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22 Febbraio 2022 -Redazione

Nel 2021 la Gran Bretagna ha registrato una crescita economica superiore a quella di tutti gli altri Paesi del G7. Il prodotto interno lordo (PIL) britannico registra una crescita record, pari al 6,5% nel 2021, a fronte dell’iniziale stima del 4,0%. Ma da cosa è dipeso questo boom?

Il boom britannico

Non solo sviluppo economico, l’isola britannica, infatti, può sorridere anche guardando ai dati sulla disoccupazione: la cancelleria dello Scacchiere presenta una riduzione secca delle previsioni sulla disoccupazione, che scende al 4,1% contro il 12% temuto durante la fase dei lockdown; scendono i disoccupati richiedenti un sussidio (claimant count), che a gennaio sono risultati in diminuzione di 31.900 unità, dopo aver riportato un calo di 51.600 unità a dicembre. Il dato è pubblicato dall’Office for National Statistics.

Addirittura si impenna anche il tasso di crescita dei salari medi.

Effetto Brexit

Un simile sviluppo non si vedeva dal dopoguerra. Già nel maggio scorso infatti, come ci racconta la BBC, le previsioni della Banca d’Inghilterra definivano un quadro ben preciso: l’economia del Regno Unito godrà della sua crescita più rapida in oltre 70 anni nel 2021 con l’abolizione delle restrizioni Covid-19. I dati odierni consolidano quello che può essere definito un vero e proprio successo da parte della politica d’oltremanica, figlio delle strategie di riapertura precoce durante la gestione pandemica, dell’assenza di misure altamente dannose come il Green Pass e, soprattutto, della dissociazione dalla gabbia europea sancita tramite la Brexit.

Alla luce di questi dati appare solare come una ragionata gestione politica di un Paese faccia tutta la differenza di questo mondo sulla salute del Paese stesso. In Gran Bretagna, infatti, spesso è stata seguita la “linea morbida” sulle restrizioni, limitando il meno possibile i diritti fondamentali dei cittadini, non creando mai discriminazioni di alcun genere tra vaccinati e non vaccinati e, soprattutto, non introducendo mai misure limitative sulla possibilità di esercitare il proprio mestiere. Tutto questo, unitamente al non essere sottoposti ai dettami di una Unione Europea che fino a oggi si è dimostrata tutt’altro che trasparente sulle scelte sanitarie ed economiche, ha fatto sì che il popolo britannico tornasse alla tanto agognata normalità ben prima degli omologhi europei, provocando quell’effetto elastico sull’economia che oggi siamo qui ad esporvi.

Fonte: IlParagone

13 Dicembre 2021 – Redazione Co.Te.li – Fonte: L’Antidiplomatico

E’ stato più volte scritto che la tutela della “salute” per il governo Draghi è intesa come la cancellazione sistematica di tutti i diritti costituzionali garantiti. Il “super green pass” ne e’ un esempio!

Salute prima di ogni cosa comunque! (A PAROLE!) E cosa fa il Movimento 5 Stelle? Chiede di anticipare la direttiva europea per introdurre in Italia la sperimentazione OGM in agricoltura. Alla faccia della “salute” e della salvaguardia dell’economia italiana.

“Crocevia e Associazione Rurale Italiana chiedono il ritiro di una proposta di legge firmata da cinque parlamentari della Commissione Agricoltura, che accelera le procedure per l’emissione in pieno campo dei nuovi OGM “a fini sperimentali”. Sarebbe una svolta devastante per un paese che ha fatto del cibo la sua bandiera, oltre che una violazione del principio di precauzione.” Si legge in un comunicato dell’Associazione. 

Di che cosa si tratta? Nello specifico cinque deputati del Movimento 5 Stelle, membri della Commissione Agricoltura della Camera, stanno per avanzare una Proposta di Legge sul rilascio in ambiente dei nuovi OGM “a fini sperimentali”. Il partito che prima delle svolte con il Pd, Draghi e ora con la guida di Conte, aveva sempre fatto della contrarietà alla manipolazione genetica del cibo una delle sue bandiere, sta per voltare le spalle al principio di precauzione e a una politica basata sulla sicurezza alimentare e i diritti dei contadini.

