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Cronaca – Milano, 23 ottobre 2021 – (di Monica Tomasello)

Durante la manifestazione No Green Pass tenutasi sabato appena trascorso a Milano, in contemporanea alle altre piazze d’Italia, è accaduto qualcosa che quasi si stenterebbe a credere, se non fosse per il fatto che la scena è stata immortalata in un video e poi diffusa facendo così il giro del web.

Un manifestante viene braccato da diversi uomini, presumibilmente agenti della DIGOS in borghese ed in missione anti-sommossa,  preso per il collo e da lì trascinato finché la pressione esercitata sulla vena carotidea non gli fa perdere i sensi. A quel punto il malcapitato era ormai stato reso “inoffensivo”…, ma incuranti dell’accaduto gli agenti continuano a trascinarlo via in malo modo. 

Questi sono fatti raccapriccianti e di estrema violenza, esercitati su esseri umani disarmati, che non dovrebbero mai accadere.

Ci rendiamo conto di dove siamo arrivati?
Ma soprattutto… dove arriveremo di questo passo?

ECCO IL VIDEO (fonte: Local Team)👇

https://cataniacreattiva.it/wp-content/uploads/2021/10/IMG_2952.mov

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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia  Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]

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Le polemiche su Covid e vaccini investono anche Ballando con le stelle. “Colpa” di Mietta, cantante e concorrente del talent vip di Rai1 costretta a collegarsi da casa per la seconda puntata perché risultata positiva al Covid. Il suo partner e insegnante di danza, Maykel Fonts, almeno per ora è invece positivo dopo tre tamponi, due rapidi e uno molecolare. Vista la situazione, Mietta e Fonts non sono ancora stati eliminati ma semplicemente “congelati”, in attesa del decorso sanitario. Il problema nasce però dalla domanda un po’ indiscreta di Selvaggia Lucarelli: “Mi auguro che tutti i concorrenti e i ballerini siano vaccinati”, ha sottolineato rivolgendosi a Mietta. Il silenzio imbarazzato della cantante, che ha preferito non rispondere, ha scatenato l’opinionista e giurata: “Questo mi preoccupa”. Secca la replica di Mietta: “Ma perché dobbiamo parlare di questo?”. Una risposta stizzita che dà il là alla intemerata di Selvaggia contro i no vax: “Mi auguro che tutti i concorrenti e i ballerini siano vaccinati. Questo è un programma diverso dagli altri, in cui ci si tocca, si suda, si sta tutti insieme. L’anno scorso non c’era il vaccino ma quest’anno sì. Chi non è vaccinato può mettere a rischio la salute di tutti noi. Mi auguro che questo programma si faccia con grande senso di responsabilità”.

A SEGUIRE IL VIDEO👇👇👇👇👇CLICCATE PER VEDERE E ASCOLTARE LE PAROLE DI UNA VIPERA RAGGELANTE 👇👇👇👇👇

https://fb.watch/8Q-4zod_5p/

IMMEDIATA LA RISPOSTA DEL CODACONS CONTRO “BALLANDO CON LE STELLE”. IERI INACCETTABILE INQUISIZIONE IN DIRETTA TV SUlLLA VACCINAZIONE DI MIETTA E IL SUO BALLERINO. QUESTO IL COMUNICATO INVIATO ALLA RAI

“Una gravissima violazione del diritto alla privacy avvenuta ieri nel corso della puntata di “Ballando con le stelle” che ha scatenato una caccia alle streghe su web e social network a danno di una concorrente del programma (Mietta), e che porta oggi il Codacons a chiedere interventi urgenti ai vertici Rai.
Dobbiamo stigmatizzare il comportamento aggressivo di chi, SELVAGGIA LUCARELLI in diretta tv, ha lanciato una “inquisizione” per sapere se concorrenti e ballerini della trasmissione si fossero sottoposti al vaccino – spiega il Codacons – La normativa vigente in Italia tutela il diritto alla privacy, con particolare riferimento alla riservatezza dei dati sanitari dei cittadini, e chiedere in diretta televisiva, davanti a milioni di spettatori, dettagli circa aspetti riservati legati alla salute e alle scelte private di una concorrente, appare un gesto molto grave e sanzionabile nelle sedi opportune.
Senza contare – ricorda il Codacons – che in Italia nessuna legge impone la vaccinazione anti-Covid obbligatoria, e nessun cittadino può essere discriminato sulla base delle scelte in tema di vaccini.
Le affermazioni di Selvaggia Lucarelli nel corso della puntata di ieri di “Ballando con le stelle” hanno avviato una pericolosissima caccia alle streghe su web e social network, con migliaia di insulti e minacce ai danni della cantante Mietta che, giustamente, ha ritenuto di non fornire risposta a domande che violavano in diretta tv la sua privacy.
Ci appelliamo a Milly Carlucci, a cui riconosciamo indiscussa serietà e professionalità, e ai vertici della Rai affinché intervengano su quanto accaduto ieri, riportando equilibrio nella trasmissione ed evitando discriminazioni legate alle scelte personali dei concorrenti di “Ballando con le stelle” e intollerabili cacce alle streghe che generano un pericoloso clima di odio e di violenza”

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FONTE: Thomas Fazi (L’Anridiplomatico)

Il 20 ottobre, rispondendo alle critiche del deputato Pino Cabras, Mario Draghi ha difeso l’introduzione dell’obbligo del green pass per tutti i lavoratori letteralmente inventandosi di sana pianta tutta una serie di dati e di numeri. 
Stavolta le bugie sparate da Draghi erano così grosse – anche rispetto alla media a cui ci ha abituato il nostro beneamato leader – che persino Pagella Politica (PP) ha sentito il bisogno di smontarle una a una (link nei commenti). Cosa ha detto Draghi, allora? 

La prima menzogna che ha detto (e che ci sentiamo ripetere da giorni a reti unificate su tutti i media) è quella secondo cui il green pass avrebbe determinato un’impennata nelle vaccinazioni. Peccato che – come fa notare PP e come diciamo da tempo -, anche accettando la premessa inaccettabile secondo cui obbligare surrettiziamente la gente a vaccinarsi per mezzo del green pass sia accettabile, la realtà sia diametralmente opposta: ad agosto si facevano circa 120mila prime dosi di vaccino al giorno; in seguito all’introduzione del green pass, si assiste a un tracollo verticale delle vaccinazioni che nel tempo è leggermente rallentato, assestandosi sulle circa 60mila prime dosi di vaccino al giorno di oggi. Praticamente la metà del periodo antecedente all’introduzione del GP. Alla faccia dello stimolo alla vaccinazione. Come commenta eufemisticamente PP: «I conti non tornano». E non tornano no. Insomma, il green pass fallisce anche rispetto ai suoi stessi obiettivi. 

