Archive for the
‘ECONOMIA’ Category

25 Aprile 2022 – Redazione – Fonte: Rassegnaitalia

Il totale dei minori in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila: l’incidenza si conferma elevata, al 14,2%, stabile rispetto al 2020, ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari all’11,4%.

Lo evidenzia l’Istat nella nona edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) spiegando che pur in uno scenario economico mutato, la povertà assoluta si mantiene stabile, riguardando più di 5 milioni 500mila individui (9,4%). Il Nord recupera parzialmente il forte incremento nella povertà assoluta osservato nel primo anno di pandemia, anche se non torna ai livelli osservati nel 2019 (6,8%, 9,3% e 8,2% rispettivamente nel 2019, 2020 e 2021).

Nel 2021 nel Mezzogiorno le persone povere sono in crescita di quasi 196mila unità e si confermano incidenze di povertà più elevate e in aumento, arrivando al 12,1% per gli individui (era l’11,1% nel 2020). Infine, il Centro presenta il valore più basso, sebbene anche in questa area del Paese l’incidenza aumenti tra gli individui passando da 6,6% nel 2020 a 7,3% nel 2021. (AGI)

Intanto il ministro Franco annuncia altri milioni di euro a Kiev:

L’Italia ha annunciato altri 200 milioni di euro di aiuti all’Ucraina. Lo ha riferito il ministro dell’Economia, Daniele Franco, aggiungendo che l’economia globale “ha fatto molta strada dall’apice della crisi pandemica fino a quando la Russia non ha invaso l’Ucraina”.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

 

 

24 Aprile 2022 – Redazione – di Marzia MC Chiocchi

Dopo due anni di restrizioni che non hanno portato benefici di alcun tipo ad ogni essere umano che si definisca tale, ho deciso di ricominciare a viaggiare scegliendo come meta, una località estera in cui la politica non chiede più sacrifici e inutili coercizioni, per un virus declassato ad influenza, ormai diventato endemico, e che farà parte della nostra vita per il prossimo futuro.

Raccogliendo l’invito di due amici fraterni, musicisti di professione, mi sono recata a Bergamo dove vivono, per poi seguirli nella loro mini tournée pasquale ad Ascona e Locarno in Svizzera. La trasferta, è servita a fare un bilancio su ciò che accade oltre confine, in una nazione che, dopo aver seguito le norme anticovid, certamente più blande rispetto all’Italia, ha restituito la vita ai cittadini.

Da 17 febbraio scorso, la Svizzera ha ripreso in mano la sua vita, sbarazzandosi di regole e regoline impopolari, inutili e sfinenti, che solo i rincretiniti e asserviti al Regime possono ancora accettare.

E cosi nel Ticino, come mostrano un video a seguire, giovani e meno giovani, anziani e bambini, si regalano lunghe passeggiate senza mascherina, fuori e dentro i locali, camminando senza preoccupazione alcuna di distanziamenti assurdi, con un gran via vai di persone, che sta portando rosei benefici all’economia turistica del luogo. Ma ciò che più colpisce, cari italiani, è che qui è tornato il sorriso sulle labbra della gente e, nell’incontro di sguardi, gli occhi parlano con un linguaggio di serenità ritrovata e voglia di vivere.
Inoltre, dai volti, non traspare quella cattiveria che, da due anni a questa parte, contraddistingue il popolo italiano, intriso di livore, istillato nell’animo degli stolti, da un governo di 4 imbecilli, desideroso di dividere il popolo in buoni e cattivi.

CLICCA SUL LINK PER VEDERE LE IMMAGINI DEL LUNGOLAGO DI MURALTO – LOCARNO ⤵️

IMG_6603

Chi lavora in Svizzera, poi, conferma quanto lo Stato, in tempo di Covid, abbia dimostrato vicinanza al mondo del lavoro, dando ristori, nella percentuale dell’80%, sugli introiti dell’anno precedente, appena poche settimane dall’inizio del primo lockdown. I locali sul lungolago son tornati, quindi, ad essere pieni di avventori sereni, che ridono e si divertono, ascoltando quella musica dal vivo che, fondamentalmente, ha sempre allietato le giornate e le serate negli hotel e nei locali, eccezion fatta per il periodo più difficile di inizio pandemia. La musica, infatti, ha sempre avuto un ruolo importante in questi luoghi, e nei Resort di prestigio non è mai sparita del tutto. E anche quando, nella prima serrata del 2020, parte dei musicisti sono stati lasciati a casa per tre mesi, lo Stato ha saputo ristorarli, rimborsando, anche in questo caso, l’80% delle somme contrattualizzate. In Italia hanno tutti fatto la fame, e qualcuno fino ad oggi non ha più lavorato.