L’editing del genoma fa parte di una serie di biotecnologie definite “di seconda generazione”, anche se si studiano ormai da una quindicina d’anni. I promotori le ritengono più precise e sicure nella loro capacità di modificare il DNA, oltre a chiedere che vengano esentate a livello europeo dagli obblighi della direttiva sugli OGM. Questi nuovi prodotti biotecnologici vengono propagandati come non OGM solo perché ingegnerizzano organismi della stessa specie, invece di incrociare specie diverse.

Le varietà ottenute con queste cosiddette New Genomic Techniques (denominate NGT, NBT o TEA), che il Movimento 5 Stelle cerca di sdoganare, vengono addirittura equiparate a piante mutate naturalmente. Un falso scientifico che ha fini meramente politici ed economici, curiosamente sovrapponibili a quelli grandi gruppi multinazionali e di parte dell’accademia, interessati a ottenere il via libera per la coltivazione di questi nuovi OGM per sfruttarne i diritti di proprietà intellettuale.

La proposta di legge è firmata dal presidente della Commissione Agricoltura Filippo Gallinella e dai deputati Chiara Gagnarli, Giuseppe L’Abbate, Luciano Cadeddu e Luciano Cillis. Con una modifica del decreto legislativo 8 luglio 2003, n.224, si propone di accelerare le procedure per l’emissione in pieno campo di varietà vegetali ottenute in laboratorio con tecniche di genome editing (New Genomic Techniques – NGT). Un fatto mai avvenuto finora per la ferma opposizione dei consumatori, degli agricoltori e delle organizzazioni ambientaliste e garantito da una legislazione nazionale dal 2000 (decreto Amato).

A tutto ciò si somma una sentenza della  Corte di Giustizia Europea,che nel 2018 ha esteso anche ai prodotti di queste “nuove” biotecnologie l’applicazione della  la Direttiva 2001/18 sugli OGM. Una sentenza storica, che equipara i prodotti delle NGT agli OGM, e li costringe alla tracciabilità e all’etichettatura, nonché a una rigorosa valutazione del rischio. Invece di applicare la sentenza, però, in Italia proseguono i tentativi ostinati di aggirarlo.”, si legge nel comunicato.

E ancora: “Il pronunciamento della Corte, infatti, è stato accolto come una iattura dalle industrie del settore, perché i consumatori europei sono radicalmente contrari agli OGM e difficilmente acquisterebbero questi prodotti se venisse riportata la dicitura in etichetta. Di qui il tentativo della Commissione europea e di numerosi stati membri di avviare una riscrittura delle regole sulla manipolazione genetica, liberando i prodotti dell’editing genomico dagli obblighi di legge.

Anticipando la proposta di Bruxelles, attesa entro il 2023, l’Italia, con la proposta di legge del M5S, inizia a cambiare le sue leggi che vietano – per i rischi di biocontaminazione – la sperimentazione in pieno campo degli OGM. “Siamo stupefatti da questa mossa del Movimento 5 Stelle, che rischia di esporre l’agricoltura alla contaminazione da OGM e alla biopirateria – dichiara Fabrizio Garbarino, co-portavoce dell’Associazione Rurale Italiana – Chiediamo ai parlamentari di ritirare la firma da questa proposta di legge, e alle altre forze politiche di respingerla con forza”. 

Ricordiamo, in conclusione, il programma del Movimento 5 Stelle, votato dalla base degli iscritti e avallato da 11 milioni di elettori nel 2018:
Agricoltura: il programma del Movimento 5 stelle per rilanciare settore agricolo. E nel 2019 al Parlamento Europeo stesso programma. La rete non dimentica. E non perdona. 

Il nostro paese rischia quindi a breve, senza una opposizione decisa dei suoi cittadini e dei suoi agricoltori, di perdere lo status di paese libero da OGM, con un danno economico incalcolabile.” conclude l’Associazione rurale italiana. La rete non dimentica. E non perdona. 

