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‘GIUSTIZIA’ Category

22 Aprile 2022 – Redazione – di Patrizia Floder Reitter – La Verita’

Abuso d’ufficio, sequestro di persona, procurato allarme e violenza privata. Sono queste alcune delle ipotesi di reato rivolte ai ministri giallorossi dalla Procura di Roma per la gestione della pandemia. Tutto parte da una denuncia collettiva a Catania.

Mezzo governo Conte bis accusato di fatti criminosi. La Procura di Roma, in data 28 marzo, ha iscritto nel registro degli indagati gli ancora ministri della Salute, Roberto Speranza, degli Esteri, Luigi Di Maio, dell’Interno, Luciana Lamorgese, della Difesa, Lorenzo Guerini e degli ex titolari dell’Economia, Roberto Gualtieri, della Giustizia, Alfonso Bonafede, delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e dell’Ambiente, Sergio Costa.

Le ipotesi di reato vanno dall’usurpazione di potere politico all’abuso di ufficio aggravato, dal sequestro di persona al procurato allarme, dalla violenza privata alla pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico.

Una sfilza impressionante di condotte di cui dovranno rispondere alla magistratura, e di fronte ai cittadini, per come hanno gestito la pandemia. L’atto formale, è la conseguenza di una denuncia presentata il 12 marzo dello scorso anno da un gruppo di professionisti, tra i quali medici, avvocati e un maresciallo della Guardia di finanza, che si rivolsero alla Procura di Catania dopo aver raccolto una corposa documentazione contro diversi politici che ritengono responsabili dei reati ipotizzati.

Da Catania, la denuncia è finita a Roma, sembra si sia raccolto un faldone con centinaia di atti formali attraverso i quali cittadini e associazioni di tutta Italia hanno messo a conoscenza dell’autorità giudiziaria fatti che possono costituire notizie di reato a carico del ministro della Salute, Speranza, e di ministri confermati e non nell’attuale governo Draghi.

Quelle avanzate nella denuncia di marzo 2021, sono state quasi tutte accolte e sono pesantissime. I denuncianti chiesero che venissero avviate 33 indagini e che fosse accertata «l’effettiva sussistenza dei plurimi profili di falsità, arbitrarietà nell’esercizio da parte del governo del potere politico attribuito per legge al Parlamento, di strumentalizzazione di notizie scientificamente e/o sanitariamente e/o epidemiologicamente false, ovvero manipolazione in malafede di notizie scientificamente vere al fine di imporre all’opinione pubblica (e quindi anche agli eletti in Parlamento […] con conseguente lesione del diritto di elettorato passivo rilevante […] un racconto pandemico falso e volto alla coartazione dei diritti costituzionali e politici dei cittadini.

Primo destinatario della denuncia era l’ex premier, Giuseppe Conte, unico a non comparire nel registro degli indagati. I magistrati hanno chiaramente optato diversamente, anche se nella denuncia si legge chiaramente che occorre verificare se «abbia volutamente distorto il potere di normazione secondaria di cui è stato titolare, nella consapevolezza sua (e degli organi tecnico consultivi, fra i quali in primis il famoso Cts), che i provvedimenti di natura sanitaria fossero privi di presupposti di fatto adeguati a giustificarli».

Quel governo, si afferma, dopo «l’inerzia assoluta nei mesi di febbraio e marzo 2020 […] ha deliberatamente ignorato la Costituzione, utilizzando impropriamente lo strumento della normazione sub regolamentare con i dpcm», un modo di procedere definito «non casuale, ma scientemente meditato e preordinato».

Lo scopo sarebbe stato di «introdurre misure drastiche e limitative dell’esercizio da parte dei cittadini di plurimi diritti costituzionali», e di impedire loro di ribellarsi. La denuncia punta il dito anche contro «Walter Ricciardi e la sua ossessione per il lockdown» e i principali virologi televisivi che hanno insistito per mesi «per imporre misure drastiche di isolamento sociale».

Questa la narrazione del meccanismo, così come viene descritta: «Prima escono in avanscoperta determinati medici virologi a iniziare a spargere prospettive allarmistiche, poi man mano tali annunci terroristici vengono recepiti, senza alcun vaglio critico, dagli organi di stampa che li diffondono per cuocere l’opinione pubblica, e infine, dopo che l’opinione pubblica è stata adeguatamente cotta, finalmente viene adottato il singolo dpcm o la singola ordinanza restrittiva».

Tra le indagini sollecitate, quella volta a conoscere «i criteri tecnico scientifici adttottati per la creazione delle proiezioni a breve, medio e lungo termine elaborate dai cosiddetti esperti» e la motivazione scientifica «della decisione di ricoverare, nel periodo estivo/autunnale del 2020 e in tutto il territorio nazionale numerosissimi soggetti asintomatici, per il solo fatto di essere risultati positivi al tampone».

Viene chiesto l’elenco di tutti coloro che hanno eseguito il test «al fine di verificare se la cifra era reale», quando vennero dichiarati aumenti record di positivi nelle 24 ore. E di verificare il perché della «costante, pervicace e ostinata marginalizzazione, da parte dell’autorità sanitaria nazionale, di pressoché tutte le cure, spregiativamente definite “alternative”».

I denuncianti chiedono anche di sapere «chi sono, quali titoli accademici, tecnici e quali competenze possiedono i sedicenti esperti che hanno suggerito al ministero della Salute di imporre l’uso delle mascherine e del distanziamento sociale anche agli alunni delle scuole, alla riapertura di settembre 2020». Anche adesso, potremmo aggiungere.

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18 Aprile 2022 – Redazione

Cinquanta medici del Comitato per le terapie domiciliari precoci, guidato da Erich Grimaldi, hanno querelato l’infettivologo genovese Matteo Bassetti «per averli diffamati nel corso della trasmissione “Zona Bianca” andata in onda su Rete4 il 19 gennaio 2022». Secondo il Comitato, «il professor Bassetti definiva i predetti medici quattro santoni millantatori, fattucchieri e maghi, che hanno curato la gente con la liquirizia e gli infusi sulle cosce d’acqua fredda». Bassetti, sempre secondo il Comitato, «incautamente affermava, nel corso della trasmissione, che “anzi non l’hanno curata in quanto è morta un sacco di gente”, e sosteneva che dietro alle terapie domiciliari ci fosse solo un grande business senza alcuna volontà di curare i pazienti, con terapie addirittura paragonate a quelle di stregoni e millantatori».