Così, mentre gli altri vivono, l’Italia arranca, fatica, soffre e non agisce! E quel che deve far più pensare, è che la Svizzera è molto frequentata dai nostri connazionali che, a casa propria, sono delatori dei propri simili, pronti a segnalare quel locale o il vicino che non segue le regole, mentre all’estero, si sposano benissimo con le libertà altrui e se ne fregano. Come dire, una massa di paraculi!

Questa descrizione, che può sembrare agiografica, bucolica e paradisiaca, potrebbe far credere che in Svizzera non ci siano problemi, fattore impensabile, dal momento che tutto ciò che ha a che fare con gli umani, problematiche ne presenta eccome! Ma su base generica, il Paese gode di ottima salute e per mantenerla, pondera scelte di massimo beneficio per il proprio benestare.

A tal proposito ringrazio, in particolare per l’ospitalità, il Bar “LA VELA” da Reto, locale semplice ma solare posto sul lungolago di Muralto a Locarno, che ha permesso di assaporare tutto il bello che c’è, in questo ritorno alla vita dopo gli ultimi due anni di grigiore.

A questa riga dell’articolo sento già riecheggiare i commenti scontati di chi penserà…”Ma la Svizzera è uno Stato neutrale, non ha vincoli europei e menate simili…”. Ebbene, io vi rispondo…Altre nazioni europee, facenti parte di questa delinquentissima UE, tutelano i loro interessi, non accettando la morsa stretta di un cappio, che noi ci siamo fatti stringere sl collo senza replicare, diventando lo zimbello del mondo. La soluzione c’è e non è populista…USCIRE DALL’EUROPA E TORNARE ALLA LIRA! SARÀ UN PO’ DURA ALL’INIZIO, CERTO! MA SAI CHE BELLO IL PROFUMO DELLA LIBERTÀ SOVRANA!

E per finire….alla frontiera tutto liscio, nessun controllo! Macché green pass o green cazz…!

Cari connazionali, aprite gli occhi, rivalutiamo le nostre capacità esclusive in ogni attività, facciamoci rispettare e, sopratutto, guardiamo più spesso l’orizzonte, perché la vita fuori, ha una storia evolutiva differente da ciò che i fasciatelli al potere vorrebbero farci credere! Areate il cervello,  e abbiate voglia e curiosità di sapere, che poi…è tutto ciò che fa paura ai nostri porci governanti!

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️

https://t.me/mercurius5giornale

 

 

 

 

 

 

 21 Aprile 2022 – Redazione – Fonte: AffariItaliani

«Dipendiamo per circa il 40% del nostro fabbisogno dal gas di Mosca e quindi è tutta colpa di Putin e dei russi se le nostre bollette sono esplose». È ciò che da settimane ripetono i vari capi di Stato della UE e i media mainstream a canali unificati. «È la guerra che sta facendo esplodere l’equilibrio dei prezzi che avevamo prima con danni per i cittadini».

In sostanza si imputa la crisi energetica e gli aumenti dei costi alla guerra in Ucraina e alla bellicosità russa. Ma basta leggere gli indici di mercato della Borsa Elettrica per scoprire che è una bufala, scrive Affari Italiani. I prezzi sono aumentati in modo vertiginoso dal giugno-luglio 2021 con una crescita esponenziale da agosto 2021, ben lontani dai venti di guerra. La curva è chiara: da metà 2021 sale alle stelle fino a dicembre 2021, poi cala un po’ e risale oggi con la guerra e le sanzioni alla Russia (guarda la tabella). In più sono proprio le misure occidentali, adottate dagli USA a guida dei Democratici per contrastare i russi, a fare alzare i costi europei.

Energia: per gli analisti a cosa è dovuto l’aumento dei prezzi

La crisi energetica è dovuta, spiegavano già nel 2021 molti siti americani di analisi di settore ma anche centri di ricerca sulle politiche pubbliche come il Brookings Institution, per un combinato disposto di tre fattori, scrive ancora Affari.
La crisi ha tre elementi distintiscrivono gli studiosi del Brookings, “il COVID-19 e l’interruzione della catena di approvviggionamento, la maggiore interconnessione dei mercati del gas naturale e la volatilità dei prezzi dell’energia durante la transizione energetica dai combustibili fossili”.
Se la guerra attuale ha esasperato la situazione è stata la pandemia a provocare un calo storico della domanda e dei prezzi dell’energia. Ora che stiamo uscendo dalla pandemia la ripresa ha fatto impennare il prezzo. Il mercato non è elastico e ha bisogno di tempo per adattarsi con gli speculatori che hanno gioco facile nel far lievitare i prezzi. Le politiche green dell’Unione Europea e degli USA hanno fatto il resto, togliendo pezzi di cuscinetti di contenimento, come ad esempio il carbone perché inquinante e il diesel (che si usa meno negli USA ma tantissimo in Europa), contribuendo agli aumenti. Va ricordato quanto l’ex presidente repubblicano Donald Trump si dicesse contrario alle strategie green così come le stiamo adottando.
“I mercati dell’energia sono naturalmente anelastici ai prezzi e quindi volatili”, spiegano quelli di Brookings a dicembre 2021, “tuttavia, la recente enfasi sull’ambiente e sull’accessibilità economica durante la prima parte della transizione energetica potrebbe aver portato a una minore attenzione alla sicurezza energetica.

