: “Signore, porta gli avversari a stringersi la mano, disarma la mano del fratello alzata contro il fratello” e fà che “gustino la concordia”. Il Papa chiude come aveva iniziato, ricalcando il tweet che aveva preceduto la Via Crucis. Un ennesima preghiera per la pace che accomuna tutti quelli che nella pace vogliono credere. Di qualunque fede, colore o nazionalità essi siano.

DI SEGUITO IL VIDEO DELLA VIA CRUCIS DEL PAPA. CLICCA SUL LINK ⤵️

https://youtu.be/VRMgoUmvqhI

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11 aprile 2022 – Redazione – di Nestor Halak
ComeDonChisciotte.org

La maggioranza delle persone ha la loro principale fonte di informazione nella televisione e, in misura minore, nei giornali e in internet. Come sappiamo il dominio della versione main stream su tutti questi mezzi è pressoché totale: chiunque voglia informazioni o opinioni alternative deve andarsele a cercare e sapere come farlo. E diventa sempre più difficile. Inutile dire che alla stragrande maggioranza non passa neppure per la testa.

L’informazione maggioritaria, che dati i numeri in gioco si può chiamare esclusiva, non si presenta affatto come un corpo unico e monolitico, pretende di avere al suo interno diversi punti di vista tra i quali il fruitore sarebbe libero di scegliere. Questa apparenza di varietà è necessaria per poter sostenere di essere democratica e pluralista. Il pubblico, che in generale si ritiene piuttosto scettico e scafato, e quindi a conoscenza del fatto che il potere tende a fare propaganda in favore di se stesso, non crede completamente a quanto gli viene raccontato, ma solo per una certa percentuale: insomma ci fa la tara, e con questo pensa di salvarsi dalla manipolazione.

In realtà questo modo di agire è efficace solo in certe condizioni che, ahimè, non sono più presenti ai nostri giorni. Poteva avere una certa efficacia fino agli anni novanta. Infatti all’epoca esistevano ancora differenze reali tra le forze politiche presenti in parlamento: semplificando, c’era una linea di maggioranza rappresentata dalla fazione democristiana – atlantista ed una di opposizione di matrice comunista più tutte le posizioni intermedie. L’informazione, di conseguenza, era parimenti divisa e le persone potevano ancora scegliere tra diversi punti di vista. Di solito lo facevano esercitando la prudenza sopra accennata, cioè conservando un margine di incredulità. Era la cosiddetta maggioranza silenziosa.

Diciamo che se rappresentiamo tutta l’informazione teoricamente possibile con il cento per cento, l’informazione offerta valeva il 75 per cento e ciascuno poteva scegliere la sua verità in questo ventaglio, non completo, ma comunque sufficientemente reale. Successivamente al 1990 ed alla fine della guerra fredda, tutte le forze politiche realmente rappresentate nel paese sono andate uniformandosi sul modello americano dei due partiti sostanzialmente equivalenti, tutti e due rigidamente fedeli all’ideologia neoliberista e atlantista. Questa è la “globalizzazione” nel suo aspetto politico istituzionale. Come diretta conseguenza, l’informazione offerta al pubblico perse gran parte della sua ampiezza. Adesso doveva rispettare i dogmi fondamentali del pensiero unico. Per continuare nel nostro esempio, diciamo che dal 75 per cento di rappresentazione delle opinioni, siamo arrivati al 20 per cento, (ovviamente questi numeri non hanno nessun senso se non quello di fornire un esempio). In queste condizioni, anche esercitando prudenza e non credendo completamente ai media, la possibilità di scelta è comunque molto piccola e la gamma di punti di vista in circolazione diviene assolutamente ristretta. La realtà si allontana e la sua rappresentazione virtuale ne prende il posto.

A partire dagli ultimi anni, direi che la vera cesura è stato il lancio mondiale della pandemia nel 2020, c’è stata una svolta molto brusca decisamente a favore della fiction e l’offerta informativa si è di nuovo contratta: orami il ventaglio rappresentato nei media entro il quale è possibile scegliere si limita, diciamo, al 5 per cento di quello teoricamente possibile. Di conseguenza le opinioni delle persone che rimangono nel main stream, anche se scelgono gli angoli opposti, diventano sempre più uniformi. Con la tendenza poi a “fare la tara”, la nuova maggioranza silenziosa finisce per avere esattamente la stessa opinione. A questo stadio non si può neanche più parlare di informazione, ma solo di propaganda: quasi tutta l’informazione con la quale sarebbe possibile formarsi un proprio giudizio alternativo, non è in pratica disponibile.

