Social media: comunicazione di massa e libertà di espressione.

di Monica Tomasello

E’ormai un dato di fatto che i social media siano il più importante mezzo di comunicazione di massa. Ogni notizia viene riportata, filtrata, diffusa e commentata su queste piattaforme. La indiscutibile necessità di moderare i toni ed eventualmente bloccare contenuti eccessivamente offensivi o violenti spesso si scontra con la libertà di espressione degli utenti che guardano il digital come luogo dove esprimere le proprie opinioni qualunque esse siano.

La CENSURA

La questione della censura su Facebooke Google è un argomento complesso. Essa è connaturata al sistema. Anche il paese più “libero” ha delle forme di censura contro comportamenti online che sono considerati pericolosi o criminali perché incitano all’odio. Ogni social network ha pertanto delle regole su quanto è lecito o meno pubblicare e queste politiche sui contenuti possono variare anche da paese a paese. Ma se questo da un lato “protegge”, dall’altro è però anche molto pericoloso poiché possono essere censurati contenuti la cui sola colpa è quella di essere in contrasto con il pensiero unico dominante. È il caso, ad esempio, della Cina o della Turchia (con la recente “legge anti-social media”), paesi che esercitano un controllo ferreo sui social, imponendo la censura e limitando di fatto la libertà d’espressione e la possibilità di accedere a informazioni neutrali e indipendenti dall’ideologia governativa.

Non so a voi… ma a me sembra che anche l’Italia (Dio solo sa quanto vorrei sbagliarmi!) si stia incamminando in questa direzione…È vero. Da un punto di vista legale non si può imporre di non censurare contenuti. Facebook e Twitter, infatti, in quanto imprese private, hanno diritti legali che possono esercitare. Ed essi li hanno messi in pratica… Eccome se li hanno messi in pratica! Lo hanno fatto perfino nei confronti di un Presidente degli Stati Uniti d’America (cosa mai avvenuta ma soprattutto impensabile sino a poco tempo fa)! Il riferimento è ovviamente al caso Trump, ex-presidente Americano bannato sia su Twitter che su Facebook, ed i cui contenuti sono stati segnalati per “esaltazione di violenza” e “incitazione all’odio”. Al di là di ogni giudizio in merito alla legittimità o meno, alla giustizia o meno del fatto in sè, e da come ognuno la possa pensare, una cosa è certa: questa non è più l’immagine dello stesso Internet che avevamo fino a qualche anno fa, ovvero di uno strumento atto alla libera circolazione delle informazioni, della conoscenza e delle idee, siano esse politiche, economiche o ideologiche.

Quello che un tempo era uno spazio aperto al dialogo, anche tra pensieri divergenti, adesso purtroppo sembra non esista più…

Il meccanismo degli algoritmi social non fa infatti che chiuderci sempre di più in una bolla. Invece di essere esposti a contenuti diversificati, neutrali e indipendenti, siamo sottoposti in continuazione a quello che “qualcun altro” ha deciso per noi…I social network e la loro censura privata rappresentano oggi una delle più potenti armi a supporto del discorso politicamente corretto e contro la diffusione di qualunque idea alternativa a quelle che quel discorso ammette.

Modalità di censura sui social

Ma quali sono esattamente le modalità di censura sui principali social network?

  • su Facebook: il protocollo anti fake-news di questo social è particolarmente stringente e severo. Da anni, infatti, il social di Zuckerberg lotta contro la diffusione di contenuti inappropriati e scorretti, ragion per cui le linee guida sulla censura vengono aggiornate e aumentate ogni anno. In accordo con la policy di Facebook, esistono 5 tipologie di contenuti censurabili: violenza, contenuti deplorevoli, sicurezza, integrità e autenticità, rispetto della proprietà intellettuale. Qualora un post rientri in una di queste categorie, scatta in automatico la censura e il post viene rimosso.

su Instagram: anche su questo social, esiste un set di regole chiare e definite che impongono dei rigidi paletti ai creator. I contenuti censurabili vengono classificati in vietati e censurabili: nel primo caso, si tratta di contenuti contrari al decoro che vengono automaticamente rimossi da Instagram. Nel secondo caso, si fa riferimento a tutti quei post border line che, seppur non vietati, sono “poco raccomandabili”. In quest’ultima ipotesi, il regolamento prevede che tali post non vengano mostrati facilmente nella pagina “Esplora”. Anzi, vengono declassati, ottenendo poca visibilità e comparendo in fondo al feed.

