Posts Tagged
‘Russia’

Home / Russia

07 Aprile 2022 – Redazione

Il sindaco di Imperia Claudio Scajola non ha autorizzato la proroga dell’accensione di riscaldamenti ad aprile, come ‘sanzione’ alla Russia contro l’invasione dell’Ucraina. “Ho letto e ascoltato le richieste che sono giunte da alcuni cittadini e dai genitori di qualche alunno per prorogare l’accensione del riscaldamento anche nel mese di aprile“, spiega Claudio Scajola, sindaco di Imperia.

Non senza turbamento, comunico che non ritengo opportuno procedere in questa direzione. Appartengo a coloro che sospenderebbero l’acquisto di gas dalla Russia – precisa Scajola -, perché quei soldi sono utilizzati dal governo di Mosca per finanziare la guerra in corso. Per quanto è in nostro potere, cerchiamo almeno di limitarne l’uso il più possibile. Lo dico in maniera semplice e schietta, senza giri di parole, come sono abituato a fare: in Ucraina è in corso un massacro e davanti a questo non possiamo far finta di nulla – conclude -. Mettere un maglioncino, ad aprile e per qualche giorno, non penso che sia un così grande sacrificio. Diciamocelo con la sincerità che ci contraddistingue”. Lo scrive Euronews.

POTETE SEGUIRCI SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale

 

1 Aprile 2022 – Redazione- FONTE: Byoblu

Ai tempi di Wikipedia riscrivere la storia a proprio piacimento è semplicissimo. È sufficiente entrare a fare parte dell’élite degli utenti autorizzati e si possono modificare eventi storici acclarati secondo i propri gusti personali.

Da “massacro” a “incendio casuale”

È quello che è successo alla pagina Wikipedia dedicata al rogo di Odessa, un evento che risale al 2 maggio 2014 e strettamente collegato all’attuale conflitto tra Russia e Ucraina. Bene fino a circa un mese fa Wikipedia fornivauna precisa versione dei fatti. Il rogo di Odessa veniva infatti definito come un massacro presso la Casa dei sindacati in Ucraina ad opera di estremisti di destra, neonazisti e nazionalisti filo occidentali ucraini ai danni dei manifestanti sostenitori del precedente governo filo russo.

È bastato un mese, inframmezzato dall’inizio delle ostilità tra Russia e Ucraina insieme ad un allineamento della stampa occidentale su posizioni anti russe, per far riscrivere la pagina Wikipedia sulla strage di Odessa. Ora la versione fornita dall’enciclopedia della Wikimedia Foundation è completamente diversa.

Adesso il rogo di Odessa non è più un massacro, ma un semplice incendio verificatosi presso la Casa dei sindacati a seguito di violenti scontri armati tra le fazioni di militanti filo russi e di sostenitori del nuovo corso politico ucraino che ha portato alla morte di 42 persone.

La nuova versione di Wikipedia in contrasto con le fonti ufficiali

Insomma secondo il nuovo corso dell’enciclopedia online sembra che l’incendio scoppiato alla casa dei sindacati di Odessa sia stato un evento casuale, scaturito non si sa bene per quale fenomeno: un po’ di vento? Un improvviso processo di autocombustione? O un fulmine che casualmente ha colpito proprio la casa dei sindacati?

Lascia stupefatti poi l’incredibile piroetta che Wikipediacompie nel descrivere i gruppi ucraini coinvolti negli scontri di Odessa. Da estremisti e neonazisti sono infatti diventati degli innocui sostenitori del nuovo corso politico ucraino. Una versione dei fatti decisamente in contrasto con quanto emerge da tutti i rapporti ufficiali sulla vicenda, compreso il report dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU.

Secondo questo documento tra i gruppi ucraini c’erano diversi esponenti del partito politico Pravyj Sektor, che è anche un gruppo paramilitare dichiaratamente neonazista. Non solo. Secondo le ricostruzioni ufficiali i militanti filo russi, numericamente inferiori, si sono rifugiati all’interno della casa dei sindacati di Odessa e sono stati poi circondati dai gruppi ucraini. Sempre secondo le ricostruzioni, dai gruppi ucraini sono partiti diversi colpi di pistola contro l’edificio, nonché un fitto lancio di molotov.

Solo un ristretto gruppo può modificare la pagina

Le indagini non hanno ancora portato ad accertare la responsabilità dell’incendio al 100%, tuttavia non si può negare che un gruppo di filonazisti abbia preso d’assalto un palazzo con molotov e pistolettate, creando quindi tutti i presupposti per la morte di quelle 42 persone. Insomma una versione dei fatti evidentemente occultata dall’enciclopedia del web.

