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23 Febbraio 2022 – Redazione

E adesso chi avrà il coraggio di dare del No vax al professor Galli? Già, perché tra i televirologi in prima fila nella crociata contro la quarta dose c’è proprio lui. Ascoltare per credere. Dal primo marzo si partirà con la quarta dose per i più fragili e, a Myrta Merlino – conduttrice del programma “L’Aria che Tira“, in onda su La7 – sorge il timore che si possa ripetere quanto visto in passato, ovvero, che tutti alla fine tutti dovranno fare il secondo booster del vaccino anti-Covid. Del resto è stato il ministro Speranza stesso a mettere la pulce nell’orecchio, parlando di questa possibilità per l’autunno. Nella puntata del 22 febbraio è stato ospite, in collegamento, il professor Massimo Galli cge, rispondendo ai dubbi della padrona di casa ha dichiarato: “Me ne diranno di tutti i colori ma sostengo una volta di più che sarebbe opportuno che la quarta dose venisse fatta sopratutto sulla base di una risposta immunitaria reale”.

Poi ha aggiunto: “Se i superfragili e gli immunodepressi non risponderanno neanche alla quarta dose, avremo il problema di come andare a riproteggerli. Io ritengo che, la quarta dose, con il vaccino che abbiamo, sia da fare non a tutti, ma soltanto a determinate categorie di pazienti. Quindi, una quarta dose generalizzata, in un Paese che ha avuto milioni di casi di Omicron recenti, che hanno dato una significativa spinta all’immunità, e con tanta gente con tre dosi, non ha senso e non è di reale utilità. Hanno fatto marcia indietro anche in Israele”.

Già, ma a Speranza&Co questo non interessa. Non interessano i dati di Israele, non interessa la scienza. La questione è solo politica. E ora, forse, se ne stanno accorgendo tutti.

Ancora Galli: “Oggettivamente questo vaccino è impostato sul virus che circolava nel febbraio del 2020, lo avrò detto milioni di volte. Da allora molte varianti sono passate sotto i ponti” .
Il Prof. ha poi concluso “Attualmente un’ulteriore dose booster deve essere considerato nelle persone con condizione cliniche di immunodepressione e immunosenscenza. Quindi, nei più anziani che potrebbero avere una mancata risposta immunitaria”.

di Tiziana De Felice

Correva l’anno 1986 e in un aprile luminoso sposai un “ uomo” a cui giurai di essere fedele, nella buona e nella cattiva sorte e, come recita il copione, finché morte ci separasse. Si chiamava IPPOCRATE . Da quel giorno, come in ogni matrimonio che si rispetti ci son state crisi, conflitti e  riappacificazioni ma oggi, dopo 35 anni, mi sento di poter dire che il sodalizio è più che mai forte e indissolubile.

In questo periodo terribile, più che mai, ho dovuto attingere a questo giuramento e a tutto quel che comporta, per non lasciarmi travolgere dal mare in tempesta dei vari protocolli e delle direttive ministeriali, che mi avrebbero obbligato ad una infedeltà imperdonabile.

Il malefico COVID19 di cui è stato detto tutto e il suo contrario, mi (ci) aveva messo, al suo esordio fra la popolazione, in una situazione di iniziale sbandamento, perché nessuno di noi sanitari riusciva a capirne la potenziale patogeneticità e come si comportasse dentro all’organismo.

Le famose autopsie negate o comunque fortemente sconsigliate ( e già qui eravamo in una nebulosa di difficile comprensione, perché quando mai si era evitato di eseguire autopsie in una patologia sconosciuta? ), neanche con Ebola e dopo Chernobyl erano state bypassate, quando davvero i poveri deceduti, avrebbero potuto creare guai ai medici. Quindi, come fare a capire che cosa stesse realmente succedendo? L’ipotesi iniziale più accreditata, ancorchè non documentata, era stata quella della POLMONITE INTERSTIZIALE che, in un fiato, portava ad un aggravamento irreversibile e al decesso, passando attraverso la famigerata “intubazione” gli sfortunati pazienti.

A tanti di noi questa cosa non tornava, vuoi per l’eccessiva rapidità dell’evoluzione, vuoi per l’apparente inutilità delle buone pratiche rianimatorie (per noi anestesisti, collegare un paz ad un Ventilatore automatico ha sempre voluto dire salvare vite). Come mai tutto questo non accadeva? Qualche voce autorevole si era già levata per dissentire da una diagnosi che appariva quantomeno parziale e non esplicativa, tipo quella del prof Spagnolo, eccellenza della cardiochirurgia italiana ed esperto di Embolia polmonare. Infatti dopo che queste sono state eseguite, è venuto fuori che non di polmoniti si trattasse, bensì di Microtromboembolie polmonari che vanificavano il supporto ventilatorio impedendo, in ogni caso, il passaggio ed il trasporto di ossigeno ad altri organi nobili, ed in tutto il circolo sanguigno.

Sembrava l’uovo di Colombo. Anche se eravamo già a maggio inoltrato e si erano contati fin troppi morti, l’avere chiara una diagnosi portava come logica conseguenza, avere una terapia giusta da poter applicare. Niente da fare. Dal Ministero della Salute nonché dall’ISS e dall’Aifa, sue degne ancelle, continuava ad essere emanato un protocollo surreale. Il famigerato TACHIPIRINA E VIGILE ATTESA“. Ma vigile attesa di che? Del fatale aggravarsi di poveri pazienti abbandonati al domicilio con un farmaco inutile e con medici latitanti, stretti fra la paura del contagio e le direttive ministeriali. A tanti di noi questa cosa non piaceva, e abbiamo cominciato a batterci perché ci fosse riconosciuto il diritto- dovere di curare i pazienti, come avevamo sempre fatto in scienza e coscienza, basandoci sui sintomi, piuttosto che su un’ ipotesi diagnostica limitata e limitante, spesso fuorviante come quella del “tampone”.

E’ cominciata così una guerra senza esclusione di colpi fra chi, ci voleva impedire di usare farmaci che ogni medico con un minimo di esperienza clinica conosce ed usa da anni, colleghi che pavidi delle conseguenze medico-legali si sono adattati, e uno zoccolo duro di chi ha continuato ad operare come aveva sempre fatto, durante gli anni “normali”.

Sono stati demonizzati farmaci come l’ Idrossiclorochina, adducendo e ventilando rischi cardiovascolari mortali con il famoso letale allungamento del Q-T, dimenticando, (volutamente?), la grandissima quantità di persone che ne fanno uso per decenni in tutto il mondo, per patologie di carattere reumatologico, senza incorrere in nessun evento avverso e ignorando (volutamente?) che il rischio di tale molecola è legato indissolubilmente  al dosaggio e al tempo relativo (in base a tale dosaggio per fenomeni di accumulo).

E’ stato demonizzato il Cortisone (poi riabilitato nel luglio 2020 dall’Università di Oxford) altro presidio usato (ed anche abusato) da sempre per le patologie più disparate (Reumatologiche e Broncopolmonari). Continuavano a succedere cose strane a cui una larga fetta di medici si è apertamente ribellata per riacquisire il senso della propria professione. In buona sostanza, ora avevamo chiaro tutto il meccanismo patogenetico, di conseguenza sapevamo come muoverci, e l’abbiam fatto.  Mi sono ritrovata, pur non essendo un MMG, a curare persone un po’ in tutto il territorio, che mi hanno contattata nei modi più impensati. All’inizio amici, parenti, poi amici di parenti, poi perfetti sconosciuti che sui social e per altre vie chiedevano aiuto sentendosi abbandonati. Quindi, un po’ di persona o con anamnesi, e informazioni raccolte via web, sono riuscita ad evitare, credo, almeno una cinquantina di ricoveri impropri (ed io sono solo un granello di questa moltitudine di bravi colleghi). E’ bastato bandire l’inutile “Paracetamolo” (che oltre a non essere un antinfiammatorio, abbatte le riserve di Glutatione, nostro prezioso alleato come antiossidante) e iniziare  a somministrare nei casi più semplici o, in persone giovani e fondamentalmente sane, dei logici antinfiammatori (anti COX 1 e anti COX 2 come l’Aspirina, il Nimesulide, il Celecoxib), l’Idrossiclorochina appunto (riabilitata ma sub judice nel novembre 2020) l’Azitromicina (un antibiotico  della classe dei Macrolidi che rende più difficile l’ingresso del virus  nelle cellule dell’epitelio polmonare) ed in casi più gravi o in pazienti con comorbilità importanti, l’Eparina e/o il Cortisone.

Va da sé che tutto questo “parco” farmaci, debba essere assunto e somministrato sotto la sorveglianza di un sanitario, disincentivando assolutamente il fai-da-te. Ma in questo modo, abbiamo messo insieme un’ampia casistica di pazienti che sono stati curati benissimo presso il proprio domicilio, senza o con pochissimi eventi avversi, occorsi solo a coloro che presentavano grossi fattori di rischio preesistenti(oncologici in primis). Tutto cio’, senza impattare in alcun modo sul nostro boccheggiante SSN. Ci siamo resi conto che, alla fine, questa “entità” impalpabile e malefica altro non provocava, per il 98%, una patologia molto simile alle influenze degli anni passati (anche loro gravate di un consistente numero di morti) e che ben trattata al suo esordio, portava a guarigione la quasi totalità dei pazienti. Parole d’ordine quindi: TERAPIA PRECOCE E SINTOMATICA (da sostituire all’altra), e gli ospedali si svuotano. Ultimo ma non ultimo per importanza, un argomento a cui è stata data (colpevolmente) una scarsissima attenzione, trattato come la Cenerentola della medicina, laddove avrebbe dovuto essere il Principe di questo brutto dramma: LA VALORIZZAZIONE DEL NOSTRO SISTEMA IMMUNITARIO che, oltre ad essere validissimo nel proteggerci da una innumerevole schiera di microorganismi, ci mette in condizioni di reagire con prontezza in caso di attacco eventuale. E LUI, non pretende molto per offrire i suoi servigi. Uno stile di vita ad hoc, alimentazione sana, movimento, armonia intorno a noi, pensieri positivi e consapevoli. C’est suffice.

di Marco Lehnus

La BI-ACC è un esame non invasivo, che viene condotto dal medico, mediante l’utilizzo di “elettrodi rilevatori” posti sulla cute del paziente (mano destra e piede destro), in grado di rilevare la capacita’ della nostra cute a trattenere il passaggio di una debolissima quantità di corrente. Una buona a trattenere (resistenza), è indice di un buon stato di salute.

E…se mettessimo le dita in una presa di corrente?

Non equivarrebbe ad eseguire una BI-ACC ! Innanzitutto perché la quantità di scarica elettrica subita, sarebbe eccessiva, oltre che pericolosa e secondariamente, perché ciò non fornirebbe alcun dato clinico !

Di contro, la BI-ACC fornisce un’ ampia quantità di dati, estremamente utili per comprendere  in quale situazione di eventuale alterata fisiologia il nostro corpo si trovi in quel momento.

Cosa valuta la BI-ACC?