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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.) che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia  Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]

11 Dicembre 2021 – Redazione Co.Te.Li

Dopo l’assalto al made in Italy, l’Ue tenta un altro colpo basso nei confronti dell’Italia: L’ATTACCO AL NOSTRO VINO Come? Imponendo più tasse, etichette choc come per le sigarette e limitazioni alla sponsorizzazione degli alcolici durante gli eventi sportivi. Il blitz dei Socialisti, Democratici e Verdi è avvenuto inserendo nel report del comitato speciale Beca per la lotta al cancro, una serie di misure che, se venissero attuate in futuro, rischiano di penalizzare i produttori italiani di vino. Un vero e proprio assalto mirato e guidato da logiche facilmente comprensibili.

Come riporta Il Giornale, “giovedì il testo del dossier di oltre cento pagine, che traccia le linee guida sulla lotta ai tumori, è stato approvato dalla commissione parlamentare europea per l’Ambiente, la Sanità pubblica e la Sicurezza alimentare (Envi) con 29 voti a favore, uno contrario e quattro astenuti. Il report passerà poi al vaglio della sessione plenaria del Parlamento europeo, a febbraio del 2022, e sarà proprio su questa relazione che la Commissione Ue si baserà per emanare le prossime direttive in materia”.

Gli emendamenti voluti dalla sinistra Ue preoccupano gli operatori del settore vinicolo. L’impostazione del documento, che chiede tolleranza zero sugli alcolici, compresi vino e birra, con tasse più alte, “health warning” sulle etichette e divieto di sponsorizzazione nelle manifestazioni sportive, impensierisce i produttori. “La relazione – scrive la Coldiretti in una nota – non si limita a proporre aumenti delle tasse ma spinge ad introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche come per i pacchetti di sigarette”.

È del tutto improprio – attacca il presidente Ettore Prandini – assimilare l’abuso di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino”. La relazione del Parlamento Ue, è convinto, “colpisce ingiustamente il vino Made in Italy che ha conquistato la leadership in Europa per produzione ed esportazioni con un fatturato record di 12 miliardi nel 2021”.

Infine parliamo di un nuovo pericoloso scenario!!! La Coldiretti ha sottolineato come in un documento circolato al Consiglio dei ministri agricoli Ue è emersa la possibilità non solo di produrre vino dealcolato (ovvero con un minore contenuto di alcol) ma soprattutto si è affacciata anche l’ipotesi di aggiungere acqua al vino al fine di abbassarne la gradazione alcolica.

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11 Dicembre 2021 – Redazione Co.Te.Li – Fonte: Today.it

All’ombra delle Alpi Svizzere si alleveranno coccodrilli del Nilo. Non per farne borsette o beauty case ma per venderne spiedini e hamburger agli altri paesi dell’Unione. ITALIA COMPRESA. Perchè il Ministro della Salute Speranza ha recepito una norma che in Europa già consentiva di commercializzare carne di rettile e – con una solerte circolare del 4 novembre – l’ha applicata anche in terra di carbonara e bagna cauda. Sempre secondo la circolare, potrebbero entrare nell’iter autorizzativo dei nuovi alimenti per il consumo umano anche altre tre specie di coccodrillo, la lucertola ocellata europea, il pitone reticolato e la tartaruga guscio molle cinese.

Per il momento però, nel piatto abbiamo solo l’alligatore delle sponde del Nilo. Dolce come un merluzzo al guazzetto, anche se la consistenza si avvicina più a quella del pollo alla cacciatora. Ma soprattutto, la sua carne vale più di quanto pesa: da quando in Zimbabwe sono arrivate le multinazionali del food a gestire allevamenti e commercializzazioni, i prezzi hanno superato i 150 euro al chilo. Ed è proprio da questo paese africano che sarà consentito importare la materia prima destinata alle osterie italiane, insieme a Botswana, Vietnam, Sudafrica.

Lucertola Ocellata

E alla Svizzera, unico Paese europeo autorizzato, già candidato a diventare il cuore pulsante e il centro di smistamento della carne di rettile sul suolo del Vecchio Continente. Sicurezza della filiera, analisi chimiche per escludere Salmonella e Trichinella, certificato di provenienza.

A garanzia del consumatore è previsto tutto. Tutto, tranne il fatto che industrializzare l’allevamento di una specie selvatica per immetterla nel circuito di distribuzione della ristorazione globale, infrange una decina di punti della transizione agro-ecologica europea. Della quale il Ministro Speranza si è sempre detto gran sostenitore.