Ora la pagina Wikipedia dedicata al rogo di Odessarisulta bloccata, questo significa che le modifiche possono essere fatte solo dalla stretta cerchia di rollbacker, di utenti convalidati e autoverificati. Si tratta di un ristretto gruppo di persone, spesso nascoste dietro l’anonimato e generalmente scelte dagli amministratori. Ecco come la storia può essere oggi facilmente manipolata da una fondazione con sede a San Francisco.

POTETE SEGUIRCI ANCHE SU TELEGRAM ⤵️
https://t.me/mercurius5giornale


30 Marzo 2022 – Redazione 

Andate via, siete russi, non venite più nel mio studio“. Si sarebbe rivolta così a una ragazza di origini russe, invalida al cento per cento, il medico di base che l’ha in cura da anni. A raccontarlo è la stessa giovane, Lidia Malica Davidenco, 19 anni, residente a Casalecchio di Reno e studentessa dell’Alma Mater, che ha deciso di denunciare la professionista per diffamazione aggravata e di presentare un esposto all’ordine dei medici.

È il 21 marzo quando la studentessa, affetta da sordità al 99%, si reca nello studio della sua dottoressa, sempre a Casalecchio, per chiederle di compilare un modulo che attesti la sua disabilità. Le serve per acquistare un computer da usare all’Università a Iva scontata come prevede la legge per chi ha la sua patologia. “Sono nata in Italia e sono cittadina italiana“, spiega Lidia. “Sono paziente della dottoressa da anni e, fino allo scoppio della guerra in Ucraina era sempre stata disponibile, corretta e professionale. Tra l’altro, sono dovuta tornare nel suo studio il giorno dopo perché il modulo non era stato compilato in modo esaustivo. Non riesco a capire cosa le sia successo: che colpa abbiamo, io e i miei familiari, per quello che sta succedendo?“. Così il Resto del Carlino.

27 Marzo 2022 – Redazione

“Per l’amor del cielo, Putin non può rimanere al potere”. Le parole del presidente Usa Joe Biden a Varsavia innescano un caso sull’asse Washington-Mosca, mentre gli Stati Uniti ribadiscono l’intenzione di sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia e di difendere gli alleati Nato in caso di necessità. Le parole di Biden su Putin provocano l’immediata replica del Cremlino, che fa muro davanti a quella che interpreta come un’ingerenza: il presidente della Russia non può “essere deciso dal signor Biden”, dice il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “E’ solo una scelta del popolo della Federazione Russia”, aggiunge Peskov.

NEL VIDEO A SEGUIRE, ESTRAPOLATO DA TWITTER, ASCOLTATE BENE LE PAROLE PRONUNCIATE DA BIDEN, IL VERO REALE E SCHIFOSO GUERRAFONDAIO! ⤵️
“Sono stato io a suggerire di bombardare Belgrado. Sono stato io a suggerire di mandare dei piloti americani e far saltare tutti i ponti sul Danubio”.
Joe Biden, 1999

SE NON CONOSCETE L’INGLESE FATEVI AIUTARE NELLA TRADUZIONE ⤵️

https://twitter.com/doluccia16/status/1507433123184787456?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1507433123184787456%7Ctwgr%5E%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fstopcensura.online%2Frussia-contro-biden-putin-macellaio-pensa-a-quello-che-hai-combinato-tu-in-jugoslavia%2F

Prima del discorso pronunciato a Varsavia, da Biden altre gaffe su Putin, definito in giornata “un macellaio”, “a butcher”.Anche in questo caso, replica immediata del Cremlino: Gli “insulti” del presidente degli Stati Uniti “restringono le possibilità” di un miglioramento dei rapporti tra Washington e Mosca, secondo quanto ha dichiarato alla Tass da Peskov. “È strano sentire le accuse contro Putin da parte di Biden, che chiese di bombardare la Jugoslavia e di uccidere le persone”.

La guerra in Ucraina e l’aumento dei costi di energia e materie prime stanno mettendo in crisi l’economia, ma dal Medio Campidano arriva la proposta per un rilancio che parta dalle terre dell’Isola. “Abbiamo sempre investito nel grano duro in Sardegna, ora ci sono settemila ettari coltivati e l’obiettivo è arrivare nel 2030 a 25/30mila ettari”, annuncia l’imprenditore di Sanluri Alberto Cellino, titolare del pastificio di famiglia. Il progetto è ambizioso ma quella è la strada presa da anni e, considerati gli scenari internazionali, adesso acquista nuovi significati. “Abbiamo sempre investito nel grano duro in Sardegna, già dal 1960 con mio padre Ercole e poi dagli anni Novanta a oggi da quando ci sono io – ricorda l’ex vicepresidente del Cagliari calcio, ai tempi del fratello Massimo -. Da 5/6 anni abbiamo costituito la filiera ‘Ercole punto zero‘ che ci ha portato ad avere contratto con 540 produttori di grano regionale, ma vogliamo crescere”.