Se un tempo il cittadino medio poteva concludere che i comunisti avevano ragione quando predicavano la giustizia sociale, ma fino ad un certo punto, mentre i sostenitori dell’iniziativa economica privata sembravano fornire un mondo più ricco, più libero e meno grigio, ma ancora una volta fino ad un certo punto, perché poi ne andavano di mezzo la giustizia sociale e la democrazia, oggi siamo costretti a dividerci su piccole questioni secondarie, talvolta quasi comiche, perché i dogmi principali della società sono indiscutibili e incontrovertibili semplicemente perché nessuno dei veramente rappresentati in politica li contesta.

In sostanza, le opinioni che vengono esposte in TV tra le quali il pubblico è chiamato a scegliere sono solo una piccola frazione del totale. Le altre, in pratica, non esistono. Così ci possono ad un certo punto dire che il vaccino è sicuro al 99% ed efficace al 95% nel prevenire l’infezione: questo era senza alcun dubbio il messaggio che passava al pubblico all’inizio della campagna vaccinale. L’italiano, furbetto, si tutelava con la sua incredulità: sì, dicono il 95%, ma in realtà non raggiungerà il 70 per cento! E poi qualche cosina di male di certo la farà alla salute, come tutti i farmaci! E così credeva di fregare il Vespone.

In realtà, alla fin della fiera, si è constatato (ma non ufficialmente ammesso!), che il vaccino non preveniva affatto l’infezione, che forse attenuava modestamente la gravità della stessa, che esponeva a pericoli seri a breve termine e sconosciuti a lungo, che probabilmente aveva addirittura efficacia negativa nelle reinfezioni: che in sostanza il vaccino non era un vaccino. Tutte queste possibili opinioni, tutte le informazioni relative, non erano affatto presenti durante la campagna, erano state semplicemente soppresse. In altre parole, l’informazione data all’inizio della faccenda è risultata essere pressoché totalmente falsa.

Ciò nonostante, ancora oggi, la discussione verte sull’opportunità di eliminare il lasciapassare (super o normale, come la benzina), per gli alberghi, ma non per i ristoranti, se abbia un senso mettere la mascherina nel tragitto tra il tavolo e la cassa, ma non quando stiamo seduti, e altre simili questioni molto somiglianti a quelle teologiche discusse dalla scolastica medievale, mentre, ovviamente, l’unica cosa sensata da fare sarebbe abolire incondizionatamente e subito tutte le farneticanti misure pandemiche, licenziare il rettile, sciogliere le camere e indire nuove elezioni.

Del pari ci raccontano che l’Ucraina, paese libero e democratico in procinto di entrare nell’Unione Europea è stato attaccato senza alcuna ragione da un dittatore pazzo e sanguinario che fa sparare sui civili inermi dalle sue orde bestiali (ma non si sapeva già da decenni che i russi mangiano i bambini?), ragione per cui dobbiamo imporre sanzioni che palesemente distruggono la nostra economia più che l’altrui e fornire armi a costo di entrare in guerra. Ma non ci raccontano l’altra possibile versione, cioè che la Russia, messa con le spalle al muro dall’espansionismo della NATO e dalla determinazione occidentale a distruggerla come stato sovrano, è stata costretta a difendersi invadendo non un paese libero, ma una colonia americana retta da un regime fantoccio seminazista. Se lo facessero, l’italiano furbetto e tutt’altro che cuor di leone, magari scarterebbe entrambe le versioni e direbbe noi non c’entriamo, ci dichiariamo neutrali e compriamo il gas e il grano come prima. Come infatti sarebbe sensato fare e decidere disponendo di tutta l’informazione.

Del resto una persona anche solo vagamente pensante non può non constatare che se dovessimo fare sanzioni ad un paese che ne invade un altro avremmo dovuto essere in regime di sanzioni con gli Stati Uniti per quasi tutta la loro storia. Si tratta di una plateale verità. Invece, su ordine americano, il popolo italiano che nulla c’entra con la guerra in Ucraina, deve soffrire miseria e disoccupazione per … questioni morali!