La denuncia è stata presenta alla Procura della Repubblica di Napoli e riguarda anche il deputato Andrea Romano. «Il professor Bassetti e il ministro della Salute Roberto Speranza dovrebbero solo far tesoro delle esperienze dei medici volontari (medici di medicina generale, specialisti, ospedalieri ed ex docenti) che andrebbero ringraziati, senza indugio, atteso che, in questi 2 anni, senza alcun profitto, hanno sottratto migliaia di pazienti Covid ad un’ospedalizzazione certa», precisa Grimaldi.

«Esigo rispetto per chi è stato accanto ai cittadini colmando un vuoto della sanità territoriale, motivo per cui ci costituiremo parte civile al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni conseguenza delle condotte illecite poste in essere da Bassetti, che dimentica di essere stato, con Agenas, tra gli autori delle prime linee guida di cura domiciliare che prevedevano la vigile attesa con il paracetamolo nei primi giorni dai sintomi, indicazione terapeutica confermata da una sentenza solo politica del Consiglio di Stato», conclude Grimaldi, garantendo che «eventuali somme liquidate a titolo risarcitorio verranno devolute in beneficenza». Lo ha riportato il Messaggero.

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15 Aprile 2022 – Redazione

Il sospetto è che parte di quei soldi siano stati investiti in paradisi fiscali. La Guardia di Finanza indaga sui percorsi bancari delle super provvigioni.

Inchiesta mascherine, 120 mln di provvigioni sospette

L’emergenza Coronavirus in Italia e nel mondo non è ancora finita. I segnali che arrivano dall’Asia sono preoccupanti, il virus è ancora presente e continuano a crearsi nuove varianti. Intanto sul fronte delle indagini – si legge sulla Verità – prosegue la maxi inchiesta sulla compravendita di mascherine da parte dell’Italia, attraverso l’ex commissario all’emergenza Domenico Arcuri, con super commissioni per gli intermediari. La Guardia di Finanza cerca di vederci chiaro su un giro d’affari solo di provvigioni pari a 120 milioni, che sarebbero stati riconosciuti dai consorzi cinesi ai broker.

L’ipotesi – prosegue la Verità – è che parte di quei soldi, possa essere stata investita addirittura in bond finiti in paradisi fiscali come le isole Cayman. Nel verbale depositato il 22 febbraio 2021 dell’ex capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, si fa riferimento ad “addebiti su indicazione del commissario Domenico Arcuri, anche sui conti che raccoglievano i soldi dei cittadini“. Nella lunga lista compaiono aziende di 55 Paesi del mondo. Non sono presenti però i tre prescelti dal commissario per la super commessa da 1,25 mld di euro. Le indagini della Gdf proseguono.

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13 Aprile 2022 – Redazione

La Germania ha detto no. Il parlamento tedesconon solo ha bocciato l’obbligo vaccinale per gli over 60, ma la magistratura teutonica si è mobilitata per tale esito e per denunciare gli effetti avversi del vaccino. Molti media mainstream e Tv statali hanno inoltre sollevato ilvelo sulle possibili conseguenze dannose dei vaccini. Nonostante la Spd e i Verdi, forze politiche al governo in coalizione, spingessero per l’imposizione vaccinale, gruppi di magistrati si sono riuniti in un’associazione spinti dai forti timori per le violazioni dello Stato di diritto.

Come spiega l’avv. Holzeisen, l’associazione dei giudici ha inviato una lettera aperta a tutti i membri del Parlamento tedesco avvertendo i parlamentari che se avessero votato per questo obbligo sarebbe potuto essere delineato il reato di tentato omicidio doloso. Tale – durissima – presa di posizione è stata decisa prendendo atto degli effetti avversi individuati dagli stessi magistrati dopo la somministrazione vaccinale. La dura presa di posizione della magistratura tedesca rappresenta un precedente significativo, soprattutto alla luce delle diverse voci che davano per fatto l’obbligo “all’italiana” anche in altri paesi quali l’Austria (non pervenuto) e proprio la Germania.

GUARDATE E ASCOLTATE L’INTERVISTA FATTA ALL’AVVOCATO RENATE HOLSEIZEN

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https://youtu.be/nVnhLDiwi_w

“Questo gruppo di magistrati, giudici e membri delle procure germaniche si sono riuniti in un’associazione più di un anno fa dopo che, con assoluta incomprensione e grande timore, hanno visto quello che stava succedendo allo Stato di diritto.
Tramite questo fondamentale voto hanno inviato una lettera aperta a tutti i membri del parlamento germanico avvertendo i parlamentari: nel caso in cui avessero votato per quest’obbligo vaccinale over 60, dichiarano i giudici mettendolo in grassetto, si sarebbe profilato il reato di tentato omicidio doloso, perché queste sostanze sperimentali di cui non è confermata né l’efficacia né la sicurezza stanno provocando tantissimi morti, tantissimi eventi irreversibili. Dunque sapendo questi dati inconfutabili, un parlamento che avesse deliberato l’obbligo con queste sostanze pone le basi per un plurimo reato di tentato omicidio, una presa di posizione molto forte.
Questi giudici si sono associati con uno statuto e hanno anche un sito sotto l’acronimo “KRiStA” che aggiornano con opinioni quando vedono che i diritti umani dei cittadini tedeschi vengono calpestati”.

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13 Aprile 2022- Redazione

Il Fatto Quotidiano di oggi mercoledì 13 aprile segnala una grave indagine a carico del Direttore della comunicazione e dei rapporti internazionali del Ministero della Salute nonché ex membro del Comitato Tecnico Scientifico.

Nell’indagine della Procura di Roma si segnala un business di 200 milioni di euro e soldi nei paradisi fiscali.

Accusato di falso ideologico il Direttore del Ministero Sergio Iavicoli, che la scorsa estate affermava che il green pass rende liberi. “Il Green pass è un passaporto per recuperare libertà e lavoro”, disse in un’intervista all’HuffingtonPost.