Anche la nuova interconnessione dei mercati energetici tra combustibili e aree geografiche ha cambiato il modo in cui si diffondono le crisi. Misure come le riserve strategiche e la risposta alla domanda potrebbero richiedere maggiore attenzione, insieme a programmi per aiutare i consumatori a basso reddito, che sono sempre i più colpiti quando i prezzi dell’energia sono elevati. Diversificare l’approvvigionamento energetico con le rinnovabili aiuterà anche, poiché una volta costruite, queste fonti non sono soggette ai capricci dei mercati globali”.

Tradotto. I prezzi del gas naturale si sono impennati in Europa con l’aumento della domanda a livello globale, il tutto in concomitanza con il mancato arrivo delle materie prime che si erano fermate, come attività di estrazione/produzione, in relazione ai lockdown dei vari Paesi. Ora che stiamo ripartendo i prezzi vengono spinti in alto, vista la mancata regolazione dei mercati fatta dai Stati. Questo scenario è andato di pari passo con la crescita rapida dell’inflazione (aumento dei prezzi o anche riduzione del potere d’acquisto della moneta), spinta dalla riapertura delle attività economiche post pandemia, dal rincaro dei beni energetici e dal rapporto con la condizione precedente, la pandemia, in cui l’inflazione era molto bassa. In attesa delle rinnovabili, su cui non si è mai investito seriamente, siamo in braghe di tela.

Energia, la crisi del diesel

In più c’è il diesel (o gasolio), in riduzione di scorte da anni, viste le politiche green adottate che hanno fatto scegliere a molte case automobilistiche di dismetterlo, che ha ricevuto un colpo mortale con il quadro esistente, tra guerra e sanzioni alla Russia. Molta economia produttiva europea, agricoltura, pesca, estrazioni, trasporti, dipende dal gasolio. Il 50% del diesel importato è russo. Il carburante per motori diesel, in gran parte, va acquistato già raffinato perché le industrie europee non si sono adeguate all’attività. Il prezzo non può che salire, viste le sanzioni alla Russia e la ricerca di altre fonti di approvigionamento.
E c’è un problema immediato. Secondo i dati di Airp, l’Associazione italiana ricostruttori pneumatici, 96 camion italiani su 100 viaggiano con il diesel (il 96,3% per la precisione). Gli altri Paesi europei non sono in condizioni tanto dissimili. Quindi con un aumento sproporzionato dei costi del diesel rischiamo di fermare le merci che non arriveranno né sugli scaffali né altrove. Un evento disastroso sulle economie del continente che non ricadrebbe però su quella USA che utilizza di più la benzina. Dietro ci sono motivi storici legati alla crisi energetica degli anni ‘70 del secolo scorso e della scelta degli europei di usare più gasolio che benzina.

Energia: come i governanti rispondono all’aumento dei prezzi

In questo quadro cosa fanno i nostri governanti europei e i media mainstream? Ripetono la propaganda: è tutta colpa di Putin e della guerra se aumentano i prezzi, facendo eco alle strategie USA di Joe Biden e dei Democratici che si stanno dimostrando incapaci di regolare l’inflazione e contenere la crisi energetica ma capaci di far crescere una parte dell’economia nel solito vecchio modo, quello di investire negli armamenti USA. Il presidente Usa Joe Biden ha reso noto il budget per l’anno fiscale 2023: 5.800 miliardi di dollari, di cui 813 miliardi andranno in spese per la Difesa, con un aumento del 4% rispetto all’anno fiscale in corso.
I nostri governanti europei e italiani sanno benissimo che con le proprie scelte, le sanzioni, la ricerca di altre fonti, la mancata regolazione del mercato con un diverso rapporto con i fornitori di energia, oltre a non avere alcun impatto sulla guerra in Ucraina, ammazzano le economie europee e i popoli che abitano nel continente. Ma oramai la maggioranza dei politici sembrano servire solo il proprio interesse personale e non quello dei popoli che li hanno eletti. E adesso comandano gli USA a trazione Democratici, quindi meglio adeguarsi alle loro strategie, conclude.