Pitone Reticolato

A partire dal nome: “From farm to fork”, ovvero dal campo alla tavola. Un esercizio di stile, per i meticolosi che avrebbero voglia di fare il conto di quante parti per milione (le famose “ppm”) di anidride carbonica verrebbero emesse per trasportare un carico di coccodrillo dal Vietnam a Genova o dal Botswana a Taranto. E che invece già si trovano negli strettissimi obiettivi di riduzione delle emissioni di tutti gli Stati membri. Pena i già poco velati “blackout energetici” che ci lascerebbero al buio. Non parliamo poi del fatto che quando si tratta di difendere salami e prosciutti del made in Italy (provenienti da specie domestiche e non selvatiche), gli allevatori nostrani siano costretti a difendersi dall’accusa di essere i più feroci inquinatori del suolo patrio.

Non si capisce dunque, se è vero che i gusti sono gusti, in che modo una coda fritta di coccodrillo contribuisca a centrare l’obiettivo della Farm to Fork, secondo la quale “i sistemi alimentari devono urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta”. A quali limiti ecologici ci si riferisca quando in una circolare ministeriale si legge che vengono considerati rettili ad uso potenzialmente alimentare anche specie vulnerabili di estinzione come la tartaruga guscio molle, non è dato sapere. Però a occhio, sembrerebbe che la globalizzazione possa infrangere anche i confini gastronomici, sacrificati sull’altare della transizione ecologica. 

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9 Dicembre 2021 – Redazione Co.Te.Li – Fonte: L’Antidiplomatico

UN IMPORTANTISSIMO OBIETTIVO!!
USCIAMO DA QUESTA EUROPAAA!!

Dopo la proposta legislativa, avanzata lo scorso luglio, di immatricolare dal 2035 solo auto a zero emissioni, bloccando quindi diesel e benzina, la Commissione europea è in procinto di varare una nuova direttiva, una specie di Green Pass abitativo. Niente vendita o affitto se la casa spreca energia: la direttiva definita “choc” da “il Messaggero”, dovrebbe portare nel 2033 la classe energetica minima a quella “C” con le abitazioni che potrebbero essere immesse sul mercato solo con l’impegno a raggiungere in tre anni i requisiti richiesti. 

La roadmap non si ferma qui. Entro il 2035, spiega casaeclima, “tutti gli immobili presenti nell’Unione dovranno rispettare i nuovi standard, il divieto di vendere o affittare immobili già dal 2027 per gli immobili con classe energetica E, dal 2030 quelli con classe D. Entro il 2050 infine tutti gli immobili dovranno poi essere a emissioni zero. Per ora siamo solo a livello di bozza, ma la direttiva dovrebbe essere presentata ufficialmente il prossimo 14 dicembre.”

E se non ti potrai permettere una auto a zero emissioni o una casa a zero emissioni come richiesto dalla Commissione europee? Potrai spostarti a piedi nella tua casa che magari verrà anche multata perché inquinante. E se non ti potrai permettere di pagare la multa? Le vie del neo-liberismo dell’UE sono infinite…

ANCORA STIAMO SULLE PIAZZE A FARCI PRENDERE PER LE TERGA???!!!
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8 dicembre 2021  – Comunicato di Pro Vita & Famiglia

Lo scorso febbraio il Parlamento Europeo ha istituito il ruolo di ambasciatore Lgbtqia presso la stessa assemblea comunitaria, affidandolo contestualmente al fashion-blogger italo-tedesco Riccardo Simonetti: un personaggio che di recente ha inscenato una disgustosa parodia della Sacra Famiglia in chiave gay, nella quale lui stesso impersonava una Vergine Maria transessuale!

Un fatto aberrante, soprattutto perché avvenuto proprio sotto l’egida delle istituzioni europee: le quali si confermano assurdamente tolleranti contro l’intolleranza arcobaleno, soprattutto se diretta contro i cristiani.

Tutto questo è inaccettabile!

Firma e condividi la petizione per chiedere che il Presidente del Parlamento Europeo rimuova dal suo incarico Riccardo Simonetti, cancelli il ruolo da ambasciatore Lgbtqia presso lo stesso Europarlamento e si scusi con i milioni di cristiani offesi!