L’affare delle mascherine comprate dal Governo italiano a marzo 2020, infatti, avrebbe dovuto fruttare ai mediatori commissioni per 203,8 milioni di euro pagate dai fornitori cinesi, una somma di oltre 130 milioni superiore ai circa 70 milioni transitati sui conti italiani e di cui si sapeva finora. È quanto emerge da un’informativa del 20 novembre 2021 del Nucleo di Polizia valutaria della Guardia di Finanza depositata agli atti dell’inchiesta della Procura di Roma che ha indagato l’ex commissario all’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, per abuso d’ufficio e altre 8 persone tra cui l’ex giornalista Rai, Mario Benotti, l’imprenditore Andrea Tommasi e il banchiere sammarinese Daniele Guidi indagati per traffico d’influenze illecite. Al centro dell’indagine c’è la fornitura di 801 milioni di mascherine costate 1,2 miliardi e acquistate nella fase più critica della pandemia. Affare fruttato a chi di quelle commissioni era intermediario.

Il banchiere Daniele Guidi si è visto accreditare 12,2 milioni di euro su un conto corrente alla Hang Seng Bank di Hong Kong. Per i finanzieri, il suo gruppo di lavoro avrebbe dovuto ricevere in totale 44,6 milioni di euro dalla società Sunsky di Andrea Tommasi. Con Sunsky ha lavorato anche la Logica Associates Sas, società francese di cui Guidi risulta consulente e che, riporta la Guardia di Finanza, avrebbe poi speso 33.535 euro per la locazione semestrale di un appartamento da 800 metri quadri a Parigi, con vista Tour Eiffel, “a uso esclusivo di Daniele Guidi”.
Una buona parte dei 12,2 milioni incassati, secondo le indagini, potrebbe essere finita in paradisi fiscali. Le provvigioni sarebbero state “verosimilmente percepite – si legge nell’informativa – mediante l’intermediazione della Bgp&Partners Ltd di Hong Kong (…)”. La Bgp&Partners Ltd alla Gdf risulta “interamente controllata” dalla società “Bliss Fortune Enterprises Ltd (…) avente sede nelle Isole Vergini Britanniche (…) notoriamente riconosciuto come Paese offshore”.

Inoltre, la Bgp&Partners Ltd sarebbe riconducibile, oltre a Guidi, anche ai manager Stefano Beghi e Ivano Ferruccio Poma (di qui, ipotizza la Gdf, l’acronimo Bgp). Beghi è il Managing Partner dell’ufficio di Hong Kong dello studio legale internazionale Gianni&Origoni. Anche Beghi e Poma erano indagati per traffico d’influenze illecite, ma il 17 marzo 2022 la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per entrambi evidentemente per mancanza di prove a supporto delle iscrizioni. Prima di arrivare a questa conclusione però gli investigatori hanno svolto accertamenti, anche sui contatti tra la struttura commissariale e le utenze dello studio Gianni&Origoni: in un’informativa della Finanza del 25 giugno 2021 sono state documentate 69.291 interazioni telefoniche. Giampietro Castano, ex funzionario del Ministero per lo Sviluppo Economico e poi consulente di Gianni&Origoni, estraneo alle indagini, sentito a sommarie informazioni il 4 novembre 2021, ha poi raccontato in Procura che Beghi a marzo 2021 si era mosso per proporre ad Arcuri mascherine e ventilatori.

I magistrati ne hanno chiesto conto anche all’ex commissario Domenico Arcuri, quando è stato sentito il 16 ottobre 2021: “Conosco Stefano Beghi in quanto partner della Deloitte, di cui ero Ad fino al 2007 – ha detto – (…) Ha proposto una fornitura di ventilatori. So che era partner dello studio Gianni-Origoni. Non mi risulta abbia proposto un acquisto di mascherine. Se l’affare dei ventilatori fosse andato in porto avrei stipulato come sempre il contratto con il fornitore”. Arcuri ha poi detto: “Non conosco Daniele Guidi, né so di rapporti tra Beghi e Guidi”. Per Arcuri, il 17 marzo i pm hanno chiesto l’archiviazione dall’accusa di peculato, confermando quella per abuso d’ufficio perché, per i pm, avrebbe “omesso intenzionalmente di formalizzare e palesare il rapporto di mediazione (…) garantendogli (…) l’assenza di controllo pubblico sull’importo delle provvigioni”.
Altro aspetto dell’indagine (che non riguarda Arcuri) è quello sulla presunta frode in pubbliche forniture. Per questo reato sono indagati l’allora vice di Arcuri, Antonio Fabbrocini, oltre a Tommasi e Guidi.

Secondo l’inchiesta della Procura di Gorizia, poi confluita a Roma, circa 700 milioni di mascherine sono risultate “non conformi” e in alcuni casi “pericolose”.

In un’informativa del 17 dicembre 2021, la Guardia di Finanza rileva “discordanza di pareri nei processi di validazione dei Dpi” da parte dell’Inail di Monte Porzio Catone (Roma) e dell’Inail Direzione Centrale Ricerca, con il primo che “ha emesso un esito di valutazione positivo”e il secondo “esito di valutazione negativo”, sulle stesse mascherine.

Il 17 marzo, la Procura di Roma ha disposto una proroga indagini per Sergio Iavicoli, oggi al Ministero della Salute e all’epoca dei fatti direttore del Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale dell’Inail, con sede proprio a Monte Porzio Catone.

Il 21 giugno 2021 Iavicoli era stato iscritto per il reato di falso ideologico in atto pubblico mediante induzione in errore del pubblico ufficiale.

Contattato via Email da Il Fatto Quotidiano, Iavicoli non ha risposto.

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12 Aprile 2022 – Redazione – di Nora Adriani

Loro parlano di guerra e nel frattempo mettono mano alla giustizia.
Ecco la politica di mister Draghi&co, dissuasione e controllo.
Attenzione, perché intanto che ci spaventano con la bomba e ci distraggono con Zelesnky, mentre ci dividono in tifoserie e redigono liste di proscrizione, nel frattempo che ci strangolano con aumenti e ci sottraggono i beni, con un colpo di spugna e senza lasciare traccia, mettono mano all’indipendenza della magistratura, ultimo baluardo democratico.

Non tutti si rendono perfettamente conto di cosa voglia dire.
Qualcuno dice esserci già dipendenza dal potere politico, corruzione, indolenza ecc., e probabilmente è vero, di malefatte ne hanno messe in piedi parecchie, così come parecchie ne hanno accettate.

Ma sappiate che questa riforma non è per loro.
Non è per quelli che già hanno accettato trattative politiche e intrallazzi privati, non sono loro che verranno puniti qualora venisse approvata.
No, loro non ne hanno bisogno.
Questa riforma è per chi ancora punta i piedi, per coloro i quali non si sono piegati al potere politico, per quei pochi che ancora fanno opposizione e sentenziano dando conto solo alla propria coscienza.

