Posts Tagged
‘Tecnologia’

Home / Tecnologia

di Carlo Makhloufi Donelli

​La fisica quantistica moderna (la teoria fisica che descrive il comportamento della materia, della radiazione e le reciproche interazioni, con particolare riguardo ai fenomeni caratteristici della scala di lunghezza o di energia atomica e subatomica), la neuroimmunologia (la scienza che studia contemporaneamente i due apparati nervoso ed immunitario per valutarne le reciproche interazioni, in condizioni normali e patologiche. Il sistema nervoso infatti parla al sistema immunitario tramite il sistema endocrino; il sistema immunitario comunica col sistema nervoso attraverso le molecole infiammatorie) e la biologia molecolare (la branca della biologia che studia gli esseri viventi a livello dei meccanismi molecolari alla base della loro fisiologia, concentrandosi in particolare sulle interazioni tra le macromolecole, ovvero proteine e acidi nucleici [DNA e RNA]) dicono che siamo noi che creiamo la nostra realtà, e quindi abbiamo una grande responsabilità verso il mondo in cui viviamo, dato che dipende da noi il modo in cui lo percepiamo ed il modo in cui il mondo si comporta verso di noi.

In effetti tale affermazione è un ottimo modo di descrivere e comprendere la meccanica delle nostre interazioni, ma in ultima analisi per una comprensione ancor più approfondita si dovrebbe prendere in esame la fisica della coscienza (la facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell’esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino).

Oggi è lecito porsi questa domanda: cos’è la coscienza? Da dove viene, qual è la sua origine, quali sono i limiti del potenziale umano? Personalmente ritengo che disponiamo del sufficiente materiale necessario per rispondere a queste domande, anche se le risposte da un punto di vista epistemologico fatalmente non potranno avere un preciso consenso totale da parte della c.d. comunità scientifica.

Ma con la tecnologia all’avanguardia, con la scoperta del campo unificato, ovvero il cosiddetto campo della superstringa, siamo in grado di capire che la vita è fondamentalmente basata sull’unità. Il campo unificato riunisce le 4 forze fondamentali, la forza nucleare debole, la forza nucleare forte, l’elettromagnetismo e la gravità, ed è al suo interno che si creano le basi dell’esistenza, ed al suo interno noi non siamo più entità individuali ma punti focali di intelligenza collettiva.

Alla base della diversità della vita c’è unità.

Alla base, tu ed io non siamo più due, ma siamo uno. E questa unità, nelle fondamenta di mente e materia, è la coscienza, una coscienza universale. La coscienza non è creata dal cervello, non è semplicemente il risultato di reazioni molecolari e processi chimici nel cervello, ma è il nucleo essenziale della natura, quello che chiamiamo campo unificato.

Ora che abbiamo questa comprensione fondamentale di quello che è la coscienza, possiamo meglio comprendere la relazione mente-corpo. Possiamo vedere come la coscienza permea la nostra fisiologia (lo studio scientifico delle funzioni vitali degli organismi viventi, animali e vegetali, in condizioni normali) ed è quindi grazie alla coscienza che noi sperimentiamo la nostra realtà con i nostri sensi. A questo punto è forse più semplice comprendere i meccanismi che permettono di collegare la neurologia alla fisica quantistica, e questi meccanismi possono spiegare il campo unificato.

So che già molta gente ne ha sentito parlare, e dice che è bello, che tutto è uno, che è una figata! Ma, al di là di questo aspetto romantico ed anche un poco “new age” della concezione dell’uno, diamo una spiegazione tecnica di cos’è il campo unificato …

Il progresso nella nostra comprensione dell’universo attraverso la fisica, negli ultimi  anni, ci ha suggerito, e permesso, di esplorare livelli sempre più profondi delle leggi naturali, dal macroscopico al microscopico, dal livello molecolare, atomico, nucleare fino al livello subnucleare dell’universo più prossimo, quello che ci circonda, e stiamo iniziando ad esplorare i cosiddetti livelli della scala elettro-debole, della scala della grande unificazione e della super unificazione, e stiamo ipotizzando con ragionevole fondatezza che il nucleo fondamentale dell’universo è questo singolo campo universale di intelligenze che racchiude unificandole la gravità con l’elettromagnetismo, la luce con la radioattività, ed il tutto con le forze nucleari  forti e deboli.