_______________________________

[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia MC Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di professionisti (insegnanti, economisti, medici, avvocati, ecc.) formatosi con l’unico intento di collaborare per la difesa della libertà di espressione (art. 21 della Costituzione Italiana e art. 11 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea) e per la ricerca e condivisione della verità sui principali argomenti e fatti di rilevanza sia locale che globale]

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

 

POTERE LEGGERE ANCHE SU ⤵️

https://cataniacreattiva.it/energia-prezzi-esplosi-sincolpa-la-russia-ma-e-una-bufala-ecco-il-perche/

20 Aprile 2022 – Redazione

Aggirata ogni norma sui ristori per dare ad Autostrade 1 miliardo per un anno di diminuzione di introiti. Il calo del fatturato, infatti, non raggiungeva il 33% previsto, ed è stato rimborsato al 100% anziché al 10-20% come a tutte le altre imprese. Sfondato pure il tetto dei 150.000 euro. Lo stesso meccanismo per Gavio e Toto.

Quando il Ponte Morandi crollò, a cadaveri ancora caldi, Giuseppe Conte corse a Genova per rassicurare gli italiani, garantendo che il suo governo non avrebbe atteso i tempi della giustizia per punire i responsabili del disastro. Così è passata alla storia la promessa in puro legalese della «caducazione della concessione», da attuarsi in tempi brevissimi. Come tutti sanno, è finita dopo due anni con una maxi donazione di oltre 9 miliardi ai Benetton, i quali oggi si concedono il lusso di scalare la loro società, per impedire che qualcuno metta le mani sul congruo tesoretto ottenuto con i soldi degli italiani. Sì, perché invece di dover pagare per ciò che era accaduto, i magliai di Ponzano Veneto sono stati ripagati dallo Stato per aver mollato l’osso di Autostrade. Ovviamente dopo averlo spolpato.

Ma a quanto pare il generoso esborso non è stato ritenuto sufficiente, perché il governo è tornato a mettere mano al portafogli, questa volta per risarcire direttamente la società che ha in gestione la concessione autostradale. La notizia è di questi giorni, perché si è scoperto che a differenza delle centinaia di migliaia di aziende che hanno chiuso a causa della pandemia, Aspi ha ricevuto un trattamento di favore che le ha consentito di ammortizzare al cento per cento la perdita di fatturato. Ricordate il decreto Ristori, quello che doveva assicurare un aiuto immediato a chi era stato costretto a interrompere l’attività per effetto del lockdown? Secondo il ministero, l’aiuto statale si è aggirato tra il 10 e il 20 per cento dei mancati ricavi, ma con un tetto di 150.000 euro per ogni singola azienda. La regola era dettata da una legge varata in piena epidemia, ma come si sa la legge non è uguale per tutti e basta la circolare di un funzionario per ampliare i benefici.

E questo è appunto ciò che è accaduto, dato che a pochi giorni dal varo del cosiddetto decreto Rilancio, nel maggio di due anni fa, i concessionari autostradali hanno potuto batter cassa direttamente con il direttore generale del ministero, chiedendo un occhio di riguardo per il settore. Detto fatto, il sovrintendente alle concessioni a ottobre invitava le società che gestiscono le autostrade per conto dello Stato a riformulare i piani finanziari «in relazione all’evoluzione dell’emergenza sanitaria». In questo modo il governo si dichiarava disponibile ad aprire i cordoni della borsa e non per poche centinaia di migliaia di euro, ma per centinaia di milioni. Il caso di Aspi, la più grossa delle concessionarie, è clamoroso. Il ministero infatti, avrebbe proposto alla società un totale ristoro dei minori incassi. Così, per i soli quattro mesi di inizio 2020, ad Autostrade sono stati riconosciuti 542 milioni.

Se fosse stata applicata la regola in vigore per tue le altre aziende, cioè quella che imponeva un rimborso solo a fronte di una perdita di fatturato superiore al 33 per cento, Aspi in realtà non avrebbe dovuto incassare neppure i famosi 150.000 euro, perché la diminuzione dei pedaggi rispetto al 2019 è stata pari al 26 per cento. Ma ciò che vale per bar, ristoranti e imprese, a quanto pare non vale per i concessionari e nemmeno è valsa la regola del 10-20 per cento di ristoro, che avrebbe fermato l’esborso a un massimo di 163 milioni. Considerando il resto dell’anno, cioè l’intero 2020, la cifra che entrerà nelle casse di Aspiperò sfiorerà il miliardo, perché ai 542 milioni per i primi quattro mesi bisognerà poi aggiungere il ristoro dovuto al resto dell’anno, vale a dire altre centinaia di milioni.