Si, questa riforma è diretta a loro, a quei pochi #magistrati che si distinguono, per tappare la loro bocca, per impedirgli, una volta e per tutte, di intralciare il cammino dei grandi decisori e dei grossi detentori di ricchezze economiche.
Insomma di coloro che dettano legge.

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05 Aprile 2022 – Redazione- Avv. Fusillo

1. A chi si applica l’obbligo di vaccinazione?

Il nuovo obbligo introdotto dal decreto-legge 1/2022 si applica a tutti coloro che abbiano già compiuto 50 anni di età o che li compiranno entro il 15 giugno 2022 e che siano residenti nel territorio della repubblica italiana indipendentemente dalla loro cittadinanza. Chi può, quindi, al fine di sottrarsi all’obbligo è opportuno che sposti la residenza in un paese estero (vedi strategia A).

 

2. Da quando si applica l’obbligo?

L’obbligo di avviare la vaccinazione con il primo ciclo decorre dal 1° febbraio 2022. Dal 15 febbraio 2022, al fine di accedere al luogo di lavoro gli ultracinquantenni residenti in Italia devono possedere il c.d. super green pass (certificato verde Covid-19 rafforzato) e, pertanto, essere nelle seguenti alternative condizioni:
– avere completato il ciclo primario di vaccinazione o, scaduto il termine di efficacia del primo ciclo, avere effettuato anche la dose di richiamo (terza dose o booster),
– essere guariti dalla malattia Covid-19,
– avere un’esenzione dal vaccino attestata dal medico di base (MMG medico di medicina generale) oppure dal medico vaccinatore.
L’obbligo dura fino al 15 giugno 2022.

3. Come possono comportarsi gli ultracinquantenni?

Strategia A: Residenza all’estero

Al fine di sottrarsi all’obbligo è opportuno che chi può sposti la residenza in un paese estero. Lo spostamento della residenza in un paese dell’Unione Europea è solitamente molto facile. L’importante è iscriversi anche all’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero). Le istruzioni per farlo si trovano solitamente sul sito del Consolato italiano competente per il luogo dove ci si è trasferiti.
La residenza anagrafica non ha nulla a che vedere con quella fiscale. Si può, ad esempio, essere residenti all’estero ma lavorare e pagare le imposte in Italia. Solo che in questo caso, non essendo soggetti all’obbligo di cui all’art. 4 quater del decreto-legge 44/2021 non ci sarà bisogno, per l’accesso ai luoghi di lavoro, di esibire il cosiddetto super green pass poiché questo è necessario, secondo le disposizioni dell’art. 4 quinquies del decreto-legge 44/2021 solo per chi sia obbligato a vaccinarsi ai sensi dell’art. 4 quater e, quindi, solo ai residenti.
Questo non vale per le categorie che hanno l’obbligo di vaccinazione (es. insegnanti, militari, sanitari) e non permette di aggirare altri obblighi, come ad esempio per il viggio in treno o aereo.
Questa strategia può essere attuata anche dopo essere stati sospesi: ottenuta la residenza all’estero saremo automaticamente reintegrati a lavoro.

 

Strategia B: Ignorare l’obbligo di vaccinazione

La prima possibilità per tutti gli ultracinquantenni è semplicemente quella di ignorare l’obbligo di vaccinazione. Tutti coloro che non abbiano un lavoro dipendente o autonomo che richieda l’uso del super green pass possono semplicemente disinteressarsi dell’obbligo di vaccinazione e l’unico rischio che avranno è quello della multa di 100 euro. I titolari di partita IVA che lavorino per conto proprio (artigiani, professionisti che non rientrino tra le categorie che hanno un obbligo di vaccinazione, titolari di negozi, esercizi commerciali, ambulanti ecc.) non hanno l’obbligo di essere muniti del green pass (in qualsiasi versione) per accedere al luogo di lavoro di cui sono titolari e, quindi, che abbiano compiuto o meno i cinquanta anni, possono continuare a lavorare senza ostacoli. Questo purtroppo non vale per pure essendo autonomo (ad es. a partita IVA) lavora presso la sede del suo datore di lavoro.
Le eventuali sanzioni amministrative irrogate ai titolari di attività sono illegittime e potranno essere contestate prima in sede prefettizia mediante l’invio di osservazioni e poi, se il prefetto dovesse confermare la sanzione, mediante impugnazione dell’ordinanza-ingiunzione del Prefetto dinanzi al Giudice di Pace.

Vi ricordiamo, inoltre, che il datore di lavoro non è obbligato a sospendere i propri dipendenti: è libero di scegliere di non farlo, ma spesso non lo sa! Un’altra valida strategia è quella di parlarci e spiegarglielo, sia a priori, sia dopo aver applicato la strategia C. Per informazioni sul non-obbligo di sospendere vi rimandiamo al Vademecum per datori di lavoro.

 

Strategia C: creare difficoltà al centro vaccinale

L’obbligo vaccinale introdotto dal governo per gli ultracinquantenni riguarda dei farmaci soggetti a monitoraggio addizionale (c.d. “farmaci sperimentali”). Prima di recarsi al centro vaccinale è utile scrivere alla farmacia o al centro vaccinale la lettera con la richiesta di informazioni e chiarimenti che è allegata qui accompagnata dal consenso informato allegato qui.
N.B.: la lettera va mandata con raccomandata a/r o pec.