Alberto Cellino  Alberto Cellino

L’obiettivo è quello di estendere questo sistema che ha permesso di creare una rete locale e copre tutti i passaggi della produzione che parte dalla terra e arriva alla tavola. “Speriamo che gli agricoltori aumentino le semine perché noi selezioniamo i semi, abbiamo il sementificio e controlliamo tutta la filiera del grano duro in Sardegna – spiega Alberto Cellino -. Seguiamo tutti i passaggi, a partire dalla selezione genetica del grano prodotto dagli agricoltori, la trasformazione avviene nel nostro mulino che produce semola e farina che vengono poi trasformate nel pastificio, nel biscottificio e nel panificio”. I prodotti della ‘Fratelli Cellino’ raggiungono poi gli scaffali della grande distribuzione in tutta l’Isola. Ora si tratta di guardare al futuro e incrementare la produzione locale in modo da ridurre al massimo la dipendenza dall’estero. “Importiamo grano duro da tutto il mondo – rivela Cellino -, principalmente dal Canada ma anche da Francia, Spagna, Grecia, Kazakistane Russia. Non dall’Ucraina, però, che produce solo grano tenero, mais e orzo”. Sul fronte interno ci sono ampi margini di crescita, con la possibilità di estendere in modo sensibile le coltivazioni in Sardegna. “Abbiamo 540 agricoltori che seminano per noi e coprono una superficie di circa settemila ettari e producono circa 300mila quintali di grano – spiega l’imprenditore di Sanluri -, il nostro fabbisogno è di un milione e 800mila quintali. Per questo la nostra speranza è di arrivare al 2030 a produrre nell’Isola tra 800mila e un milione di quintali, che vuol dire arrivare a 25/30mila ettari di coltivazioni”.

Per raggiungere questi risultati è necessario estendere la coltivazione di grano in Sardegna e coinvolgere nel progetto centinaia di altri agricoltori. “Per chi ha piacere di venire, le porte sono aperte e abbiamo diversi agricoltori che si stanno aggiungendo alla nostra organizzazione – chiarisce – ma tutti dovranno attenersi alle rigide regole del nostro capitolato di qualità che deve essere rispettato dai semi al protocollo di coltivazione: il grano deve essere sempre uguale e costante per dodici mesi all’anno”. Le coltivazioni sono legate alle evoluzioni del meteo e ci possono essere periodi di siccità seguiti da altri troppo piovosi. “La Sardegna è una terra con climi particolari e stiamo studiando tecniche per l’irrigazione a basso consumo – conclude Alberto Cellino -impianti a goccia di tipo israeliano, che ci permetteranno di abbattere del 70% gli sprechi legati all’irrigazione a pioggia”. Gli agricoltori che aderiscono al progetto sono distribuiti lungo il Campidano, dalla zona di Cabras a quella di Sestu, ma nelle pianure dell’Isola ci sono tantissime aree incolte che potrebbero essere sfruttate per da dare nuova vita al grano sardo e minore dipendenza dalle questioni internazionali.

 

21 Marzo 2022 – Redazione

Neppure il macello progressivo, neppure la strage di giornalisti frenano l’entusiasmo delle groupie di Putin. Poi dicono il pensiero unico. Ma qui, più che di pensiero si tratta di rimozione, supportata da falsi storici e autentiche menzogne: si rimarca, con dovizia di circostanze, l’espansionismo della Nato, che però sulla tragedia dell’Ucraina non muove un destino, ma l’espansionismo russo, che data da Pietro il Grande e arriva sino a Putin, quello non disturba, basta contrabbandarlo per legittima difesa, per liberazione di Paesi che nella Nato si sono infilati sì, ma per libera scelta.