Cosi stiamo comprendendo che tutte le forze della natura ivi incluse le cosiddette particelle della natura, quark, protoni, neutroni, sono in realtà onde diverse dello stesso oceano di esistenza, chiamato campo unificato o campo della superstringa (la stringa è una struttura sub-atomica ipotetica, principale oggetto di studio della teoria delle stringhe in fisica teorica; una stringa è un oggetto con una sola estensione spaziale, a differenza di una particella elementare che è zero dimensionale o puntiforme. La scala di lunghezza caratteristica delle stringhe è dell’ordine della lunghezza di Planck, cioè la scala a cui gli effetti della gravità quantistica si ritiene diventino significativi, ovvero un valore prossimo a 10 elevato alla -35), e quindi da un punto di vista posto a tale dimensione le diversità sono soltanto i molteplici aspetti dell’uno.

Dal punto di vista matematico c’è molta complessità, ma stiamo comunque andando nella direzione della visione di Einstein, il quale ha dedicato metà della propria vita alla ricerca del campo unificato. Ora, nel contesto della superstringa, ciò è stato realizzato.

La teoria del campo unificato basata sulla superstringa identifica un singolo campo universale di intelligenza, un oceano di esistenza, posto alla base del tutto, fattor comune di mente e materia.

Tutte le cosiddette particelle dell’universo e le diverse forze, quindi tutto ciò che conosciamo dell’universo, è semplicemente un’onda di questo oceano di esistenza. Questo è il campo unificato e tale campo è immateriale e quindi, in ultima analisi, è un campo di coscienza.

Tutte le nostre coscienze separate esistono in virtù del fatto che la mia coscienza e la tua coscienza alla fine sono la stessa cosa. Ogni cosa nell’universo, e quindi pianeti, alberi, animali, persone, non è altro che una porzione del tutto. Siamo tutti onde di vibrazione di questo campo unificato fondamentale della superstringa. Noi determiniamo la nostra coscienza attraverso il filtro del nostro sistema nervoso, ma la coscienza in sé stessa, la nostra soggettività, il “Sé”, quello è universale.

Conoscere il Sé, attraverso l’esperienza, è chiamato illuminazione, e così è stato chiamato in ogni epoca.

Sto affermando che continuando a scavare nella realtà fisica, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, stiamo arrivando al campo unificato dove non troviamo materia ma pura intelligenza, e capisco che può suonare strano, dato che ciò non fa parte dei nostri abituali condizionamenti.

Chiunque sia cresciuto in un mondo scientifico è infatti abituato all’idea che noi viviamo in un universo materiale, un universo inerte, fatto di materia prevalentemente morta. Se pensiamo al pianeta che ci ospita ci rendiamo conto che la vita, quale noi la intendiamo, è presente in una relativamente sottile pellicola superficiale, mentre la gran parte di ciò che si suppone sia presente all’interno della massa terrestre è materia apparentemente inerte e ciò che è al di fuori di essa, nello spazio infinito, si ritiene che sia vuoto. Per questo motivo è intuitivamente difficile comprendere che non viviamo in un universo morto, ed accettare l’idea che l’universo nella sua interezza è un organismo cosciente.

Nella meccanica quantistica, perfino a livello molecolare, per non parlare dei livelli atomico, nucleare e subnucleare, l’idea di particella è sostituita dall’idea di funzione d’onda. Ma cosa è una funzione d’onda? Tecnicamente è un vettore in uno spazio lineare, ma cosa è un vettore in uno spazio lineare? Di cosa è fatto? Qual è la sostanza che costituisce il campo unificato? Una funzione d’onda, ovvero un vettore nello spazio lineare, è composta dalla stessa sostanza di cui sono fatti i pensieri, perché è da questi che trae origine e forza. Il che ci porta a capire che noi viviamo veramente in un universo di pensieri, un universo concettuale.

La meccanica quantistica non è altro che un dispiegamento di potenzialità; il fatto è che più si va in profondità nella struttura della legge naturale, meno l’universo è materiale, e diviene meno inerte, meno morto, più vivo e cosciente. E quanto più ci si avvicina alle fondamenta dell’universo, quindi al campo unificato o campo della superstringa, tanto più ci si rende conto che quello è semplicemente un campo di pura essenza, pura intelligenza. Intelligenza, perché questa è la sorgente di tutte le leggi di natura. Tutte le forze e le particelle fondamentali, tutte le leggi che governano la vita ad ogni livello dell’universo, hanno la propria sorgente unificata nel campo unificato. Ciò rende il campo unificato il campo di intelligenza più concentrato in natura. Intelligenza non materiale, dinamica e autocosciente, e queste sono le proprietà del campo unificato.