La Bi-ACC, fa un’analisi particolareggiata della composizione corporea, ovvero dei molti elementi che compongono e fanno funzionare in armonia   – ovvero in fisiologia –   il nostro organismo. La “composizione corporea “ ,  quando alterata in una o più delle sue componenti, determina inevitabilmente la comparsa dei cosiddetti MUS (Medically Unexplained Symptons)  ovvero  sintomi medicalmente non spiegabili,  di cui più sotto viene data una spiegazione di approfondimento.

Principali parametri esplorati dalla BI-ACC

– Il funzionamento della cellula e della sua membrana di rivestimento. La cellula è unita’ fondamentale del nostro sistema vivente!

– Lo spazio extracellulare (o matrice), estremamente importante in quanto rappresenta la “via di comunicazione di informazioni e di trasporto di sostanze” (ormoni, mediatori chimici, neurotrasmettitori, …) con la quale tutte le cellule del nostro organismo devono necessariamente avere a che fare. Non a caso, lo spazio extracellulare o matrice, viene anche chiamato “sostanza fondamentale”!

– La percentuale di acqua presente nelle cellule e quella presente nello spazio extracellulare.  Serve a comprendere se la persona in esame è disidratata e, di conseguenza infiammata (ricordiamo che l’infiammazione e’ la base di impianto di moltissime malattie, anche molto serie come i tumori)

-Il rapporto percentuale fra le masse, ovvero, fra la quantità di massa grassa e di massa magra (muscoli, ossa, cervello, cuore, rene, fegato, pancreas e matrice).  L’alterazione di questo rapporto, avvia nel tempo la comparsa di malattie.

La distribuzione degli elettroliti (sodio, potassio, magnesio, calcio…) dentro la cellula e al di fuori di essa (acqua intra ed extracellulare).

La quantità di proteine presenti nell’organismo e la densità del tessuto osseo (da molti conosciuta come Moc o densiometria ossea).

– Lo stato di energia in cui si trova il paziente in esame (in particolare esplorando il cosiddetto “asse dello stress” (rappresentato da:  ipotalamo-ipofisi-tiroide-surrene-testicoli/ovaie)

I molti parametri e le correlazioni che l’esame BI-ACC consente di approfondire ulteriormente, non trovano agevole spiegazione in questa brochure, pertanto si rimanda all’incontro con il medico!                                                      

Passiamo ora alla comprensione dei MUS che costituiscono un concetto di assoluta importanza, molto spesso non preso nella dovuta considerazione da medico e paziente, per mancanza delle specifiche conoscenze in questa materia da parte del medico e per esiguità dei sintomi avvertiti da parte del paziente.

MUS

Medically Unexplained Symptoms (Sintomi medimecalmente non spiegabili)

I sintomi di seguito elencati, sono l’espressione diretta e chiara dell’ avvenuta

ALTERAZIONE DELLA COMPOSIZIONE CORPOREA

E’ sufficiente la presenza di un in elenco per poter già iniziare a parlare di alterazione della composizione corporea

Sintomi

SINTOMI VAGHI E ASPECIFICI (MUS)

  • Stanchezza o affaticamento persistente non ristorati dal sonno
  • Disturbi del tono dell’umore
  • Soffre da tempo di insonnia persistente o risvegli notturni
  • Soffre da tempo di sonnolenza durante la giornata
  • Si sente da tempo un soggetto ansioso
  • Si sente da tempo apatico
  • Soffre di attacchi di panico
  • Percepisce a riposo alterazioni del battito cardiaco (aritmie, tachicardie)
  • Ha notato da tempo modificazione dell’appetito (fame eccessiva o mancanza di appetito)
  • Soffre di attacchi di fame notturni
  • Acidità, dolori alla bocca dello stomaco, nausea o senso di pienezza dopo i pasti (soprattutto dopo ogni assunzione di cibo)
  • Stitichezza periodica
  • Colon irritabile e/o  alvo alterno
  • Mani e piedi spesso freddi
  • Si sveglia spesso di cattivo umore
  • Soffre di alterazione della sudorazione durante il sonno  
  • Prova di frequente un senso di colpa ingiustificato
  • Incontra difficoltà nel provare piacere in seguito a fatti positivi
  • Ha riscontrato una decisa perdita di peso negli ultimi mesi
  • Quando si sveglia al mattino percepisce assenza dello stimolo della fame    
  • Ha mai seguito diete restrittive

SINTOMI COGNITIVI

(per test ANS e PPG)

-Ha da tempo problemi di memoria

-Ha da tempo difficoltà a concentrarsi- Ha notato una scarsa capacità di giudizio

-Vede da tempo tutto negativo

-Ha pensieri che ricorrono costantemente

-E’ da tempo in uno stato di costante preoccupazione

SINTOMI FISICI

-Soffre da tempo di nausee o vertigini

-Ha da tempo dolori persistenti

-Ha raffreddori frequenti

SINTOMI EMOZIONALI

-Percepisce da tempo stati di irritabilità o irascibilità

-Percepisce da tempo stati di agitazione e/o incapacità a rilassarsi

-Si sente da tempo persona sopraffatta

-Percepisce da tempo uno stato di solitudine e/o isolamento

-Percepisce da tempo uno stato di malinconia e/o infelicità generale

SINTOMI COMPORTAMENTALI

-Dorme troppo o troppo poco

-Ha la tendenza ad isolarsi dagli altri

-Ha la tendenza a procrastinare o trascurare le proprie responsabilità

-Fa uso di sigarette, bevande o cibi per rilassarsi

-Ha sviluppato da tempo abitudini nervose (es. : mangiarsi le unghie o altro)

-Cosa fare in caso di SOVRAPPESO e/o presenza dei MUS: valutazione dietologica ?

approfondire il problema sotto il profilo neuro-endocrino con il medico esperto di nutrizionismo clinico,  in grado di eseguire la BI-ACC  (analisi della composizione corporea) ?

Gli elementi fin qui esposti, dovrebbero agevolare la comprensione sulla differenza che intercorre tra un approccio dietologico ad un dato problema e l’approccio allo stesso problema secondo la ricerca dell’alterata fisiologia neuro-endocrina, che ha dato origine a cascata alla comparsa di varie problematiche che disturbano la persona interessata. Il medico-nutrizionista attraverso l’analisi della Composizione Corporea, (Biacc), ricerca ed individua gli elementi che hanno causato l’alterazione della fisiologia portando l’organismo in patologia neuroendocrina con comparsa di molti segni e sintomi (MUS) specifici.

L’ approccio della dietologia, soffre un po’ della sua oramai lunga vita, vissuta sotto ogni forma di dieta e privazione ed ancora prevalentemente circoscritto al problema del sovrappeso come tale, anche quando correlato a malattie già in atto quali ipertensione, malattie cardiache, vascolari e metaboliche.

Elementi comuni di valutazione per il medico dietologo e per il medico nutrizionista sono la visita medica, gli esami del sangue, eventuali accertamenti cardiologici, unitamente ad alcuni dati antropometrici (peso, altezza, sesso, massa magra, massa grassa e acqua totale) del soggetto in esame.

La valutazione del medico nutrizionista, partendo da alcuni dei punti di cui sopra, si avvale, come detto, dell’ analisi della composizione corporea (BI-ACC), imprescindibile per allargare il proprio orizzonte di informazioni concernenti :

-la cellula

-la condizione della membrana cellulare (che avvolge la cellula)

-l’ambiente extracellulare

-le masse (magra e grassa)

-l’acqua intra ed extracellulare

-lo stato dell’ asse dello stress (asse ipotalamo-ipofisi-tiroide-gonadi-surrene), noto anche come asse HPA

Sono questi gli elementi che, in caso di alterazione nella loro composizione e conseguente funzione, daranno l’ inevitabile avvio alla comparsa di sintomi (MUS), sopra evidenziati.

COME SI CURANO I SINTOMI?

Individuati i MUS, questi non si curano con i farmaci, come abitualmente accadrebbe con la medicina classica. L’unica cura è rappresentata dal à ripristino della composizione corporea, attraverso l’assunzione, di cibi adatti al nostro organismo, nel rispetto cronologico dei nostri ritmi biologici. In associazione al cibo, possono essere consigliati integratori di elettroliti e albumina.

Di quali elementi tenere conto nella scelta del cibo? Due sono gli elementi fondamentali di cui occuparsi:

-riferimento alle fasi di attività del sistema nervoso autonomo (SIMPATICO E PARASIMPATICO), ovvero i nostri ritmi cronobiologici

-Assunzione di cibo adatto all’ora nella quale è attivo il simpatico o il parasimpatico.

-Il protrarsi di errori concernenti l’assunzione di cibi non adatti al ritmo biologico “simpatico/ parasimpatico”, come pure la scarsa assunzione di acqua giornaliera e la riduzione delle ore di sonno serale e notturno,  sono gli elementi di fondo per l’ alterazione della composizione corporea con successiva ed inevitabile comparsa dei MUS.

E dopo aver preso atto, seppur in breve sintesi, degli aspetti dei quali la medicina classica ufficiale non tiene conto e non dice, si può concludere che :

nell’ inscindibile binomio mente-corpo dell’essere umano, l’analisi della composizione corporea (BI-ACC), si inserisce nel contesto della ricerca delle molteplici ragioni che determinano la perdita dello stato di fisiologia neuro-endocrina, che vede nella infiammazione il “primum movens” e nei conseguenti MUS, quei segnali chiari che, se trascurati (ahime’ ancora troppo spesso), diverranno la porta diretta d’accesso alle patologie conclamate!

-Alterazione composizione corporea

-Infiammazione

-Mus

-Malattia…

                                                             

di Carlo Makhloufi Donelli

​La fisica quantistica moderna (la teoria fisica che descrive il comportamento della materia, della radiazione e le reciproche interazioni, con particolare riguardo ai fenomeni caratteristici della scala di lunghezza o di energia atomica e subatomica), la neuroimmunologia (la scienza che studia contemporaneamente i due apparati nervoso ed immunitario per valutarne le reciproche interazioni, in condizioni normali e patologiche. Il sistema nervoso infatti parla al sistema immunitario tramite il sistema endocrino; il sistema immunitario comunica col sistema nervoso attraverso le molecole infiammatorie) e la biologia molecolare (la branca della biologia che studia gli esseri viventi a livello dei meccanismi molecolari alla base della loro fisiologia, concentrandosi in particolare sulle interazioni tra le macromolecole, ovvero proteine e acidi nucleici [DNA e RNA]) dicono che siamo noi che creiamo la nostra realtà, e quindi abbiamo una grande responsabilità verso il mondo in cui viviamo, dato che dipende da noi il modo in cui lo percepiamo ed il modo in cui il mondo si comporta verso di noi.

In effetti tale affermazione è un ottimo modo di descrivere e comprendere la meccanica delle nostre interazioni, ma in ultima analisi per una comprensione ancor più approfondita si dovrebbe prendere in esame la fisica della coscienza (la facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell’esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino).

Oggi è lecito porsi questa domanda: cos’è la coscienza? Da dove viene, qual è la sua origine, quali sono i limiti del potenziale umano? Personalmente ritengo che disponiamo del sufficiente materiale necessario per rispondere a queste domande, anche se le risposte da un punto di vista epistemologico fatalmente non potranno avere un preciso consenso totale da parte della c.d. comunità scientifica.