su Twitter: stando alle norme sui contenuti sensibili, è severamente vietato pubblicare contenuti che incitino all’odio e alla violenza, a sfondo sessuale o contro le regole di sicurezza e civiltà. In questi casi, Twitter contrassegna il tweet come “sensibile”, bloccando temporaneamente l’account del soggetto che ha pubblicato fino alla rimozione del tweet. In altri casi, Twitter interviene rimuovendo direttamente i contenuti scorretti e, nelle situazioni più estreme, sospendendo in modo permanente l’accesso al social. Libertà di espressione e d’informazione, diritto garantito.

“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.

2. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati.

D’altronde anche la stessa Comunità Europea lo ribadisce.

L’articolo 21 della nostra Costituzione corrisponde infatti all’art. 10 della CEDU(Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea) che recita: ⤵️

`1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive. 

2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.”

Va da sè che la libertà di espressione deve rimanere scevra da qualsiasi “indice di gradimento”; ovvero si deve essere liberi di dire anche ciò che ai più non piace… sennò che libertà è?

Ed è proprio in merito a quest’ultimo concetto che ritengo opportuno riportare anche quanto scritto da Mark Bosshard in un suo articolo apparso il 9 luglio 2020 su fondazionehume.it.

Dire in modo pacato cose anche molto sgradevoli per qualcuno” – scrive Bosshard – “o poco gradite ai poteri politici o economici è un diritto costituzionalmente garantito. E questo è bene ricordarlo in particolare a tutti i benpensanti che vorrebbero rendere migliore il mondo (ovviamente secondo il loro metro di “meglio”) zittendo chi la pensa diversamente da loro, solo perché è “brutto e cattivo”, anzi (siccome dire brutto e cattivo è poco politicamente corretto) perché le sue idee sono “impresentabili”

È bene ricordare alle “anime belle” che nessuna rivoluzione o progresso culturale (e in particolare proprio quelle che hanno creato la società che consente oggi ai benpensanti di benpensare) sarebbero mai stati possibili se qualcuno non avesse iniziato a diffondere idee eterodosse e che, al tempo, apparivano sgradevoli se non addirittura scandalose. Ferma dunque la continenza della forma e delle modalità espressive (e fermo il diritto di satira), occorre ribadire con forza che qualunque opinione, per quanto sgradevole o poco condivisibile sia il suo contenuto, deve poter trovare posto nel dibattito pubblico, a patto che sia esposta in maniera civile. 

Del resto, se si ritiene ammissibile che uno scienziato sostenga pubblicamente che dovrebbe essere reso lecito l’infanticidio nei primi momenti di vita (ribattezzato per l’occasione come “aborto post parto”) in quanto il bambino appena nato non ha ancora maturato una coscienza di sé, dunque non soffrirebbe per l’evento della sua morte; ebbene, se si ammette questo, credo si possa ammettere anche parecchio di quel che scatena i pruriti censori dei benpensanti.

I legittimi dubbi

Nascono, a questo punto, più  che spontanee, due domande: 

  1. fino a che punto è il caso di imporre la censura sui contenuti pubblicati sui social, senza sfociare in una violazione della libertà di espressione, e dunque in una forma molto pericolosa di dittatura?
  2. quanto può ritenersi fondato il principio social “se esageri ti cancello” o l’utente ha modo di tutelarsi? 

L’Europa sta provando a tracciare una via alternativa (con le proposte Dsa e Dma). Ma siamo solo agli inizi di un lungo dibattito…

Nel frattempo…

noi abbiamo il dovere di continuare a riflettere su quella che è tra le più importanti libertà dell’uomo, ovvero la possibilità (ovviamente sempre nei limiti del rispetto dell’altro) di esprimere il proprio pensiero.

Frasi celebri

https://www.frasicelebri.it/frase/benjamin-franklin-chiunque-voglia-togliere-la-libe/?utm_source=internal&utm_medium=link&utm_campaign=phrase_snippet_wholetext

[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, fra cui anche Marzia Chiocchi di Mercurius5, e Monica Tomasello di Catania CreAttiva, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]

https://cataniacreattiva.it/censura-sui-social-e-liberta-di-espressione/