Ma tutto questo lo stiamo scoprendo per la prima volta noi? No, non esattamente, dato che già i Vedici sapevano queste cose circa 4000 anni fa. E quindi come si è persa questa conoscenza?

Le tecniche per sperimentare la pura coscienza, la conoscenza illimitata, possono essere facilmente perse, non perché siano complicate o difficili, ma perché sono molto sottili, e per trascendere e sperimentare la consapevolezza illimitata la coscienza deve acquietarsi completamente, e se cerchi di fare tale esperienza non ci riuscirai mai, perché provarci comporta uno sforzo e lo sforzo mantiene la consapevolezza attiva, impedendo alla comprensione di espandersi. A puro scopo esemplificativo basti pensare ai Monaci Shaolin, ed alla vita che conducono per giungere a livelli di abilità e coscienza per noi inimmaginabili.

L’esperienza della pura coscienza trascende qualsiasi religione o filosofia, è tanto scientifica quanto religiosa. In fondo è soltanto una modalità di funzionamento del cervello, associata alla massima espressione della comprensione, ed è l’esperienza diretta e soggettiva del campo unificato di tutte le leggi di natura scoperte dalla scienza. È religione? Forse, ma è anche scienza, pertanto non ci sarebbe ragione per escluderla dall’istruzione scolastica, e se non lo faremo otterremo gli stessi risultati a noi ben noti, con una bassissima percentuale di sviluppo generazionale del potenziale mentale ed ulteriori generazioni che conosceranno guerre, terrorismo, crudeltà, e continuerà così finché non verrà sperimentata l’unità fondamentale della vita ed il cervello sarà propriamente sviluppato.

Mentre scrivo questa nota penso al principio di indeterminazione di Heisenberg il quale, corroborato nella realtà sociale dall’Effetto Hawthorne, dice banalmente che l’osservatore influisce sull’osservato e mi chiedo quanto, e cosa, sto trasmettendo a Te che mi stai leggendo e quindi osservi i pensieri che sto esprimendo incapsulandoli nelle mie parole. Anche se entra in azione la dimensione tempo, dato che siamo asincroni (io sto scrivendo nel Tuo passato, Tu mi leggerai nel mio futuro) ciò è in parte vero, ma solo in parte, perché ad un livello di prospettiva più profondo, infatti, l’osservatore non può più esistere come separato dall’oggetto osservato.

Oggi la realtà della vita è unità totale, il campo unificato che unisce osservatore ed oggetto osservato in una totalità indivisibile. Scientificamente, la chiamiamo teoria della misurazione quantica, ed è l’inseparabilità ultima di osservatore e oggetto dell’osservazione. Nel linguaggio della scienza e della coscienza la chiamiamo l’unità del conoscitore e dell’oggetto della conoscenza in una struttura indivisibile di conoscenza pura, l’esperienza del proprio sé, dell’Ātman.

E cosa è il sé? Il sé, la coscienza, la nostra stessa soggettività, è quell’aspetto della nostra vita che non è mai cambiato. Per quanto sia intangibile e difficile da toccare, è un aspetto della nostra esperienza che è con noi dall’infanzia. Per quanto i nostri amici siano cambiati, così come i nostri pensieri ed i nostri corpi (di solito in peggio), quella cosa che dà continuità alla nostra esperienza è la nostra coscienza, la nostra soggettività, l’Ātman, il Sé, e il nostro Sé, in ultima analisi, è lo stesso per me e per te, ed è questo campo unificato che l’odierna scienza sta riscoprendo che è essenzialmente il creatore dell’universo.

Comunque, esistono infinite verità diverse e parallele, perché l’universo è strutturato in una gerarchia di livelli; il livello atomico ha la sua verità, il mondo nucleare ha una sua verità, completamente diversa ma coesistente. Entrambe sono valide e coerenti con sé stesse, quindi esiste la verità della diversità, in cui l’osservatore e l’oggetto dell’osservazione sono due entità separate, e c’è la verità più profonda dell’unità, dove non c’è separazione tra l’osservatore e l’oggetto dell’osservazione. Quindi possiamo parlare di vita ad ogni livello, ogni livello è valido ma in questa era scientifica il livello più profondo è quello dell’unità.