Si confonde anche, ad arte, il concetto etico di democrazia con quello tecnico: sul fatto che la democrazia liberale non sia il paradiso in terra siamo tutti d’accordo, il potere tende per sua natura ad alimentarsi e lo fa nel modo più spregiudicato; ma pareggiare la “falsa democrazia americana” con le democrazie progressive russa o cinese, considerare le bombe su Kiev irrilevanti rispetto all’obbligo del pur odioso Green Pass, è qualcosa che non si può sentire: negli Stati Uniti, come in Europa, ci sono elezioni sicuramente manipolate ma essenzialmente libere, c’è una alternanza di presidenti, non un autocrate a vita; sopravvive un dialogo, un diritto di critica, i giornalisti non vengono fatti sparire e trattati col polonio, chi pronuncia la parola “guerra” ancora non è cancellato, abusi ed errori vengono rilevati e fatti pesare; si mantiene una divisione dei poteri almeno formale e non la concentrazione in un Politburo o un Comitato che risponde e a cui risponde una cricca di mafiosi. C’è il Deep State? Certo, dappertutto, il potere profondo è quello che determina le scelte, ma nell’infame Occidente il cigno nero è sempre possibile, la variabile impazzita che manda all’aria la presunta onnipotenza del Grande Reset prima o dopo arriva. Oggi il Grande Reset va di moda chiamarlo Nato, per dire una entità che tutto determina, tutto inquina e contro la quale tutto è lecito. In soccorso velato dei Putin, degli Xi accorrono avventurieri in fama di reporter indipendenti, siccome i giornalisti accreditati, che Grillo chiama “giornalai”, sono costituzionalmente vigliacchi e meritano di essere fatti fuori.

Ma restiamo al punto: c’è o non c’è una invasione di uno stato sovrano, operata da un dittatore dietro impulso di un dittatore ancora più grande? C’è e allora non resta, come dice Daniele Capezzone, fare una scelta di campo: o con la libertà o con l’invasore. Tutto il resto è speculazione, è “né-né” ipocrita, come un tempo si diceva né con lo stato né con le BR, ma un po’ più con queste ultime. I putiniani “in soccorso della libertà” non si accorgono di ripetere pedissequamente le ragioni della propaganda cinese e se se ne accorgono gli sta bene così. Ma la propaganda cinese è immensa, da quando la Cina è entrata nel WTO, avviata a diventare la prima potenza commerciale al mondo, sono stati impiegati miliardi e miliardi per orientare l’informazione occidentale, istruendola, pagandola. È un segreto di Pulcinella che coinvolge intellettuali, media, partiti. Il risultato è il gioco peloso del risalire su per li rami della storia, ai patti violati, all’imperialismo americano (aspramente contestato già negli anni ’60 dall’America e dall’Occidente al completo), ai missili di Cuba, al Vietnam e alla Corea, a Hiroshima, al generale Custer. D’accordo: e allora? Per dire che in questo gioco si può infilare tutto, fino a Ciro il Grande, e allora onestà impone di ricordare anche i “tradimenti” di Putin, l’espansionismo in Crimea e Cecenia, la brutalità interventista in Siria, la Grande Madre Russia da ricostituire a qualsiasi prezzo. Senza contare che l’America è criminale quando esporta democrazia, e ci può stare, ma anche quando, con Trump, annuncia passi indietro nell’influenza militare, abbandonando popoli derelitti al loro destino. Un’altra apertura di credito alla follia dello zar.

I veterostalinisti come Canfora, i veteronostalgici come Cardini, le filosofe dell’ovvio come questa De Cesare omettono i problemi reali, per loro l’islam teocratico degli ayatollah o dei tiranni alla Saddam è meglio delle dittature occidentali e il vezzo masochistico dell’autodafè completa il quadro. Quando Biden, timidamente, solleva la questione dei diritti umani in Cina, la Cina risponde: pensate a voi, che fate strage di afroamericani e avete il Black Lives Matter a testimoniarlo. Una malafede palese, insostenibile, ma incoraggiata da un Occidente fanatico nel vergognarsi di sé. Tendenza suicida in cui ormai cade anche la destra. Più i regimi islamisti, cinese, post sovietico infieriscono sull’Occidente corrotto, effeminato, molle, fascista e più l’Occidente dà loro ragione, fornisce pezze d’appoggio al limite del demenziale. La conseguenza è che non si era mai vista una indifferenza, perfino un cinismo così sconcertante per la sorte di milioni di persone massacrate.