L’Unione Europea si è forse dimenticata che ha il dovere di rappresentare tutti i cittadini del Vecchio Continente, e non solo delle istanze partigiane come minimo controverse?

Non si capisce proprio che senso abbia una “rappresentanza diplomatica” limitata a una sola categoria, che oltretutto ne offende gratuitamente delle altre! E i paladini dell’anti-discriminazione non hanno nulla da dire contro questa discriminazione?

Perciò ti invitiamo a FIRMARE e CONDIVIDERE la petizione per chiedere al Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli di revocare a Riccardo Simonetti l’incarico di ambasciatore Lgbtqia presso l’Europarlamento, di eliminare il suddetto ruolo e di scusarsi pubblicamente per averlo affidato a un personaggio macchiatosi di una così grave blasfemia.

Per firmare LEGGI E CLICCA SUL LINK ⤵️⤵️⤵️

https://www.provitaefamiglia.it/petizione/si-revochi-immediatamente-lincarico-allambasciatore-lgbtqia-presso-leuroparlamento-per-i-suoi-atti-blasfemi-firma-anche-tu

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12 Ottobre 2021 – FONTE: Affari Italiani

L’intervento di Paolo Savona a sostegno dell’indipendenza della Banca popolare di Sondrio diventa un caso alla Consob. Il numero uno dell’organismo di controllo delle borse, scrive una lettera di sostegno al presidente della banca, ma questa viene resa pubblica.

Viviamo – si legge sulla Stampa – in un’epoca «di dittatura», che si manifesta persino nelle vicissitudini della Popolare di Sondrio. La vede così il presidente di Consob, Paolo Savona, che non è nuovo a interventi in grado di scatenare polemiche: dalla possibilità di vendere il debito di Stato ai russi al piano B per uscire dall’euro. Chiamato dal Comitato per l’autonomia e l’indipendenza della Bps a dare un parere sulla situazione della banca guidata da Francesco Venosta e Mario Alberto Pedranzini, è intervenuto con un messaggio.

L’iniziativa del comitato, che propone una serie di soluzioni per mantenere l’autonomia e l’indipendenza della Bps tra cui il voto maggiorato, come scrive Savona, «è perfettamente legittima, ma temo che sarà il sasso nello stagno perché è la manifestazione del fatto, contro cui ci battiamo da decenni, che l’essere umano e le sue istituzioni intermedie (Tocqueville) sono sempre più preda degli organi collettivi della democrazia con conseguenze sui sistemi di libertà”.

Non è la prima volta che Paolo Savona evoca la dittatura in un intervento. Lo aveva già fatto nel febbraio del 2019, subito dopo essere stato designato alla presidenza di Consob, tra le polemiche di una parte del Pd che puntava il dito contro il suo ruolo in Euklid ltd, società con base a Londra cui fanno capo alcuni fondi di investimento lussemburghesi.