A questo punto, qualche giorno dopo aver inviato la lettera oppure il giorno dell’appuntamento nel caso in cui si sia preso un appuntamento a data fissa è opportuno andare presso la farmacia o il centro vaccinale. Non è necessario essere accompagnati da un avvocato. È utile andare con un accompagnatore che potrà fare da testimone. In ogni caso è bene registrare quanto accade presso il centro vaccinale, anche di nascosto tenendo un registratore vocale (va bene anche quello dei telefoni cellulari) acceso in tasca o in borsa. Ovviamente le registrazioni servono per la difesa in giudizio e non potranno essere divulgate.
Occorre portare con sé la copia della lettera di richiesta di informazioni con il consenso informato unitamente alla prova della spedizione a mezzo pec o raccomandata. A questo punto è opportuno chiedere al vaccinatore di procedere all’anamnesi (cioè alle richieste al paziente circa le sue condizioni cliniche e di salute). È ovvio che chiunque abbia una storia di allergie ai farmaci, shock anafilattico, intolleranze o reazioni avverse ai farmaci, chiunque abbia fatto altri vaccini (ad esempio l’antitetanica) in tempi recenti, chiunque sia in cura con farmaci, con particolare riferimento al cortisone, deve fare presenti queste circostanze al vaccinatore, anche se non sono state ritenute idonee per un’esenzione dal medico di medicina generale.
Una volta completata l’anamnesi occorre chiedere al medico vaccinatore anzitutto che risponda ai quesiti già inviati con la richiesta di consenso informato e comunque che consegni al paziente una prescrizione (ricetta medica). Normalmente nei centri vaccinali o nelle farmacie i medici di rifiutano di consegnare la ricetta medica. Ciò è illegittimo perché la prescrizione medica è richiesta dalle determine AIFA di autorizzazione all’immissione condizionata in commercio dei vaccini contro la malattia Covid-19 (prescrizione RRL – ricetta ripetibile limitativa). Sarà opportuno avere con sé le stampe delle determine AIFA e far notare al vaccinatore che su tutte all’ultima pagina è previsto: “Regime di fornitura: Medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa (RRL) da utilizzare esclusivamente presso le strutture identificate sulla base dei piani vaccinali o di specifiche strategie messe a punto dalle Regioni.”
Ad esempio, tutti coloro che abbiano un’assicurazione sulla vita o contro gli infortuni potranno sottolineare che senza prescrizione, in caso di danno, avrebbero grandi difficoltà ad ottenere gli indennizzi per cui la ricetta medica è necessaria anche per questo.

Al centro vaccinale si rifiuteranno di rilasciare informazioni o documenti ma insisteranno affinché il paziente sottoscriva il modulo di consenso. A questo punto si può scrivere a mano sotto al modulo di consenso, sopra allo spazio per la firma quanto segue: “Non presto il consenso al trattamento che mi viene imposto obbligatoriamente e sotto la minaccia di perdere il lavoro e di essere multato. Faccio presente di non essermi recato presso il centro vaccinale di mia spontanea volontà ma perché vittima di un’estorsione che mi riservo di denunciare in sede penale.”
A questo punto occorre chiedere alla farmacia o al centro vaccinale di rilasciare una dichiarazione scritta del seguente tenore:
“Il sottoscritto [indicare il nome del medico] dichiara di non poter rilasciare la prescrizione medica del vaccino [indicare il nome del vaccino] per il/la signor/a [indicare il nome del paziente] e di non poter rispondere alle richieste di cui al modulo di consenso informato inviato a mezzo pec.]”
Se ci sarà un rifiuto di sottoscrivere il documento risulterà dalla registrazione e comunque ne prenderà nota il testimone.
In ogni caso è essenziale chiedere ed annotare il nome e cognome delle persone con le quali si parlerà (medico vaccinatore, farmacista, infermiere ecc.). Non possono rifiutarsi di fornire il nome.

In caso di totale chiusura dei medici del centro vaccinale al rilascio di qualsiasi tipo di dichiarazione scritta è possibile chiedere l’intervento delle forze dell’ordine (polizia o carabinieri) affinché un pubblico ufficiale verbalizzi quanto accade al centro vaccinale e cioè: – identifichi tutte le persone, ivi compreso il medico vaccinatore, – verbalizzi che non viene data risposta alle domande fatte al centro vaccinale (potrete lasciare alle forze dell’ordine una copia della pec o della raccomandata inviata perché sia allegata al verbale), – verbalizzi che non viene rilasciata una prescrizione medica.

Tutto ciò che c’è da fare e da sapere è descritto in questo video.
Presentarsi avendo stampato ed a disposizione:
1- Il consenso informato predisposto dallo Studio Fusillo
2- Le 5 determine AIFA che prevedono la prescrizione medica dei vaccini (si trova scritto all’ultimo punto dell’ultima pagina): PfizerAstrazenecaModernaJ & JNovavax

Sono possibili 2 esiti distinti:

1. Il medico vaccinatore non ritiene di assumersi la responsabilità di effettuare la vaccinazione e rilascia un certificato di differimento o esenzione della vaccinazione. Con questo certificato si ottiene il Super Green Pass e non si è più soggetti all’obbligo vaccinale fino alla scadenza del certificato.

2.  Il medico vaccinatore non rilascia nulla, ma noi abbiamo la registrazione o/e il verbale delle forze dell’ordine.

Che fare se il medico vaccinatore, preso atto delle mie condizioni cliniche mi prescrive degli esami o dice che devo essere vaccinato/a in ambiente protetto (ospedale con struttura di rianimazione in caso di shock anafilattico)?
Il certificato del medico che prescrive ulteriori analisi è un certificato di differimento del vaccino. Il certificato esenta chi lo ha dall’obbligo di vaccinarsi sino al completamento delle analisi.
In caso di indicazione di effettuare il vaccino in ambiente protetto occorre ripetere tutta la sequenza già utilizzata per il centro vaccinale e, quindi, inviare la richiesta di consenso informato e rivolgere al medico vaccinatore nell’ambiente protetto le stesse cose chieste presso il centro vaccinale.

 

    4. A cosa serve la strategia attuata presso il centro vaccinale?

Lo scopo della strategia presso il centro vaccinale è quello di ottenere un documento dal quale risulterà che la vaccinazione non è stata possibile perché mancano le informazioni e la prescrizione medica. Questo documento potrà essere utilizzato quando il datore di lavoro vorrà sospendere il lavoratore ultracinquantenne per mancata vaccinazione. Pertanto, dopo l’accesso al centro vaccinale e prima del 15 febbraio 2022 è opportuno che i lavoratori ultracinquantenni inviino ai loro datori di lavoro la lettera allegata qui.

    5. Posso chiedere un assegno alimentare durante la sospensione?

Solo i pubblici dipendenti possono chiedere l’assegno alimentare ai sensi dell’art. 82 del Testo Unico n. 3/1957. Questa regola non vale per l’impiego privato. Il modello di lettera per chiedere l’assegno alimentare è allegata qui.