Nulla sfugge più al ribrezzo di sé, tutto è da abbattere, da sbianchettare, dal linguaggio alla cultura, dalle cattedrali all’istruzione, dalla tradizione filosofica che ha portato al lungo cammino verso i diritti civili, la laicità, la tutela delle minoranze, fino al lascito religioso che con la filosofia si confronta; per non parlare della musica, delle arti, della letteratura: non si salvano più neppure Dumbo e Braccio di Ferro. Con argomentazioni peggio che idiote, ma è quanto Cina e Russia vogliono sentire. Ogni volta che una radiosa testa di cemento pone riserve, rivaluta “le ragioni di Putin”, mette una zeppa, una crepa nello spirito italiano, europeo, occidentale che è già sfibrato. Come mai Putin, che l’Ucraina la punta da 25 anni, si è mosso proprio adesso? Ma lo dicono, non lo nascondono: lo Zar e lo Xi vedono, sanno che l’America ha un presidente irrilevante, che l’Unione europea è una astrazione che fa il loro gioco, mentre lui invadeva il Paese Bruxelles stava in “settimana verde” dopo estenuanti lavori parlamentari sui paguri e gli smalti per gli infanti.

Dicono che l’Armata Rossa sia in difficoltà, ma Putin avanza e le sanzioni non sembrano frenarlo, le sanzioni distruggono solo i poveri cristi cui la propaganda dei giornali occidentali, ispirati da Pechino, risponde: se l’Europa ha fatto scelte suicide, affidandole a una testimonial petulante, se ci ritroviamo dipendenti come tossici dal gas russo, se non abbiamo più i soldi per comprarlo, se a cascata viene a mancare tutto, la soluzione non è tentare una indipendenza energetica ma tornare al Medioevo delle carestie, lavarsi poco e con acqua ghiaccia. Come dice Milena Gabanelli. È su questa resa che crescono le smanie imperialistiche sino-russe e ha ragione Federico Rampini quando spiega che l’Ucraina è un test, serve a saggiare il livello di porosità dell’Occidente in funzione di altre invasioni. Taiwan tornerà cinese, dice Xi, a qualsiasi costo e a Taiwan si fanno i semiconduttori, i microchip che alimentano la totalità del parco tecnologico mondiale. Un ricatto perfino peggiore di quello energetico e che comunque a questo si salda.

Negli ultimi due anni l’Occidente “imperialista e fascista”, in esso precipuamente il nostro Paese, ha subito una mole impressionante di attacchi concentrici: finanziario, commerciale, economico (l’Italia è di fatto svenduta), umano con la tratta dei migranti, culturale, mediatico, energetico, virale, farmaceutico, col tripudio della psicosi delle mascherine e dei vaccini, dei lockdown e dei lasciapassare che replicano perfettamente l’andazzo cinese. Una post democrazia repressiva e premiale che non si ha nessuna voglia di superare, nella complicità pressoché di tutte le forze politiche, del Colle, del governo. Siamo rimasti l’unico Paese che si comporta come a inizio pandemia mentre la pandemia non c’è più, ma l’oscuro ministro Speranza riesce a spuntare la perennità del Green Pass e il suo consigliere Ricciardi soffia sul fuoco delle immunizzazioni a vita. Adesso hanno bruciato D’Alema, dopo l’ultima storia tra la Colombia e la Puglia. E l’hanno bruciato in concomitanza con l’invasione russa. È una vendetta del Politburo piddino, preoccupato dal suo ritorno alla casa madre? E forse a Draghi non dispiace: tolto di mezzo D’Alema, intermediario di Pechino e grande protettore di Speranza, l’inamovibilità di quest’ultimo cade. Spezza l’anello forte e quelli deboli cederanno da soli.

Era ora, ma adesso vedremo se questo Paese, dipendente in tutto da tutti, riuscirà ad affrancarsi almeno dalla vergogna di essere rimasto l’unico stato concentrazionario col pretesto di una sicurezza sanitaria rivelatasi più letale del virus. Tanto più che ormai i cittadini non ne possono più di sentirsi chiamare ogni due mesi a farsi bucare una spalla, hanno altro e di più urgente da pensare, come riempire il serbatorio, come riempire il carrello, sapendo che non ci riusciranno.

19 Marzo 2022 – Redazione

Dopo la vergognosa figura de La Stampa, che nella giornata del 17 marzo ha pubblicato in prima pagina una foto della strage di Donetsk (da parte ucraina su quella popolazione), accompagnata da articoli sull’assedio di Kiev, e che ha fatto il giro del mondo facendo pubblicamente indignare anche il Cremlino, il prof. D’Orsi, giornalista, storico e docente universitario, ha pubblicato il suo addio al giornale di cui è stato collaboratore da molti anni.

Scrive il prof. indirizzando la lettera a Massimo Giannini: «Gentile Direttore, ho collaborato alla Stampa per decenni, e sono stato allontanato, senza una parola, naturalmente, con l’arrivo di Molinari, giunto al giornale a portarvi il suo carico di sionismo e iperatlantismo (e già allora di russofobia)».