A onor del vero, Autostrade non sarà la sola società del settore a ricevere questo trattamento, perché da quanto si capisce, accogliendo il grido di dolore del capogruppo Pd in commissione Trasporti, il quale una settimana fa si dichiarava preoccupato per i pesanti passivi rischiati dalle concessionarie dello Stato a causa del Covid, il ministero dell’Economia ha intenzione di applicare lo stesso meccanismo anche ad altre aziende che gestiscono la rete autostradale. Dunque, mentre gli automobilisti si leccano le ferite per gli aumenti della benzina e del gasolio, i concessionari si leccano i baffi per i profitti che potranno registrare nonostante la crisi e la guerra.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

13 Aprile 2022 – Redazione – Fonte: Sole24Ore

Sotto i mari italiani le riserve di oltre 90 miliardi di metri cubi di metano a basso costo. L’estrazione a 5 centesimi al metro cubo, importazione al costo di 50-70 centesimi. Ma il governo criminale preferisce importare a costi più alti!

Nel sottosuolo sotto i piedi degli italiani riposano indisturbati almeno 90 miliardi di metri cubi dell’odiosamato metano, il meno inquinante tra i combustibili fossili, il più formidabile nemico del carbone. Ma quando non viene bruciato e trafila incombusto da guarnizioni e valvole di metanodotti srotolati per migliaia di chilometri, il metano è uno dei più feroci gas cambiaclima. È decine di volte più riscaldante rispetto alla CO2 che mettiamo sotto tiro alla Cop26 di Glasgow.

Quello italiano è metano il cui costo di estrazione si aggira sui 5 centesimi al metro cubo. È una stima indicativa, una media avicola trilussiana, citata da Marco Falcinelli segretario della Filctem Cgil e dall’economista Davide Tabarelli di Nomisma Energia. Ecco invece il prezzo di mercato del gas che l’Italia importa da Paesi remotissimi: fra i 50 e i 70 centesimi al metro cubo, più di 10 volte tanto.

Le stime del Pitesai

Nel sottosuolo a chilometri zero dell’Italia c’è molto più gas rispetto ai 92 miliardi di metri cubi censiti dal ministero della Transizione ecologica nel documento Pitesai.

Pitesai è la sigla di «Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee», il piano introdotto nel 2018 dal Governo Conte 1 ufficialmente come piano regolatore delle trivelle ma diventato nella realtà uno strumento per impedire in modo discreto lo sfruttamento dei giacimenti nazionali.

Investimenti a quota zero

Le stime delle riserve italiane di gas pubblicate dal Pitesai conteggiano i giacimenti accertati e non possono immaginare quelli ancora da cercare. Ma nuovi giacimenti non si cercano: gli investimenti delle compagnie sono fermi. Zero spaccato.

Finché non sarà emanato il Pitesai, ora all’esame della Conferenza unificata, nessuno si azzarda a scommettere un euro sui giacimenti attuali e su quelli possibili del futuro, nell’incertezza che quell’euro vada sprecato.

A tutto import

L’Italia brucia circa 70-75 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Da gennaio a settembre abbiamo usato 53,2 miliardi di metri cubi (+6,8% rispetto ai primi nove mesi del 2020), di cui 2,48 (-20,2%) estratti dai giacimenti in pianura padana e dai grandi giacimenti dell’Adriatico, in Basilicata e, in misura contenuta, in Sicilia. Le importazioni vengono soprattutto da Russia, Algeria, via nave al rigassificatore di Rovigo e dal nuovo metanodotto Tap.

 

Lo studio di Assorisorse

Secondo uno studio presentato al dibattito sul Pitesai dall’Assorisorse, che riunisce l’industria mineraria, sui soli giacimenti di gas dell’Emilia e della Romagna sia in terraferma e sia in Adriatico bisognerebbe investire 322 milioni per raddoppiare da 800 milioni a 1,6 miliardi di metri cubi l’anno l’ormai stanca produzione.

Per estrapolazione, in Italia servirebbe un paio di miliardi per estrarre circa 10 miliardi di metri cubi l’anno per dieci anni. Risultati lontani dai 17 miliardi del 2000, ma darebbero un contributo alla manodopera nazionale, alle imprese, alle casse dello Stato e alla lotta contro emissioni che scaldano il clima, invece di prendere la rotta estera per pagare importazioni lungo migliaia di chilometri di tubature ad alto impatto climatico.