Nel momento in cui Tu riesci a concepire Te e me come uno, non perdi la coscienza del fatto che siamo anche separati. Acquisisci l’informazione che la diversità è data da livelli diversi. A livello fisico, Tu ed io siamo separati, Tu hai un aspetto diverso dal mio, ma ad un livello più profondo noi abbiamo un’origine comune, ed è il campo unificato, scientificamente provato per essere l’origine di Te, di me, degli atomi che ci compongono e delle stelle che li hanno prodotti dal big bang in poi, la sorgente della forza di gravità, dell’elettromagnetismo, la sorgente dei quark e dei leptoni. Tutto nell’universo ha un’origine comune, quindi se guardiamo al livello più profondo possibile in ultima analisi scopriamo un universo unificato, di cui Tu sei un’onda, io sono un’onda, siamo soltanto frequenze vibrazionali diverse, le frequenze naturali di riverberazione di questo campo unificato.

L’intero universo è una sinfonia. Le varie armoniche, le fondamentali, le armonie di un oceano universale di coscienza in movimento.

E tutto questo avviene alla scala di Plank, quella piccola scala, dieci milioni di milioni di volte più piccola del nucleo atomico, dove tutte le forze si uniscono, dove tutte le particelle si uniscono, dove Tu ed io siamo una sola realtà, dove la distanza e la causalità non esistono più. È una totalità unificata e indivisibile, l’unità della coscienza, il campo unificato delle leggi naturali.

di Enrico Clerici

Fino a che punto la scienza restera’ al servizio dell’uomo e non gli si rivoltera’ contro?

Questa domanda se la poneva Giorgio Bocca diversi anni or sono e forse anche oggi non siamo ancora riusciti a dare una risposta.

Premetto che chi scrive, anche se nella vita ha svolto mansioni diverse, è un sostenitore dello sviluppo tecnologico, ritenendo che tale aspetto sia talmente insito nella curiosità dell’uomo che non se ne possa assolutamente prescindere.

E d’altra parte, il motore della vita è proprio la curiosita’. In psicologia, la curiosità viene definita come il desiderio di curiosità, colmare un vuoto, avere informazione e stimoli mentali nuovi, mossi da motivazioni intrinseche (interne). Einstein a tal proposito ebbe a dire: “L’importante e’ non smettere di fare domande…Non perdere mai una sacra curiosita’”.

E, quindi, fino a che punto può spingersi la curiosità dell’uomo, senza varcare quei limiti che sono imposti dall’etica e/o dalla morale?

Infatti – secondo quanto asserisce la Dott.ssa Grigis – può esserci anche una curiosità “negativa”, che altro non è che quella volta ad ottenere informazioni per poi utilizzarle per secondi fini, che appunto, non sono etici

Ma anche sui termini etica e morale dobbiamo fare una riflessione.

I termini “etica” e “morale” hanno senz’altro una radice etimologica comune. Infatti con la prima delle due parole, dal greco antico  ἦθος  (trasl. êthos), intendiamo «carattere», «comportamento», o, anche «costume», «consuetudine», «abitudine» (ἔθος – trasl. èthos). Con la seconda, allo stesso modo, intendiamo costume (dal latino: moralis, da mos, moris). Il primo a coniare la parola “morale” fu Marco Tullio Cicerone, rifacendosi appunto al greco  ἠθικός (etikòs), che come si è visto a sua volta è derivato di ἦθος (êthos).

Ma i due concetti variano moltissimo in filosofia. Infatti, i due termini hanno seguito percorsi linguistici divergenti e, pertanto, non si possono usare i in maniera indifferente ed occorre comprendere quando è meglio parlare di “etica” e quando invece dovremmo parlare di “morale”. Del resto, Wittgenstein diceva che tutti i problemi filosofici in realtà sono problemi linguistici. 

Anche nella nostra Costituzione si parla di morale e precisamente agli artt. 13 – 29 – 48.

Nell’art. 13 laddove si asserisce: “È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”.

Nell’art. 29 laddove si asserisce: “Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

Nell’art. 48 laddove si asserisce: “Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.

Ma perché i Padri Costituenti hanno usato il termine morale, piuttosto che il termine etica?