Continua D’Orsi: «Avevo sperato che un giornalista proveniente da “la Repubblica” come Lei, avrebbe compiuto uno sforzo di riequlibrare l’orientamento di questa testata a cui sono rimasto legato. Invece no. E i vostri servizi, se così vogliamo chiamarli, sulla guerra in Ucraina, lo dimostrano, in modo avvilente. Ma con la prima pagina di oggi il giornale da Lei diretto ha toccato il fondo della disonestà giornalistica: una immagine relativa alla strage compiuta due giorni fa dalle truppe governative di Kiev ai danni dei civili di Donetsk (14 morti), viene presentata in modo che il pubblico pensi che siano stati i russi cattivi. Siamo oltre ogni artefizio giornalistico, lo lasci dire a uno che è iscritto all’Ordine dal 1971, e che ha avuto nel 2021 la targa d’argento come veterano del giornalismo piemontese. Uno che è stato allievo di Norberto Bobbio, e oltre ad aver insegnato per più di 40 anni all’Università, ha lavorato per le maggiori testate italiane, e anche qualche testata straniera, pubblicando molte centinaia di articoli».

Scrive D’Orsi: «Mi aspetto che il giornale domani, con lo stesso rilievo faccia una formale autocritica e spieghi, come e quando e da chi ha ricevuto la foto, chi ne sia l’autore, come la foto è giunta a voi (e se avete i diritti di utilizzo), e in quale situazione è stata scattata. Aggiungo che tutta l’impaginazione, dai titoli dei commenti tutti a senso unico, fino al pezzo che vorrebbe essere sarcastico su Luciano Canfora, e che fa ridere solo chi l’ha scritto, è a di poco inquietante».

Conclude la lettera: «State spingendoci verso la terza guerra mondiale, consapevolmente o meno. La storia non vi ha proprio insegnato nulla. Che pena. Segnalerò comunque l’episodio all’Ordine. E smetterò di comprare, ovviamente, il Suo giornale. Prof. Angelo D’Orsi, Università di Torino».

CHI E’ IL PROF. ANGELO D’ORSI

Angelo d’Orsi è uno storicogiornalista e accademicoitaliano. Fa parte di diversi comitati scientifici di riviste e ha fondato alcune collane editoriali e alcune riviste: Nuova Sinistra. Appunti torinesi (1971-1974), Nuvole (1991, da cui poi si è allontanato), Quaderni di Storia dell’Università di Torino (1996-2001), Historia Magistra. Rivista di storia critica(2009 – in corso), Gramsciana. Rivista internazionale di studi su Antonio Gramsci (2015-in corso). Ha inoltre fondato FestivalStoria (2003, 1ª edizione 2005). Ha collaborato con diverse testate giornalistiche (Il Sole 24 ORECorriere della SeraLa StampaQuotidiano dei lavoratoriil Fatto Quotidiano). In vista delle elezioni comunali di Torino del 2021è stato il Candidato Sindaco.

13 Marzo 2022 – Redazione – di Pino Arlacchi – Articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano dell’11 marzo

Il delirio bellicista e antirusso dei media europei deve certo preoccupare, ma non oltre un certo punto. State certi che gli stereotipi apocalittici del tipo “Il mondo non sarà più quello di prima”, “La più grande crisi dopo il 1945”, “Sull’ orlo della terza guerra mondiale” non dureranno a lungo. Verranno dismessi non appena si profilerà un nuovo Grande Nemico al posto di Putin e della Russia.

Non è questione di geopolitica. O di valori e di passioni. Ma di interessi. Gli interessi dell’industria della paura che semina panico e rancore allo scopo di vendere copie ed alzare ascolti. Un’industria subdola, alleata di quella militare, soprattutto americana, che va in giro per il mondo in cerca di nemici mortali da combattere.

Parliamo di una macchina mediatica che si nutre di calamità reali da gonfiare fino all’ inverosimile, vedi Covid, per poi sgonfiarle e passare ad altro. Parliamo di un vento mercenario che trasforma crisi limitate in disastri soffiando sul fuoco della guerra e delle armi, vedi Russia-NATO-Ucraina. Parliamo di un esercizio di cinismo informativo che monta e smonta allarmi epocali senza dare spiegazioni, vedi terrorismo islamico e conflitti mediorientali.

E’ da qui, dal recente declino delle guerre in Medioriente, e dal parallelo calo degli attentati terroristici, che bisogna partire per capire le ragioni più nascoste della guerra in corso.