I media vogliono apparire liberi e pluralisti e fingono di rappresentare molti punti di vista, mentre in realtà ne rappresentano una percentuale infima e tutti addossati alla tesi centrale che si vuol far passare. I dibattiti sono fuffa, la gente può tranquillamente scegliere tra i vari predicatori televisivi prezzolati che, con verve assolutamente fuori luogo, propongono versioni quasi uguali spacciandosi per nemici mortali e sentendosi liberi. Esattamente come fanno con i politici del sistema bipartitico. Le domande vere non vengono mai fatte perché la verità al popolo fa male. Dicono di volerla sapere, ma poi non la reggono. Per fortuna c’è nonno banchiere che ci protegge da essa.

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10 Aprile 2022 – Redazione – di Giorgio Gandola – La Verità 

Da Gianrico Carofiglio a Marco Damilano, i dem fanno il pieno di fedelissimi in vista delle urne. E con la scusa della guerra, la Vigilanza stila i «precetti» per i dibattiti televisivi: in sostanza, un veto sugli ospiti per eliminare il dissenso.

Nella mia Rai i partiti non bussano più». A modo suo Carlo Fuortes ha ragione. Trincerato a viale Mazzini come Davy Crockett a Fort Alamo, l’amministratore delegato rifiuta le chiamate di tutti i partiti tranne quelle del Pd. Per fare prima ha scelto i suoi punti di riferimento: Enrico Letta, Dario Nardella (rapporto personale) e Dario Franceschini. La poltrona per Marco Damilano arriva da quella sponda, con intervento supplementare di Romano Prodi. L’ex direttore dell’Espresso ha colto la palla al balzo sfruttando con perizia il desiderio del Nazareno di piazzare giornalisti graditi in ogni angolo del palinsesto in vista di una stagione decisiva. Macché guerra d’Ucraina o recrudescenze virali, arrivano le elezioni: a giugno le amministrative più referendum sulla giustizia e nel 2023 le politiche. Meglio dislocare le batterie anticarro.

Mentre dopo quasi un anno il responsabile Rai per la Lega, Alessandro Morelli, non ha ancora ottenuto un appuntamento (lui e i rappresentanti degli altri partiti devono rivolgersi ad Antonio Funiciello, capo di gabinetto di palazzo Chigi) Fuortes ha porte aperte e spiccate attitudini da signorsì per il mondo dem. Ha tenuto duro su Damilano nonostante i malumori interni (è l’ennesimo esterno sotto contratto pur con 1.700 giornalisti in casa), il no del centrodestra («troppo schierato») e il parere negativo perfino dell’Usigrai. Non ha obiettato neppure davanti a un palese errore editoriale: la striscia su Rai 3 andrà a confliggere con il Tg2. L’ad si nega con tutti ma con molto piacere ha accolto anche Gianrico Carofiglio – ex senatore del Pd ed ex magistrato, inventato politicamente da Walter Veltroni e oggi punto di riferimento delle «Agorà democratiche» di Letta – come conduttore del talk Dilemmi, sei puntate il lunedì in seconda serata su Rai 3 a partire dal 2 maggio. Opinioni contrapposte (staremo a vedere) con il giochino dell’orologio degli scacchi per fermare il tempo ai parolai.

riassetto serve anche a salvaguardare la narrazione radical-progressista e il pensiero unico governativo. A differenza dell’invasione di Vladimir Putin, questa è dolce, non aggressiva e passa dalla porta di Rai 3, la rete più in difficoltà. Telekabul va male, il Tg ha perso fino al 9% nell’edizione delle 19 e due settimane fa il comitato di redazione ha vergato un comunicato durissimo contro la direzione di Simona Sala, arrivata a novembre in quota piddo-grillina, con critiche sulla gestione degli inviati a Kiev, sull’utilizzo intensivo dei freelance e sull’organizzazione redazionale. In questo scenario, il direttore di rete Franco Di Mare è impegnato in una guerra di posizione con Bianca Berlinguer. E sarà così fino a giugno quando le rubriche passeranno agli Approfondimenti, sotto l’ombrello ecumenico di Mario Orfeo.

Dopo avere silurato Mauro Corona, ora Di Mare vorrebbe che la figlia di Enrico Berlinguer rinunciasse al pluralismo nel suo talk Cartabianca a favore di un’omologazione del pensiero, di un appiattimento culturale sulle tesi di un improbabile Letta con lo Stetson da John Wayne. Così, prima il sociologo della Luiss Alessandro Orsini non si paga, poi non si invita proprio per evitare che dica banalità del tipo: «Un bambino è più felice sotto la dittatura che sotto le bombe». Uscito barcollante da due anni di pandemia, il giornalismo in Rai ha la pelle sottile e non ammette diversità di opinioni oltre lo storytelling draghiano, il rosso e il rosé renziano. Pura autocrazia televisiva.