Come osserva il Prof. Mons. Samuele Sangalli, Docente titolare dei Corsi liberi di “Etica delle professioni” nel Dipartimento di Giurisprudenza, di “Global governance through Interreligious Dialogue”, presso l’Università LUISS, in un’intervista concessa a Paolo Fontana, “tra i due vocaboli, “morale” è quello rimasto più fedele all’accezione etimologica originaria. Sulla scia di “mos” indica tuttora un sistema codificato di comportamenti riconosciuti da una comunità. Ne consegue che con il termine “morale” si intende un comportamento valutabile in termini di valore e di conformità. Un concetto assimilabile al c.d. “buon costume”

(fonte: https://www.iurisprudentes.it/2015/09/09/etica-e-morale-differenze-analogie-puntualizzazioni-lessicali-per-una-corretta-analisi-quale-destino-nel-deserto-del-nichilismo/ ). 

In altre parole, oggi, con il termine etico si intende per lo più il comune sentire di un determinato popolo in un preciso periodo storico. Ciò sta a significare che con questa parola si fa riferimento a quel ramo della filosofia che analizza il comportamento ritenuto corretto, il modo di pensare e dei valori giusti che si dovrebbero seguire in qualsiasi circostanza.

Diversamente con il termine morale facciamo riferimento maggiormente alla spiritualità trasfusa in un’istituzione religiosa. Anche se questa caratteristica può limitarsi ad uno degli aspetti che la parola significa.

In questo primo caso, l’efficacia della norma proviene in assoluto da Dio. Ma esiste anche un secondo tipo di norma morale, quella laica, dove le norme si basano sulla natura dell’uomo. Ma in questo senso, a parere dello scrivente, rientriamo più nel concetto di etica.

Questa, infatti, si sofferma maggiormente sul senso dell’esistenza dell’uomo, sul suo significato esistenziale, sulla vita di ogni singolo individuo in rapporto con la comunità.

Ma oggi si affaccia una nuova problematica che si affianca a quella esistente tra diritto e morale, intendendosi con il primo i principi etici del comportamento umano inseriti in norme comportamentali per lo più cogenti, che – come sostiene l’Antolisei richiamandosi a quella dottrina del pensiero giuspositivista – prescinde da qualsiasi valore morale, dovendosi far riferimento a quella definizione di etica più sopra data. Stiamo parlando del rapporto tra etica e tecnologia.

A tale proposito, il futurologo Gerd Leonhard, pronunciandosi su questo annoso tema, ebbe a dire testualmente: “Siamo in uno snodo cruciale nell’evoluzione tecnologica. Il cambiamento diventerà esponenziale, inevitabile e irreversibile. È la nostra ultima possibilità di decidere fino a che punto permetteremo alla tecnologia di plasmare le nostre vite".

In maniera più ottimistica (anche se discutibile), il Prof. Hiroshi Ishiguro, docente all’Università di Osaka e creatore di Geminoid, ritiene che gli umani dovranno imparare a convivere con i robot contribuendo insieme allo sviluppo della società del futuro. Ed alla domanda di un intervistatore che si poneva il problema della robot-interaction, e quindi di poter interagire con una macchina che in qualche modo assomigli in maniera quasi perfetta ad un uomo, lo scienziato giapponese candidamente rispose: “Lei avrebbe paura di una sorella gemella?”

Sempre Gerd Leonhard, autore di “Tecnologia vs umanità – Lo scontro prossimo venturo” (Egea), ha espresso – secondo me – un punto assolutamente importante e direi nevralgico e cioè che il c.d. uomo della strada ha la convinzione e quasi la presunzione di ritenere che il futuro si possa estrapolare dal presente e persino dal passato, ostinandosi a credere che ciò che è stato, sarà.

La crisi dei valori morali ed economici nasce anche da quest’idea di ribellione al rinnovamento ed al cambiamento.

È sicuramente vero che fino a 100 anni fa, il progresso scorreva sempre inesorabile ma lentamente e le persone avevano più tempo ad abituarsi e ad accettarlo.

Il secolo scorso è stato definito il secolo breve. Infatti, è assolutamente direi quasi traumatico vedere la vita comune come si svolgeva nel 1900, nel 1950 e nel 1999.

Pensiamo ad esempio all’invenzione dell’aereo.  È il 17 dicembre del 1903, quando i due fratelli statunitensi Orville e Wilbur Wright crearono il primo mezzo in grado di sollevarsi da terra e di volare in modo controllato grazie a un motore e lo fecero alzare in volo vicino alla cittadina di Kitty Hawk. Era il periodo dei c.d. assi delle macchine volanti. Spericolati piloti che riuscivano di fronte allo stupore di attoniti sguardi a far alzare di qualche metro un uccello metallico dall’incerto volare. L’8 novembre 1950, nel corso della guerra di Corea, il tenente Russell J. Brown della United States Air Force americana, ai comandi di un F-80, intercettò due MiG-15 nordcoreani vicino al fiume Yalu e li abbatté, nel primo combattimento aereo tra jet della storia.