6. Come funziona il procedimento sanzionatorio (multa dei 100 euro)?

Per prima cosa guarda il video specificatamente  dedicato a questo tema.
La nuova norma prevede una multa di 100 euro per gli ultracinquantenni che non si vaccineranno. Si tratta di una multa, cioè di una sanzione amministrativa. Non ha natura penale, non va sul casellario o su alcun registro.
L’Agenzia delle Entrate verifica tramite la banca dati della tessera sanitaria chi è vaccinato e chi no. Ricordiamo a tutti, quindi, di oscurare il fascicolo sanitario elettronico. È una difesa in più che potrà essere utilizzata perché l’accesso illegittimo alle banche dati potrebbe essere denunciato come violazione dei diritti alla privacy anche se la norma prevede che l’Agenzia delle Entrate abbia diritto ad accedere alla banca dati. Ci sono, però, dei profili di illegittimità dell’accesso in base alla normativa dell’Unione Europea in materia di protezione dei dati personali (GDPR).
L’Agenzia delle Entrate invierà una comunicazione a tutti coloro che risulteranno non vaccinati invitandoli a comunicare entro dieci giorni alla Azienda Sanitaria di appartenenza e all’Agenzia delle Entrate le ragioni per la mancata vaccinazione. Un modello di risposta è disponibile qui. (versione documento aggiornata al 5 Aprile 2022)
A questo punto l’Agenzia delle Entrate ha 180 giorni per trasmettere agli ultracinquantenni renitenti all’obbligo di vaccinazione un avviso di addebito (analogo ad una cartella esattoriale) con l’irrogazione della multa prevista di 100 euro. Contro l’avviso è possibile ricorrere al Giudice di Pace della città di residenza entro trenta giorni dalla ricezione dell’avviso. Trattandosi di una sanzione di valore inferiore ad euro 1.100 non è necessaria la difesa tecnica di un avvocato e sarà possibile difendersi da soli. Pubblicheremo degli schemi di ricorso al Giudice di pace quando arriveranno le prime multe.

02 Aprile 2022 – Redazione

Pubblicato sul sito della Corte Costituzionale il Ruolo delle Cause in Camera di Consiglio che verranno trattate la prossima settimana. Mercoledì 6 aprile la Corte esaminerà ben 5 ordinanze in due distinti procedimenti (numeri di ruolo 3 e 4) che evidenziano gravi profili di incostituzionalità dei decreti in materia di“emergenza sanitaria” a causa del covid-19.

La prima ordinanza è la numero 57 del Giudice di Pace di Macerata che, tra l’altro, segnala il carattere autoritario e illegittimo dei decreti: “Appare  opportuno  evidenziare  che,  sin  dagli   albori   della cosiddetta «pandemia» Autorevoli Personalità del  diritto  quali  il Chiar.mo prof. Antonio Baldassarre – Presidente Emerito  della  Corte costituzionale – che il Chiar.mo prof. Sabino Cassese hanno  espresso le loro perplessità in ordine alla  validità  degli  atti  e  delle normazioni pullulanti in  maniera  caotica  ed  irrazionale,  tuttora operanti ed in fieri nella diffusività di produzione di atti e norme di variegata valenza in relazione al principio della gerarchia  delle fonti.  I decreti del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  appaiono essere strumenti incostituzionali, posto che detti provvedimenti  non hanno la potestas di limitare la libertà dei singoli  cittadini  ne’ imporre prescrizioni se non in via adesiva da parte dei  destinatari. Se poi si considera che il decreto Covid del 26 aprile  si  esprimeva riguardo ai parenti arrivando poi a considerare anche  i  «fidanzati» in via consolidata, aspetti che presentano discriminazioni per legami e rapporti affettivi distinti dalla famiglia ontologicamente  intesa, lascia emergere  come  si  sia  attuata  una  deriva  tendenzialmente autoritaria (e non autorevole sic!), fino  a  registrare  espressioni preoccupanti come «noi consentiamo», «noi permettiamo» in spregio  al rispetto dei dettami costituzionali. Ancora, le  contraddizioni  sono tali da consentire a pluralità di persone a recarsi nei supermercati sia pure con il distanziamento sociale ma non si è compreso  perchè ciò sia stato limitato (per un tempo) per  l’accesso  nelle  Chiese, dimenticando che la  persona  ha  sia  necessità fisiche  ma  anche spirituali. A ciò si  aggiunga  l’esigenza  anche  di  garanzia  del dovere di solidarietà ed i decreti appaiono avere approfittato della congiuntura – grave – con disposizioni costituzionalmente  di  dubbia legittimità. Si tenga poi, conto  del  contagio  e  trasmissibilità connesso all’uso della moneta  che  non  vede  alcuna  disciplina  al riguardo”. 

Inoltre, nella stessa ordinanza il Giudice si sofferma sul pressing mediatico e sulla mancata corretta informazione: “Il pressing mediatico  e  la  mancata  corretta  informazione  hanno certamente contribuito alla  dipendenza  mentale  ed  al  diritto  di libera valutazione e cognizione. I principi di proporzionalità ed adeguatezza.  Principio  fondamentale  dell’attività amministrativa  è  il principio di adeguatezza. Adeguatezza significa capacità di  un  determinato  livello  di governo di occuparsi dei problemi di  volta  in  volta  sottesi  alle competenze di cui trattasi.  Altro principio fondamentale è, poi, quello di proporzionalità, oggi affermato nell’art. 5 del Trattato UE, unitamente  al  principio di sussidiarietà. Tale principio vale  tanto  per  il  legislatore  quanto  per  la pubblica amministrazione, laddove essa  debba  esercitare  un  potere discrezionale bilanciando interessi.  In applicazione del principio in esame, dunque,  dovrebbe  essere impedito che siano adottate misure  di  protezione  eccessivamente  e ingiustificatamente invasive e restrittive delle libertà dei singoli e, nelle  ipotesi  di  compressione  di  libertà  economiche,  anche discriminatorie e distorsive della concorrenza. A tale proposito  non si può sottacere il danno subito dall’Italia com’è evidente  e  nei fatti,  di  rilevante  disagio  delle  persone  e   delle   famiglie. Particolarmente in ragione delle stringenti possibilità  di  accesso al credito, a chi si trova in condizione di  bisogno,  determinandosi la fattività di aiuti finanziari a chi ha già rispetto a chi invece non ha e si trova  pressocchè  nell’indigenza.  Ciò in  violazione all’art. 3, comma 2 della Costituzione. Va  poi  soggiunto  che  un’applicazione  o,  se  si  vuole,   un corollario importante del principio di proporzionalità si rintraccia nel principio di gradualità.  Le  due  dinamiche,  quella   della   sussidiarietà   e   quella dell’adeguatezza, sono destinate a funzionare in sinergia. Infine, il principio  di  sussidiarietà riguarda  le  relazioni organizzative tra amministrazioni al fine di assicurare una  corretta attribuzione di funzioni. Bilanciamento tra il principio di precauzione e il  principio  di proporzionalità. Posto che le misure precauzionali non  sono  basate  su  certezze assolute ma comportano un sacrificio spesso molto  elevato  di  altri valori, occorre che esse siano adottate attraverso  il  bilanciamento del principio di precauzione con il principio della proporzionalità. In questo modo le misure non risultano eccessivamente  onerose  e vi è una proporzione tra il grado di probabilità dei  rischi  e  di gravità dei danni temuti e il grado di  incisività delle  medesime misure sulle libertà antagoniste.  Bisogna, insomma, evitare che  l’applicazione  del  principio  di precauzione possa risolversi nell’adozione di blocchi generalizzati – come avvenuto – di attività di ogni tipo, non  fondati  su  adeguati riscontri scientifici, poiché tale situazione sarebbe, invero, posta in violazione del medesimo principio”.