La seconda favoletta di Draghi – ancora più clamorosa – è quella secondo cui grazie al green pass i morti per Covid-19 sarebbero calati del «94 per cento», i ricoveri del «95 per cento» e le ospedalizzazioni del «92 per cento». Qui siamo al surrealismo puro. Come scrive PP: «Queste percentuali non trovano riscontro nei numeri registrati dal 16 settembre in poi. Non sono però dati inventati: fanno riferimento alle stime dell’Istituto superiore di sanità (ISS) sull’efficacia dei vaccini nel ridurre il rischio di morte e ricovero nei vaccinati. … I dati dell’ISS sull’efficacia dei vaccini mostrano che la campagna vaccinale ha avuto un forte impatto sulla riduzione di ricoveri e ospedalizzazioni, ma è scorretto lasciare intendere che questi risultati siano integralmente merito dell’estensione dell’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro [e anzi si potrebbe sostenere il contrario, nella misura in cui il green pass ha rallentato la campagna vaccinale]». Insomma, Draghi ha preso dei dati veri ma li ha poi utilizzati per tracciare una correlazione inesistente con il green pass. A questo punto viene anche il dubbio su dove finisca la malafede e dove inizi il riconglionimento senile.

 Che dire? Viva i competenti! 😂😂😂

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FONTE: Alessandra Servidori/Il Sussidiario.net

L’Inps, facendosi scudo con la giurisprudenza, ha deciso di cancellare l’assegno per gli invalidi che hanno un lavoretto con compenso fino a 400 euro al mese.

Invalidi e disabili sempre più lasciati soli. L’Inps in difficoltà finanziaria batte cassa e così ritarda su tutto e cannibalizza là dove si apre un varco. In ritardo con l’Assegno unico per i figli, in ritardo con le pratiche di richiesta di invalidità di prima istanza e revisione (sono due milioni giacenti presso Inps) che devono essere espletate da Inps e commissioni Asl; in ritardo sull’assunzione di medici promessi (sono solo 300 in tutta Italia che dovrebbero fare le visite di controllo per falsi certificati di malattia – che ora aumentano a dismisura per la lotta contro il vaccino); in ritardo sui controlli di chi percepisce indebitamente il Reddito di cittadinanza. In ritardo e confuso l’Istituto come mai prima d’ora. E però si affretta a infierire su chi svolge dei lavoretti togliendo il “sostanzioso assegno” di invalidità.

Lo dice l’Inps nel messaggio 3495 del 14 ottobre scorso. In altri termini, a partire da quella data l’Istituto di previdenza non erogherà più i 287,09 euro al mese per 13 mesi a chi ha una percentuale di invalidità tra il 74% e il 99% (dunque invalido non totale) e nel frattempo lavora. Dove per lavoro si intende lavoretto da 400 euro mensili al massimo. Una cifra che consente di stare nel tetto annuo di 4.931 euro, considerato sin qui compatibile con l’assegno di invalidità. Ora non più. Ma cos’è cambiato dal 2008 quando lo stesso Inps ammetteva che «l’esiguità del reddito impedisce di ritenere che vi sia attività lavorativa rilevante». Ovvero: se il lavoro non è stabile e non viene superata la soglia di reddito minimo personale, allora lavoretto e assegno possono convivere. L’istituto oggi però si adegua alle numerose sentenze della Corte di Cassazione, che sul requisito dell’inattività lavorativa di cui all’articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, come modificato dall’articolo 1, comma 35, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, affermano che “il mancato svolgimento dell’attività lavorativa integra non già una mera condizione di erogabilità della prestazione ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio”.

Dunque l’assegno mensile di assistenza sarà liquidato, fermi restando tutti i requisiti previsti dalla legge, solo nel caso in cui risulti l’inattività lavorativa del soggetto beneficiario, il cui onere della prova è a suo carico. Una decisione illogica, giuridica e sociale che preclude al disabile disoccupato o inoccupato, ma svolge una piccola attività lavorativa percependo un reddito bassissimo, la possibilità di ricevere una prestazione economica istituita proprio per sostenere la persona disabile che è in cerca di un lavoro stabile e risulta completamente privo di reddito. Si punisce chi svolge attività occasionali, precarie con un reddito inferiore a quello già previsto per avere diritto all’assegno di invalidità civile.

La persona disabile che ha un reddito ad esempio proveniente dalla locazione di un appartamento, e che non raggiunge la soglia di accessibilità al beneficio dell’assegno mensile, ha diritto a ottenerlo. Mentre chi ha un reddito da lavoro, seppur basso, e che non raggiunge il limite previsto dalla legge invece non ne avrà diritto. Inoltre, avrà conseguenze negative sulle possibilità dei giovani disabili di intraprendere un percorso di inclusione sociale grazie a brevi occasioni di lavoro. In pratica, a migliaia di ragazzi verrà impedito di svolgere minimi lavoretti. Precari e poco pagati. Lavori che preludono magari a un’occupazione stabile e compiutamente remunerata. Ciò consentirebbe loro di rinunciare all’assegno di invalidità e di avviare una reale integrazione.

Inps appoggiandosi alla giurisprudenza si fa scudo e modifica il contenuto sociale di norme che hanno grande valore per la dignità dei disabili. Un comportamento di discriminazione nei confronti degli invalidi civili, per i quali è necessario impostare azione di tutela contro tale decisione e per l’approvazione di una norma interpretativa che ponga fine a un comportamento illegittimo.

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Covid-19, Dati SHOCK: i veri numeri della pandemia nell’ultimo rapporto ISS

22 ottobre 2021 (di Fabio Giuseppe Carlo Carisio – GospaNews) – Un articolo di Franco Bechis sul quotidiano Il Tempo ha sollevato per primo l’inquietante questione riguardante i morti reali di Covid-19. Da mesi si discute infatti su coloro che sono deceduti con Covid e le persone che sono davvero morte di Covid. Il Ministero della Salute guidato da Roberto Speranza per parecchi mesi ha vietato le autopsie impedendo così ai medici di appurare quale fosse la percentuale reale di persone deceduto a causa delle complicazioni da SARS-Cov-2 e quale quella da altre patologie aggravate dalla Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS) ma comunque con condizioni di salute gravemente compromesse.

Secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19. Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé. Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l’Iss dunque lasciavano già loro poca speranza. Addirittura il 67,7% ne avrebbe avuto insieme più di tre malattie contemporanee, e il 18% almeno due insieme» ha scritto Franco Bechis su Il Tempo gettando un’ombra sull’affidabilità delle statistiche con un titolo sibillino “Gran pasticcio nel rapporto sui decessi. Per l’Iss gran parte dei morti non li ha causati il Covid”.