Ma con la tecnologia all’avanguardia, con la scoperta del campo unificato, ovvero il cosiddetto campo della superstringa, siamo in grado di capire che la vita è fondamentalmente basata sull’unità. Il campo unificato riunisce le 4 forze fondamentali, la forza nucleare debole, la forza nucleare forte, l’elettromagnetismo e la gravità, ed è al suo interno che si creano le basi dell’esistenza, ed al suo interno noi non siamo più entità individuali ma punti focali di intelligenza collettiva.

Alla base della diversità della vita c’è unità.

Alla base, tu ed io non siamo più due, ma siamo uno. E questa unità, nelle fondamenta di mente e materia, è la coscienza, una coscienza universale. La coscienza non è creata dal cervello, non è semplicemente il risultato di reazioni molecolari e processi chimici nel cervello, ma è il nucleo essenziale della natura, quello che chiamiamo campo unificato.

Ora che abbiamo questa comprensione fondamentale di quello che è la coscienza, possiamo meglio comprendere la relazione mente-corpo. Possiamo vedere come la coscienza permea la nostra fisiologia (lo studio scientifico delle funzioni vitali degli organismi viventi, animali e vegetali, in condizioni normali) ed è quindi grazie alla coscienza che noi sperimentiamo la nostra realtà con i nostri sensi. A questo punto è forse più semplice comprendere i meccanismi che permettono di collegare la neurologia alla fisica quantistica, e questi meccanismi possono spiegare il campo unificato.

So che già molta gente ne ha sentito parlare, e dice che è bello, che tutto è uno, che è una figata! Ma, al di là di questo aspetto romantico ed anche un poco “new age” della concezione dell’uno, diamo una spiegazione tecnica di cos’è il campo unificato …

Il progresso nella nostra comprensione dell’universo attraverso la fisica, negli ultimi  anni, ci ha suggerito, e permesso, di esplorare livelli sempre più profondi delle leggi naturali, dal macroscopico al microscopico, dal livello molecolare, atomico, nucleare fino al livello subnucleare dell’universo più prossimo, quello che ci circonda, e stiamo iniziando ad esplorare i cosiddetti livelli della scala elettro-debole, della scala della grande unificazione e della super unificazione, e stiamo ipotizzando con ragionevole fondatezza che il nucleo fondamentale dell’universo è questo singolo campo universale di intelligenze che racchiude unificandole la gravità con l’elettromagnetismo, la luce con la radioattività, ed il tutto con le forze nucleari  forti e deboli.

Cosi stiamo comprendendo che tutte le forze della natura ivi incluse le cosiddette particelle della natura, quark, protoni, neutroni, sono in realtà onde diverse dello stesso oceano di esistenza, chiamato campo unificato o campo della superstringa (la stringa è una struttura sub-atomica ipotetica, principale oggetto di studio della teoria delle stringhe in fisica teorica; una stringa è un oggetto con una sola estensione spaziale, a differenza di una particella elementare che è zero dimensionale o puntiforme. La scala di lunghezza caratteristica delle stringhe è dell’ordine della lunghezza di Planck, cioè la scala a cui gli effetti della gravità quantistica si ritiene diventino significativi, ovvero un valore prossimo a 10 elevato alla -35), e quindi da un punto di vista posto a tale dimensione le diversità sono soltanto i molteplici aspetti dell’uno.

Dal punto di vista matematico c’è molta complessità, ma stiamo comunque andando nella direzione della visione di Einstein, il quale ha dedicato metà della propria vita alla ricerca del campo unificato. Ora, nel contesto della superstringa, ciò è stato realizzato.

La teoria del campo unificato basata sulla superstringa identifica un singolo campo universale di intelligenza, un oceano di esistenza, posto alla base del tutto, fattor comune di mente e materia.

Tutte le cosiddette particelle dell’universo e le diverse forze, quindi tutto ciò che conosciamo dell’universo, è semplicemente un’onda di questo oceano di esistenza. Questo è il campo unificato e tale campo è immateriale e quindi, in ultima analisi, è un campo di coscienza.

Tutte le nostre coscienze separate esistono in virtù del fatto che la mia coscienza e la tua coscienza alla fine sono la stessa cosa. Ogni cosa nell’universo, e quindi pianeti, alberi, animali, persone, non è altro che una porzione del tutto. Siamo tutti onde di vibrazione di questo campo unificato fondamentale della superstringa. Noi determiniamo la nostra coscienza attraverso il filtro del nostro sistema nervoso, ma la coscienza in sé stessa, la nostra soggettività, il “Sé”, quello è universale.

Conoscere il Sé, attraverso l’esperienza, è chiamato illuminazione, e così è stato chiamato in ogni epoca.

Sto affermando che continuando a scavare nella realtà fisica, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, stiamo arrivando al campo unificato dove non troviamo materia ma pura intelligenza, e capisco che può suonare strano, dato che ciò non fa parte dei nostri abituali condizionamenti.

Chiunque sia cresciuto in un mondo scientifico è infatti abituato all’idea che noi viviamo in un universo materiale, un universo inerte, fatto di materia prevalentemente morta. Se pensiamo al pianeta che ci ospita ci rendiamo conto che la vita, quale noi la intendiamo, è presente in una relativamente sottile pellicola superficiale, mentre la gran parte di ciò che si suppone sia presente all’interno della massa terrestre è materia apparentemente inerte e ciò che è al di fuori di essa, nello spazio infinito, si ritiene che sia vuoto. Per questo motivo è intuitivamente difficile comprendere che non viviamo in un universo morto, ed accettare l’idea che l’universo nella sua interezza è un organismo cosciente.

Nella meccanica quantistica, perfino a livello molecolare, per non parlare dei livelli atomico, nucleare e subnucleare, l’idea di particella è sostituita dall’idea di funzione d’onda. Ma cosa è una funzione d’onda? Tecnicamente è un vettore in uno spazio lineare, ma cosa è un vettore in uno spazio lineare? Di cosa è fatto? Qual è la sostanza che costituisce il campo unificato? Una funzione d’onda, ovvero un vettore nello spazio lineare, è composta dalla stessa sostanza di cui sono fatti i pensieri, perché è da questi che trae origine e forza. Il che ci porta a capire che noi viviamo veramente in un universo di pensieri, un universo concettuale.

La meccanica quantistica non è altro che un dispiegamento di potenzialità; il fatto è che più si va in profondità nella struttura della legge naturale, meno l’universo è materiale, e diviene meno inerte, meno morto, più vivo e cosciente. E quanto più ci si avvicina alle fondamenta dell’universo, quindi al campo unificato o campo della superstringa, tanto più ci si rende conto che quello è semplicemente un campo di pura essenza, pura intelligenza. Intelligenza, perché questa è la sorgente di tutte le leggi di natura. Tutte le forze e le particelle fondamentali, tutte le leggi che governano la vita ad ogni livello dell’universo, hanno la propria sorgente unificata nel campo unificato. Ciò rende il campo unificato il campo di intelligenza più concentrato in natura. Intelligenza non materiale, dinamica e autocosciente, e queste sono le proprietà del campo unificato.

Ma tutto questo lo stiamo scoprendo per la prima volta noi? No, non esattamente, dato che già i Vedici sapevano queste cose circa 4000 anni fa. E quindi come si è persa questa conoscenza?

Le tecniche per sperimentare la pura coscienza, la conoscenza illimitata, possono essere facilmente perse, non perché siano complicate o difficili, ma perché sono molto sottili, e per trascendere e sperimentare la consapevolezza illimitata la coscienza deve acquietarsi completamente, e se cerchi di fare tale esperienza non ci riuscirai mai, perché provarci comporta uno sforzo e lo sforzo mantiene la consapevolezza attiva, impedendo alla comprensione di espandersi. A puro scopo esemplificativo basti pensare ai Monaci Shaolin, ed alla vita che conducono per giungere a livelli di abilità e coscienza per noi inimmaginabili.

L’esperienza della pura coscienza trascende qualsiasi religione o filosofia, è tanto scientifica quanto religiosa. In fondo è soltanto una modalità di funzionamento del cervello, associata alla massima espressione della comprensione, ed è l’esperienza diretta e soggettiva del campo unificato di tutte le leggi di natura scoperte dalla scienza. È religione? Forse, ma è anche scienza, pertanto non ci sarebbe ragione per escluderla dall’istruzione scolastica, e se non lo faremo otterremo gli stessi risultati a noi ben noti, con una bassissima percentuale di sviluppo generazionale del potenziale mentale ed ulteriori generazioni che conosceranno guerre, terrorismo, crudeltà, e continuerà così finché non verrà sperimentata l’unità fondamentale della vita ed il cervello sarà propriamente sviluppato.

Mentre scrivo questa nota penso al principio di indeterminazione di Heisenberg il quale, corroborato nella realtà sociale dall’Effetto Hawthorne, dice banalmente che l’osservatore influisce sull’osservato e mi chiedo quanto, e cosa, sto trasmettendo a Te che mi stai leggendo e quindi osservi i pensieri che sto esprimendo incapsulandoli nelle mie parole. Anche se entra in azione la dimensione tempo, dato che siamo asincroni (io sto scrivendo nel Tuo passato, Tu mi leggerai nel mio futuro) ciò è in parte vero, ma solo in parte, perché ad un livello di prospettiva più profondo, infatti, l’osservatore non può più esistere come separato dall’oggetto osservato.

Oggi la realtà della vita è unità totale, il campo unificato che unisce osservatore ed oggetto osservato in una totalità indivisibile. Scientificamente, la chiamiamo teoria della misurazione quantica, ed è l’inseparabilità ultima di osservatore e oggetto dell’osservazione. Nel linguaggio della scienza e della coscienza la chiamiamo l’unità del conoscitore e dell’oggetto della conoscenza in una struttura indivisibile di conoscenza pura, l’esperienza del proprio sé, dell’Ātman.

E cosa è il sé? Il sé, la coscienza, la nostra stessa soggettività, è quell’aspetto della nostra vita che non è mai cambiato. Per quanto sia intangibile e difficile da toccare, è un aspetto della nostra esperienza che è con noi dall’infanzia. Per quanto i nostri amici siano cambiati, così come i nostri pensieri ed i nostri corpi (di solito in peggio), quella cosa che dà continuità alla nostra esperienza è la nostra coscienza, la nostra soggettività, l’Ātman, il Sé, e il nostro Sé, in ultima analisi, è lo stesso per me e per te, ed è questo campo unificato che l’odierna scienza sta riscoprendo che è essenzialmente il creatore dell’universo.

Comunque, esistono infinite verità diverse e parallele, perché l’universo è strutturato in una gerarchia di livelli; il livello atomico ha la sua verità, il mondo nucleare ha una sua verità, completamente diversa ma coesistente. Entrambe sono valide e coerenti con sé stesse, quindi esiste la verità della diversità, in cui l’osservatore e l’oggetto dell’osservazione sono due entità separate, e c’è la verità più profonda dell’unità, dove non c’è separazione tra l’osservatore e l’oggetto dell’osservazione. Quindi possiamo parlare di vita ad ogni livello, ogni livello è valido ma in questa era scientifica il livello più profondo è quello dell’unità.