La Redazione

Finalmente e’ arrivata la notizia che da tanti mesi attendevamo. Il Comitato Nazionale Gli Angeli per la Salvezza presieduto da Cisco Orlando, dopo attento e certificato lavoro di indagine del Prof. Pier Francesco Belli, che ha impiegato mesi di meticolosa ricerca, ha presentato un esposto in varie procure d’Italia, che accerterebbe, attraverso un’ analisi chiara e puntuale di norme e fatti, responsabilità e colpevoli delle morti (poi classificate erroneamente “morti per covid”) da febbraio 2020 ad oggi.
Nell’articolato testo viene esaminato in modo rigoroso e totalmente documentato la violazione sistematica di norme nazionali e sovranazionali da parte di WHO, UNIONE EUROPEA, e ITALIA.
In particolare si analizza come, dal lato del nostro stato nazionale, con una circolare del Ministero della salute del febbraio 2020 siano state consegnate a tutti i medici del territorio delle check list, il rispetto delle quali imponeva che tutta la sintomatologia respiratoria stagionale dovesse improvvisamente cambiare nome ed essere considerata “Caso sospetto COVID 19”.
Per effetto di tale imposizione diagnostica dettata dall’alto, attribuendo al Covid 19 una genesi virale del virus sconosciuto, ne conseguiva l’indisponibilità di cure/terapie efficaci ed i pazienti giungevano in ospedale in condizioni critiche dove veniva riconfermato l’errore diagnostico ed i pazienti indirizzati verso terapie antivirali, ventilazione meccanica.
In altre parole, larga parte dei decessi (per non dire tutti) si sarebbero potuti evitare ma questo articolato esposto spiega ragioni mediche e giuridiche che hanno stravolto un sistema sanitario già largamente compromesso in favore di logiche di potere e, una volta per tutte, ribalta il tema del negazionismo perché, date le prove schiaccianti contenute in questo testo, si dimostra che ad essere negazionisti sono le istituzioni, gli organi di stampa e il main stream che a fronte di una pura narrazione mai provata dai fatti (il testo dimostra in modo conclamato e con argomentazione scientifica che la pandemia è stata solo narrata ma mai riscontrata) che negano l’evidenza che il Covid 19 nulla è se non una narrazione, appunto, creata ad arte ed imposta con norme illegittime per imporre un nuovo ordine socio economico senza alcun fondamento tecnico o scientifico alla base. Il tutto per arrivare quindi ad una imposizione vaccinale di quella che in realtà altro non è che una terapia genica sperimentale già peraltro condannata dal codice di Norimberga in tempi non sospetti ed oggi artatamente riportata alla ribalta (senza in verità essere mai cessata) con l’uso bieco e strumentale del cd “uso compassionevole”. Asserendo infatti che il vaccino rappresenta l’unica soluzione possibile era necessario individuare una strategia per poterlo somministrare quando ancora in caso di sperimentazione e ciò è stato fatto attraverso l’uso compassionevole. Peraltro la forzatura della vaccinazione di massa oltre a non trovare alcun fondamento dal punto di vista clinico/epidemiologico non è nemmeno sostenibile dal punto di vista normativo laddove peraltro tutte le giurisdizioni sovranazionali e nazionali da sempre hanno legiferato ribadendo il principio di volontarietà della partecipazione alle sperimentazioni che per nessun motivo può essere coercizzata.
Dati quindi i risvolti eclatanti provati tanto in punto di fatto quanto in punto di diritto dallo studio su cui fondano gli esposti presentati a varie procure (tra cui, oltre a quella da noi giunte, quelle di Palermo, Bologna, Roma, Reggio Calabria e Cosenza) questa redazione si ripromette di seguire gli sviluppi della vicenda da vicino per fornire ai cittadini una lettura finalmente chiara e non partigiana di ciò che davvero c’è dietro alla narrazione di una pandemia mai avvenuta.

Roma, 16 Luglio 2021

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La politica estera italiana dimostra ancora una volta la propria congenita debolezza, tentando di imporre un punto di vista, ma sempre sottomesso al volere di chi è più forte…

di Roberto Roggero

L’aforisma del ben noto Nicolò Machiavelli, pur vecchio di secoli, si dimostra sempre attuale e adattabile a molte situazioni. Si dovrebbe però corredare con una ulteriore affermazione: dovrebbe esserci qualcosa che giustifica il fine…

Una delle numerose situazioni a cui si adatta il principio politico è essere il rapporto fra diplomazia italiana, europea e internazionale, con riferimento a esigenze particolari e casi singoli, che comunque non possono essere considerati a sé stanti, in quanto anelli di una catena, che si influenzano a vicenda, e non sempre con esiti positivi.

Ciò che riguarda più direttamente il sistema Italia è certo l’area del Mediterraneo, con attori che sono ovviamente tutti i Paesi che vi si affacciano, o che abbiano con tale area rapporti di qualche tipo, in prevalenza commerciali. E’ ovvio che a seconda dell’importanza commerciale (e politica), ogni Paese ha un proprio approccio e linea programmatica da seguire.

Nonostante gli innumerevoli esempi della storia millenaria, che ha confermato più volte il ruolo egemonico dell’Italia in questo scacchiere, in virtù della posizione geopolitica, il suo peso però non è mai stato quello che dovrebbe essere. Le ragioni di questo fallimento annunciato sono molteplici, alcune prevedibili, e rimane il fatto che vi siano interessi monotematici addirittura banali, e comunque anacronistici.

Il meccanismo che dovrebbe migliorare gli obiettivi di una nazione come l’Italia, nell’area internazionale non cambiano, ma neppure ingranano. A questo punto un dubbio: la causa di questo malfunzionamento non sarà mica da cercare nei meccanismi, nemmeno tanto oscuri, di una linea politica comoda e accomodante, o comunque inscindibilmente legata ai soliti interessi commerciali a breve scadenza? Un giro di parole che, in sintesi, si riduce a tre costanti fin troppo scontate: petrolio, energia, commercio, non necessariamente in quest’ordine. Si può andare anche oltre, e ridurre le varianti a due: economia politica e politica economica, che non sono la stessa cosa.

L’ambiguità politica, le convenienze derivanti da taciti accordi e le inevitabili conseguenze, anche di modesto valore, sono specialità tutta italiana; peccato che oggi la guerra commerciale si combatte con altri metodi, cifre e volumi. Sarà per questo che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è andato in Libia a incontrare il presidente turco Recep Erdogan, tutelandosi, pochi giorni prima, per ben apparire agli occhi della comunità internazionale, con una telefonata a sostegno di quegli “inderogabili diritti umani” che a Erdogan fanno venire la febbre solo a parlarne.

Nei corridoi di Palazzo Chigi, il colloquio Draghi-Erdogan è stato definito “articolato”, termine squisitamente politichese, senza approfondire i dettagli che hanno avuto come fulcro i rapporti fra Turchia e Unione Europea, il Mediterraneo (orientale e non solo), la Libia, le sfide globali e le priorità della presidenza italiana del G20.

Il premier italiano ha espresso preoccupazione per il rispetto dei diritti umani in Turchia, sistematicamente calpestati in periodiche escalation di violenza ai danni di qualsiasi forma di opposizione.

Nel corso della telefonata sono stati discussi anche rapporti bilaterali e relazioni multilaterali che, tradotto dal politichese, significa: come, dove e soprattutto quanto, lasciando nel dimenticatoio ogni forma di protesta, fra cui quella degli europarlamentari di Bruxelles di fronte all’ambasciata turca per chiedere all’Unione un drastico interventi contro le repressioni ordinate da Erdogan.

E’ ben noto che il sultano di Ankara, come alcuni altri leader (fra cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu) non si fa problemi nel fare carta straccia di ogni Risoluzione delle Nazioni Unite o dichiarazione ufficiale di qualsivoglia organismo internazionale, che vada contro i propri interessi, e su questa linea infatti, è molto probabile, se non certo, che anche la telefonata di Draghi finisca nel cestino, o peggio. Quel che è peggio, però, è che lo stesso Mario Draghi sapeva benissimo che il suo appello ai diritti umani non avrebbe trovato alcuna accoglienza nelle stanze del potere di Ankara. Il tutto si è ridotto a una “comunicazione come da protocollo” che, nella maggior parte dei casi, sono semplicemente ridicole, oltre che completamente inutili. Come inutile è la polemica sorta sul fatto che la presidente della Commissione Europea sia rimasta in piedi ad attendere che Erdogan salutasse il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, prima di essere accolta a sua volta. E’ stato solo un messaggio, sottile e diretto. Come significativo è il fatto che siano stato i vertici dell’UE a chiedere udienza a Erdogan, e a recarsi ad Ankara per discutere la gestione dei flussi migratori.

Da non trascurare il fatto che la UE ha già stanziato oltre otto miliardi di euro a beneficio della Turchia in questo campo, e che non siano stati fatti commenti su questioni altrettanto e più fondamentali, come i giacimenti di gas naturale, il commercio dai punti di sbocco al Mediterraneo da Paesi assolutisti come l’Azerbaijan, che la Turchia sostiene militarmente ed economicamente contro Armenia e Nagorno-Karabakh. E senza rispolverare questioni antiche, e tuttavia non risolte, come il riconoscimento del genocidio armeno.

A questo punto, si apre un’altra questione decisamente spinosa provocata dalle ben poco edificanti iniziative di certi parlamentari italiani in visita a Baku (capitale dell’ Azerbaijan) e ai fantasiosi quanto risibili proclami personali in aula parlamentale (ogni riferimento alla senatrice Urania Papatheu è puramente voluto). Il tutto per elemosinare qualche piccola fetta della torta caucasica.

Mario Draghi, Ursula von der Leyen, Charles Michel, e altri alti rappresentanti del mondo cosiddetto “democratico”, si sono quindi messi in fila come bravi alunni in attesa della merenda, distribuita dal severo signor maestro Erdogan, senza dare il giusto valore al fatto che alla Turchia non conviene più, come qualche anno fa, avvicinarsi se non entrare a far parte dell’Unione Europea, soprattutto se si considera l’evoluzione degli ultimi mesi e l’accordo Russia-Turchia (in Siria rivali a sostegno reciproco). Un accordo che si gioca soprattutto in Caucaso, con l’Italia che sta cercando di raccogliere qualche vantaggio, magari barattando una cooperazione di altra natura in Libia, dove la Turchia sta cercando a sua volta di garantirsi determinati volumi di forniture.

Nonostante le proteste, Draghi si è recato all’incontro di Tripoli, senza badare più di tanto alla violazione dei diritti umani in Turchia. In Libia, non a caso, Draghi ha incontrato anche Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, il nuovo premier riconosciuto, ma è difficile credere che anche in questo caso, il presidente del Consiglio italiano non sia stato informato sulla situazione dei diritti umani nel Paese nordafricano. Non è certo una colpa di Mohammed Dbeibeh se in Libia in diritti umani sono calpestati, poiché solo dal 15 marzo scorso è stato nominato primo ministro, dopo la drammatica guerra che ha visto su fronti opposti Khalifa Haftar e Fayez Al-Serraj, e per decisione di una Commissione Internazionale sostenuta dalla missione ONU in Libia (USMIL), per altro al centro di polemiche per sospetti brogli e compravendita di voti per mettere lo stesso Dbeibeh alla guida di un organismo che porti il Paese alle elezioni fissate il 21 dicembre 2021. Poco importa se la famiglia Dbeibeh, di Misurata, è intimamente legata a quella di Saif Al-Salam Al-Gheddafi, secondogenito dell’ex rais.

Senza sapere chi sarà la prossima massima autorità della Libia, o se lo stesso Dbeibeh possa essere confermato (cosa che i più danno come ben poco probabile), i governi che hanno interessi nel Paese nordafricano (Italia in primis) devono muoversi in anticipo, per garantirsi la continuità dei contratti miliardari legati alle ricchezze locali.

L’ipocrisia della diplomazia italiana è confermata poi dal fatto che il Memorandum of Understanding, formato dall’ex premier Paolo Gentiloni e dallo stesso Al-Serraj, pur profondamente criticato, è ancora in vigore, nonostante i cambiamenti avvenuti in Libia, dove ancora oggi vi sono presenze militari russe, turche, jihadiste, siriane, e le varie fazioni tribali, sullo sfondo degli enormi interessi legati all’estrazione, raffinazione e commercio del petrolio. Il rischio, sempre più reale, è che l’attuale premier libico non sia confermato alla guida del Paese, e quando avverrà, la fetta maggiore della torta nordafricana sarà quella russo-turca. L’Europa non può permettersi questo lusso.

A questo punto, riuscirà il presidente del Consiglio Mario Draghi a portare avanti quel ruolo di apripista dell’Europa, e a controbattere le mosse dell’asse Russo-Turco? Il tutto considerando anche l’arma che Erdogan ha l’opportunità di sfruttare politicamente, ovvero le migliaia di sfollati ammassati ai confini meridionali della Turchia, ai quali Erdogan potrebbe aprire le porte verso l’Europa.

Non curante di tutto questo, il presidente turco continua a sorvolare sui mutamenti sociali a livello internazionale, mentre soffoca quelli interni che non siano allineati al sogno di restaurazione dell’impero ottomano e, a tale scopo, ha approfittato di situazioni di crisi, come quella in Siria, per espandere il proprio potere. Il quadro d’insieme è quindi decisamente desolante, perché mostra come la “Ragion di Stato” sia sempre in primo piano, rispetto a tutte le altre priorità. A questo punto, se il fine giustifica i mezzi, che cosa giustifica il fine?7