Giacimenti congelati

Non si tratta di perforare nuove riserve ma solamente di aggiornare gli impianti dei giacimenti ancora attivi e di riattivare le riserve ferme da anni. Alcune riserve sono ormai secche, ma diversi giacimenti sono ancora pieni di gas ma sono bloccati da anni per norme, ricorsi, divieti e moratorie.

Parte solamente Argo-Cassiopea, nel Canale di Sicilia dove l’Eni avuto il via libera avvia lavori per 700 milioni, che per un decennio darà un miliardo di metri cubi di gas in più l’anno. Ma sono ancora fermi, sepolti, intoccabili, i 30 miliardi di metri cubi di metano sotto al fondale dell’alto Adriatico. Vietato pensarvi: la paura che paralizza alcuni è che, chissà, se si estraesse quel metano potrebbero fare sprofondare perfino Venezia, da riservare al solo turistificio compulsivo.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

 

11 Aprile 2022 – Redazione – Fonte:
Formiche.net

Una settimana fa l’annuncio dell’acquisto del 9,2%. Poi la notizia del suo ingresso nel board dell’azienda. Nel mezzo, critiche e provocazioni continue al social network di cui è entrato a far parte e che vorrebbe rivoluzionare. Sembra che intanto voglia tenersi le mani libere.

Dopo giorni di giravolte, Elon Musk compie l’ultima e decide di non entrare nel consiglio di amministrazione di Twitter. La notizia è arrivata nella tarda serata di ieri, direttamente dal profilo del Ceo Parag Agrawal, e va a chiudere una settimana di clamorosi annunci, provocazioni e lamentele da parte dell’imprenditore sudafricano.

Solo sette giorni fa, infatti, la Securities and Exchange Commission (SEC) aveva comunicato il suo acquisto del 9,2% delle quote, che lo rendeva l’azionista più forte nella società. Gli era stata offerta la possibilità di possederne ancor di più, senza sfondare la quota del 14,9%, con l’impegno a non rilevare mai l’azienda. La nomina nel cda sarebbe dovuta arrivare sabato ma, a quanto pare, Musk si è tirato indietro.

Ripercorrendo le ultime ore si potrebbe pensare a una strategia da parte del proprietario di Tesla, forse per essere slegato dal vincolo del 14,9% delle quote e poterne acquistarne di più. Nei primi giorni aveva presentato domanda presso la Sec di essere considerato un azionista “passivo” e dunque che non ha impatto sulla gestione. Una mossa inspiegabile, visto che aveva già programmato varie attività con manager e dipendenti della società, tanto che dopo poche ore ha ritirato quel modulo e lo ha ripresentato presentandosi come socio attivista. La sua entrata in Twitter aveva già lasciato molti a bocca aperta date le continue critiche che Musk aveva rivolto all’azienda nel corso degli anni.

Tanto che, attraverso diversi sondaggi proprio sulla piattaforma – dove conta un pubblico di oltre 80 milioni di followers – si era iniziato a pensare che potesse lui stesso lanciare un nuovo social network incentrato sulla libertà di parola. “Pensate che Twitter rispetti i criteri democratici?”, aveva chiesto ottenendo una risposta negativa dalla maggior parte delle persone. Stessa cosa, ma in senso positivo, quando aveva domandato se fosse il caso di pensare a un algoritmo open source. Una delle ultime provocazioni riguardava il pulsante di modifica che avrebbe voluto introdurre e che, a quanto pare, piaceva al 73,6% dei followers.

Anche mentre si consumava il suo rifiuto a entrare nel cda, Musk ha posto l’attenzione su come “il social stesse morendo”. Testimonianza ne sono i rari tweet di persone come Taylor Swift  – “non ha postato niente in tre mesi” – e Justin Bieber – “solo un post nell’intero anno”. Inoltre, siccome la pandemia e lo smart working hanno svuotato gli uffici permettendo ai dipendenti di lavorare da casa, la proposta di Musk è stata quella di aprire le porte della sede ai tanti (troppi) senza tetto di San Francisco. Un’idea che, a quanto pare, anche Jeff Bezos appoggerebbe in pieno. Ancor più diretto è stato quando, nell’ennesimo sondaggio, ha chiesto ironicamente se fosse il caso di trasformare “Twitter” in “Titter” (che tradotto in italiano significa “ridacchiare”).