Anche le ordinanze numero 156, numero 157 e numero 158 del Giudice di Pace di Fano evidenziano gravi illegittimità costituzionali dei decreti covid a partire dal delibera del Consiglio dei Ministri sullo “stato di emergenza” del 31 gennaio 2020.

Si legge, infatti, nelle ordinanze: “Osserva questo Giudice che le eccezioni svolte  dalla  ricorrente nell’ambito dell’opposizione all’ordinanza di che  trattasi  meritino il vaglio della Corte costituzionale poichè tali eccezioni attengono a questioni relative al  dubbio  di  legittimità  costituzionale  di posizioni normative.    

  – 1. La prima inerisce alla delibera dello stato di  emergenza  del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020  in  quanto  alcuna  norma primaria  o  avente  efficacia  di  legge  ordinaria  attribuisce  al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di  emergenza per rischio sanitario.  L’art. 7, comma 1, lettera c), decreto legislativo n.  1/2018  è compreso nel codice della protezione civile e riguarda i casi in  cui la protezione civile è titolata ad intervenire in casi di  calamità od urgenza e non è quindi comparabile  con  la  dichiarazione  dello stato di emergenza previsto dalla Carta costituzionale.  La Costituzione  italiana  non  prevede  disposizioni  in  merito all’emergenza sanitaria: pertanto lo stato di emergenza sanitaria  è stato deliberato in forza della legge n.  225/1992  sulla  Protezione civile dal solo Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  senza  il coinvolgimento nella decisione del Parlamento nonostante siano  state derogate libertà fondamentali, coperte da riserva di legge. L’art. 78 della Costituzione prevede lo stato di guerra: sancisce che il Parlamento decide lo stato di guerra conferendo al  Governo  i poteri  necessari  cioè  strettamente  proporzionati  all’evento  da fronteggiare. Si sarebbe potuto utilizzare questo modello uniformando lo  stato di guerra a quello di emergenza sanitaria: di tal  guisa  il  Governo non sarebbe stato libero di  emanare  atti  di  fonte  secondaria,  i decreti del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  legittimati  da fonti primarie, i decreti-legge ex art. 77 della  Costituzione,  sono stati conferiti in tal modo poteri di amplissima discrezionalità al solo Presidente del Consiglio.      Per quanto riguarda le limitazioni ai  diritti  fondamentali,  si osserva come solo la legge può derogare a diritti costituzionalmente garantiti, affinchè la  decisione  restrittiva   sia   presa   dai rappresentanti dei cittadini.  Nel caso quindi di illegittimità della dichiarazione dello stato di  emergenza  per  motivi  di  ordine  sanitario  debbono  ritenersi illegittimi tutti i provvedimenti successivi adottati dal Governo che debbono essere dichiarati privi di efficacia ex tunc.

 

2. Eccepisce poi l’illegittimità del cosiddetto lockdown e cioè della  imposizione  di  un  obbligo  di  permanenza  domiciliare  che costituisce a  tutti  gli  effetti  una  restrizione  della  libertà personale vietata dalla Costituzione; si assume violato quindi l’art. 13 della Carta costituzione che  prevede  infatti  come  la  libertà personale  sia  inviolabile  e  quindi  non  può  ammettersi  alcuna restrizione  personale  se  non  per  atto  motivato   dell’autorità giudiziaria.

 

Sala della Corte Costituzionale – 3. Eccepisce inoltre  il  mancato  rispetto  dell’art.  16  della Costituzione in quanto le  limitazioni  previste  dallo  stesso,  pur riguardando motivi di sanità o di sicurezza, non possono  consentire il divieto di libera circolazione e soggiorno in tutto il  territorio nazionale, ma solamente in luoghi particolari in cui  vi  è  rischio per la sanità pubblica.  

– 4.  Deve  inoltre  ravvisarsi  nella  fattispecie  in  esame   la violazione dell’art. 2 della Costituzione essendo violato il  diritto alla libertà dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità.       

– 5. Deve ravvisarsi la violazione dell’art. 4  della  Costituzione in quanto le norme adottate violano il diritto al lavoro impedendo di fatto al  soggetto  di  espletare  la  propria  attività  lavorativa costringendolo nelle proprie abitazioni. 

 Tutte queste questioni appaiono rilevanti ai fini della decisione del presente Giudizio o non manifestamente infondate;  appare  quindi che per le disposizioni normative sopra indicate  vi  sia  dubbio  di legittimità costituzionale in quanto violate le  disposizioni  della Costituzione sopra indicate; articoli 2, 4, 13, 16, 77 e 78″.   

Infine l’ordinanza numero 141 del Tribunale di Reggio Calabria sottolinea l’illegittimità costituzionale della misura della quarantena.