Nel 1998, si tenne il lancio del primo modulo della Stazione Spaziale Internazionale.

Il nuovo secolo è stato ancora più veloce… pensiamo all’evoluzione del cellulare fino ad arrivare agli smartphone più recenti.

E dell’AI? Che dire? Cos’e’ il machine learning?

Il machine learning, che in italiano possiamo tradurre come apprendimento automatico, è una particolare branca dell’informatica che può essere ritenuta connessa strettamente all’intelligenza artificiale. Anzi, potremmo dire che è un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale, che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano.

L’intelligenza artificiale diversamente è una locuzione che fa riferimento a sistemi o macchine che imitano l’intelligenza umana. Pensiamo a quegli umanoidi così ben descritti dallo scienziato Isaac Asimov nel suo “I, Robot”

I termini apprendimento automatico e intelligenza artificiale vengono spesso utilizzati come sinonimi, ma ciò non è propriamente corretto. Per essere ancora più precisi, dobbiamo far riferimento a tre diversi tipi di terminologia:

Intelligenza Artificiale: quando una macchina imita il comportamento umano

Machine Learning: consiste in tecniche che consentono ai computer di comprendere le cose dai dati e fornire applicazioni AI.

Deep Learning: quando la macchina esegue e risolve problemi piu’ complessi

Limitiamo il discorso all’intelligenza artificiale, che abbiamo visto essere quella scienza volta alla realizzazione di macchine in grado di risolvere problemi che fino ad oggi erano di esclusivo dominio dell’intelligenza umana. In una bellissima trasmissione di Rai 1, “Codice” condotta dalla bravissima giornalista Barbara Carfagna, si faceva una riflessione che sembra piuttosto semplice, ma che tuttavia non è di così immediata intuizione. Nel comune sentire, tutti pensiamo ai robot come a quelle macchine che hanno fattezze umane. Ma in realtà non è assolutamente così. Quando usiamo la carta di credito per pagare, quando cerchiamo informazioni su qualche motore di ricerca del web, quando chiediamo all’assistente virtuale del nostro cellulare di chiamarci un numero di telefono memorizzato, quando usiamo uno dei tanti social media per interagire con i nostri amici sparsi nel mondo, ebbene, utilizziamo l’intelligenza artificiale e quindi robot. Qualunque sia il modello di business e l’ambito applicativo, l’intelligenza artificiale può ottimizzare le operazioni, renderle più efficienti, migliorare le decisioni dei professionisti del settore e creare nuovi servizi e modalità di lavoro.

In un articolo apparso su Science, Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione a capo del Digital ethics lab dell’Università di Oxford, ha scritto che “Una forza potente che sta rimodellando pratiche quotidiane, interazioni personali e l’ambiente”, avvertendo e quasi ammonendo che più di qualsiasi altra nuova tecnologia, l’AI necessita di tutto un apparato etico, idoneo a tenerla sotto controllo e aiutarci a sfruttarne il potenziale.

Uno dei rischi più grossi è il deskilling, la possibilità cioè, che gli esseri umani si abituino a delegare alcune importanti funzioni ai robot, perdendo così la capacità di svolgere compiti importanti.

E alla preoccupazione del prof. Floridi, si aggiunge anche quella di Alexandros Kalousis, docente di Data Mining e Machine Learning presso l’Università di Scienze Applicate della Svizzera occidentale, il quale constata con preoccupazione: “"L’intelligenza artificiale è ovunque e sta avanzando velocemente; tuttavia, molto spesso gli sviluppatori di strumenti e modelli di IA non sono veramente consapevoli di come questi si comporteranno quando saranno impiegati in complessi contesti del mondo reale".

A tale proposito, basta menzionare gli incidenti come il tracollo di Google- Timnit Gebru, Cambridge Analytica, l’hack di Solarwinds e l’eccesso di sorveglianza, che diventano il risultato di trascurare il lato etico dell’IA nel corso degli anni.