Il partito della paura ha due forze motrici: l’industria mediatica e quella della sicurezza. Entrambe hanno ridotto in schiavitù la politica organizzata. Dopo l’11 settembre 2001 i temi dominanti della fabbrica del panico sono stati la guerra al terrorismo ed ai regimi mediorientali nemici delle cosiddette democrazie liberali. Gli Stati Uniti e gli europei tramite la NATO hanno condotto una serie di guerre tanto sanguinose quanto disastrose negli esiti: in Iraq si è sterminato quasi un milione di persone per installare un governo…filo-iraniano; in Afghanistan si è stati sconfitti da un’armata di straccioni, e in Siria, dopo aver promosso una guerra civile da mezzo milione di morti, è rimasto al potere Assad.

Il tutto con l’entusiastico sostegno dei mezzi di comunicazione e dei produttori di armamenti schierati a difesa della democrazia e della libertà.

Nel 2016 Trump ha preso atto del fiasco ed ha iniziato un ritiro delle truppe occidentali concluso da Biden con la fuga dall’ Afghanistan. I profeti di sventura preconizzavano un’impennata della violenza, del caos e dei conflitti. Si è verificato l’esatto opposto. Venuta meno la causa scatenante, che era l’intervento occidentale, vittime e attentati terroristici si sono ridotti di oltre la metà, e continuano a ridursi in Medioriente e nel resto del mondo. Tra Siria ed Irak, la riduzione delle vittime supera il 90%, e il principale problema dell’Afghanistan oggi è la fame e non più la guerra.

Gli sventurologi erano in ansia. Il mondo rischiava di diventare più sicuro, e il loro business poteva soffrirne malamente. Declinato il grande scontro di civiltà, dove trovare il nuovo Satana da sconfiggere per salvare appalti, lettori e ascoltatori?

La lotta all’ immigrato ha funzionato poco, perchè è andata a beneficio del solo complesso mediatico e dei partiti populisti, lasciando a secco la componente militare ed i partiti di governo. La lotta alla criminalità aveva una sua potenzialità, ma è stata ostacolata dall’ improvvido declino, soprattutto in Europa, della violenza criminale.

L’ arrivo inaspettato del Coronavirus è stata la classica manna, ma è durato solo un paio di anni.

Finchè non è arrivato Putin con la sua guerra sciagurata contro l’Ucraina che sembra fatta su misura dell’industria della paura, e della paga dei soldati à la Riotta. I politici scadenti dell’UE ora non sanno come affrontare una crisi molto meno grave di quella dei missili a Cuba che nel 1962 ci ha portati davvero a un soffio dalla guerra nucleare. Ma allora c’erano in scena statisti come Kennedy e Krusciov, e l’industria della paura non era così potente.

13 Marzo 2022 – Redazione – di Maurizio Belpietro ( La Verita’)

PUBBLICHIAMO, SENZA TROPPI PREAMBOLI, L’EDITORIALE DI MAURIZIO BELPIETRO DIRETTORE DEL QUOTIDIANO LA VERITA’, SU CIO’CHE L’ITALIA STA VIVENDO, PER COLPA DI UN MANIPOLO DI MAGLIARI GOVERNATIVI CHE, CI AUGURIAMO DI VEDERE AL PIU’ PRESTO IN GALERA, PER CRIMINI CONTRO L’UMANITA’ E NON SOLO!

Energia, materie prime, industria, carburante: siamo già in emergenza. L’esecutivo tentenna sullo scostamento e ragiona sui limiti ai termosifoni. Una misura che con l’import del gas non c’entra nulla: è solo retorica. Di fronte al disastro i ministri parlano (spesso a vanvera). Precettato lo sciopero dell’autotrasporto di domani, ma resta il rischio caos: Tir pronti al blocco.

Non conosco il ministro Roberto Cingolani, tuttavia ho la sensazione che lui non conosca che cosa voglia dire fare il ministro. Intervistato in una trasmissione televisiva a proposito dell’aumento del prezzo dei carburanti, il responsabile della Transizione ecologica del governo Draghi ha detto che siamo davanti a una truffa colossale. Ovviamente io non ho motivo di dubitare delle parole di una persona esperta come l’ex responsabile dell’innovazione tecnologica del gruppo Leonardo. Se la benzina in poche settimane è giunta a sfiorare i 2 euro e mezzo è possibile che ci sia qualcuno che se ne stia approfittando e che la colpa forse non sia tutta da attribuire a Putin e alla guerra in Ucraina. Però una persona con un ruolo istituzionale non va in tv a dire che l’aumento dei carburanti è una truffa colossale ai danni dei cittadini e delle imprese. Se è convinto che dietro ai rincari ci sia una speculazione o, peggio, una frode ha a disposizione molti strumenti per intervenire e porre fine al ladrocinio.