Credere ai dati di fatto è drammatico per chi è stato parte della narrazione del mainstream che ha predicato il devastante effetto Covid-19 senza specificare, come fatto dal biologo Franco Trinca e dall’avvocati Alessandro Fusillo nelle loro denunce alla Procura della Repubblica per strage di stato, che una delle principali cause dei decessi di persone con o senza patologie sono state le cure domiciliari efficaci ignorate dal governo. Ecco nel dettaglio il rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità che certifica il numero dei morti di Covid pari al 2,9 %. Una percentuale che, se diffusa prima, non avrebbe mai giustificato i vaccini obbligatori delle Big Pharma partner del Partito Democratico e nemmeno i contestatissimi Green Pass indispensabili per poter lavorare. 

Ma il quotidiano romano non ha scritto la seconda e forse ancor più inquietante parte del rapporto Epicentro dell’Istituto Superiore della Sanità che abbiamo voluto analizzare nel dettaglio. «I risultati qui presentati indicano chiaramente che le persone decedute dopo il completamento del ciclo vaccinale hanno un elevato livello di complessità clinica, significativamente superiore rispetto alle persone che non hanno potuto beneficiare dell’effetto del vaccino a causa di un contagio precoce o perché non hanno neanche iniziato il ciclo vaccinale. È possibile ipotizzare che i pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati. Queste persone molto fragili e con una ridotta risposta immunitaria, sono quelle che possono maggiormente beneficiare di una ampia copertura vaccinale dell’intera popolazione in quanto ciò ridurrebbe ulteriormente il rischio di infezione».

Lo leggiamo tradotto in linguaggio semplice con un po’ di buonsenso? I vaccini non servono proprio a quelle persone più fragili esposte al rischio di patologia grave da Covid-19!

Ecco nel dettaglio il rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità👇

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia

Il presente report descrive le caratteristiche di 130.468 pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 in Italia dall’inizio della sorveglianza al 5 ottobre 2021 riportati dalla Sorveglianza Integrata COVID-19 coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni (mediana 82, range 0-109, Range InterQuartile-IQR (1° quartile=74; 3° quartile=88)). Le donne decedute sono 56.792 (43,5%). L’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (pazienti deceduti: età mediane 82 anni; pazienti con infezione: età mediana 45 anni).

La figura mostra il numero dei decessi per fascia di età. Solo nella fascia di età ≥90 anni il numero di decessi di sesso femminile è superiore a quelli di sesso maschile. Questo dato è da mettere in relazione al fatto che la popolazione di età ≥90 anni in Italia è costituita per circa il 72% da donne. Complessivamente, le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 85 anni – uomini 80 anni).

Al 5 ottobre 2021 sono 1.601, dei 130.468 (1,2%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni. In particolare, 399 di questi avevano meno di 40 anni (245 uomini e 154 donne con età compresa tra 0 e 39 anni).

La figura successiva mostra l’andamento dell’età media dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 per settimana di calendario, a partire dalla 3° settimana di febbraio 2020 (la data del primo decesso risale al 20 febbraio 2020).

L’età media dei decessi settimanali è andata sostanzialmente aumentando fino agli 85 anni (1° settimana di luglio 2020) per poi calare leggermente; un’ulteriore riduzione dell’età media dei decessi è stata rilevata a partire dai mesi di febbraio-marzo 2021 (80 anni nella 2° settimana di febbraio 2021), fino a raggiungere i 72 anni nella 2° settimana di luglio 2021. Questa riduzione nell’età media dei decessi è verosimilmente conseguenza dell’effetto protettivo delle vaccinazioni nella popolazione più anziana cui è stata data priorità nell’ambito del “Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2”. Dalla seconda settimana di luglio 2021 l’età media dei decessi è aumentata leggermente restando comunque sotto gli 80 anni. Si segnala che i dati delle ultime settimane di osservazione devono essere consolidati e pertanto potrebbero subire variazioni.

2. Patologie preesistenti in un campione di deceduti

L’istogramma presenta le più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione) in un campione di pazienti deceduti. Questo dato è stato ottenuto da 7.910 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche. Le cartelle cliniche sono inviate all’ISS dagli ospedali secondo tempistiche diverse, compatibilmente con le priorità delle attività svolte negli ospedali stessi. Il campione è quindi di tipo opportunistico, rappresenta solo i decessi in soggetti che hanno avuto necessità del ricovero, e le Regioni sono rappresentate cercando di conservare una proporzionalità rispetto al numero di decessi. Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,7 (mediana 3, Deviazione Standard 2,1). Complessivamente, 230 pazienti (2,9% del campione) presentavano 0 patologie, 902 (11,4%) presentavano 1 patologia, 1.424 (18,0%) presentavano 2 patologie e 5.354 (67,7%) presentavano 3 o più patologie.

Nelle donne (n=3.218) il numero medio di patologie osservate è di 3,8 (mediana 4, range 0-12, Range InterQuartile – IQR (1° quartile=2; 3° quartile=5).

Negli uomini (n=4.692) il numero medio di patologie osservate è di 3,6 (mediana 3, range 0-12, Range InterQuartile – IQR (1° quartile=2; 3° quartile=5)).

3. Complicanze

L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente riportata nel campione di deceduti per cui sono state analizzate le cartelle cliniche (93,6%), seguita da danno renale acuto (24,9%), sovrainfezione (20,1%) e danno miocardico acuto (10,2%).

4. Caratteristiche decessi per fascia di età

La tabella presenta le più comuni patologie croniche preesistenti e le complicanze legate all’infezione da SARS-CoV-2 nei pazienti deceduti distinte in 4 fasce di età (16-59, 60-69, 70-79, 80+ anni). Le prevalenze di cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ictus, ipertensione arteriosa, demenza, aumentano con le età; diminuiscono, invece, con l’avanzare dell’età, le prevalenze di epatopatia cronica, delle patologie per cui è necessaria la dialisi, di infezione da HIV e di obesità; per diabete, BPCO e tumore si riscontra una diminuzione solo nell’ultima fascia di età in controtendenza alla generale crescita con l’età; per malattie autoimmuni, al contrario, si riscontra un aumento solo nell’ultima fascia di età in controtendenza alla diminuzione con l’età. Per quanto riguarda il numero di patologie, la prevalenza di coloro che hanno 3 o più patologie aumenta con le età, mentre diminuiscono con le età le prevalenze di coloro che hanno meno di 3 patologie. Per tutte le patologie considerate il trend è statisticamente significativo.