Come osserva anche la ricercatrice Aparna Ashok, che nel 2018 ha sviluppato e perfezionato un documento che potremmo definire un codice dei "Principi etici per la tecnologia umana", al fine di “creare un linguaggio comune per riflettere sulle implicazioni relative all’umanità all’interno del processo di progettazione del prodotto." 

Da questo importante rapporto, la ricercatrice è stata particolarmente attenta ad osservare il fenomeno sempre meno etico delle aziende di incamerare ed utilizzare una grande quantità di dati, analisi e potenza di calcolo per costruire sistemi accurati. Spesso non curanti dell’impatto che queste decisioni possano avere nella vita reale sugli esseri umani.

Ma qualcosa si sta muovendo anche in questo campo.

Ad esempio, nel campo della robotica, esistono linee guida come il progetto chiamato “P7000”, elaborato da IEEE (la più grande organizzazione professionale tecnica del mondo dedicata al progresso della tecnologia a beneficio dell’umanità) che “stabilisce una serie di processi mediante i quali le organizzazioni possono includere la considerazione dei valori etici umani durante le fasi di esplorazione e sviluppo del concetto. Questo standard supporta la gestione e l’ingegneria nella comunicazione trasparente con le parti interessate selezionate per l’eliminazione dei valori e la definizione delle priorità. Implica la tracciabilità dei valori etici attraverso un concetto operativo, proposte di valore e disposizioni di valore nella progettazione del sistema. Lo standard descrive i processi che forniscono la tracciabilità dei valori etici nel concetto di operazioni, requisiti etici e progettazione basata sul rischio etico. È applicabile a organizzazioni di tutte le dimensioni e tipi che utilizzano i propri modelli di ciclo di vita”.

(fonte: https://standards.ieee.org/project/7000.html)

Insomma, Filosofia ed Etica devono in qualche modo conciliarsi con lo sviluppo tecnologico, anche se può sembrare un ossimoro un tale accostamento.

Infatti, anche se risulta essere molto difficile se non impossibile tentare di Insegnare la moralità alle macchine in modo da comportarsi tecnologicamente in modo etico, in quanto non trasformabile la moralità in un algoritmo che possa essere compreso da un computer, diventa indispensabile che i ricercatori e gli esperti di AI trasformino i valori etici in parametri quantificabili. In altre parole, devono fornire alle macchine le capacità necessarie atte a far loro assumere regole decisionali capaci di interpretare correttamente il dilemma etico che potrebbero incontrare. Ma in tal senso sorge un ulteriore problema: la necessità che gli esseri umani siano d’accordo tra loro sulla linea di condotta più etica in una determinata situazione.

Che fare allora?

Gli ingegneri devono iniziare col raccogliere dati sufficienti sugli aspetti etici, in modo che i robot vengano indotti, attraverso complicati algoritmi di intelligenza artificiale, a comportarsi in modo adeguato. Naturalmente occorre partire da dati il più imparziali possibile che prendano forza dalle definizioni comuni dei valori etici per arrivare ad una loro buona standardizzazione, tale che permetta ad un sistema di intelligenza artificiale di superare quella difficoltà ad interpretare modelli di dati imparziali.

Ne è un esempio il progetto definito della macchina morale elaborato dal MIT, una piattaforma che presenta i dilemmi morali di un’auto senza conducente che deve affrontare per scegliere il minore dei mali, come ad es. se uccidere due passeggeri o cinque passeggeri. L’osservatore deve esprimere la propria idea su quale rischio sembri il male minore.

Diversamente a quanto accadeva in tempi passati, nei quali un ingegnere si sarebbe preoccupato di sviluppare un algoritmo in maniera funzionale, senza farsi tanti problemi di carattere etico, oggi gli scienziati, tecnologi e progettisti si trovano ormai davanti alla sfida urgente di affrontare l’innovazione in maniera consapevole. Si sentono responsabili non solo del buon funzionamento delle tecnologie, ma anche delle loro conseguenze, come asserisce Paolo Volontè sociologo e coordinatore di Meta, l’unità di studi umanistici e sociali su scienza e tecnologia del Politecnico di Milano, dove proprio lo scorso febbraio è partito il primo insegnamento universitario di Ethics for technology.

Diventa sempre più reale e concreto il pericolo che le nuove capacità tecniche volte all’espansione dell’io portino a conseguenze sempre più complesse ed imprevedibili, fino all’estremo della possibile futura “Singolarità tecnologica”, conducendo alla completa inaffidabilità di nuovi modelli etici. Ciò potrebbe causare la rottura con la tradizionale idea di coscienza e con il suo supporto biologico.