“Abbiamo e valuteremo sempre il contributo dei nostri azionisti, indipendentemente dal fatto che siano nel nostro consiglio di amministrazione o meno. Elon è il nostro maggiore azionista e rimarremo aperti al suo contributo”, ha scritto Agrawal nascondendo in parte la realtà dei fatti. A molti dipendenti dell’azienda e, soprattutto, agli azionisti non piaceva l’idea di sedersi allo stesso tavolo di un imprenditore che nel corso degli anni ha martellato l’azienda di critiche. I suggerimenti che potevano arrivare da Musk erano talmente rivoluzionari che era lecito chiedersi se Twitter fosse rimasto lo stesso o avrebbe cambiato pelle, vista la promessa di “miglioramenti significativi”. Proprio sabato il tycoon aveva suggerito di ridurre il prezzo per gli abbonati premium di Twitter Blue, vietare la pubblicità e aprire ai pagamenti in bitcoin.

L’idea, appoggiata anche dall’ex proprietario e fondatore del social Jack Dorsey, era quella di fare di Twitter il capo della rivoluzione digitale verso un Internet decentralizzato e deregolamentato. In altre parole, avviarsi verso il Web3. Segnali chiari del cambiamento arrivano da altri suoi post sulla libertà di potersi esprimere e sulla qualità dell’informazione. In quest’ultimo caso aveva condiviso un grafico, che mostrava a quali organi di informazione credevano di più repubblicani e democratici, con un messaggio eloquente: “La verità è la prima vittima”.

Se già la notizia della sua entrata nel board di Twitter aveva del clamoroso – le azioni della società ne hanno tuttavia beneficiato con un +30% circa – quella del suo rifiuto sembra esserlo ancor di più. All’apparenza tutti sembravano entusiasti e felici dell’arrivo di Musk, perfino Jack Dorsey che aveva elogiato la collaborazione con Parag, in quanto “entrambi guidati dal cuore”. Se dietro il rifiuto di Musk ci sia più cuore che testa è difficile dirlo. Per Agrawal sembra essere la soluzione migliore e ha invitato tutti i dipendenti a non farsi distrarre dagli eventi che si susseguiranno. Mentre lo scriveva, Musk pubblicava un’emoji della faccia con la mano sopra la bocca per nascondere la risata, forse per farsi beffa della situazione. Poco dopo, ha cancellato il tweet.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

10 Aprile 2022- Redazione – Fonte: tio.ch

Gli Stati Uniti mettono in guardia le banche svizzere in relazione al denaro degli imprenditori russi colpiti da sanzioni dopo l’attacco all’Ucraina: in caso di mancata cooperazione vi saranno conseguenze, afferma l’ambasciatore americano a Berna Scott Miller.

Gli istituti elvetici devono cercare attivamente il denaro nascosto dai cosiddetti oligarchi, afferma il diplomatico in un’intervista pubblicata dalla NZZ am Sonntag. “Vi saranno conseguenze negative se i patrimoni delle persone sanzionate non saranno trovati”, aggiunge l’attivista LGBTQ, in carica da gennaio, che ha fra l’altro lavorato in passato per UBS a Denver, nel Colorado. “Non prendiamo la cosa alla leggera.” La cooperazione con le autorità svizzere è buona, prosegue Miller. “Ci sostengono nel rendere chiaro alle banche che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti è coinvolto nella questione.

Minacce alle banche svizzere

Le affermazioni del neo-ambasciatore non vengono accolte bene negli ambienti finanziari. “Questa è una minaccia”,afferma un’esponente di primo piano dell’economia, che non ha voluto essere citata per nome, in una dichiarazione riportata dalla NZZ am Sonntag. L’Associazione svizzera dei banchieri (ASB) sottolinea da parte sua che gli istituti si attengono rigorosamente a tutti i regolamenti e alle misure applicabili, “comprese le sanzioni imposte da organismi svizzeri, internazionali e sovranazionali”. Vengono anche applicati “cumulativamente diversi filtri di sanzioni”, compresi quelli degli Stati Uniti. Dopo tutto è in gioco l’integrità della piazza finanziaria, afferma l’ASB.

Miller sarebbe da parte sua contento se la Svizzera si unisse al task force internazionale per rintracciare il denaro di quelli che in Occidente vengono chiamati oligarchi. “È una sfida per qualsiasi paese implementare un pacchetto di sanzioni di queste dimensioni e complessità”, argomenta l’ambasciatore.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

09 Aprile 3022 – Redazione

“Non ci volteremo dall’altra parte. Nelle ultime settimane il governo ha stanziato nuovi fondi per aiutare i rifugiati ucraini a far fronte alle loro spese quotidiane dal cibo alle medicine, al materiale scolastico. In tutto, abbiamo stanziato circa 500 milioni di euro per sostenere gli ucraini che arrivano in Italia e 110 milioni in assistenza finanziaria per il governo ucraino”. Lo ha detto il premier Mario Draghi nel suo intervento in video all’evento finale della campagna di raccolta fondi internazionale “Stand up for Ukraine” a Varsavia.