Nel momento in cui Tu riesci a concepire Te e me come uno, non perdi la coscienza del fatto che siamo anche separati. Acquisisci l’informazione che la diversità è data da livelli diversi. A livello fisico, Tu ed io siamo separati, Tu hai un aspetto diverso dal mio, ma ad un livello più profondo noi abbiamo un’origine comune, ed è il campo unificato, scientificamente provato per essere l’origine di Te, di me, degli atomi che ci compongono e delle stelle che li hanno prodotti dal big bang in poi, la sorgente della forza di gravità, dell’elettromagnetismo, la sorgente dei quark e dei leptoni. Tutto nell’universo ha un’origine comune, quindi se guardiamo al livello più profondo possibile in ultima analisi scopriamo un universo unificato, di cui Tu sei un’onda, io sono un’onda, siamo soltanto frequenze vibrazionali diverse, le frequenze naturali di riverberazione di questo campo unificato.

L’intero universo è una sinfonia. Le varie armoniche, le fondamentali, le armonie di un oceano universale di coscienza in movimento.

E tutto questo avviene alla scala di Plank, quella piccola scala, dieci milioni di milioni di volte più piccola del nucleo atomico, dove tutte le forze si uniscono, dove tutte le particelle si uniscono, dove Tu ed io siamo una sola realtà, dove la distanza e la causalità non esistono più. È una totalità unificata e indivisibile, l’unità della coscienza, il campo unificato delle leggi naturali.

di Antonino Trunfio

  • Università di Al Romàh, 12 aprile 2051
  • Lezione di Storia Moderna

Titolo: sparizione di una civiltà titolo

Scrisse così il filosofo spagnolo G.A.Nicolàs: Chi ignora le lezioni della Storia, e’ condannato a ripeterle”. Ho scelto questa citazione per iniziare questa lezione, perché proprio grazie a quanti vissero e prosperarono nella plurimillenaria civiltà precedente, ignorando le lezioni della loro stessa Storia, che oggi noi li abbiamo sostituiti e scacciati dalla nostra penisola El-Hital.

Vi parlerò quindi delle circostanze, degli eventi, dei protagonisti, ma soprattutto delle ideologie, che hanno portato all’autodistruzione la civiltà precedente, lasciando il posto alla nostra gloriosa civiltà con le sue arcaiche tradizioni e costumi.

Finalmente oggi la religione è lo Stato, e lo stato è la religione.

Nella civiltà precedente, quella che alcuni storici, per fortuna ormai spariti pure loro, amavano chiamare civiltà “giudaico cristiana”, dovete sapere che non era così.

Infatti, limitandoci al periodo che va dal 1945 al 2021, la civiltà italica impegnò i primi 25 30 anni per rinascere dalle macerie della guerra, e godere persino di uno sviluppo strabiliante, che ne fece la quarta potenza industriale del mondo. In quel trentennio, in effetti la gente era libera di lavorare, intraprendere, inventare, costruire, assumere, arricchirsi, fare famiglia e figli, aspirare a fare le vacanze, coltivare i propri hobbies, viaggiare. E per religione la gente non aveva lo stato ma Dio.

Sempre i soliti storici di quel tempo, denominarono ” boom economico” quel periodo. Quasi un nefasto presagio di quello che da lì a qualche decennio sarebbe stato un boom nel senso di disastro.

Le cronache di quegli anni non indicano un momento preciso, in cui dal boom economico la direzione di marcia fu invertita verso il boom, e basta. Alcuni lo fanno risalire al 2001 col passaggio dalla lira all’euro; altri al 1971 col divorzio tra la Banca d’Italia e il Ministero del Tesoro; altri, ancora più indietro fino al 1957, anno di istituzione della CEE, che sarebbe poi diventato il mostro UE. Non ultimi e non a torto, ci sono pure quelli che la sparizione della civiltà italica, la fanno risalire al 1861 anno di consacrazione del rito dei riti nazionali: l’unità di Italia. Guerra di invasione, saccheggi, orrori spacciati dalla propaganda prima monarco-fascista, poi repubblicana, per sollevazione popolare da Palermo a Torino, che mai fu. Ma siccome questo è un corso di Storia Moderna, limitiamoci al periodo più recente, quello repubblicano.

Dovete sapere che boom economico e tracollo finale, ebbero inizio quando a guerra terminata, impiccato il duce e i suoi gerarchi a Piazzale Loreto, indisturbate proseguivano le sanguinarie scorrerie dei partigiani, a caccia dei fascisti e dei loro fiancheggiatori o presunti tali (2013 “Il Sangue di vinti” G.Pansa).

Partigiani e no, che tra pseudo cattolici di un’epoca, ancorché velatamente, post-cristiana alla De Gasperi, e bolscevichi di varia gradazione dai Togliatti agli Amendola, dai Nenni ai Pertini si ritrovarono a spartirsi le spoglie di un paese devastato – nihil sub sole novi – dal socialista precedente, Benito Mussolini.

Per la spartizione concordata devono dirottare il paese dalla Monarchia alla Repubblica. Ricorrono a uno dei loro cavalli di troia preferiti, il referendum popolare, i cui esiti ufficiali sono noti (54,3 per la repubblica contro un 45,7 favorevoli alla monarchia – con un 11% di astenuti sul totale degli aventi diritto), meno noti e mai completamente chiariti restano gli esiti ufficiosi, che i brogli elettorali di quel referendum oscurarono per sempre. Era in fondo, solo l’inizio del paese dei misteri.

Inaugurata la gloriosa era repubblicana, serviva ammansire le masse con una costituzione che fosse la più bella del mondo. In effetti il 1.1.1948 venne approvata una raccolta di auliche declamazioni e giulive esortazioni, giusto 100 anni dopo lo Statuto Albertino del 1848.

139 articoli in tutto, all’apparenza innocui e persino ispirativi, dove già alligna il gene del totalitarismo democratico, quello che per perpetuarsi, si fonda sul – uno vince e l’altro perde; uno è comunista l’altro democristiano; uno è lavoratore e l’altro datore di lavoro, uno è povero e l’altro è ricco; uno è credente e l’altro resta ateo, uno è del nord e l’altro è un terrone. In fondo una riedizione multivariata dei più famosi Guelfi e Ghibellini di otto secoli prima.

E così di elezioni in elezioni, di referendum in referendum, di governo in governo, quei 139 articoli vengono declinati in diluvi ininterrotti di leggi per ogni ambito dell’universo mondo. Col risultato che ad affermarsi anziché lo stato di diritto è solo il diritto dello stato, cioè dei suoi burocrati e peones.

Eppure ” Corruptissima res pubblica plurimae leges” Corruptissima res pubblica plurimae leges” (Annales, Libro III, 27), l’ammonimento di Tacito risale a ventuno secoli prima. Ma niente da fare, la legiferazione prolifica di pari passo con l’estendersi e l’aggravarsi della corruzione ad ogni livello.

Così anno dopo anno, la già moribonda repubblica italiana riusciva persino a posizionarsi tra i paesi peggiori del mondo, per corruzione pubblica, libertà di informazione, giustizia, libertà economica, e altro ancora.

E di anni ne sono passati 76, dal 1945 al 2021. Anni d’oro pochi, di piombo alcuni, di sangue e miseria tutti gli altri. Si è visto di tutto: dal terrorismo rosso e nero alle stragi di stato; dalla loggia P2 al sequestro Moro; dalle emergenze sismiche a quelle della mafia; da tangentopoli agli scandali della magistratura; dagli appalti pubblici truccati alle lenzuola d’oro; dai ponti crollati ai banchi a rotelle; dalle ondate dei diseredati in ingresso, alle ondate di cervelli in uscita, accompagnate da tutti coloro che potendo si allontanarono dal manicomio di Mameli.  

A chi decideva o era costretto in quegli anni a restare, erano tuttavia concesse due possibilità: vivere del proprio o vivere sulle spalle altrui. Gli economisti di regime e i fenomeni della politica dell’epoca in effetti avevano stabilito, per legge sia chiaro, che quelli che avevano scelto di vivere del proprio potevano essere allegramente depredati del 60, 70 % dei frutti del proprio lavoro.

Con lo strabiliante risultato che aspirare al parassitaggio divenne la prospettiva più allettante per la maggior parte degli italiani.

Un vero successo misurato dalla lunghezza di certe code: quelle dei mendicanti di sussidi e provvidenze, quelle degli aspiranti a una pensione di invalidità o reddito di sudditanza; quelle soprattutto alle mense della Caritas.

A onor del vero, bisogna ricordare che un posto pubblico a vita, al catasto o all’Inps, non si negava ai meno sfortunati.

E così le crescenti masse di questuanti ridotti a utili idioti non potevano che assecondare ancora di più il loro benefattore supremo: lo stato. E giù tutti a gran voce da ogni angolo della penisola: meno male che c’è lo stato!!! Senza lo stato chissà che miseria e che anarchia!!!

Ma siccome la realtà non si piega alla stupidità delle masse, tanto meno asseconda la saccenza dei potenti, al minimo segnale di fallimento dello stato e dei suoi mirabolanti interventi, si levava alto nei cieli della penisola “biancorossoeverdone” un grido unanime: “ci vuole una legge”.

Basti ricordare che era stata creata un’apposita commissione parlamentare di inchiesta, chiamata “Vuoti legislativi”.

Commissione tra le più instancabili e meritorie della storia repubblicana. In grado di intercettare con modi leciti quali inchieste, indagini, sondaggi, e modi meno leciti quali delazione, bustarelle, qualsiasi centimetro di vita individuale o collettiva, ancora libero da regolamentazioni statalizie.

Di sondaggio in sondaggio, di delazione in delazione, non passava giorno che la commissione parlamentare “Vuoti legislativi” non avesse il soggetto per un nuovo decreto, decretino, leggina.

  • Troppi schiamazzi al centro della città? subito pronto il titolo per il decreto “il silenzio è d’oro”;

  • Disoccupazione al limite e ordine pubblico a rischio? nessun problema. Pronto il titolo per un altro decreto: “resta a casa”

  • Reddito di cittadinanza insufficiente? Subito pronto il “porta pazienza”

  • Troppi incidenti sul lavoro? “Fermiamo il lavoro” già alle camere

  • Troppi incidenti domestici? decreto “Sfratto in un click”. Un solo articolo dal testo lapidario: vietato rimanere o rientrare a casa.

  • Troppi incidenti stradali di minorenni? camere già a lavoro al decreto “Basta minorenni”

  • Troppi terremoti, alluvioni, frane? Dissesto idrogeologico al limite? licenziato d’urgenza l’apposita legge “Una baracca è per tutti”

  • Troppo inquinamento? Ma che problema c’è? “Basta ossigeno” anche questo un solo articolo: si considera inquinamento solo un tasso di ossigeno pari a zero.

Dei 945 mandarini del parlamento nazionalpopolare, tutti agiatamente incollati agli scranni dei palazzi della città un tempo chiamata Roma, le fonti storiche non ci riferiscono di nessuno tra loro che abbia osato opporsi allo scempio, e magari chiedendo la parola abbia eventualmente detto: esimio presidente, onorevoli colleghi, basta con ste cagate!! non vi sembra giunta l’ora di finirla? Mai, nessuna traccia.

E via con un nuovo numero della Gazzetta Ufficiale, l’ultimo dei quotidiani ancora in edicola, ma distribuito non a caso dalle panetterie, visto che le leggi venivano sfornate come sfilatini.