Per quello che riguarda le complicanze legate all’infezione da SARS-CoV-2 è possibile osservare come a eccezione delle complicanze respiratorie che sono presenti in maniera omogenea in tutte le fasce di età, le complicanze non respiratorie sono più comunemente osservate nei deceduti di età <70 anni. Questo dato indica che, se nelle persone molto anziane i decessi nei SARS-CoV-2 positivi sono legati a una maggiore vulnerabilità causata dalle patologie preesistenti, nella popolazione più giovane, che presenta un minor numero di patologie croniche, il decesso è spesso associato alla compresenza di complicanze respiratorie e non respiratorie dell’infezione.

Patologie e complicanze più comuni osservate nei pazienti deceduti SARS-COV-2 positivi per fascia di età.

Se restringiamo la valutazione agli ultimi 6 mesi, notiamo come sia aumentato il tempo mediano dall’insorgenza dei sintomi al decesso, in particolare per coloro che vengono ricoverati in rianimazione; si è ridotto il tempo mediano dall’insorgenza dei sintomi al ricovero in ospedale. Questi dati sono indicativi di un miglioramento nella capacità diagnostica e nell’organizzazione delle cure ai pazienti SARS-CoV-2 positivi.

6. Confronto caratteristiche decessi SARS-COV-2 positivi nei ‘non vaccinati-nessuna dose’, nei ‘vaccinati con contagio precoce’ e in quelli con ‘ciclo vaccinale completo’

Dal 01/02/2021 al 05/10/2021 sono 38.096 i decessi SARS-COV-2 positivi. Tra questi 1.440 sono i decessi SARS-COV-2 positivi in vaccinati con ‘ciclo vaccinale completo’ (3,7% di tutti i decessi SARS-COV-2 positivi nel periodo in esame).

La tabella seguente presenta le caratteristiche cliniche più comuni nei pazienti deceduti SARS-COV-2 positivi ‘non vaccinati-nessuna dose’, in quelli ‘vaccinati con contagio precoce’ e in quelli con ‘ciclo vaccinale completo’: patologie croniche preesistenti e complicanze.

Tabella 1. Caratteristiche cliniche osservate nei pazienti deceduti SARS-COV-2 positivi ‘vaccinati con contagio precoce’ e con ‘ciclo vaccinale completo’.

In questa analisi sono classificati come ‘non vaccinati-nessuna dose’ i deceduti con tampone positivo per SARS-CoV2 documentato che non avevano ancora ricevuto alcuna dose di vaccino di qualsiasi tipo. Questi sono soggetti che hanno contratto l’infezione prima della vaccinazione.

Sono classificati come ‘vaccinati con contagio precoce’ i deceduti con tampone positivo per SARS-CoV2 documentato entro 14 giorni dopo l’inizio del ciclo vaccinale (quindi entro 14 giorni immediatamente successivi la prima dose dei vaccini Pfizer-Biontech, Moderna e AstraZeneca o nei 14 giorni immediatamente successivi l’unica dose per il vaccino Janssen/Johnson&Johnson). Questi sono soggetti che hanno contratto l’infezione prima di completare il ciclo di vaccinazione o in un periodo in cui questa non aveva ancora stimolato una risposta immunitaria specifica tale da ridurre la suscettibilità all’infezione.

Sono classificati come ‘vaccinati con ciclo completo’ tutti i decessi con una diagnosi confermata di infezione da virus SARS-CoV2 documentata dopo 14 giorni dal completamento del ciclo vaccinale (quindi 14 giorni dal completamento della seconda dose per i vaccini Pfizer-BioNtech, Moderna e Astra Zeneca o 14 giorni dalla somministrazione dell’unica dose per il vaccino Janssen/Johnson&Johnson). Questa definizione è in linea con quanto suggerito del Center for Disease Control and Prevention (CDC) negli Stati Uniti. Un ciclo vaccinale completo non garantisce comunque una efficacia vaccinale del 

100%. Infatti, gli studi clinici controllati hanno evidenziato una efficacia vaccinale dei vaccini in uso in Italia con valori tra l’88 e il 97% (“Epidemia COVID-19. Aggiornamento nazionale 29 settembre 2021”).

Questo tipo di analisi viene proposta con l’intenzione di paragonare i deceduti SARS-COV-2 positivi a ‘ciclo vaccinale completo’ con due campioni di deceduti SARS-COV-2 positivi: coloro che non avevano ricevuto alcuna dose di vaccino e coloro che, pur avendo ricevuto una dose di vaccino, non hanno potuto godere dei benefici dello stesso in quanto hanno contratto l’infezione prima di completare la vaccinazione o in un periodo in cui questa non aveva ancora stimolato una risposta immunitaria specifica tale da ridurre la suscettibilità all’infezione. Questo ultimo gruppo, definito come ‘vaccinati con contagio precoce’, è pertanto assimilabile da un punto di vista biologico alla popolazione di non vaccinati. Attraverso il paragone tra deceduti ‘vaccinati con contagio precoce’ e con ‘ciclo vaccinale completo’ viene ridotto il possibile bias legato al fatto che inizialmente sia stata data priorità vaccinale alle persone molto anziane e fragili.

Per questa analisi è stata scelta la data dello 01/02/2021 come data indice perché corrisponde alle cinque settimane necessarie per il completamento del ciclo vaccinale a partire dall’inizio della campagna vaccinale avvenuto il 27/12/2020.

Fino al 05/10/2021 sono 33.620 i decessi SARS-COV-2 positivi in coloro che non avevano ancora ricevuto alcuna dose di vaccinazione (‘non vaccinati-nessuna dose’), 2.130 i decessi SARS-COV-2 positivi in ‘vaccinati con contagio precoce’ e 1.440 i decessi SARS-COV-2 positivi in vaccinati con ‘ciclo vaccinale completo’ (3,7% di tutti i decessi SARS-COV-2 positivi avvenuti nel periodo dal 01/02/2021 al 05/10/2021). Si segnala che questo dato non può fornire informazioni circa l’efficacia della vaccinazione ma viene fornito con finalità puramente descrittive. Si segnala inoltre che al 05/10/2021 erano 42.835.902 le persone vaccinate con ciclo completo (14 giorni dal completamento della seconda dose per i vaccini Pfizer-BioNtech, Moderna e Astra Zeneca o 14 giorni dalla somministrazione dell’unica dose per il vaccino Janssen/Johnson&Johnson).

L’analisi qui presentata è basata su un campione di 671 cartelle cliniche relative ai decessi ‘non vaccinati-nessuna dose’ (2,0% dei 33.620 decessi SARS-COV-2 positivi in ‘non vaccinati-nessuna dose’),  239 cartelle cliniche relative ai decessi ‘vaccinati con contagio precoce’ (11,2% dei 2.130 decessi SARS-COV-2 positivi in ‘vaccinati con contagio precoce’) e di 171 cartelle cliniche dei decessi con ‘ciclo vaccinale completo’ (11,9% dei 1.440 decessi SARS-COV-2 positivi in vaccinati con ‘ciclo vaccinale completo’) avvenuti fino al 05/10/2021.

Rispetto ai deceduti ‘non vaccinati-nessuna dose’ quelli con ‘ciclo vaccinale completo’ avevano un’età media notevolmente superiore (85,5 vs 78,3). Il numero medio di patologie osservate è significativamente più alto nel gruppo di vaccinati con ‘ciclo vaccinale completo’ (5,0 vs 3,9 patologie pre-esistenti) ed in particolare la presenza di cardiopatie (cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco), di demenza e di cancro si è dimostrato più alto in questo campione; il contrario accade per l’obesità. Inoltre, nella popolazione di ‘vaccinati a ciclo completo’ il decesso avviene più frequentemente come conseguenza di complicanze extrarespiratorie (danno miocardico acuto) e meno frequentemente per insufficienza respiratoria.

Rispetto ai deceduti ‘vaccinati con contagio precoce’ quelli con ‘ciclo vaccinale completo’ avevano un’età media leggermente superiore (85,5 vs 83,9). Il numero medio di patologie osservate è comunque più alto nel gruppo di vaccinati con ‘ciclo vaccinale completo’ (5,0 vs 4,1 patologie preesistenti), ancora più presenti in questo campione la cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco ed il cancro; meno presente l’obesità. Similmente al confronto precedente, nella popolazione di ‘vaccinati a ciclo completo’ il decesso avviene più frequentemente come conseguenza di complicanze extrarespiratorie (danno miocardico acuto soprattutto) e meno frequentemente per insufficienza respiratoria.

Anche in questo caso, come per l’analisi dei decessi presentata nei paragrafi da 2 a 6, si segnala che il campione è di tipo opportunistico, rappresenta solo i decessi avvenuti in soggetti che hanno avuto necessità del ricovero in ospedale e si riferisce al campione per cui sono disponibili cartelle cliniche inviate all’ISS dagli ospedali. In questo contesto occorre segnalare che l’età media nel campione di cartelle cliniche dei decessi ‘non vaccinati-nessuna dose’ è di 78,3 contro un’età media di tutti i decessi appartenenti a questo gruppo di 77,9; l’età media dei ‘vaccinati con contagio precoce’ è di 83,9 anni contro un’età media di tutti i decessi appartenenti a questo gruppo di 82,4 anni e l’età media nel campione di cartelle cliniche dei decessi con ‘ciclo vaccinale completo’ è 85,5 anni contro un’età media di 84,0 delle persone decedute nelle stesse condizioni vaccinali nella popolazione. La proporzione di donne nel campione di cartelle cliniche analizzate nel gruppo dei decessi ‘non vaccinati-nessuna dose’ è di 42,3% contro il 42,0% nella popolazione; quella dei decessi ‘vaccinati con contagio precoce’ è 39,7% contro il 41,8% nella popolazione e quella dei decessi con ‘ciclo vaccinale completo’ è 43,3% a fronte del 44,2% nella popolazione.

I risultati qui presentati indicano chiaramente che le persone decedute dopo il completamento del ciclo vaccinale hanno un elevato livello di complessità clinica, significativamente superiore rispetto alle persone che non hanno potuto beneficiare dell’effetto del vaccino a causa di un contagio precoce o perché non hanno neanche iniziato il ciclo vaccinale. È possibile ipotizzare che i pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati.

Fonte: ISTITUTO SUPERIORE SANITA’ Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia

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Il Cts (Comitato tecnico scientifico) va verso la rottamazione, in quanto ormai “l’emergenza sta finendo” e dunque “non serviamo più”. Parole, queste, di Fabio Ciciliano, intervistato da Il Messaggero. “Non spetta a me deciderlo, ma l’emergenza sta finendo e penso che il Comitato tecnico scientifico sia pronto a farsi da parte”, dice. “Lo stato eccezionale non può andare oltre gennaio”.

Dunque tra poco i membri del Cts prenderanno armi e bagagli e si faranno da parte. Ed è giusto che sia così, in quando il Comitato esprime solo un parere tecnico, mentre le  valutazioni del governo sono “complessive”. Speriamo che, oltre a dire addio al Cts, presto potremmo salutare per sempre anche “lo Stato di emergenza”. Non come è successo in Francia – Nazione, vedi capitolo  Green pass, che troppo spesso finiamo per emulare – dove lo stato di emergenza, senza una vera e propria motivazione, è stato prorogato fino al 31 luglio 2022.

Nelle prossime settimane il Cts dovrebbe avere un ultimo compito: accompagnare verso la normalità la gestione dell’epidemia. Ciciliano ha spiegato: “In Italia abbiamo gestito l’emergenza con una struttura che, appunto, affrontava l’emergenza, ma che non può essere infinita. Bisogna riportare nell’alveo istituzionale originario delle istituzioni deputate alla gestione ordinaria questo tipo di decisioni. Dobbiamo passare dalla gestione emergenziale alla gestione ordinaria”.

E ancora: “Dal Comitato tecnico scientifico è stato svolto un ruolo molto importante, in una fase drammatica-continua Ciciliano. Saranno altri a giudicare se lo abbiamo fatto bene o male, non spetta a me dare un giudizio sull’operato di un organo di cui faccio parte. Nei momenti più bui, però, è stato giusto affidarsi alle indicazioni di un Comitato scientifico. Adesso lo scenario è mutato. Non dico che il nostro ruolo sia già finito, dico che ci avviciniamo al termine perché dobbiamo anche noi del Cts accompagnare le istituzioni verso una gestione ordinaria dell’epidemia”.

Green pass, quando sarà tolto

Fabio Ciciliano ha poi ipotizzato quando potrebbe essere tolto il Green pass. “Non vedo elementi di particolare preoccupazione”, fa sapere. “Gli uffici pubblici sono tornati all’85% di presenze, molte attività sono ricominciate. Si stanno eseguendo molti più tamponi, il numero più alto di sempre, come effetto dell’obbligo del Green pass. Troviamo più positivi asintomatici che non avremmo intercettato, ma il numero dei ricoveri non aumenta, anzi diminuisce“.

Infine: “Intercettando tanti positivi facciamo una sorta di ‘contact tracing preventivo’ che tiene sotto controllo l’epidemia. Nei mesi invernali i virus respiratori si diffondono più facilmente ma se continuiamo a vaccinare, dopo l’inverno potremo anche rinunciare a uno strumento emergenziale come il Green pass“.

FONTE: Il Giornale d’Italia

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21 Ottobre 2021 (di Michele Crudelini)

https://www.byoblu.com/2021/10/21/beni-pubblici-come-garanzia-dei-contratti-sui-vaccini-le-ultime-rivelazioni-sulla-pfizer/

Dall’inizio della diffusione del Covid si è via via diffuso un sospetto che ha assunto nel tempo i tratti della certezza: lo strapotere raggiunto dalle multinazionali del farmaco, spesso a discapito della sovranità degli Stati nonché della salute pubblica.

Il bullismo su Argentina e Brasile
Vi avevamo dato conto qualche mese fa della denuncia fatta dal Bureau of Investigative Journalism, un’organizzazione senza scopo di lucro per il giornalismo investigativo. In quella denuncia venivano riportate le testimonianze di esponenti dei Governi di Argentina e Brasile che avevano confessato l’esistenza di un atteggiamento di bullismo da parte della Pfizer nei confronti degli Stati.

Secondo le fonti governative dei due Paesi Pfizer avrebbe infatti preteso che alcuni asset pubblici argentini e brasiliani fossero messi come garanzia per il rispetto dei contratti. Una rivelazione decisamente imbarazzante che non era stata né smentita né confermata dall’azienda del farmaco. Silenzio assenso che ora può aver trovato ora un’ulteriore conferma.

La denuncia di Public Citizen
Questa volta la denuncia è arrivata da un’importante associazione internazionale di consumatori, la Public Citizen, un’organizzazione no profit è che ha l’obiettivo di difendere l’interesse pubblico nelle stanze del potere. Bene, questa organizzazione ha pubblicato recentemente un report dal titolo “il potere della Pfizer”, a firma di Zain Rizvi, esperto farmaceutico con pubblicazioni su riviste importante come The Lancet.

Il report muove i passi dalla denuncia dei Governi di Argentina e Brasileaggiungendo un tassello ulteriore.

Parole dure che però sembrano trovare conferma nei documenti che Public Citizen sembra essere riuscita ad ottenere. In alcuni dei contratti, sia in bozza che in forma definitiva, Pfizer sembra aver avuto il potere di impedire ai paesi di donare i loro vaccini COVID-19ad altri paesi, modificare unilateralmente i programmi di consegna in caso di carenza e richiedere che i beni pubblici fossero utilizzati come garanzia.

Lo strapotere di Big Pharma sancito dai contratti 

Public Citizen riporta diversi Paesi ed istituzioni coinvolte in queste pratiche del tutto scorretteportate avanti dalla Pfizer, tra cui: Stati UnitiGran BretagnaAlbaniaBrasileColombiaCileRepubblica DomenicanaPerù e anche l’Unione europea. E oltre a confermare l’esistenza di beni pubblici usati come garanzia da parte degli Stati, la denuncia di Public Citizen sembra confermare tutto quello che è successo nel corso degli scorsi mesi.

In pratica Pfizer si ritroverebbe a giocare in casa con la possibilità di vincere cause legali milionarie con estrema facilità. Le rivelazioni di Public Citizen ci mettono così di fronte ad uno scenario estremamente grave, di cui ora qualcuno dovrebbe rendere conto.

Multinazionali del farmaco senza scrupoli 
che hanno avuto la piena libertà di mettere il cappio al collo agli Stati, imporre le loro condizioni unilaterali, scaricando completamente il rischio di impresa. Per Big Pharma nessun rischio quindi, mentre questi vengono completamente scaricati sui cittadini.

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FONTE: Huffpost

Una visione strategica in anticipo di oltre tre decenni sull’odierno programma europeo.

Quando nel 1988 Raul Gardini, dopo l’acquisizione di Montedison, presentò ai suoi azionisti e alla comunità finanziaria il suo progetto di riorganizzazione del gruppo Ferruzzi, incentrato su cinque grandi sfide per una migliore qualità della vita, l’imprenditore ravennate viaggiava su un orizzonte strategico che, di fatto, era in anticipo di più di tre decenni sull’odierno Green Deal europeo. Infatti, in quel progetto industriale che Gardini aveva costruito con lungimiranza e determinazione, nella sua visione le cinque sfide chiave del mondo, dell’Europa e dell’Italia erano e dovevano essere: l’alimentazione, l’ambiente, la salute e la previdenza, l’energia, i nuovi materiali. Sfide attualissime.

Il gruppo Ferruzzi-Montedison di fine anni ’80, che tra le imprese italiane era secondo per fatturato solo alla Fiat, ma in realtà pesava persino più di essa in campo internazionale per le quote di mercato, schierava una formidabile squadra di società leader mondiali e europee nei loro rispettivi campi, tra cui: un colosso come Eridania-Béghin Say (nell’alimentare); la Novamont (che stava allora nascendo e che stava progettando proprio su spinta di Gardini le prime plastiche biodegradabili, di cui poi è diventata leader), l’Erbamont (all’avanguardia nei farmaci antitumorali), la Fondiaria (nelle assicurazioni), la Selm, poi diventata l’odierna Edison (nell’energia), la Himont (nel polipropilene), la Ausimont (nella chimica delle specialità), a cui si aggiungeva la Tecnimont, che costruiva impianti industriali in tutti i continenti (era stata tra le prime società di impiantistica del mondo ad operare nell’Urss già negli anni ’30) e che è tuttora una protagonista del settore.

L’Italia, con Ferruzzi-Montedison, si era trovata a possedere quasi senza accorgersene un gruppo industriale unico al mondo, che già era forte così com’era nei suoi singoli settori di attività che Gardini aveva a poco a poco assemblato, ma che, proprio grazie alle sinergie tra agro-industria e chimica, poteva diventare ancor più importante e proiettare il nostro Paese verso orizzonti di innovazione e di crescita di grande potenzialità. È interessante rivedere oggi un filmato aziendale di inizi anni ’90 che illustra le attività del gruppo Ferruzzi-Montedison inquadrate nel nuovo piano strategico disegnato da Gardini. 👇👇👇👇👇

https://youtu.be/xq1rZSd2LIQ

Purtroppo, però, l’Italia a livello politico, finanziario e delle grandi lobby – invece di appoggiare Gardini fece di tutto per ostacolarlo e perse come nazione la grande opportunità di diventare la Silicon Valley mondiale della bio-economia, di cui Gardini stesso, per citare il titolo di un recente libro, è stato il vero e proprio inventore e pioniere (Mario Bonaccorso, L’uomo che inventò la bioeconomia, Edizioni Ambiente, ottobre 2020).