In particolare, la sezione penale, solleva, in riferimento all’articolo 13 della Costituzione,  questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 6, e 2, comma 3, del decreto-legge 16  maggio 2020, n. 33 (Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID 19), convertito, con modificazioni, nella legge 14 luglio 2020, n. 74. L’art. 1, comma 6, stabilisce che è fatto divieto di mobilità dalla propria abitazione o dimora alle persone sottoposte alla misura della  quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria in quanto risultate positive al virus COVID-19,  fino all’accertamento della guarigione o al ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo  destinata; il censurato art. 2, comma 3, prevede che la violazione della misura di cui all’art. 1, comma  6, è punita ai sensi dell’art. 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, salvo che il fatto costituisca  violazione dell’art. 452 cod. pen. o comunque più grave reato.
Il giudice rimettente denuncia la lesione  della riserva di giurisdizione in materia di libertà personale prevista dall’art. 13 della Costituzione, ritenendo che la quarantena obbligatoria in questione attenga alla libertà personale e non alla libertà di  circolazione, tutelata dall’articolo 16 della Costituzione. Al riguardo, osserva il Giudice, l’articolo 1,  comma 6, del decreto-legge n. 33 del 2020, infatti, non imporrebbe un divieto di recarsi in  determinati luoghi ma un divieto di muoversi a determinati soggetti.
Ad avviso del Tribunale di Reggio  Calabria il divieto di mobilità dalla propria abitazione o dimora in questione avrebbe un contenuto  assolutamente identico a quello della misura cautelare degli arresti domiciliari, imposta ai sensi  dell’articolo 284 del codice di procedura penale, e della detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter della legge 26 luglio  1975, n. 354, anzi, il regime denunciato sarebbe anche più restrittivo, non  essendo nemmeno prevista un’autorizzazione ad allontanarsi provvisoriamente per provvedere alle  indispensabili esigenze di vita. Tuttavia, evidenzia ancora il Tribunale, le due misure poste a confronto  vengono stabilite dal Giudice mentre la misura denunciata è stabilita dall’autorità sanitaria, nonostante  comporti, al pari delle altre due misure, la privazione o quantomeno la limitazione della libertà  personale del soggetto che vi è sottoposto.
L’articolo 13 della Costituzione che tutela la libertà personale  imporrebbe, conclude l’ordinanza, che anche il provvedimento di adozione del divieto in questione,  comportando una restrizione della libertà personale, debba essere adottato o soggetto a convalida da  parte dell’autorità giudiziaria.

1 Aprile 2022 – Redazione

Il foglio di via per un anno era stato emesso dalla Questura capitolina a novembre dopo un’iniziativa no green pass dell’ex leader dei portuali.

Il Tar del Lazio ha annullato il provvedimento di Daspo urbano ai danni di Stefano Puzzer, leader no green pass della protesta del porto di Trieste. Il provvedimento era stato emanato dalla Questura di Roma il 3 novembre scorso. Il giorno precedente l’ex leader dei portuali triestini aveva posizionato un banchetto a Piazza del Popolo per raccogliere solidarietà e adesioni nella sua lotta contro le restrizioni anti Covid. Una manifestazione non autorizzata, secondo la Questura capitolina. Da qui il foglio di via per un anno. Puzzer aveva presentato ricorso.

Secondo il dispositivo del Tar del Lazio “l’Amministrazione non ha formalmente contestato tali risultanze, né ha indicato concrete e significative situazioni di pericolo derivanti dal comportamento del ricorrente, tali da poterne inferire un effettivo potenziale pericolo per la sicurezza pubblica, nelle circostanze di luogo e di tempo che costituiscono la motivazione sostanziale del provvedimento impugnato”. Inoltre “né il provvedimento può legittimamente fondarsi sulle sole segnalazioni del ricorrente all’Autorità Giudiziaria – scrivono i giudici – ovvero sulla contestazione relativa all’organizzazione di una manifestazione non autorizzata, che – oltre a non essere state accertate in maniera definitiva – non possono da sole sorreggere la misura, in assenza di ulteriori e concreti elementi di fatto che fungano da indispensabili criteri di collegamento spazio-temporale tra le esigenze di prevenzione ed uno specifico territorio (…), con riferimento ad un delimitato periodo temporale di un anno”.

In assenza di tali elementi – prosegue il dispositivo del Tar – “anche la durata della misura risulta sprovvista di una valida giustificazione causale, non risultando ancorata ad una oggettiva e percepibile esigenza di prevenzione della sicurezza urbana, e risultando pertanto insuscettibile di una reale valutazione in termini di congruità e proporzionalità della limitazione della libertà di circolazione sul territorio nazionale”.

“Infine deve ritenersi poco pertinente anche la motivazione relativa all’esigenza di dislocare un massiccio presidio di sicurezza, che avrebbe distratto le forze di Polizia da altri obiettivi sensibili, in quanto tale affermazione non è risultata confermata dalla documentazione probatoria versata in atti, né appare di per sé idonea a dimostrare un effettivo turbamento della sicurezza pubblica, in assenza di documentati disordini”. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso di Puzzer è stato accolto con annullamento del provvedimento impugnato.

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28 Marzo 2022 – Redazione

Rischio processo per l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri.

La Procura di Roma ha chiuso le indagini dell’inchiesta sull’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine ritenute non conformi.
Oltre ad Arcuri, accusato di abuso d’ufficio, i pm hanno notificato l’avviso di chiusura indagini ad altre 10 persone tra cui l’imprenditore Mario Benotti, cui è contestato il traffico di influenze illecite, e Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale accusato di frode nelle pubbliche forniture, falso e abuso d’ufficio.

“Nel pieno rispetto del lavoro della magistratura, esprimo la mia soddisfazione per l’archiviazione delle ipotesi” di reato “relative non solo alla corruzione ma anche al peculato”. Lo dice l’ex commissario per l’emergenza Domenico Arcuri dopo la chiusura dell’inchiesta della procura di Roma sulle mascherine, dicendosi inoltre soddisfatto della “possibilità di esercitare finalmente il mio diritto alla difesa in relazione alla residuale ipotesi di abuso d’ufficio”.

Ad Arcuri i magistrati di piazzale Clodio contestano di avere nella “qualità di pubblico ufficiale – è detto nel capo di imputazione – e in concorso con Fabbrocini e in unione e concorso per mutuo accordo con l’imprenditore Vincenzo Tommasi” costituito “intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un’illecita posizione di vantaggio patrimoniale”. Un modus operandi che garantiva all’imprenditore “la facoltà di avere rapporto commerciale con la Pa senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava; la quasi totale esclusiva nella intermediazione di fatto delle forniture di mascherine chirurgiche e dpi importati dalla Cina”. Per quanto riguarda la posizione di Benotti, accusato con altri sette di traffico di influenze, avrebbe sfruttato le “relazioni personali e occulte con Arcuri, ottenendo che quest’ultimo assicurasse ai partner di Benotti un’esclusiva in via di fatto nell’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali”. Nei confronti di Fabbrocini si contesta, per quanto riguarda l’accusa di falso, di avere agito “nella qualità di rup” inducendo “il Cts ad attestare falsamente la conformità dei presidi sanitari importati alle norme Uni En”.

Ansa