Nulla più era rimasto che non fosse stato regolamentato e quindi tassato. Ma che importa? si dicevano tra loro gli italiani, eroicamente intortati dalla stampa di regime e dai media sussidiati: lo stato siamo noi; lo stato ci difende; lo stato pensa a tutto; come faremmo senza lo stato?

Ormai vittime sacrificali della loro stessa stolida fede nel dio stato, catene alle caviglie e ai polsi, mancava loro l’ultimo anello: quello della mente.

Serviva uno scafandro, una cella senza sbarre, un gel mummificante, come fare? Ci pensa la “Vuoti Legislativi” col suo colpo di genio: COVID19

Quale miglior alleato per spiegare 75 anni di devastazioni politiche, 69 inconcludenti governi, 1250 annunci di riforme mai effettuate?

Quale più verosimile giustificazione per i 2 mila e 600 miliardi di debito pubblico e una tassazione tipo sovietico? Quale più alta prova di missione umanitaria per un tasso di natalità finito sottozero? e quale scusa migliore per giustificare10 milioni di poveri, 21 milioni di pensionati, 10 milioni di sussidiati a vita, 8 milioni di disoccupati, un’economia definitivamente liquefatta?

COVID19: il mantra dei mantra, il totem dei totem.

Scese il sipario su quella che era ormai una landa desolata, popolata da milioni di zombies, dove alcuni per tornare al lavoro manifestavano contro coloro, che per vivere non avevano mai avuto bisogno di lavorare, ma solo necessità di difendersi coi mercenari pagati giusto da coloro che manifestavano.

Alla dabbenaggine di quegli zombies, alla codardia e alle ignobili ideologie dei loro beniamini della politica, dobbiamo oggi il fatto di essere in questa aula di questa rinata nazione ribattezzata El-Hital con capitale Al Romàh, ricostruita città eterna, dove alte svettano le torri della nostra civiltà al posto dei campanili del passato.

Se non ci sono domande la lezione termina qui

di Enrico Clerici

Fino a che punto la scienza restera’ al servizio dell’uomo e non gli si rivoltera’ contro?

Questa domanda se la poneva Giorgio Bocca diversi anni or sono e forse anche oggi non siamo ancora riusciti a dare una risposta.

Premetto che chi scrive, anche se nella vita ha svolto mansioni diverse, è un sostenitore dello sviluppo tecnologico, ritenendo che tale aspetto sia talmente insito nella curiosità dell’uomo che non se ne possa assolutamente prescindere.

E d’altra parte, il motore della vita è proprio la curiosita’. In psicologia, la curiosità viene definita come il desiderio di curiosità, colmare un vuoto, avere informazione e stimoli mentali nuovi, mossi da motivazioni intrinseche (interne). Einstein a tal proposito ebbe a dire: “L’importante e’ non smettere di fare domande…Non perdere mai una sacra curiosita’”.

E, quindi, fino a che punto può spingersi la curiosità dell’uomo, senza varcare quei limiti che sono imposti dall’etica e/o dalla morale?

Infatti – secondo quanto asserisce la Dott.ssa Grigis – può esserci anche una curiosità “negativa”, che altro non è che quella volta ad ottenere informazioni per poi utilizzarle per secondi fini, che appunto, non sono etici

Ma anche sui termini etica e morale dobbiamo fare una riflessione.

I termini “etica” e “morale” hanno senz’altro una radice etimologica comune. Infatti con la prima delle due parole, dal greco antico  ἦθος  (trasl. êthos), intendiamo «carattere», «comportamento», o, anche «costume», «consuetudine», «abitudine» (ἔθος – trasl. èthos). Con la seconda, allo stesso modo, intendiamo costume (dal latino: moralis, da mos, moris). Il primo a coniare la parola “morale” fu Marco Tullio Cicerone, rifacendosi appunto al greco  ἠθικός (etikòs), che come si è visto a sua volta è derivato di ἦθος (êthos).

Ma i due concetti variano moltissimo in filosofia. Infatti, i due termini hanno seguito percorsi linguistici divergenti e, pertanto, non si possono usare i in maniera indifferente ed occorre comprendere quando è meglio parlare di “etica” e quando invece dovremmo parlare di “morale”. Del resto, Wittgenstein diceva che tutti i problemi filosofici in realtà sono problemi linguistici. 

Anche nella nostra Costituzione si parla di morale e precisamente agli artt. 13 – 29 – 48.

Nell’art. 13 laddove si asserisce: “È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”.

Nell’art. 29 laddove si asserisce: “Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

Nell’art. 48 laddove si asserisce: “Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.

Ma perché i Padri Costituenti hanno usato il termine morale, piuttosto che il termine etica?

Come osserva il Prof. Mons. Samuele Sangalli, Docente titolare dei Corsi liberi di “Etica delle professioni” nel Dipartimento di Giurisprudenza, di “Global governance through Interreligious Dialogue”, presso l’Università LUISS, in un’intervista concessa a Paolo Fontana, “tra i due vocaboli, “morale” è quello rimasto più fedele all’accezione etimologica originaria. Sulla scia di “mos” indica tuttora un sistema codificato di comportamenti riconosciuti da una comunità. Ne consegue che con il termine “morale” si intende un comportamento valutabile in termini di valore e di conformità. Un concetto assimilabile al c.d. “buon costume”

(fonte: https://www.iurisprudentes.it/2015/09/09/etica-e-morale-differenze-analogie-puntualizzazioni-lessicali-per-una-corretta-analisi-quale-destino-nel-deserto-del-nichilismo/ ). 

In altre parole, oggi, con il termine etico si intende per lo più il comune sentire di un determinato popolo in un preciso periodo storico. Ciò sta a significare che con questa parola si fa riferimento a quel ramo della filosofia che analizza il comportamento ritenuto corretto, il modo di pensare e dei valori giusti che si dovrebbero seguire in qualsiasi circostanza.

Diversamente con il termine morale facciamo riferimento maggiormente alla spiritualità trasfusa in un’istituzione religiosa. Anche se questa caratteristica può limitarsi ad uno degli aspetti che la parola significa.

In questo primo caso, l’efficacia della norma proviene in assoluto da Dio. Ma esiste anche un secondo tipo di norma morale, quella laica, dove le norme si basano sulla natura dell’uomo. Ma in questo senso, a parere dello scrivente, rientriamo più nel concetto di etica.

Questa, infatti, si sofferma maggiormente sul senso dell’esistenza dell’uomo, sul suo significato esistenziale, sulla vita di ogni singolo individuo in rapporto con la comunità.

Ma oggi si affaccia una nuova problematica che si affianca a quella esistente tra diritto e morale, intendendosi con il primo i principi etici del comportamento umano inseriti in norme comportamentali per lo più cogenti, che – come sostiene l’Antolisei richiamandosi a quella dottrina del pensiero giuspositivista – prescinde da qualsiasi valore morale, dovendosi far riferimento a quella definizione di etica più sopra data. Stiamo parlando del rapporto tra etica e tecnologia.

A tale proposito, il futurologo Gerd Leonhard, pronunciandosi su questo annoso tema, ebbe a dire testualmente: “Siamo in uno snodo cruciale nell’evoluzione tecnologica. Il cambiamento diventerà esponenziale, inevitabile e irreversibile. È la nostra ultima possibilità di decidere fino a che punto permetteremo alla tecnologia di plasmare le nostre vite".

In maniera più ottimistica (anche se discutibile), il Prof. Hiroshi Ishiguro, docente all’Università di Osaka e creatore di Geminoid, ritiene che gli umani dovranno imparare a convivere con i robot contribuendo insieme allo sviluppo della società del futuro. Ed alla domanda di un intervistatore che si poneva il problema della robot-interaction, e quindi di poter interagire con una macchina che in qualche modo assomigli in maniera quasi perfetta ad un uomo, lo scienziato giapponese candidamente rispose: “Lei avrebbe paura di una sorella gemella?”

Sempre Gerd Leonhard, autore di “Tecnologia vs umanità – Lo scontro prossimo venturo” (Egea), ha espresso – secondo me – un punto assolutamente importante e direi nevralgico e cioè che il c.d. uomo della strada ha la convinzione e quasi la presunzione di ritenere che il futuro si possa estrapolare dal presente e persino dal passato, ostinandosi a credere che ciò che è stato, sarà.

La crisi dei valori morali ed economici nasce anche da quest’idea di ribellione al rinnovamento ed al cambiamento.

È sicuramente vero che fino a 100 anni fa, il progresso scorreva sempre inesorabile ma lentamente e le persone avevano più tempo ad abituarsi e ad accettarlo.

Il secolo scorso è stato definito il secolo breve. Infatti, è assolutamente direi quasi traumatico vedere la vita comune come si svolgeva nel 1900, nel 1950 e nel 1999.

Pensiamo ad esempio all’invenzione dell’aereo.  È il 17 dicembre del 1903, quando i due fratelli statunitensi Orville e Wilbur Wright crearono il primo mezzo in grado di sollevarsi da terra e di volare in modo controllato grazie a un motore e lo fecero alzare in volo vicino alla cittadina di Kitty Hawk. Era il periodo dei c.d. assi delle macchine volanti. Spericolati piloti che riuscivano di fronte allo stupore di attoniti sguardi a far alzare di qualche metro un uccello metallico dall’incerto volare. L’8 novembre 1950, nel corso della guerra di Corea, il tenente Russell J. Brown della United States Air Force americana, ai comandi di un F-80, intercettò due MiG-15 nordcoreani vicino al fiume Yalu e li abbatté, nel primo combattimento aereo tra jet della storia.

Nel 1998, si tenne il lancio del primo modulo della Stazione Spaziale Internazionale.

Il nuovo secolo è stato ancora più veloce… pensiamo all’evoluzione del cellulare fino ad arrivare agli smartphone più recenti.

E dell’AI? Che dire? Cos’e’ il machine learning?

Il machine learning, che in italiano possiamo tradurre come apprendimento automatico, è una particolare branca dell’informatica che può essere ritenuta connessa strettamente all’intelligenza artificiale. Anzi, potremmo dire che è un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale, che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano.

L’intelligenza artificiale diversamente è una locuzione che fa riferimento a sistemi o macchine che imitano l’intelligenza umana. Pensiamo a quegli umanoidi così ben descritti dallo scienziato Isaac Asimov nel suo “I, Robot”

I termini apprendimento automatico e intelligenza artificiale vengono spesso utilizzati come sinonimi, ma ciò non è propriamente corretto. Per essere ancora più precisi, dobbiamo far riferimento a tre diversi tipi di terminologia:

Intelligenza Artificiale: quando una macchina imita il comportamento umano

Machine Learning: consiste in tecniche che consentono ai computer di comprendere le cose dai dati e fornire applicazioni AI.

Deep Learning: quando la macchina esegue e risolve problemi piu’ complessi

Limitiamo il discorso all’intelligenza artificiale, che abbiamo visto essere quella scienza volta alla realizzazione di macchine in grado di risolvere problemi che fino ad oggi erano di esclusivo dominio dell’intelligenza umana. In una bellissima trasmissione di Rai 1, “Codice” condotta dalla bravissima giornalista Barbara Carfagna, si faceva una riflessione che sembra piuttosto semplice, ma che tuttavia non è di così immediata intuizione. Nel comune sentire, tutti pensiamo ai robot come a quelle macchine che hanno fattezze umane. Ma in realtà non è assolutamente così. Quando usiamo la carta di credito per pagare, quando cerchiamo informazioni su qualche motore di ricerca del web, quando chiediamo all’assistente virtuale del nostro cellulare di chiamarci un numero di telefono memorizzato, quando usiamo uno dei tanti social media per interagire con i nostri amici sparsi nel mondo, ebbene, utilizziamo l’intelligenza artificiale e quindi robot. Qualunque sia il modello di business e l’ambito applicativo, l’intelligenza artificiale può ottimizzare le operazioni, renderle più efficienti, migliorare le decisioni dei professionisti del settore e creare nuovi servizi e modalità di lavoro.

In un articolo apparso su Science, Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione a capo del Digital ethics lab dell’Università di Oxford, ha scritto che “Una forza potente che sta rimodellando pratiche quotidiane, interazioni personali e l’ambiente”, avvertendo e quasi ammonendo che più di qualsiasi altra nuova tecnologia, l’AI necessita di tutto un apparato etico, idoneo a tenerla sotto controllo e aiutarci a sfruttarne il potenziale.

Uno dei rischi più grossi è il deskilling, la possibilità cioè, che gli esseri umani si abituino a delegare alcune importanti funzioni ai robot, perdendo così la capacità di svolgere compiti importanti.

E alla preoccupazione del prof. Floridi, si aggiunge anche quella di Alexandros Kalousis, docente di Data Mining e Machine Learning presso l’Università di Scienze Applicate della Svizzera occidentale, il quale constata con preoccupazione: “"L’intelligenza artificiale è ovunque e sta avanzando velocemente; tuttavia, molto spesso gli sviluppatori di strumenti e modelli di IA non sono veramente consapevoli di come questi si comporteranno quando saranno impiegati in complessi contesti del mondo reale".

A tale proposito, basta menzionare gli incidenti come il tracollo di Google- Timnit Gebru, Cambridge Analytica, l’hack di Solarwinds e l’eccesso di sorveglianza, che diventano il risultato di trascurare il lato etico dell’IA nel corso degli anni.

Come osserva anche la ricercatrice Aparna Ashok, che nel 2018 ha sviluppato e perfezionato un documento che potremmo definire un codice dei "Principi etici per la tecnologia umana", al fine di “creare un linguaggio comune per riflettere sulle implicazioni relative all’umanità all’interno del processo di progettazione del prodotto." 

Da questo importante rapporto, la ricercatrice è stata particolarmente attenta ad osservare il fenomeno sempre meno etico delle aziende di incamerare ed utilizzare una grande quantità di dati, analisi e potenza di calcolo per costruire sistemi accurati. Spesso non curanti dell’impatto che queste decisioni possano avere nella vita reale sugli esseri umani.

Ma qualcosa si sta muovendo anche in questo campo.

Ad esempio, nel campo della robotica, esistono linee guida come il progetto chiamato “P7000”, elaborato da IEEE (la più grande organizzazione professionale tecnica del mondo dedicata al progresso della tecnologia a beneficio dell’umanità) che “stabilisce una serie di processi mediante i quali le organizzazioni possono includere la considerazione dei valori etici umani durante le fasi di esplorazione e sviluppo del concetto. Questo standard supporta la gestione e l’ingegneria nella comunicazione trasparente con le parti interessate selezionate per l’eliminazione dei valori e la definizione delle priorità. Implica la tracciabilità dei valori etici attraverso un concetto operativo, proposte di valore e disposizioni di valore nella progettazione del sistema. Lo standard descrive i processi che forniscono la tracciabilità dei valori etici nel concetto di operazioni, requisiti etici e progettazione basata sul rischio etico. È applicabile a organizzazioni di tutte le dimensioni e tipi che utilizzano i propri modelli di ciclo di vita”.

(fonte: https://standards.ieee.org/project/7000.html)

Insomma, Filosofia ed Etica devono in qualche modo conciliarsi con lo sviluppo tecnologico, anche se può sembrare un ossimoro un tale accostamento.

Infatti, anche se risulta essere molto difficile se non impossibile tentare di Insegnare la moralità alle macchine in modo da comportarsi tecnologicamente in modo etico, in quanto non trasformabile la moralità in un algoritmo che possa essere compreso da un computer, diventa indispensabile che i ricercatori e gli esperti di AI trasformino i valori etici in parametri quantificabili. In altre parole, devono fornire alle macchine le capacità necessarie atte a far loro assumere regole decisionali capaci di interpretare correttamente il dilemma etico che potrebbero incontrare. Ma in tal senso sorge un ulteriore problema: la necessità che gli esseri umani siano d’accordo tra loro sulla linea di condotta più etica in una determinata situazione.

Che fare allora?

Gli ingegneri devono iniziare col raccogliere dati sufficienti sugli aspetti etici, in modo che i robot vengano indotti, attraverso complicati algoritmi di intelligenza artificiale, a comportarsi in modo adeguato. Naturalmente occorre partire da dati il più imparziali possibile che prendano forza dalle definizioni comuni dei valori etici per arrivare ad una loro buona standardizzazione, tale che permetta ad un sistema di intelligenza artificiale di superare quella difficoltà ad interpretare modelli di dati imparziali.

Ne è un esempio il progetto definito della macchina morale elaborato dal MIT, una piattaforma che presenta i dilemmi morali di un’auto senza conducente che deve affrontare per scegliere il minore dei mali, come ad es. se uccidere due passeggeri o cinque passeggeri. L’osservatore deve esprimere la propria idea su quale rischio sembri il male minore.

Diversamente a quanto accadeva in tempi passati, nei quali un ingegnere si sarebbe preoccupato di sviluppare un algoritmo in maniera funzionale, senza farsi tanti problemi di carattere etico, oggi gli scienziati, tecnologi e progettisti si trovano ormai davanti alla sfida urgente di affrontare l’innovazione in maniera consapevole. Si sentono responsabili non solo del buon funzionamento delle tecnologie, ma anche delle loro conseguenze, come asserisce Paolo Volontè sociologo e coordinatore di Meta, l’unità di studi umanistici e sociali su scienza e tecnologia del Politecnico di Milano, dove proprio lo scorso febbraio è partito il primo insegnamento universitario di Ethics for technology.

Diventa sempre più reale e concreto il pericolo che le nuove capacità tecniche volte all’espansione dell’io portino a conseguenze sempre più complesse ed imprevedibili, fino all’estremo della possibile futura “Singolarità tecnologica”, conducendo alla completa inaffidabilità di nuovi modelli etici. Ciò potrebbe causare la rottura con la tradizionale idea di coscienza e con il suo supporto biologico.

Si incontreranno, quindi, sempre più difficoltà a conciliare tali nuovi aspetti con gli antichi valori, dominati da una possibile interfaccia biologico-informatico.

La società descritta da Baumann torna alla ribalta. Anzi una società tecnoliquida, neologismo che specifica perfettamente l’uomo digitale 2.0 che caratterizza quella società che lo stesso sociologo definisce liquida.

Secondo Baumann, l’uomo moderno vive una vita sociale instabile. Ciò perché è sbattuto dagli eventi e da cambiamenti imprevedibili, che lo rendono incerto nella routine della sua antica esistenza. Vengono a mancare certezze e punti di riferimento. Secondo il sociologo polacco, questa confusione soprattutto a livello intellettivo dipende dalla diffusione e dal potere assunto dalla tecnologia nel mondo moderno. La tecnologia ha portato ad una globalizzazione con tutti i problemi ad essa connessi: incontro di usi, costumi, culture molto diverse alle quali gli esseri umani non vogliono rinunciare, nonostante siano in parte consci che aver reso il mondo più piccolo comporta rinunce più grandi.

La tecnologia ha accelerato la mobilità e l’interazione, ma parallelamente ha deregolamentato e flessibilizzato il mercato, aumentato povertà, la disuguaglianza e creato inevitabile disoccupazione. A confondere ancor più l’uomo moderno, è stato il fenomeno della trasformazione dei legami sociali in virtuali, destrutturando sempre più la stessa vita sociale e portando la tradizione a sconfinamenti sempre più reali.

La società moderna percepita non è più regolata né da confini né da barriere, ma diventa instabile e friabile nella sua continua mutevolezza e virtualità da cui genera incertezza e provvisorietà. Occorre assolutamente che nell’immediato futuro si venga a creare una stretta connessione fra etica, diritto, e tecnologia. E a tale proposito bisogna che tale sinergia coniughi tre funzioni:

1. Divenire consapevoli di quanto la tecnologia digitale e l’IA vada ad impattare sulle professionalità pubbliche e private, specie quelle che potranno influire particolarmente sui diritti dei cittadini e delle imprese;

2. Concepire l’elaborazione di una normativa primaria che vada a regolare tutti gli aspetti della tutela dati personali e più in generale dell’economia digitale;

3. Attento controllo sulla funzione di rule making, che dovrà fondarsi sulla conoscenza della realtà che evolve, non su di una sua rappresentazione meramente virtuale.

Queste tre funzioni dovranno sottostare a due funzioni di importanza vitale: una formazione adeguata e la previsione di sanzioni idonee ad evitare tutti quei facili abusi che il mondo tecnologico può introdurre in maniera innovativa nel mondo sociale.

Tutto ciò sarà indispensabile per responsabilizzare tutti quegli operatori che – sia nel pubblico sia nel privato – sono chiamati a prendere decisioni con l’ausilio di tecnologia digitale e di IA. Non si dovrà in alcun modo permettere che le istituzioni in questione possano divenire facile espressione di una tecnocrazia prevaricante.

La tecnologia incide sempre più nella vita quotidiana di ogni individuo. Nel fantastico mondo di internet, la IA e il Machine Learning possono facilmente trasformarsi in uno strumento per diffondere notizie false o per violare, profilando gli utenti, i diritti essenziali degli individui.

Ma anche il mondo del lavoro potrà subire mutazioni non indifferenti per colpa della o grazie alla tecnologia. Saranno cambiati i ritmi di lavoro, incidendo in maniera cospicua sull’occupazione.

Potrà, però, diventare anche un mezzo per fornire all’uomo ausili da parte di macchine “intelligenti” in grado di intervenire in maniera positiva nel mondo della scienza, della medicina, della produzione, dei trasporti, persino della vita quotidiana.

Attenzione però ai rischi connessi al “controllo sociale” e al diritto alla privacy. 

Necessiterà, quindi, una regolamentazione nel rispetto dei principi costituzionali e delle norme civili e penali che dovranno essere formulate in maniera adeguata al veloce mutamento sociale. In tal senso, tutti gli operatori del diritto dovranno sentire  il peso di questa grande responsabilità, avendo sempre presente che, al di là del fascino che la tecnologia può esercitare sugli esperti,  il cittadino viene e verrà in ogni caso prima di tutto.

di Lucia Giuliano

Appena sentito alla radio che il Comitato Tecnico Scientifico sta ridiscutendo i parametri per determinare i colori delle regioni.
Praticamente, con l’arrivo della bella stagione, il virus fisiologicamente tende ad affievolirsi, lo abbiamo visto l’anno scorso, di conseguenza per riuscire a mantenere lo stato di emergenza e continuare a limitare diritti e libertà dei cittadini, cambiano di nuovo i parametri di valutazione, non si guarderà piu infatti all’indice RT d’ora in avanti, poiche è destinato a scendere drasticamente con l’estate in arrivo, ora si deciderà in base alla percentuale di va**inati nella regione e al numero di persone ricoverate.
Lo capite o no ancora?
Ogni volta che non hanno più i numeri per tenerci chiusi, cambiano i parametri.

Ripercorriamo le fasi della “pandemia” e i vari cambi di parametri di valutazione⬇️

Allora, all’inizio la scusa per adottare restrizioni e reprimere diritti e libertà dei cittadini era il fatto che le terapie intensive erano sovraffollate e bisognava contenere il contagio per permettere che si calmasse l’emergenza ospedaliera. (anche se ancora ad oggi non c’è nessuna prova scientifica, nessuno studio, che attesti la validità dei lockdown, del distanziamento e dell’uso delle mascherine per limitare la diffusione del virus)
Poi è arrivata l’estate, e come accade dall’alba dei tempi, con il caldo, il sole e la bella stagione, il co**d come qualsiasi altra influenza virale è andato indebolendosi, facendo svuotare di fatto gli ospedali, e nonostante l’aumento esponenziale del numero di tamponi giornalieri per trovare positivi, siamo riusciti a passare un’estate quasi normale. A quel punto non avendo più pretesti per continuare a reprimere il popolo e di fatto archiviare la democrazia, il CTS (Comitato tecnico scientifico) ha cambiato i criteri di valutazione, poiché a Luglio c’erano 3 persone in Italia in terapia intensiva, da settembre infatti non importava piu se le terapie intensive fossero piene o meno, per far riprendere le restrizioni si è introdotto un indice RT al di sopra del quale automaticamente queste scattavano.
Prima di Natale peró i contagi erano talmente bassi che si rischiava di passare un Natale normale, l’Italia era tutta zona gialla, a quel punto per riportarci agli arresti domiciliari si è deciso che bisognava cambiare nuovamente questi criteri, e si è abbassato l’indice RT, così facendo ci siamo fatti un bel 40 giorni segregati in casa.
A Febbraio, dopo essere tornati in zona gialla per 2 settimane e aver riassaporato un po di semi libertà, siccome l’indice RT non è più sufficientemente, per rimetterci gabbia, cambiano di nuovo i criteri di valutazione della situazione, a quel punto non importava se l’indice RT è sotto la soglia limite, bisognava anche valutare le varianti “pericolosissime” del virus e così da una settimana all’altra mezza Italia è tornata arancione, LOCKDOWN!
Ora cambiano di nuovo per avere la scusa di mantenere le restrizioni anche d’estate.
Praticamente è dall’aprile del 2020 che gli ospedali non sono più in emergenza, le terapie intensive sono state addirittura meno affollate degli scorsi inverni, dati alla mano, ma nonostante questo, dopo un anno siamo ancora qui a parlare di coprifuoco e limitazioni di libertà!
Chi non vede queste palesi evidenze, deve avere qualche problema cognitivo. Forse sarebbe il caso di iniziare a svegliarsi e rendersi conto che questa “emergenza” è strumentalizzata e funzionale ad un cambio totale e permanente di modello sociale.

Cit. Weltanschauung italia

di Lucia Giuliano

Mai e poi mai avrei immaginato, fino ad un anno e mezzo fa, ciò che saremmo diventati oggi.

Come persona dotata di buona razionalità, nessuna delle mie più fervide fantasie avrebbero potuto prendere il posto del mio senso critico nonostante, già da tempo, avessi annusato “qualcosa nell’aria”…

Sono laureata in Medicina e Chirurgia e in Scienze Tecnologiche Alimentari. Ho dato, con il massimo dei voti, materie come Microbiologia, Genetica Medica, e sono Specialista in Reumatologia.. Ho conseguito tre Master Universitari, e numerosi altri titoli ancora, che mi hanno formata con una visione olistica dell’uomo e del suo equilibrio. Una vita passata sui libri lavorando sodo tra i reparti di medicina generale, oncologia, pneumologia, medicina d’urgenza e pronto soccorso. Sul territorio in guardia medica, come medico di famiglia ed in emergenza territoriale, e cinque anni in psichiatria alla direzione di una struttura per disabili psichici. Eppure, nulla di tutta questa esperienza professionale, oggi, vale  più del parere di un laureato in Scienze Politiche, di un avvocato e di un economista, che prendono in maniera delirante le redini di una nazione, già da tempo svilita, per consegnarla in pasto ad un mostro, creato sovvertendo tutte le leggi della medicina e della scienza in generale. E cosa ben più grave, lo stesso popolo che ai bar, per le strade, davanti alla tv, malediva il continuo ladrocinio di un’incapace classe dirigente politica,  oggi, si consegna spontaneamente alla gogna del mainstream e della propaganda dittatoriale, le cui fila sono mosse dalla stessa classe politica, la cui regia appartiene ai più elevati livelli di massoneria.

Così, la “ bravissima dottoressa”, tanto ben considerata e ben voluta, come altri colleghi certamente più valorosi e competenti (ed è questo che è veramente pazzesco e raccapricciante), viene trasformata dalla società che la circonda in una pazza visionaria,  le cui medaglie al valore, guadagnate durante una vita onestamente dedicata alla medicina, vengono sostituite dalle moderne  etichette di “ complottista, no vax, no mask, negazionista e quant’altro, per mano di un popolo incattivito, sicuramente stanco ma più ignavo che ignorante, incapace di argomentare.

Detto questo, potrei adesso parlare all’infinito delle numerose pazzie pseudo-scientifiche dalle quali siamo continuamente bersagliati, che hanno portato alla totale disgregazione della società, dell’economia, ed allo sconquasso delle più basilari leggi della medicina. Ma andiamo per ordine. Ad oggi, versiamo in uno stato definito di “pandemia”, sebbene non sia mai stato dichiarato neppure dall’OMS.

Da subito, o quasi ( perché prima occorreva favorire la diffusione del virus, provocare i primi morti,  l’angoscia nel popolo, poi distruggere i cadaveri ecc), il problema pandemico è stato affrontato con mezzi già discutibili ai più bassi livelli di prevenzione…le mascherine!

Per chi non lo sapesse, la mascherina più efficace e non comunemente in commercio è la N95, i cui pori non scendono sotto i 300 nanometri; le mascherine chirurgiche hanno pori di 700 nm e le FFP2 stanno a metà strada. Il virus SARS COV 2 ha dimensioni  che oscillano intorno i 140 nm . Le tanto decantate Spike, non superano i 20 nm. Bene, provate ad immaginare come tale virus possa essere fermato da “buchi” ben più grandi delle sue stesse dimensioni. Eppure, ancora oggi, si pretende il loro utilizzo, sebbene gli effetti collaterali da un impiego sconsiderato superino di gran lunga gli ipotetici benefici. Ma la cosa che fa più specie, è che a fronte di tutto ciò, dobbiamo considerare come le stesse mascherine si trovino spesso abbandonate ovunque, oppure, indossate e reindossate sino a vederle nere o macchiate di caffè sui volti, e come, la maggior parte delle persone non ragioni sul fatto che, se tale virus fosse veramente così contagioso ed aggressivo, basterebbe solo questo comportamento a fare estinguere il genere umano!

Vogliamo parlare del distanziamento sociale?

Sebbene teoricamente utile in tempi di epidemia, è certo che non avevamo bisogno di tanta rigidita’, imposizioni, in quanto il distanziamento, e’ comportamento comune tra le persone anche solo raffreddate. Sarebbe bastato regolarizzare in modo migliore le indicazioni e, il popolo, avrebbe mostrato davvero tanto senso civico, come ha fatto sin dall’inizio di tutto, e avrebbe, certamente, capito lo stesso. Invece, tale strumento di difesa istintivo e naturale, è stato inflazionato,  con l’unico scopo di determinare tra le persone diffidenza, anaffettività ed addirittura ostilità, sfociata talvolta in episodi di violenza. Ogni conseguenza è stata tesa a determinare il crollo dell’umana relazione, e cosi, a valle, di un effetto domino anche per il capitolare di un’ economia già zoppicante.  In paesi più evoluti, cito la Svezia solo come esempio, il distanziamento sociale è stato applicato solo per anziani e fragili, che sono stati invitati a vivere nelle  periferie delle città e in mezzo ai boschi, consigliati, nel limite delle possibilità, a svolgere attività all’aria aperta  per il tempo necessario.  Le classi sociali sane, invece, seppur con qualche limitazione per lo più legata al buon senso, hanno svolto le loro nomali attività, favorendo, come da secoli la medicina conosce, la cosiddetta “immunita’ di gregge”, con notevole depotenziamento dell’aggressività del virus.

La COVID 19, certamente, può essere una patologia estremamente pericolosa per l’uomo, ma non sarebbe stata così diffusibile nè tantomeno mortale, se si fossero adottati tutti i criteri scientifici e del buon senso atti ad impedirne i contagi. Si sarebbe dovuto favorire il rinforzo delle difese immunitarie con campagne di educazione di  vita all’aria aperta, movimento, attività sportiva, sana alimentazione, buonumore. L’uomo, per fortuna,  possiede già  i propri meccanismi di difesa contro le malattie da microrganismi, ragione per la quale, scrive la sua storia e non si è estinto insieme ai dinosauri. Infatti le prime vie aeree, con le loro secrezioni, gli epiteli, le IgA secretorie, ed il corredo di mezzi meccanici (es. le vibrisse nel naso, la tosse, gli starnuti) , riescono molto meglio di una mascherina, a gestire l’ingresso di virus e batteri. Ma  tali meccanismi sono stati pure tutti boicottati dall’utilizzo, fuori  logica, di un uso indiscriminato e ossessivo di disinfettanti personali ed ambientali. Persino starnutire o tossire sono atti resi quasi criminosi  o almeno  imbarazzanti.

In Italia, sappiamo come le persone siano state tutte isolate dentro casa, favorendo l’iperalimentazione e la sedentarietà, la depressione, la rabbia, la stanchezza e pertanto l’abbassamento delle difese immunitarie e l’innalzamento dell’indice di intolleranza nei confronti dell’altro. E’ stato registrato un incremento del numero di suicidi e di tentati suicidi addirittura tra i giovani, sempre più demotivati e frustrati e accecati da ore passate in DAD. I malati di COVID abbandonati a se stessi, con “vigile attesa e tachipirina”, si sono trasformati in decine di migliaia di morti che dovranno pesare sulla coscienza dei fautori di questo genocidio, ovvero, le classi dirigenti della politica, della sanità e delle forze dell’ordine, nonché di tutte le persone che hanno accettato tutto questo a testa bassa, desiderando addirittura  le frustate, a dorso nudo, in “nome di un bene superiore” ahimè inesistente. Mi viene da pensare che, se fosse sceso di nuovo Gesù Cristo sulla terra, nessuno gli avrebbe creduto, mentre un Governo più in malafede che idiota, ha preso letteralmente posto nella testa di moltissimi Italiani, riempendola di bugie, peraltro e per molti versi, alquanto fantasiose.

Considerate queste e moltissime altre cose, la ragione e l’intelligenza di base, mi portano  a pensare che sarebbe bastato potenziare l’assistenza domiciliare, permettendo ai medici di base  e le USCA di fare il loro dovere, ovvero, visitare i malati e prescrivere loro i giusti rimedi, prendendosi  carico di tutti gli aspetti legati alla prevenzione della trasmessibilità del virus. Forse, i posti nelle intensive, avrebbero dovuto essere potenziati; e dico forse, non a caso, perché, probabilmente, tutto cio’ non sarebbe stato necessario se avessimo lavorato bene. La gestione scellerata della sanità, sin dai primi accorpamenti e riduzione di posti letto con la Legge 5, ha preparato il terreno al collasso, già evidente durante la stagione influenzale e reso insostenibile dalla velocità della diffusione di un’epidemia troppo spesso ingigantita dai numerosissimi test farlocchi, tesi a dimostrare, con effetti speciali, la presenza di un virus mai sequenziato perche’ impossibile da sequenziare”.  Le decine di migliaia di morti non sono bastate a bloccare la pandemenza sociale, in quanto, il peso del giogo dell’angoscia, non ha permesso a molti di sollevare il capo e di vedere che oltre le proprie scarpe esiste il sole.  Ma l’onda anomala si spinge ancora più nell’entroterra, portando con gli obblighi vaccinali e i passaporti sanitari (conquistati come fossero il lasciapassare che sancisce il diritto di vivere) solo spettrale desolazione, fatta di sacrifici di gente normale e oggi resi macerie galleggianti in un mega pantano politico, mentre i corpi di milioni di persone già giacciono sul fondo, immersi dal fango che li ha uccisi e che continuerà ad uccidere nell’ignoranza della diabolica intelligenza di chi ha pianificato questo olocausto.            

di Luca Scavone

La parabola pandemica del lavoro più iconico della Città Eterna ha inizio.

Ad aprile 2021, 13 mesi a seguito del primo lockdown, meglio detta ‘quarantena’, mi ritrovo in casa di un tassista romano, per un’intervista che mi ragguagli sulla situazione dei guidatori dell’auto pubblica da piazza, meglio conosciuta come taxi.

La situazione è, ça va sans dire, molto precaria, soprattutto riguardo al management non ottimale delle risorse familiari.

Il mio intervistato, che chiamerò Carlo (nome di fantasia), per alcuni mesi si è ritrovato senza entrate di sorta, aiutato, pertanto, dall’unico stipendio della moglie, e con un figlio a carico.

Carlo, com’e’ cambiata la situazione da marzo 2020?

In verità, le avvisaglie di un calo sul lavoro, le avevo gia’ avvertite, non molto timidamente, a partire da gennaio 2020. La coppia di cinesi infetta era stata di passaggio a Roma intorno al 10 dicembre 2019 (primo caso italiano di stranieri, in cura allo Spallanzani). A febbraio un calo ancor più sentito. Dal 9 marzo all’8 maggio 2020 totalmente senza incassi. Il turno c’era, potevi uscire a lavorare – alcuni lo hanno fatto – ma l’incasso sfiorava o quasi mai superava i venti euro.

A partire da maggio 2020, qualche cambiamento?

Una piccola ripresa da maggio a luglio: riuscivo a portare a casa circa 600/700 Euro netti al mese. Prima della crisi erano circa 1500, sempre netti, e, se si ottemperava ai turni notturni, anche 2000/2200 Euro netti al mese. Una riduzione di minimo il 60%. In 19 anni di carriera non ho mai assistito a un deficit così drastico.

19 anni sono tanti. Com’era il lavoro ai tuoi inizi?

Considera che sono uno della “vecchia guardia” ; alcuni miei coetanei hanno da un po’ deciso di abbandonare il mestiere. A soli 22 anni, nei primi anni ’90, ho conseguito la patente per la guida del taxi, per lavorare fino alla soglia del 2000, ancora in piena era della Lira italiana. C’era un bel guadagno e si riusciva a vivere più che dignitosamente. Ho ricominciato con il taxi a partire da fine anni 2000, dopo uno stallo di circa 9 anni, adempiendo soprattutto ai turni notturni, con la speranza di portare a casa uno stipendio più confacente al mantenimento di una famiglia. Ricordo ancora gli anni d’oro della Lira, quando, con il solo lavoro della prima settimana del mese, riuscivo ad pagare tutte le utenze, tra le quali ben 700.000 Lire di affitto mensili. Bei tempi!

Andiamo alla contemporaneita’, evidentemente piu’ triste. In che misura hai ricevuto i cosidetti “sostegni”?

Tengo a sottolineare di essere parte di quella minoranza di tassisti affiliati ad una cooperativa. Non lavoro a partita Iva, pertanto ho ricevuto il FIS (Fondo di Integrazione Salariale) dall’8 marzo al 30 novembre 2020. Nel luglio 2020 ho percepito la Cassa Integrazione di marzo, aprile e maggio per un totale di 1046 Euro. Soltanto due mesi fa, infine, ho percepito quella dei mesi da giugno a novembre 2020, per la somma di 2400 Euro. Per luglio, tengo a precisare, ho percepito una somma differente e differita nel tempo, dal momento che in quel mese non era stato emesso alcun decreto nazionale riguardante la mia classe lavorativa; per luglio, infatti, ho ricevuto 700 Euro di contributo della Regione Lazio. A questi vanno aggiunti 800 Euro percepiti il giorno di Natale 2020 (sempre contributo regionale).

Il bilancio, a partire da settembre 2020 fino ad oggi, qual’e’?

Deleterio. Se togliamo i circa 5000 Euro di FIS e contributi regionali, il guadagno effettivo si aggira intorno ai 3500 Euro. Nello stesso lasso di tempo, anni addietro, guadagnavo circa 17.000 euro.

Come mai questo calo anche nel periodo successivo alla stagione estiva?

Innanzitutto il coprifuoco (il mio turno privilegiato era il notturno); in seconda battuta, cosa più importante, la riduzione al 50% delle vetture circolanti a partire dal 14 settembre 2020. In soldoni, un giorno lavorano coloro che hanno targa dispari, il seguente le targhe pari.

Il turno e’ cambiato piu’ volte nel corso dei mesi di crisi pandemica?

Tre volte: da marzo a maggio al 50%; da maggio al 14 settembre al 66%; ad oggi, come dicevo, di nuovo la riduzione al 50%.

Cosa ti aspetti dalle misure meno restrittive?

Che si prenda posizione a favore del bene della collettività. La FIS non è stata e non sarà la soluzione. Non lo sarebbe stata neppure se giunta in tempo e con un importo maggiore. I turisti a Roma mancano, ma il passaggio a restrizioni più morbide mi fa sperare. Riprendersi da un crollo dell’importo annuo così drastico, avrà effetti di durata non breve sulla mia famiglia. In buona sostanza, ad oggi, si va avanti con lo stipendio di mia moglie. Spero solo, che nei mesi a venire, ci sia speranza di rialzarsi.

Non resta che corroborare e sottoscrivere l’augurio di Carlo. I tempi del tassinaro stile Alberto Sordi sono, purtroppo, terminati. Non bisogna però arrendersi a questo viale del tramonto, che, chiudo, non deve essere inesorabile. Da Roma e dai suoi taxi dimezzati è tutto, ringraziando Carlo per avermi concesso l’intervista.

( dalla DAD al Maxi Orale dell’esame di Terza Media )

di Clorinda Raponi ( Insegnante di Scuola Media )

Si dice che Historia magistra vitae”, la storia sia maestra di vita; allora, noi, abbiamo imparato poco o dimenticato molto. La questione, in questo momento scottante all’interno del panorama scolastico, non è più tanto la DAD, la famosa Didattica a Distanza, temuta o esaltata, osteggiata o osannata, ma l’esame conclusivo del primo ciclo di studi, ovvero l’esame di terza media.

La DAD è stata ed è una metodologia didattica, necessaria e funzionale, in un momento delicato e difficile per portare avanti il programma scolastico, per non perdere il contatto non solo cognitivo, ma anche emotivo, con gli alunni e per scandire loro la giornata. Sicuramente come da tutti riscontrato, svolgere le lezioni in DAD, non è come in presenza, poiché manca tutta l’immediatezza  e la ricchezza del calore umano, delle relazioni e della spontaneità.

La Dad è solo la punta di un iceberg che deve riscoprire le proprie radici nella scrittura e nella lettura, utilizzando come strumenti non il computer e una connessione Internet ma la testa, la mano, la penna e tanto olio di gomito, ovvero impegno, fatica, dedizione ed esercizio. Per non nuocere alla salute, la DAD va assunta a piccole dosi e sotto lo stretto controllo medico, ma se in essa riesco a vedere un’utilità didattica e in fondo in fondo pedagogica, nel Maxi Orale dell’esame finale di terza media vedo solo tanta superficialità, approssimazione e amarezza.

Come lo scorso anno, a distanza di 365 giorni, è stata riproposta pari pari la formula della prova unica, consistente in un colloquio orale, previa consegna di un elaborato scritto, relativo ad un argomento di studio concordato dal singolo alunno con il beneplacito del Consiglio di Classe. Vista la riuscita fallimentare e a dir poco grottesca, dello scorso anno scolastico, con tesine scopiazzate la cui paternità era riconducibile a Wikipedia o ad un parente prossimo, ci si aspettava che quest’anno, almeno, la conclusione del percorso scolastico fosse di ben altra natura. Mi chiedo ancora oggi: “Non era possibile far svolgere ai ragazzi di terza media almeno le prove scritte in presenza e in sicurezza?”, magari investendo su test rapidi da far eseguire ai candidati d’esame un tot di ore prima della prova scritta? E’ una procedura adottata da programmi televisivi, dal mondo dello sport e perfino dalle attività ludiche e ricreative come concerti… ed era proprio così oneroso o dispendioso applicarlo al primo e vero esame della vita dei nostri ragazzi? A maggior ragione, a giugno, le scuole sono deserte e gli spazi liberi non mancano per svolgere le prove. Al limite, potevano essere utilizzati anche i corridoi, le palestre o gli ambienti esterni, inoltre, i professori, che costituiscono la commissione d’esame, al contrario di quelli delle superiori, sono membri interni, gli stessi che hanno seguito i ragazzi per tutto l’anno scolastico, così come il Presidente della Commissione è il dirigente stesso dell’Istituto, che come ha gestito in modo esemplare la situazione di un anno difficilissimo, sicuramente non sarebbe entrato in crisi, nel programmare e  gestire tre giorni di prove scritte: italiano, matematica e lingue. Nella vita ci sono delle tappe evolutive, dei banchi di prova da affrontare per diventare “grandi”, ancora in alcune società ci sono dei riti iniziatici, necessari per entrare e affrontare l’età adulta e secondo me l’esame finale di terza media è proprio questo. E’ la prima occasione per un ragazzo, da quando è stato abolito quello delle elementari, per confrontarsi con le proprie capacità, superare le proprie paure, saggiare i propri limiti, tastare le proprie abilità, per uscirne più sicuro, fortificato e padrone del proprio futuro. Se proprio noi adulti, continuiamo a spianare loro la strada, semplificare i percorsi e agevolare loro il cammino non impareranno mai a reagire di fronte le difficoltà, non acquisiranno mai gli strumenti per cavarsela nella vita e risolvere i problemi e rimarranno vittime delle loro stesse paure.