Per prima cosa può avvisare il suo collega dell’Economia, affinché solleciti un intervento della Guardia di finanza per scoprire se qualcuno sta commettendo illeciti. E, se Daniele Franco non lo sta a sentire perché troppo impegnato a far quadrare dei conti che non tornano, può sempre rivolgersi alla Procura. Una colossale truffa comporta un colossale imbroglio, un inganno ai danni di milioni di italiani e di centinaia di migliaia di imprese, le quali sono costrette a pagare di più per sostenere le proprie attività e tutto ciò si tradurrà in un rincaro dei prezzi per il consumatore. Dunque, se un uomo di governo ha notizia di una gravissima speculazione non va in televisione a parlarne: si rivolge alla magistratura. Davanti alla telecamera, a spiegare la propria opzione su ciò che sta accadendo, aumento del prezzo della benzina compreso, ci può andare un commentatore o un esperto, non certo chi ha potere di intervenire.

Ho fatto questa premessa perché ogni tanto ho la sensazione che i nostri politici (anche i tecnici prestati a ruoli istituzionali nel momento in cui accettano di occuparsi di cosa pubblica diventano politici) pensino di essere degli opinionisti e non degli amministratori. Se stai al governo non mi puoi raccontare, come se tu fossi uno spettatore, che c’è qualcuno che mi sta derubando: devi intervenire per impedire che ciò accada. Punto. Perché un conto è dire ciò che si pensa in un talk show, un altro è decidere o non decidere quando si ha il potere di farlo. Ministro deriva dal latino e significa servitore, non commentatore. Di quelli, cioè di addetti a sfornare pareri, ne abbiamo fin troppi e, purtroppo, spesso ci rifilano stupidaggini. Tra costoro ovviamente vanno iscritti coloro che non si rendono conto degli effetti che avrà l’aumento del prezzo dei combustibili sulla vita dei cittadini. Provate a pensare le conseguenze delle nuove quotazioni della benzina, passate in poche settimane da 1,9 euro al litro a 2,4. Se prima per un pieno di un’auto di media cilindrata servivano 80-90 euro, ora ne occorrono 115. Per gente che ha stipendi elevati e usa poco la macchina 25 o 35 euro al mese non sono niente, ma per chi guadagna 1.500 euro e deve raggiungere il posto di lavoro in auto o è costretto ad accompagnare i figli a scuola, 25 o 35 euro non sono pochi, soprattutto se in un mese è costretto a rifornirsi più di una volta.

A questo poi si aggiunge il caro bollette, con aumenti che sono doppi o tripli rispetto a ciò che si pagava in precedenza. E stiamo parlando di famiglie. Se poi facciamo i conti in tasca a un’impresa che usa molta energia per la propria attività, altro che truffa colossale: siamo di fronte a un disastro colossale, che le parole del ministro Cingolani certo non sono in grado di contenere. Così come non sono in grado di evitare il peggio gli inviti a ridurre di qualche grado la temperatura di casa, come suggerito dal Comune di Roma. I termosifoni delle famiglie concorrono solo in minima parte al fabbisogno nazionale, perché il grosso dei consumi di metano è dato dalle aziende e dal funzionamento delle centrali a gas per produrre elettricità. Dunque, anche abbassare i caloriferi, come suggerisce qualche scienziato, non solo non ci pulirà la coscienza, ma neppure migliorerà i nostri conti pubblici. La sola cosa che può aiutarci a raggiungere l’obiettivo, cioè ridurre la dipendenza energetica da Mosca, è una cosa che dovrebbe fare proprio Cingolani, ossia colui che parla di colossale truffa. Invece di rilasciare dichiarazioni, il ministro dovrebbe rilasciare autorizzazioni, per rendere effettiva la transizione ecologica. Vogliamo avere fonti alternative al petrolio, al gas e al carbone che compriamo da Mosca? Beh, oltre ad estrarre gas in Adriatico si può cercare di sfruttare la fonte più rinnovabile che ci sia: l’acqua. So che non piace agli ambientalisti, ma l’idroelettrico è il sistema più pulito che ci sia. Non servono grandi impianti né grandi invasi. Serve solo una grande voglia di fare e poca voglia di chiacchierare.