Con l’acquisizione di Montedison (ma precedentemente c’erano già state quelle di Eridania, Béghin Say, CPC Europe, Central Soya, Provimi, Lesieur, Koipe, Carapelli e tante altre), il Gruppo Ferruzzi aveva completato nel 1988 un grande ciclo di crescita che lo aveva fatto diventare, in meno di dieci anni, uno dei più importanti gruppi industriali mondiali, con un fatturato aggregato di circa 35.000 miliardi di lire, oltre 100.000 addetti e 500 impianti in tutto il mondo. La Ferruzzi-Montedison, di fatto, era l’unica vera grande multinazionale italiana e Gardini era stato il solo nostro imprenditore di quel periodo a inanellare con successo una acquisizione internazionale dopo l’altra. L’unica acquisizione che non gli era riuscita era stata nel 1986 quella di British Sugar. Infatti, Gardini, che pure era stato accolto con entusiasmo dalla City e dai bieticoltori inglesi e nonostante che avesse già scalato di fatto la società britannica, fu costretto a rivenderne le azioni (incassando peraltro una lauta plusvalenza) a causa di un parere negativo sull’operazione della British Monopolies and Merger Commission, che in realtà tutelava sfacciatamente la lobby dello zucchero di canna della Tate&Lyle.

Se negli anni ’50, ’60 e ’70 Serafino Ferruzzi aveva creato praticamente dal nulla la Ferruzzi, facendola diventare un gigante mondiale del trading dei cereali, in grado di competere alla pari con le grandi “sorelle del grano” americane (come Cargill, Continental Grain, ADM, ecc.), negli anni ’80 Gardini con Ferruzzi-Montedison aveva trasformato il gruppo ereditato dal suocero in una realtà industriale formidabile. Infatti la Ferruzzi-Montedison deteneva quote di mercato rimarchevoli in numerosi settori, dallo zucchero ai farmaci, dall’amido di mais alle plastiche, dagli olii ai derivati del fluoro, fino ai materiali avanzati con cui fu costruito nei cantieri Tencara di Montedison il “Moro di Venezia”, la barca italiana che rivoluzionò la vela in campo mondiale, vincendo con lo skipper Paul Cayard la Louis Vuitton Cup a San Diego nel 1992 e partecipando alla finale dell’America’s Cup qualche mese dopo contro il “defender” America Cube. Un evento sportivo storico che fece conoscere Gardini anche agli italiani che non si interessavano di industria e che procurò alla Montedison un ritorno di immagine in campo internazionale senza precedenti.

Raul Gardini era amato dagli agricoltori in Europa e in Italia, parlava la loro lingua, conosceva i loro problemi e i loro bisogni, intratteneva personalmente i rapporti del Gruppo Ferruzzi con i leader di tutte le associazioni agricole europee, a cominciare dalla relazione con George Garinois, presidente della potentissima associazione francese dei bieticoltori e suo grande amico. Erano entrambi uomini appassionati di agricoltura e delle vicende dell’Europa, che ragionavano già in termini di monete “verdi” nel loro lavoro quotidiano e che quindi immaginavano e desideravano in modo quasi naturale e con largo anticipo, rispetto ai tempi, la nascita di una moneta unica europea.

Gardini ebbe l’intuizione di favorire lo sviluppo della coltivazione della soia in Italia: un successo enorme che portò il nostro Paese a diventare il primo produttore europeo di questo seme oleoso e a raggiungere in pochi anni i 250 mila ettari coltivati con una produzione di 750 mila tonnellate, fatto che rivoluzionò la rotazione agraria in Italia e permise un minore impiego di fertilizzanti, grazie alla capacità della soia di “fissare” l’azoto nei terreni. Anche per questa ragione Gardini ricevette il 7 aprile 1987 la laurea honoris causa in agricoltura dall’Università di Bologna, dove tenne un intervento in cui illustrò la sua visione del futuro e cioè che “il nuovo modo di fare agricoltura, oltre che intrinsecamente più ecologico, sarà in grado di fornire all’industria, nelle quantità necessarie, materie prime rinnovabili e più pulite: infatti, polimeri, farmaci, plastificanti, adesivi, lubrificanti, fibre, detergenti – per non citare che alcuni prodotti – potranno essere ottenuti partendo da materie prime agricole”. 

Ma Gardini non era amato alle associazioni agricole italiane, invece, per il suo progetto di trasformazione delle eccedenze agricole europee in etanolo da miscelare con la benzina, a cui era invece favorevole il Commissario europeo all’agricoltura Frans Andriessen. E Gardini su questo fronte era avversato anche dai petrolieri. La lobby petrolifera europea alla fine riuscì a bloccare il progetto etanolo. Ma Gardini non si arrese e continuò a spingere il Gruppo Ferruzzi-Montedison nella direzione di uno sviluppo sostenibile e all’impiego delle materie prime agricole a fini industriali.

Gardini conosceva Gorbacev e aveva siglato con il governo sovietico un contratto che affidava al gruppo Ferruzzi la conduzione di un progetto agricolo sperimentale ed innovativo di dimensioni gigantesche in Ucraina su 500 mila ettari di territorio intorno a Stavropol. Gli interlocutori politici abituali di Gardini erano i presidenti degli Stati Uniti e della Commissione europea, il commissario europeo dell’agricoltura e, quasi unico tra gli italiani, il ministro Filippo Maria Pandolfi, personalità che in quegli anni difendeva con competenza gli interessi della nostra agricoltura a Bruxelles e che Gardini stimava.

Ma, dall’altro lato, Gardini era anche un uomo generoso e ambizioso, che amava tantissimo l’Italia. Così egli pensò che oltre ad essere diventato un imprenditore affermato in campo internazionale ed europeo forse avrebbe potuto fare qualcosa di utile anche per la chimica più debole del suo Paese. I vertici dello Stato italiano, tra l’altro, lo invogliarono a creare l’Enimont promettendogli anche dei consistenti sgravi fiscali per favorire la fusione societaria e lo rassicurarono sul fatto che Enimont sarebbe stato un gruppo gestito con mentalità privata e senza intromissioni politiche. Perciò Gardini alla fine accettò e, senza saperlo, quello fu il vero inizio del suo calvario.

Infatti, nei mesi immediatamente successivi alla fusione apparve subito evidente che la politica e i partiti, nonostante le promesse fatte a Gardini, non intendevano mollare per nulla la presa sulla chimica di base, sulle sue rendite locali, sulla scelta dei manager della società, sulla gestione degli appalti degli impianti, ecc., intromettendosi di continuo negli affari interni di Enimont. E, per di più, gli sgravi fiscali promessi ai Ferruzzi dai massimi vertici dello Stato italiano non decollavano, con continui rinvii politici dal carattere ricattatorio nei confronti di Gardini e ripetuti stop and go del Parlamento sulla materia. L’Enimont era letteralmente impantanata e in quelle condizioni costituiva una emorragia che sul piano finanziario rischiava di dissanguare giorno dopo giorno perfino un azionista solido come il gruppo Ferruzzi-Montedison.

Gardini si sentì tradito dalle istituzioni del suo Paese. Da uomo d’azione e di mercato quale era cercò di scalare l’Enimont e inizio così una guerra all’ultimo sangue con lo Stato italiano, fatta anche a colpi di pagine pubblicitarie sui giornali in cui il Gruppo Ferruzzi-Montedison rivendicava il suo ruolo di produttore di chimica e non di “poltrone”.

