Lettera di un insegnante di religione ai ex suoi alunni

Care ragazze e cari ragazzi. Quest’anno non mi vedrete, come ogni anno, nel cortile antistante la nostra Scuola per accogliere, assieme ai peer leader, gli studenti delle classi prime. No, quest’anno sono fuori dalla scuola, sulla strada, a volantinare il mio messaggio, nella speranza che qualche giovane coscienza si svegli e cominci ad interrogarsi su quanto sta succedendo al nostro povero Paese, alla Scuola, all’Università, alla cultura in genere. Oggi non posso entrare in quell’Istituto, che ormai da tempo sento come mia seconda casa, perché non possiedo la cosiddetta “certificazione verde”. Oggi una app ha il compito e il potere di dividere le persone in “sane” e “contagiose”, è sufficiente una spunta verde o un pallino rosso. A chiunque non possiede il Green Pass può essere addossata la “presunzione di malattia”, per lui c’è uno: STOP, tu non entri.

Ebbene, io a questo sistema che mette gli uni contro gli altri, creando divisioni sociali e fomentando odio, che rompe legami familiari, frantumando solide amicizie, che soffoca ogni dibattito e confronto serenoche spaccia per sicurezza quella che in fondo è solo una forma di controllo, dico un fermo NO. Ci sono momenti della vita in cui siamo chiamati a fare delle scelte e io ho fatto la mia. Non posso cedere a questo ricatto, ad un obbligo surrettizio che ti impone di assumere, a tuo rischio e pericolo, un farmaco ancora sperimentale (gratuito) o in alternativa di sottoporti alla tortura di 3 o 4 tamponi naso-faringei a settimana a proprie spese (neanche dalla fervida fantasia del marchese De Sade sarebbe scaturita l’idea di una tortura a pagamento!). Finché non sarò presa per “fame” (ho anche due figli da mantenere!) porterò avanti la mia azione di resistenza. D’altra parte, mi chiedo: come potrei entrare in classe, guardarvi negli occhi e parlarvi di libertà di coscienza, di senso critico, ma anche di solidarietà, di lotta ad ogni forma di discriminazione e di pregiudizio, come potrei educarvi all’empatia e all’inclusione in un contesto in cui ogni forma di dissenso e di autodeterminazione (perfino quella sul proprio corpo!) vengono soffocate?

Scusate, ma non c’è pandemia che tenga! Sono stata a scuola tutti i giorni, in zona rossa, nel pieno dell’esplosione del contagio, per incontrare volti che come fantasmi si aggiravano all’interno di un edificio semideserto. Bastava lo scambio di un sorriso (anche se celato dalla mascherina) per restituirci alla vita. Non mi sono sentita un “eroe” allora, ma non accetto di essere considerata un “elemento di pericolo” adesso!

Vi esorto ragazzi: non cedete al ricatto della paura, non barattate il vostro diritto all’autodeterminazione con nulla. Non scambiate per libertà il poter sedersi al tavolo del ristorante o del bar senza troppi fastidi. Informatevi, leggete, confrontatevi serenamente e non mettetevi mai gli uni contro gli altri. Organizzate dibattiti durante le assemblee, insomma: parlatene! Conservate lo spirito critico e la fiducia in un futuro che, se volete, è ancora in mano vostra!

Ieri, mentre con le lacrime agli occhi svuotavo il mio armadietto ho trovato alcuni vostri lavori, che negli anni conservo gelosamente. Rovistando a caso mi sono ritrovata tra le mani la riflessione di Giulia sul tema della libertà: “Libertà è anche sapere quando bisogna dire di NO!”. Allora un sorriso mi ha scaldato il cuore. Ho pensato: c’è ancora speranza. Ma ricordatevi che la libertà non si salva se non si combatte per essa tutti i giorni!

Questo virus maledetto ci tiene in scacco e fa paura, ma temo di più il virus dell’indifferenza, dell’apatia, dell’adeguamento acritico, dell’arrendevolezza e della passività. Anche questo già ha fatto moltissime vittime.

Penso sia venuto il momento di dire con don Lorenzo Milani: “L’obbedienza non è più una virtù!”.

Vi abbraccio tutti.

La vostra insegnante di Religione”

(Fonte: LaScuolacheAccoglie.org)

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