A Saxa Rubra c’è un fastidio evidente nei confronti di chi non è allineato. A tal punto da indurre la commissione di Vigilanza a proporre nuove regole per scoraggiare «l’effetto pollaio» e «uscire dal format delle tifoserie» come suggerisce il presidente Alberto Barachini (Forza Italia). L’obiettivo è perfino nobile, ma in questi casi vale l’emendamento Nicola Porro: «Chi dice che i talk vanno ripensati lo fa solo per far fuori i conduttori che non gli piacciono». I cinque precetti del buon approfondimento sembrano diktat; solo chi è sopraffatto dalla sindrome Picierno (se non la pensi come me devi stare zio) non lo vede.

Li presentiamo con doveroso contrappunto.
1 Ospitare persone di comprovata competenza (chi lo decide se non il conduttore?).
2 Garantire la rotazione delle presenze per favorire la pluralità delle voci (ma tanti ospiti con la stessa idea formano un coretto conformista).
3 Privilegiare le ospitate a titolo gratuito (poi agli amici si fanno contratti come autori).
4 Evitare la rappresentazione teatrale degli opposti e delle contraddizioni (senza opposti il rischio di omologazione è assicurato.
5 Garantire la veridicità delle notizie e delle fonti (ormai sono fake news quelle che non piacciono al Palazzo).

L’impressione è che, adottando simili parametri, si finisca direttamente dentro il magico mondo di Fabio Fazio, dove il pensiero unico è un giardino fiorito percorso da ospiti anestetizzati dall’incenso cattodem.

La direttorissima Monica Maggioni voluta da Mario Draghi e con solidi agganci al Quirinale non poteva rimanere estranea al ricambio tattico delle poltrone: anche al Tg1 è partito lo «scaravoltone», termine che a lei piace in modo particolare.

Dalla redazione tematica degli Speciali (che confeziona Tv Sette, Speciale Tg1) sono scomparse la vicedirettrice Maria Luisa Busi e la caporedattrice Alessandra Mancuso, in malattia o aspettativa dopo divergenze con il vertice. Ma a fare le spese dell’operazione Epuration è stato soprattutto lo storico vicedirettore Filippo Gaudenzi, figura istituzionale riconosciuta anche all’esterno, da 15 anni motore della complessa macchina redazionale. Non gli è stato rinnovato l’incarico, accantonato come un vecchio soprammobile. Ha un unico difetto, non indossa magliette politiche.

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06 Aprile 2022 – Redazione – di Augusto Sinagra

Sono i cd “giornalisti” (stampa e televisione) i peggiori responsabili di quel che potrà accadere e che Dio non voglia che mai accada.
Asserviti o pagati stanno consapevolmente creando il “nemico” da odiare. Accreditano una narrazione dei fatti che sfida il ridicolo, ma la gente ci crede. Aizzano l’opinione pubblica verso il “mostro” di turno che va eliminato in tutti i modi e con tutti i mezzi, per favorire interessi stranieri che possono disporre di organizzazioni militari internazionali dedite al delitto, al crimine.

Essi, i giornalisti, non solo nascondono la verità degli eventi, ma propalano consapevolmente notizie totalmente false. E la gente purtroppo ci crede. Essi nascondono il servaggio di tanti governi (e quello italiano primeggia) verso la cricca criminale che ci sta conducendo ad una guerra totale e devastante che sarà l’ultima.

Mi domando: quella cricca di criminali che se ne farà di un mondo distrutto dalle armi nucleari?
Pensano forse che le distanze oceaniche li mettono al riparo, abituati come sono a combattere le loro guerre di aggressione in casa altrui? Le guerre cessano non favorendo con le armi la prevalenza di una parte sull’altra, ma favorendo l’accordo e la pace nella giustizia.

Dio punisca coloro che ora hanno voluto e provocato la guerra in atto nel cuore dell’Europa, come pure hanno voluto e provocato per laidi interessi tutte le altre guerre da essi scatenate dal 4 luglio 1776 per bramosia di potere, per soldi e per feroce e disumana cattiveria.

AUGUSTO SINAGRA – – Professore ordinario di diritto delle Comunità europee presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Avvocato patrocinante davanti alle Magistrature Superiori, in ITALIA ed alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a STRASBURGO.

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