Si incontreranno, quindi, sempre più difficoltà a conciliare tali nuovi aspetti con gli antichi valori, dominati da una possibile interfaccia biologico-informatico.

La società descritta da Baumann torna alla ribalta. Anzi una società tecnoliquida, neologismo che specifica perfettamente l’uomo digitale 2.0 che caratterizza quella società che lo stesso sociologo definisce liquida.

Secondo Baumann, l’uomo moderno vive una vita sociale instabile. Ciò perché è sbattuto dagli eventi e da cambiamenti imprevedibili, che lo rendono incerto nella routine della sua antica esistenza. Vengono a mancare certezze e punti di riferimento. Secondo il sociologo polacco, questa confusione soprattutto a livello intellettivo dipende dalla diffusione e dal potere assunto dalla tecnologia nel mondo moderno. La tecnologia ha portato ad una globalizzazione con tutti i problemi ad essa connessi: incontro di usi, costumi, culture molto diverse alle quali gli esseri umani non vogliono rinunciare, nonostante siano in parte consci che aver reso il mondo più piccolo comporta rinunce più grandi.

La tecnologia ha accelerato la mobilità e l’interazione, ma parallelamente ha deregolamentato e flessibilizzato il mercato, aumentato povertà, la disuguaglianza e creato inevitabile disoccupazione. A confondere ancor più l’uomo moderno, è stato il fenomeno della trasformazione dei legami sociali in virtuali, destrutturando sempre più la stessa vita sociale e portando la tradizione a sconfinamenti sempre più reali.

La società moderna percepita non è più regolata né da confini né da barriere, ma diventa instabile e friabile nella sua continua mutevolezza e virtualità da cui genera incertezza e provvisorietà. Occorre assolutamente che nell’immediato futuro si venga a creare una stretta connessione fra etica, diritto, e tecnologia. E a tale proposito bisogna che tale sinergia coniughi tre funzioni:

1. Divenire consapevoli di quanto la tecnologia digitale e l’IA vada ad impattare sulle professionalità pubbliche e private, specie quelle che potranno influire particolarmente sui diritti dei cittadini e delle imprese;

2. Concepire l’elaborazione di una normativa primaria che vada a regolare tutti gli aspetti della tutela dati personali e più in generale dell’economia digitale;

3. Attento controllo sulla funzione di rule making, che dovrà fondarsi sulla conoscenza della realtà che evolve, non su di una sua rappresentazione meramente virtuale.

Queste tre funzioni dovranno sottostare a due funzioni di importanza vitale: una formazione adeguata e la previsione di sanzioni idonee ad evitare tutti quei facili abusi che il mondo tecnologico può introdurre in maniera innovativa nel mondo sociale.

Tutto ciò sarà indispensabile per responsabilizzare tutti quegli operatori che – sia nel pubblico sia nel privato – sono chiamati a prendere decisioni con l’ausilio di tecnologia digitale e di IA. Non si dovrà in alcun modo permettere che le istituzioni in questione possano divenire facile espressione di una tecnocrazia prevaricante.

La tecnologia incide sempre più nella vita quotidiana di ogni individuo. Nel fantastico mondo di internet, la IA e il Machine Learning possono facilmente trasformarsi in uno strumento per diffondere notizie false o per violare, profilando gli utenti, i diritti essenziali degli individui.

Ma anche il mondo del lavoro potrà subire mutazioni non indifferenti per colpa della o grazie alla tecnologia. Saranno cambiati i ritmi di lavoro, incidendo in maniera cospicua sull’occupazione.

Potrà, però, diventare anche un mezzo per fornire all’uomo ausili da parte di macchine “intelligenti” in grado di intervenire in maniera positiva nel mondo della scienza, della medicina, della produzione, dei trasporti, persino della vita quotidiana.

Attenzione però ai rischi connessi al “controllo sociale” e al diritto alla privacy. 

Necessiterà, quindi, una regolamentazione nel rispetto dei principi costituzionali e delle norme civili e penali che dovranno essere formulate in maniera adeguata al veloce mutamento sociale. In tal senso, tutti gli operatori del diritto dovranno sentire  il peso di questa grande responsabilità, avendo sempre presente che, al di là del fascino che la tecnologia può esercitare sugli esperti,  il cittadino viene e verrà in ogni caso prima di tutto.