Il paradosso di queste dolorose vicende è che le famiglie Ferruzzi e Gardini, che avevano sempre condotto i loro affari internazionali alla luce del sole a Ravenna, Parigi, Bruxelles, Washington e Chicago ed erano così poco avvezze ad avere a che fare con la politica italiana, alla fine furono coinvolte in quella che è stata definita la “madre di tutte le tangenti” ma che per certi aspetti è stata anche la tangente più atipica, in quanto, stando alle cronache giudiziarie, fu pagata non per “fare affari” con il beneplacito della politica (come allora era pratica diffusa nel nostro Paese) bensì per non avere più nulla a che fare con la politica stessa, cioè per permettere al gruppo Ferruzzi di uscire da Enimont e di divincolarsi da quell’abbraccio mortale ritrovando la sua piena libertà d’azione. Il sentire comune non si è mai interrogato su questa interpretazione di quegli eventi. Ma la storia prima o poi dovra’ farlo.

Gardini fu imprenditore e personaggio dell’industria mondiale con una visione europea e innovativa sui temi dello sviluppo, dell’ambiente e delle nuove tecnologie, come dimostrano queste parole di Gardini, pronunciate l’8 settembre 1988, e poi trascritte in una relazione che egli volle titolare: Una nuova strategia industriale per la qualità della vita”.

“L’umanità si sta avvicinando all’appuntamento del Duemila: un evento non solo simbolico, ma ricco di concrete implicazioni che coinvolgono molte variabili della crescita economica e sociale. In particolare, cinque grandi aree di sviluppo saranno piu’ interessate dal generale processo di recupero della qualità della vita in atto nei paesi industrializzati e non solo: Tali aree sono:

Alimentazione: in quest’area due obiettivi appaiono fondamentali: il raggiungimento della autosufficienza alimentare da parte dei paesi in via di sviluppo; l’affermazione dell’alimentazione come scienza, ovvero il raggiungimento di una dieta più equilibrata e più adatta al regime di vita dell’uomo contemporaneo, nei paesi più avanzati;

Ambiente: la crescita economica di questi anni, in molti casi disordinata, ha determinato un aumento del benessere, ma anche gravi problemi ambientali. I paesi più industrializzati sono chiamati pertanto ad effettuare gli opportuni investimenti per favorire un maggiore equilibrio tra le esigenze dello sviluppo economico e l’obiettivo della salvaguardia dell’ecosistema. I paesi in via di sviluppo, dal canto loro, non devono ripetere gli errori compiuti dai paesi ricchi ma saper gestire saggiamente le loro risorse naturali;

Salute e previdenza: le malattie e le aggressioni alla salute dell’uomo sono oggi diverse rispetto a quelle degli inizi del ’900. I ritmi della vita moderna, l’inquinamento, l’aggravarsi dei problemi sociali e familiari sono tra le cause che hanno portato i tumori, le disfunzioni del sistema cardiocircolatorio e del sistema nervoso ad essere tra i pericoli più diffusi per la nostra salute. La ricerca deve impegnarsi nell’individuare nuove cure e nuovi farmaci contro tali patologie. L’età media della popolazione si è d’altra parte innalzata; gli anziani sono sempre più numerosi; diverse e maggiori sono le esigenze della terza età, anche di natura previdenziale e di servizio. Nello stesso tempo, la prevenzione ed il consolidamento della medicina di base rappresentano fattori essenziali per la crescita dei paesi più poveri;

Energia: la sicurezza degli approvvigionamenti ed il rispetto ambientale sono i due fattori chiave che qualificheranno le scelte energetiche dei prossimi anni; l’energia è un fattore di produzione irrinunciabile, la cui qualità, però, può e deve anch’essa migliorare;

Nuovi materiali: i prossimi anni segneranno la svolta di un processo di sviluppo economico che nel corso del XX secolo ha visto i prodotti di base tradizionali costituire le materie prime per eccellenza. Ma i beni, le macchine e gli accessori di largo consumo dovranno essere sempre più leggeri, meno voluminosi, a più elevate prestazioni e più sofisticati. L’era delle materie plastiche e dei nuovi materiali e dunque già cominciata”.

Sulla scia del clamore della conquista di Montedison, della sfida storica lanciata dal “Moro di Venezia” alla Coppa America e delle idee innovative dell’imprenditore ravennate sull’ambiente, sulle plastiche biodegradabili e sui nuovi materiali, la Sorbona invitò Gardini a tenere una lezione nel quadro del ciclo La Cité de la Réussite il 20 ottobre 1990, presenti come ospite d’onore anche Rita Levi Montalcini, che Gardini aveva voluto nel consiglio di amministrazione di Montedison.
A sua volta la Harvard Business School, dedicò un case study all’innovativo piano industriale del Gruppo Ferruzzi-Montedison incentrato sulle cinque sfide per una migliore qualità della vita.

Si trattò di due grandi riconoscimenti per Gardini e per l’Italia stessa: due dei tanti momenti importanti di una storia, quella di Raul Gardini e del gruppo Ferruzzi-Montedison, che, in quanto parte della nostra Storia, deve essere conosciuta.

Gardini, coinvolto nello scandalo Enimont e messo sotto indagine dal Pool Mani Pulite di Milano, nel filone Tangentopoli, si uccise il 23 luglio 1993 all’età’ di 60 anni.

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Ed ancora…se in una trasmissione televisiva come la sua, ad un onorevole, si fa per dire, le si permette di chiamare “parassiti” i cittadini che gli pagano lo stipendio e che non intendono vaccinarsi o presentarsi con un green pass al lavoro, allora le comunico che lei ha fallito nel suo lavoro e che la signora Ronzulli, non può più parlare a nome del popolo italiano.

Detto questo… è inutile che sfottete il dottore D’Urso, perché sapete bene che nessuno pubblicherà le evidenze scientifiche rilevate dopo aver curato migliaia di pazienti.

Lo capisco che non si deve far sapere che esistono le cure perché altrimenti che senso avrebbe vaccinare il popolo?

Un giornalista, che vuole scoprire la verità, avrebbe chiesto immediatamente di conoscere la casistica e un incontro/confronto con la politica per chiedere come mai si continua a negare che le cure esistono e salvano vite.

Forse i veri negazionisti siete voi?

Chissà se mi risponderà…

A SEGUIRE IL VIDEO DELL’INTERVENTO E DEL DIBATTITO CON IL DOTT. D’URSO A “DRITTO E ROVESCIO” CLICCA SUL LINK QUI SOTTO PER AVVIARE IL FILMATO👇👇👇👇👇

https://fb.watch/8OdMYMS6Fg/

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