L’Italia ha accolto a braccia aperte i profughi dall’Ucraina. Grazie al primo ministro Draghi e all’Italia per aver stanziato nuovi fondi per aiutarli a soddisfare i loro bisogni quotidiani. Questa è la solidarietà europea al suo meglio“.

610 milioni per l’Ucraina

Lo scrive in un tweet la Commissione europea accogliendo l’annuncio di 610 milioni di euro stanziati dal governo per sostenere Kiev e i rifugiati ucraini arrivato nel corso dell’evento finale della campagna di raccolta fondi internazionale ‘Stand up for Ukraine’ a Varsavia. https://www.rainews.it

CLICCATE SUL LINK PER VEDERE E ASCOLTARE LA DICHIARAZIONE DI DRAGHI ⤵️

https://twitter.com/EU_Commission/status/1512797386137128962?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1512797386137128962%7Ctwgr%5E%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.imolaoggi.it%2F2022%2F04%2F09%2Fdraghi-stanziati-610-milioni-per-lucraina%2F

09 Aprile 2022 – Redazione – Fonte: Disinformazione.it e L’ Indipendente

Dice il proverbio: non tutti i mali vengono per nuocere! Ed è verissimo: quello che stiamo vivendo sta facendo svegliare un po’ le coscienze. La gente non ne può più delle menzogne e della propaganda del mainstream. Totalmente allineati e proni alla narrazione, fanno di tutto per orientare la massa informe di lettori. Il loro scopo infatti non è informare, ma servire al meglio il padrone (la finanza internazionale) e la sua linea editoriale. 

La bella notizia è che i giornali stanno perdendo lettori. Il  raffronto febbraio 2021 e febbraio 2022 è illuminante. 

Il Gazzettino passa dalle 54.000 copie nel 2021 alle 49.000 dell’anno dopo (calo del 9%);

il Mattino di Padova precipita nel baratro, passando da 26.000 a 13.200 copie (diminuzione del 50%)!

Anche La Repubblica ha un trend negativo: passa da 174.000 nel 2021 e 148.000 nel 2022 (con un calo del 14,5%).

L’unica eccezione è La Verità che vede aumentare le vendite

DEL RESTO, I QUOTIDIANI DI REGIME, NON POTEVANO ESIMERSI DALL’ ORGANIZZARE UNA CAMPAGNA STAMPA INTRISA DI BUGIE E MENZOGNE SU TUTTO CIÒ CHE STA ACCADENDO DA DUE ANNI A QUESTA PARTE!

Infatti, da quando il covid è diventato la principale notizia, i finanziamenti pubblici a sostegno dei giornali sono raddoppiati. È questa la tendenza che ha accomunato tutta Europa e che emerge dal rapporto del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria 2021. L’Italia non è un’eccezione: i finanziamenti pubblici sono passati da 175,6 milioni a 386,6, con un incremento del 120%. I “sostegni diretti”, sono rimasti su 88 milioni circa. Quelli indiretti 64,5 milioni e tra questi compaiono, ad esempio, i contributi alle scuole per l’acquisto di quotidiani (come per l’Opinione), oppure i contributi speciali per le risoluzioni delle crisi aziendali (come quella de Il Sole 24 ore).

Nel 2021, inoltre, lo Stato ha stanziato 232,9 milioni di euro supplementari (143 milioni nel 2020) sotto forma di crediti d’imposta. Particolarmente favorevole per i grandi editori è la “Forfettizzazione delle rese al 95%” per cui si ha Iva agevolata al 4% e che si applica solo al 5% delle copie. Questo ha significato per Cairo, Gedi e Mondadori (fatturato di 2 miliardi nel 2020), un risparmio di 360 milioni. Di cui 71 diretti a giornali diffusi in Italia e il resto suddiviso tra minoranze linguistiche, periodici diffusi all’estero, contributi a giornali per non vedenti e per varie associazioni.

Nella categoria sopracitata si trovano i finanziamenti a quotidiani come Il Foglio(933 mila euro l’anno, dati del 2020),Libero (2,7 milioni), l’Opinione (481 mila euro) o il Secolo d’Italia (467 mila euro), organi della stampa cattolica come l’Avvenire (2,5 milioni l’anno) o Famiglia Cristiana (3 milioni) fino a vere cooperative come il manifesto (1,5 milioni). Sostegni indiretti questi, che hanno come causale “covid”, anche se non è chiaro se siano sostegni per la crisi covid oppure per la sua campagna d’informazione.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale