Fisco e catasto, scoppia la rissa. Ma se Draghi chiedesse la fiducia sarebbe “atto immorale”

08 Aprile 2022 – Redazione – di Giulia Burgazzi e Antonio Albanese

Draghi medita di porre la fiducia sulla legge di delega fiscale. Se così fosse, il “Si fa come dico io” verrebbe innalzato a vette che in una democrazia parlamentare sembrerebbero inarrivabili.

Una legge delega, per definizione, è infatti un atto con il quale il Parlamento incarica il Governo di svolgere la funzione legislativa propria del Parlamento stesso. Però in base alla Costituzione il Parlamento deve indicare i principi e criteri ai quali il Governo deve attenersi esercitando la delega in questione. Un voto di fiducia sulla legge delega significa in pratica che principi e criteri il Governo se li scrive da sé.

La Costituzione non lo vieta. Ma anche un cieco vede che, in questo caso, il ruolo del Parlamento si riduce a quello di un passacarte. Peraltro, l’eventuale voto di fiducia sulla legge delega sarebbe coerente con la filosofia draghiana in base alla quale “Il Governo è qui per fare le cose, il Parlamento per garantirgli i voti”, come egli stesso ebbe occasione di dire.

Su questo sfondo si innesta la bagarre che c’è stata ieri, mercoledì 6, alla Commissione Finanze della Camera. Gli onorevoli si sono quasi picchiati. I dettagli folkloristici contemplano voli di campanelli e microfoni nonché intervento dei commessi per sedare animi rissosi. La sostanza: la coalizione di Draghi, al proprio interno, non è d’accordo su nulla. Donde appunto l’ipotesi di ricorrere al voto di fiducia.

Uno dei principali punti dolenti è la riforma del catasto. Chi volesse approfondire i dettagli palesatiti in aula può sciropparsi lo spiegone che l’onorevole Borghi (Lega) ha diffuso su Twitter. Questo uno dei suoi passaggi fondamentali a proposito della fiducia.

Ma c’è un altro punto di sostanziale importanza. La riforma del fisco – dunque la legge delega in proposito – fa parte delle numerosissime, terribili condizioni legate al PNRR. Ovvero, fa parte delle condizioni alle quali l’UE ci presta dei soldi (in parte anche nostri) da spendere in obiettivi concordati con la stessa UE ed attuando parallelamente vari e dolorosi “Ce lo chiede l’Europa”. E infine, è bene non dimenticarlo, quei soldi andranno resi.

Finora tutto ciò che riguarda il PNRR ha incontrato il plebiscitario favore parlamentare: come se la prospettiva di spendere dei soldi mettesse tutti d’accordo.

Può darsi che alla fine la maggioranza si ricompatti davanti alla prospettiva del PNNR. Può darsi che il Governo compia “l’atto immorale” di chiedere la fiducia e che poi la ottenga. Ma può darsi che accada anche un’altra cosa.

Forse la bagarre sulla delega fiscale è nata perché le forze politiche si sono rese conto che ha ragione Tremonti. Secondo lui, con la guerra lo scenario è enormemente cambiato e il PNRR  è espressione di un modello di sviluppo che rischia di essere vecchio. In questo caso sarà furioso Draghi, che finora è andato avanti a forza di voti di fiducia. Sarà furioso, ma dovrà farsene una ragione.